Stupore e meraviglia guardando la Natività di Lorenzo Lotto – parte seconda

Lorenzo Lotto (1480 – 1556) è uno dei pittori più originali del Cinquecento, periodo intenso anche per le dispute e riflessioni religiose che portarono a scelte (eresie) diverse e alla Riforma Protestante (1517). Lorenzo sentì l’inquietudine del suo tempo e nei suoi quadri ci sono talvolta elementi anticonvenzionali, velati persino da un po’ di ironia. L’artista dipinse molto nella Bergamasca e nelle Marche, spesso per committenti privati. Dopo la sua morte venne quasi dimenticato e fu riscoperto solo verso la fine dell’Ottocento.

Per capire meglio l’originalità di questo pittore soffermiamoci sulla figura di Maria nella Annunciazione realizzata dallo stesso autore dopo il 1530 ed esposta a Recanati.

Diversamente dalle opere di altri artisti, la fanciulla dell’Annunciazione di Lotto appare timida, smarrita, quasi impaurita dall’arrivo improvviso dell’Angelo, che ha i capelli rivolti all’indietro, come per la velocità del volo. Maria sembra quasi stringersi nelle spalle e volersi allontanare dalla figura forte e quasi prepotente dell’Arcangelo Gabriele che, incredibilmente, proietta la propria ombra come qualsiasi essere corporeo. Ne è spaventato persino il gatto, al centro della scena, che fa la gobba, sembra rizzare il pelo e voler scappare. Dio Padre, in alto, su una nuvoletta quasi da fumetto, assiste (o incombe) e con un braccio teso indica la fanciulla. L’ambiente in questo quadro è ricco, elegante, colto: un libro, una finestra con i vetri legati a piombo, un bel portico signorile.

Nel racconto evangelico dalla Annunciazione alla Natività sono passati nove mesi, e Lorenzo Lotto dipinge un’opera dove tutto è cambiato e diverso.

Maria è una giovane serena, piena di luce, che contempla suo figlio con amore, quasi in un consapevole secondo “Sì”. Non ha più paura del Mistero, il Mistero è davanti a lei e grazie a lei. Anche l’ambiente è molto differente: una semplice stalla, con utensili quotidiani e di lavoro manuale. Qui, però, non c’è paura, ma amore e, accanto al Divino, ci sono esseri umani pieni di stupore e meraviglia.

All’origine, l’ambiente raffigurato era un po’ più grande. Infatti, nel tempo, la tavola lignea dipinta è stata tagliata, forse perchè troppo rovinata. Ecco una ricostruzione esposta alla mostra.

Notiamo subito un particolare: ci sembra che al centro dell’opera ci fosse Maria e non il Bambino, come ora. Forse l’autore aveva voluto sottolineare la figura e il mistero di Maria?

Gesù, in questa Natività, è vero Uomo e vero Dio: come ogni bambino sembra ritrarsi al contatto con l’acqua, il suo cordone ombelicale è ancora attaccato (unica volta nella storia dell’arte) e le sue manine sono socchiuse.

Emana, però, una grande “Luce per illuminare le genti” (Lc 2, 32). Sul suo capo tre raggi richiamano la Croce, vita e morte insieme; c’è, però, anche il messaggio nuovo della Resurrezione. Se guardiamo le sue manine, infatti, esse sembrano già benedire (la destra semiaperta, con le tre dita un po’ piegate, che appaiono in tanti dipinti di Cristo Risorto, come in quest’opera del contemporaneo Raffaello).

Questo Bambino, venuto nel mondo in condizioni di povertà estrema, ma avvolto in una nuvola di luce, senza dolore, nè sangue, da una vergine, fa pensare alle difficoltà umane nell’accettare la presenza divina nella vita di tutti i giorni, il Mistero che entra nella quotidianità della nostra vita. Da qui lo stupore di Giuseppe, della levatrice e, successivamente, dei pastori di fronte a questa nascita, la meraviglia del Natale.

C’è ancora qualche settimana per vedere questo dipinto, quasi un cameo che affascina e coinvolge.

A tutti un affettuoso Buon Natale!

A presto…