Un locale piccolissimo, di sapore napoletano (c’è anche una immagine di San Gennaro) è stato aperto da qualche mese in via Agnello, proprio accanto allo stemma che dà il nome alla Contrada.
Siamo nelle vie dello street food a due passi dal Duomo. Il nuovo locale offre solo pizza fritta, ma che buona!
È un mangiare da strada, tipico di Napoli. Ecco come Sofia Loren lo preparava.
Zia Esterina invece lo propone come una sorta di calzone, preparato a vista, con ripieno di ricotta, provola e pomodoro, che viene fritto in olio bollente. Se lo si desidera può essere farcito anche con prosciutto, salame, ciccioli.
Il “calzoncino”, ma non è affatto piccolo, viene servito in un cartoccio di carta per frittura e sacchetto.
È un fritto gustoso e leggero, ma come è difficile mangiarlo in piedi. Il ripieno, incandescente come la lava, cola tragicamente e… finisce sui vestiti!!!
Per mangiarlo più comodamente ci siamo seduti sulle panchine della vicina piazza San Fedele, sotto lo sguardo un po’ severo di Don Lisander, accanto a dei piccioni accorsi per beccare le briciole anche di ricotta e pomodoro.
Siamo poi tornati nel localino per complimentarci della bontà di questa pizza fritta e chiedere qualche dritta per mangiarla più facilmente.
Ecco il consiglio d’autore: bisogna spingere in su il ripieno come si fa con un tubetto di dentifricio o con il Calippo, oppure… farsela dividere in due da loro, come abbiamo fatto noi!
Provate anche voi questa pizza fritta, magari in una pausa durante lo shopping… Buon appetito!
Se vi viene voglia di fare quattropassi per Milano attraverso una strada di campagna a pochi minuti dal Centro, non perdetevi questa passeggiata, portando con voi uno zainetto con acqua, snack e… Autan.
Vi proponiamo, infatti, di raggiungere l’Abbazia di Chiaravalle percorrendo il Parco della Vettabbia, all’interno del più grande Parco Agricolo Sud Milano. Questo itinerario fa parte dell’antico “Cammino dei Monaci” che, da queste zone agricole, raggiungeva, lungo la strada del Monasterio, il Parco delle Basiliche, seguendo il corso della Vettabbia.
Dalla chiesetta di Nosedo si possono prendere due strade: la prima è quella asfaltata, da fare in auto, in autobus (linea 77) o anche in bicicletta, per buona parte su pista ciclabile; la seconda è più interna, sterrata, da fare rigorosamente a piedi o in bici, attraverso la campagna.
Se decidete per quest’ ultimo percorso, si può lasciare l’auto al parcheggio davanti al depuratore di Nosedo, imboccando poi un sentiero che non ti aspetti.
Da questi luoghi abbiamo prospettive inconsuete per guardare Milano; non siamo, ancorati al cemento, alla ricerca di verde, qui, invece, in mezzo alla campagna, qualcuno di noi forse potrebbe cercare lo skyline rassicurante della propria quotidianità.
Il Parco Sud, dove ci troviamo, è nato nel 1990 ed è uno dei più grandi parchi agricoli europei (47.000 ettari). È una sorta di cintura a sud della nostra città, che coinvolge 61 comuni e occupa più della metà del territorio provinciale.
Non è un paesaggio “naturale”. Già nel Medioevo l’ambiente era stato modificato a fini agricoli e ancora oggi il parco, gestito dalla Provincia, unisce la tutela del territorio allo sviluppo di un’agricoltura sostenibile.
Nel Parco, sulla destra di via San Dionigi, si trova il grande impianto del depuratore di Nosedo, la cui costruzione ha tenuto anche conto del paesaggio intorno e degli edifici circostanti.
Pur essendo il più importante dei tre impianti per la depurazione e la rigenerazione delle acque fognarie di Milano, quasi non si vede e… soprattutto non si “sente”.
Entriamo ora nel Parco della Vettabbia, tra il depuratore e la roggia.
Due piste sterrate, tra ampie zone di verde, invitano a camminare, fare jogging o pedalare.
Poche sono le panchine presenti. Questo parco sembra fatto apposta per scoprire angoli di campagna in una Milano sempre diversa.
Un sentiero, dopo una curva, porta al laghetto “dell’acqua resa”, proveniente dal depuratore. Da un piccolo ponte guardiamo gli alberi che intorno ad esso stanno diventando grandi.
Alti e belli sono i ciliegi selvatici che fiancheggiano la stradina sterrata dalla quale si vedono le alte case di Milano.
Sembra quasi un omaggio a Bonvesin della Riva che parlava nel 1200 dei carri di ciliegie che ogni mattina entravano nella nostra città dalla campagna.
In questo cammino diverso, umile, lento come quello dei monaci di tanto tempo fa, non ci sono aiuole, posti di ristoro, parchi gioco, ma solo natura e qualche attrezzo del Percorso Vita.
Una cascina in lontananza, un frutteto che sta crescendo, fiori selvatici, una marcita, delle rogge sono i “monumenti” che incontriamo.
Più che un itinerario turistico, questo è proprio un cammino antico, che come un tempo conduce a Chiaravalle, centro di spiritualità, cultura e lavoro.
Molte possono essere le strade di Milano che ci hanno portato fino a qui e diversi i mezzi di trasporto utilizzati. Siamo in via San Dionigi 77, dove la città sfuma nella campagna, poco lontano da piazzale Corvetto e dalla statua del “Signurun“.
Se guardiamo verso le case vediamo un angolo di periferia, se giriamo lo sguardo, invece, siamo in campagna, una strada con poco traffico, una pista ciclabile, campi, qualche cascina.
Davanti a noi, sul sagrato di una piccola chiesa, una pianta ci dice che siamo alla porta del Parco Agricolo Sud di Milano. Accanto c’è una cascina rimessa a nuovo, dal volto ospitale, col cancello sempre aperto come un sorriso.
Siamo sulla strada giusta, lungo il Cammino dei Monaci, che dal Parco delle Basiliche arriva sin qui, all’antico borgo di Nosedo, che l’Associazione Nocetum ha fatto e sta facendo rivivere.
Ci troviamo a cinque chilometri da Mediolanum. Qui sorgeva un piccolo insediamento che deve il suo nome alla presenza di un antico bosco di noci, il Nocetum.
È un altro dei luoghi di questa Milano al “plurale”, che riesce a stupirci coi grattacieli e il futuro e, improvvisamente, apre le porte ad un passato da vivere ancora.
Nocetum è un borgo antico, carico di storia e di storie più recenti. Già presente nel primo secolo dopo Cristo, secondo alcuni reperti ritrovati in questa zona, diede rifugio ai Cristiani perseguitati, benessere ai cittadini mediolanensi cui erano state assegnate le terre da coltivare, ospitalità ai milanesi scacciati dal Barbarossa e, infine, anche all’imperatore stesso, che qui, in Burgo Noxeta, impiantò la sua zecca, dopo la distruzione di Milano del 1162.
Quasi contemporaneamente i monaci cistercensi, poco lontano da qui, fondarono l’Abbazia di Chiaravalle e iniziarono a bonificare le terre paludose, facendole diventare tanto fertili da dare alimenti e foraggio più volte all’anno grazie alle marcite e ai fontanili.
Intorno all’Abbazia i monaci realizzarono una rete di piccoli canali, strade di campagna, cascine (le “grange”), mulini, per il lavoro agricolo accanto alla preghiera.
Su questo piccolo piazzale di via San Dionigi rivive l’antico spirito dei monaci. Si affacciano infatti una antica chiesetta e la cascina S. Giacomo, un tempo “grangia” dell’Abbazia di Chiaravalle. Si potrebbe dire, ancora oggi, “Ora et labora”…
Questa zona, dimenticata fino a qualche decennio fa, è rinata grazie all’impegno e alla volontà dell’Associazione Nocetum in collaborazione con Fondazioni, Istituzioni politiche e culturali e cooperative sociali.
La cascina San Giacomo, rimessa a nuovo, oggi è centro di accoglienza per persone in difficoltà, specialmente donne e bambini di ogni nazionalità. Promuove molte iniziative e progetti per la “salvaguardia del Creato”, uomini e ambiente insieme. Qui anche una City Farm, attività per le scuole e una piccola bottega di prodotti e cultura.
Restituita alla città è anche la piccola chiesa dei Santi Filippo e Giacomo, che risale al XIII secolo, edificata su un precedente luogo di culto.
Probabilmente era tutta affrescata; ora rimangono belle testimonianze sulla parete di fondo e su quella di destra.
Una lapide del 536 ricorda che qui vicino c’era un sepolcreto, utilizzato dal V fino al XVII secolo.
Le ricerche effettuate sui resti umani di diverse epoche ci parlano di un tenore di vita medio-alto (fibbie, anellini, perline), della vita media (meno di 50 anni), dell’elevata mortalità infantile, dei vincoli di parentela (sepolture familiari), degli usi in campo funerario (una moneta tra le mani), del tipo di dieta (carne rossa e cereali) di chi era vissuto qui tanto tempo fa.
Anche il territorio è cambiato ed è tuttora in via di trasformazione. L’antico noceto non esiste più, il verde intorno è diventato il Parco della Vettabbia, parte del più grande Parco Agricolo Sud Milano.
Il depuratore di Nosedo, all’interno del parco, permette di rigenerare le acque reflue e di riutilizzarle a scopi agricoli. La Vettabbia, un tempo collettore di acque fognarie a cielo aperto, è tornata limpida, invitando a percorrere tutta la sua valle, sugli antichi passi dei monaci.
Rimettiamoci in cammino per raggiungere, attraverso il Parco della Vettabbia, un altro luogo straordinario, ricco di storia e di attualità, di ieri e di oggi.