Leonardo da Vinci, uno di noi?

Si torna a parlare, in questi giorni, di Caterina, la madre di Leonardo. Infatti, durante i lavori di ampliamento e ristrutturazione tra la caserma Garibaldi e l’Università Cattolica, sono stati ritrovati i resti di alcune cappelle appartenenti alla chiesa (demolita agli inizi dell’Ottocento) di San Francesco Grande, dove il genio l’avrebbe fatta seppellire.

Leggendo queste notizie, abbiamo ripensato a Leonardo e a come abbia vissuto, allora, problemi che ancora oggi noi affrontiamo e discutiamo. Era nato, fuori dal matrimonio, da una coppia mista (padre toscano, madre straniera immigrata per forza), genitori separati (il padre si era risposato quattro volte). Era cresciuto insieme ai fratellastri col nonno paterno, pur andando spesso a trovare la madre, sposata e con tanti altri figli avuti dal marito. Più famiglia allargata di così!!

Su-Caterina-madre-di-Leonardo_E.-Ulivi

Fu un adolescente un po’ scapestrato (rischiò la prigione a Firenze perchè era in cerca della propria identità di genere).

Autoritratto di Leonardo 1475

Dopo un po’ di apprendistato a bottega dal Verrocchio, si cercò un lavoro mandando (e barando) un curriculum a un big dell’epoca, Ludovico il Moro.

 

Anche allora Milano era attrattiva, offriva possibilità di carriera ed era anche glamour…

 

Quando giunse a Milano in cerca di fortuna, come molti giovani di oggi, Leonardo venne ospitato da un amico pittore, Giovanni Ambrogio de Predis, che non solo lo ospitò in una casa a Porta Ticinese, ma lo introdusse a corte e lavorò con lui alla Vergine delle Rocce, presso la chiesa di San Francesco Grande.

 

Da allora Leonardo cambiò diverse case, sempre più prestigiose fino ad abitare alla Corte Ducale, dove oggi c’è Palazzo Reale. Tanto di cappello, ne ha fatta di strada!

 

Amava le feste, il look trasgressivo, il buon cibo (abbiamo anche delle sue ricette) e il buon vino, tanto da produrlo nella sua vigna accanto a Santa Maria delle Grazie, a Km 0.

 

Probabilmente Leonardo era bisex, ma, molto riservato, non ha dato mai pubblicità alla cosa.

Salai, suo allievo

 

Secondo una studiosa tedesca Leonardo si sarebbe sposato in segreto con Isabella di Aragona, vedova di Gian Galeazzo Maria Sforza, dalla quale avrebbe avuto anche dei figli.

 

Aveva molti interessi, si occupava dell’ambiente e di nuove tecnologie, andava a piedi al lavoro…

 

e, forse per questo, aveva progettato una specie di bicicletta.

 

Leonardo era di una spiritualità intensa, ma molto personale.

 

Inoltre, come si legge anche oggi, si è occupato della madre anziana, assistendola con amore fino alla fine. Un affettuoso caregiver del Rinascimento.

 

Leo, sei uno di noi o i problemi sono sempre gli stessi?

 

A presto…

Alla riscoperta della “Strada delle Abbazie”

L’idea per questo itinerario ci è venuta, quasi per caso, visitando la chiesa di San Pietro in Gessate (che si trova di fronte al Palazzo di Giustizia, in corso di Porta Vittoria a Milano) dove è esposto un manifesto che propone la “Strada delle Abbazie”. Come potevamo resistere ad un percorso, riconosciuto anche dal Consiglio d’Europa, così ricco di cultura, arte, fede e storia del nostro territorio e quindi anche nostra?

 

Abbiamo pensato, perciò, di andare alla riscoperta di queste abbazie situate alcune nel Comune di Milano (San Pietro in Gessate, Monluè e Chiaravalle), altre nell’hinterland (Mirasole, Viboldone, Calvenzano), infine una, la più distante, a Morimondo, vicino ad Abbiategrasso.

 

L’intero percorso è di circa 130 chilometri e lo si può fare anche in diverse tappe: in auto, in bicicletta (ci sono tante belle piste ciclabili), a piedi, per i più allenati, o anche con i mezzi pubblici urbani o interurbani. Anche noi descriveremo questo itinerario con schede per ciascuna abbazia dando un’occhiata anche ai borghi nati accanto.

 

Cosa accomuna e cosa distingue queste abbazie?

Il Monachesimo occidentale risale in gran parte a San Benedetto (Norcia 489 – Montecassino dopo il 546) che con la sua ben nota Regola “ora et labora” si dedicava coi suoi monaci tanto alla preghiera quanto al lavoro.

 

A questa regola si ispirarono anche altri ordini monastici nati secoli dopo, come i Cistercensi, i Cluniacensi e gli Umiliati, che diedero vita alle nostre abbazie. La chiesa aveva finalità di preghiera e non artistiche o di rappresentanza e si adeguava alle caratteristiche stilistiche della zona. Da qui l’uso del mattone, e non della pietra, per la costruzione delle abbazie, così bello e tipico delle nostre zone che si accende di colori rossastri a contrasto con il verde dei campi e l’azzurro delle acque e del cielo.

 

Queste abbazie, apparentemente isolate, non erano lontane da vie di comunicazione importanti (via Emilia, via del Sale, strada per Pavia) e da centri come Milano e Pavia. Questo facilitava gli scambi commerciali e culturali, offriva ospitalità ai viandanti, ma esponeva le abbazie al rischio di essere coinvolte in conflitti armati.

 

Il lavoro comunitario nei campi comportava la necessità di avere una sede stabile, vicina a corsi d’acqua, ben funzionante e attrezzata anche per la vita dei monaci e dei laici che vi lavoravano.

 

I monaci riuscirono a rendere fertili le paludi del territorio con la tecnica delle marcite e dei fontanili. La buona irrigazione portava ad abbondanti raccolti e a ricco foraggio per gli animali.

 

Il bestiame ben nutrito (come pure i cavalli, utilizzati, ahimè, per le guerre) dava tanto buon latte col quale si potevano produrre ottimi formaggi come il grana, le robiole, eccetera. Questi e altri prodotti si possono acquistare ancora oggi nelle botteghe o nei mercatini di talune abbazie insieme ad altre golosità prodotte nel territorio… più nicchia di così!

 

Il nostro itinerario può essere anche l’occasione per riscoprire antichi sapori e, magari, per qualche acquisto enogastronomico.

.Il Foscolo chiamò la nostra città “Paneropoli” tanto era ricca di “panera” (panna) proveniente dalle cascine del territorio lombardo (conoscete il panerone, formaggio tipico della Bassa padana?). Non stupiamoci quindi di vedere nel nostro itinerario cascine attive, ristrutturate o modificate, arrivate nei secoli fino a noi attraverso le “grange” dei monasteri.

 

Il territorio che attraverseremo nel nostro percorso è quasi tutto “artificiale”, come lo definì con ammirazione Carlo Cattaneo a metà Ottocento, perchè frutto dell’intervento dell’uomo. Oggi noi ne vediamo i limiti, fatti di palazzoni, centri commerciali, capannoni, fabbrichette, strade trafficate che hanno cancellato la “natura”. Non dimentichiamo, però, che il progresso e il nostro benessere attuale sono dovuti anche all’umile lavoro dei monaci che hanno bonificato terre paludose rendendole fertili e dato aiuto materiale e sociale ai nostri antenati del Medioevo.

 

Nei prossimi articoli continueremo questo itinerario sulla Strada delle Abbazie, con passipermilano e, questa volta, anche passidamilano.

 A presto…