Moti dell’animo e gesti nell’Ultima Cena (parte prima).

Quando recentemente abbiamo ammirato il “Compianto sul Cristo morto” al Museo Diocesano, siamo stati colpiti dalle mani dei personaggi che facevano trasparire le loro emozioni. Immediatamente abbiamo pensato all’Ultima Cena che ci “prenderà per mano” guidandoci in un viaggio anche dentro di noi.

Dal Compianto all’Ultima Cena

Come può un dipinto di arte sacra del Quattrocento essere fonte di ispirazione per artisti contemporanei e parlare all’uomo di oggi?

 

Una risposta la possono dare le quattro opere esposte al Museo Diocesano che interpretano le emozioni suscitate dal Compianto di Giovanni Bellini alla luce della sensibilità dei nostri giorni.

 

In questo dialogo tra l’artista rinascimentale e quelli contemporanei, al centro ci sono i temi universali della morte, del dolore e dell’amore che riesce a superarli. Nel Compianto le mani dei personaggi che sorreggono, curano, accudiscono e quasi accarezzano la figura di Gesù prima della sepoltura, sembrano essere la risposta fatta di gesti e sentimenti, condivisa dai presenti, alla sofferenza e al mistero della morte. .

 

Qual è, invece, la risposta dell’uomo di fronte alla minaccia e al pericolo che incombe su chi si ama? Guardiamo quel microcosmo umano dei personaggi dell’Ultima Cena di Leonardo. Ancora una volta sono il linguaggio del corpo e le mani che parlano in silenzio.

 

A differenza del Compianto, in cui tutto sembra già avvenuto e dove, forse, c’è anche spazio per la speranza di una vita ultraterrena, le mani dei presenti nell’opera di Leonardo stanno cercando risposte immediate alle parole di Gesù “uno di voi mi tradirà”. Sono mani che di fronte a un messaggio tanto sconvolgente manifestano emozioni forti e diverse, nelle quali ciascuno rivela la propria u-mani-tà e ha, per così dire, il cuore in mano.

 

L’Ultima Cena è al centro di un numero tale di letture e interpretazioni (talvolta persino fantastiche) da sembrare quasi un dipinto fatto per enigmi, per farci andare oltre e poi ancora oltre. Vittorio Sgarbi sostiene che Leonardo sia il più “psicoanalitico” dei pittori. Non daremo perciò le nostre risposte ai gesti espressi nell’Ultima Cena, ma li guarderemo insieme…

 

L’Ultima Cena era un soggetto tradizionale dell’arte sacra; ecco un dipinto del Ghirlandaio, del 1480. Come è diverso dal Cenacolo leonardesco!

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Leonardo, che era anche uomo di spettacolo per la corte sforzesca, blocca la scena, come in un fermo- immagine, nell’attimo successivo alle parole di Gesù, fotografando attesa e tensione, ira e incredulità, stupore e sgomento.

 

Tutti i personaggi sono seduti a tavola, dalla stessa parte, di fronte a noi che, come gli antichi frati del refettorio, siamo gli spettatori che assistono alla scena, invitati a decodificare gli innumerevoli messaggi (più o meno evidenti) di questa sorta di escape-room.

 

All’annuncio di Gesù, come in una sapiente coreografia, i discepoli si dividono in gruppi di tre (numero sacro). In questo movimento di corpi e di mani, Gesù rimane solo al centro della scena formando un triangolo tra capo e mani e un altro, a vertice capovolto, tra Lui e Giovanni (o Maria Maddalena, se amate la teoria in questo senso).

 

Teniamo conto, a proposito delle letture a cui si presta l’Ultima Cena, che Leonardo, uomo dalla cultura non sempre tradizionale, mentre dipingeva, era “sorvegliato a vista” dal Priore delle Grazie, Vincenzo Bandello (zio del famoso Matteo Bandello), severo teologo domenicano, che verificava il rispetto dell’ortodossia nel dipinto.

 

L’artista, forse infastidito, aveva “minacciato” per scherzo di utilizzare il volto del religioso come modello per quello di Giuda. Scrive infatti Leonardo: “Vi porrò quello, di questo padre priore, c’ora mi è sì molesto, che meravigliosamente gli si confarà.“.

 

Nel prossimo articolo guarderemo insieme i gesti e le emozioni che “parlano” nell’Ultima Cena.

Oggi, 15 aprile, è il compleanno di Leonardo. Tanti auguri, Maestro!!!

A presto

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