Milano e i tarocchi

L’Epifania, la Dodicesima Notte, è ormai passata portandosi via doni, giochi, feste e anche oroscopi e previsioni astrologiche per il Nuovo Anno. Come i Magi avevano letto le stelle, così molti, per gioco o per convinzione, cercano di conoscere il proprio futuro attraverso l’astrologia, la cartomanzia o in altri modi, oggi come nei secoli passati.

 

Un po’ per caso (o, visto l’argomento, era scritto nelle stelle?) abbiamo scoperto che Milano ha un profondo legame coi Tarocchi, come si vede in questa antica carta del XV secolo dove appare il simbolo del Biscione.

 

Subito il nostro pensiero va alla zona di Brera e ai tavolini all’aperto di cartomanti e chiromanti, che predicono il futuro come in un mercato di sogni, speranze e timori.

 

Non c’è solo questo, però, a Brera: alla Pinacoteca sono conservati due preziosi mazzi di tarocchi che risalgono all’epoca dei Visconti e degli Sforza.

 

Questi mazzi prendono il nome dei loro ultimi proprietari. Il primo, il Sola Busca, è l’unico antico mazzo completo di tarocchi esistente al mondo; l’altro, il Brera-Brambilla, manca di qualche carta e viene attribuito all’opera di Bonifacio Bembo, risalente a metà Quattrocento.

 

Durante la ristrutturazione del Castello Sforzesco, poi, è stato rinvenuto un altro mazzo dei Visconti, il Cary Yale, oggi conservato negli USA.

 

Un’altra prestigiosa istituzione milanese, la Pinacoteca Ambrosiana, conserva i cosiddetti Tarocchi del Mantegna, attribuiti alla scuola del Maestro, che, si pensa, furono però usati a scopo educativo e non ludico.

 

Appartenevano alla casata dei Borromei, la potente famiglia, imparentata coi Visconti, nel cui storico palazzo si trova, in una sala privata, un affresco molto intrigante. Sono rappresentati alcuni giovani, dame e cavalieri, intenti a “giocare” a carte. C’è chi suppone, però, che stessero interrogando il futuro guidati dalla donna al centro della scena, sotto un albero di melograno, simbolo di abbondanza, fertilità e fortuna. Stavano forse chiedendo ai tarocchi cosa riservava loro l’amore?

 

Cosa sono e da dove provengono i tarocchi? Il mazzo è composto da 78 carte con 22 Arcani Maggiori (tra i quali il Mago, la Papessa, l’Appeso, il Diavolo, il Sole, eccetera).

 

Si pensa siano arrivati in tempi remoti da un lontano Oriente (India, Cina…?) e che siano giunti fino a noi attraverso gli arabi, acquisendo via via nel tempo contenuti delle diverse culture. Azzardiamo un’ipotesi suggestiva. i Visconti furono molto legati ai tarocchi tanto che qualcuno sostiene che queste carte siano, per così dire, “nate” a Milano. Forse i Visconti erano attratti dai immagini a forte contenuto simbolico ed esoterico derivate dagli arabi e conosciute durante le Crociate? Pensiamo al nostro misterioso Biscione, peraltro simbolo della nostra città…

 

Nel XVIII secolo due studiosi si occuparono, in Europa, dell’uso divinatorio di queste carte. Il francese G. De Gebelin ipotizzò che i tarocchi risalissero all’Antico Egitto e precisamente al libro di Thot, scriba di Osiride; un altro, Eliphas Levi, invece, trovò analogie con la Cabbala, osservando che gli Arcani Maggiori sono 22 come le lettere dell’alfabeto ebraico.

 

Anche il nome Tarocchi resta piuttosto oscuro. Una ipotesi abbastanza curiosa è quella che derivi dalla punzonatura a buccia d’arancia presente sul retro delle carte. Che lungo viaggio anche linguistico hanno fatto per arrivare al significato odierno di “contraffatto”.

 

Se molto rimane oscuro, è invece certa la diffusione dei tarocchi come carte da gioco nei salotti bene e tra gli uomini di cultura della nostra città nell’Ottocento. Ci giocavano il Manzoni, il Foscolo e molti altri.

 

Stendhal, poi, riporta questo gustoso episodio a cui aveva assistito durante una partita giocata in un palco di un teatro. Scrive nel 1816: “… è una delle maggiori occupazioni dei milanesi. Questa sera c’è stato un momento in cui ho creduto che i giocatori stessero per azzuffarsi… ‘Vai a farti buzzarare’ gridava uno dei giocatori; ‘Ti te se’ un gran cojonon’ rispondeva l’altro… Un tale eccesso di franchezza e bonarietà tra le persone più ricche e nobili di Milano, mi fa venire voglia di stabilirmi in questo paese”.

 

Esistevano dunque un gioco dei tarocchi (del quale peraltro non ci sono pervenute le regole) e contemporaneamente un loro uso divinatorio? Questo alone un po’ misterioso viene alimentato nel Novecento da un maestro della psicanalisi, Karl Gustav Jung, che li considerava immagini capaci di creare a loro volta immagini diverse a seconda dell’osservatore, quasi un collegamento tra razionalità e inconscio.

 

Strana veramente la storia di queste “carte”. Di probabile antica origine extraeuropea, si sono fatte conoscere e si sono imposte come gioco di carte in ambienti nobili e colti, per poi nascondersi e riapparire come strumento per conoscere il futuro e, forse, per far emergere il nostro profondo. E la nostra città? Senza clamore, quasi in silenzio, custodisce in prestigiose sedi antichi mazzi con tutti i loro misteri.

A presto…

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