Una moderna favola medievale: il drago dei Giardini Pubblici Montanelli

Mentre, chiusi in casa per la pandemia, cercavamo storie e leggende sul Biscione, ci siamo imbattuti in due racconti che narrano di un drago che sarebbe vissuto nel IV secolo a Porta Venezia, dove oggi ci sono i Giardini Pubblici.

Vogliamo condividerli: sono storie a lieto fine, come speriamo siano quelle di tutti noi dell’Era Covid. Gli autori sono il frate Domenicano Galvano Fiamma (1283-1344) e il superiore generale dei Gesuiti, Paolo Morigia (1525-1604), che raccontano, a secoli di distanza, la vicenda di questo drago e del valoroso cavaliere che lo sconfisse.

Si narra che, poco dopo la morte di Sant’Ambrogio, i milanesi che vivevano nei pressi della Basilica dei Profeti (poi diventata San Dionigi, della quale parleremo tra poco) erano terrorizzati dalla presenza di una mostruosa creatura che viveva in una caverna.

Questo orrendo essere col suo pestilenziale e mortifero respiro infettava i dintorni. C’era dunque un focolaio dovuto alla bestia.

Tutta la zona era “rossa”; nessuno usciva, migliaia di persone morivano e, via via, anche nella città stava arrivando il contagio. Se qualcuno, poi, si avventurava all’aperto o cercava di attaccare il mostro, veniva ucciso e divorato.

Che fare? Un antenato della nobile famiglia Visconti, Uberto, armato non tanto di ferro, quanto di “fortezza d’animo, destrezza e di ingegno, mosso dal suo naturale valore si espose a pericolo della vita per liberare la città” (P. Morigia).

Dopo due giorni di lotta, Uberto riuscì a uccidere il mostro, “prendendolo per la barba e colpendolo con una scure”: il nemico era sconfitto e il “morbo” finito. Da allora il terribile drago divenne l’emblema dei Visconti.

Ieri il drago, oggi il Covid… Certe storie non furono mai, ma in fondo accadono sempre.

Quattro parole sulla Basilica di San Dionigi

Questa è un’altra leggenda sull’origine del Biscione, ma contiene anche alcuni tasselli per ricostruire un angolo della nostra città. La storia raccontata si svolge, infatti, a Porta Venezia, nei dintorni della chiesa di San Dionigi, oggi scomparsa.

Era una delle quattro basiliche volute da Sant’Ambrogio fuori le mura della città.

Inizialmente era stata dedicata ai Santi Profeti, poi, come le altre tre basiliche, aveva assunto il nome di un Santo, in questo caso del Vescovo di Milano, Dionigi, morto in esilio in Cappadocia, il cui corpo, però, era stato fatto tornare e tumulare in questa chiesa.

Basilica dei Martiri – Sant’Ambrogio

Basilica degli Apostoli – San Nazaro

Basilica delle Vergini – San Simpliciano

Basilica dei Profeti – San Dionigi (scomparsa)

Questa zona, più o meno dove oggi sorge il Planetario, era stato da sempre un luogo sacro.

La leggenda racconta che il 13 marzo del 51 d.C. San Barnaba avesse trovato qui la pietra rotonda venerata dai Celti (che oggi vediamo ancora presso la chiesa di Santa Maria del Paradiso a Porta Vigentina) ed avesse iniziato l’evangelizzazione di Milano.

La pietra venne custodita nella Basilica di San Dionigi fino a quando la chiesa non fu demolita. Già nel 1500, devastata dai lanzichenecchi, fu fatta ricostruire dal governatore di Milano (Antonio de Leyva, antenato della Monaca di Monza), spostandola entro le nuova mura spagnole, i Bastioni di Porta Venezia.

Infine la basilica venne demolita definitivamente quando, verso la fine del 1700, gli austriaci vollero creare uno spazio verde all’interno della città, i Giardini Pubblici.

Attualmente sono in corso scavi, dove è possibile, per cercare i resti di questa antica basilica, così importante per conoscere il nostro passato.

Quando faremo di nuovo quattropassi ai Giardini Pubblici, pensiamo su quanti secoli di storia stiamo camminando.

A presto…

 

Il Biscione, simbolo di Milano, tra monumenti, storia e leggende

Il Biscione è uno dei simboli della nostra città, citato anche da Dante nel Purgatorio (… la vipera che Melanesi accampa…), eppure la sua origine resta tuttora oscura.

Non sappiamo come e quando sia giunto a Milano nè il perchè della sua immagine. Forse in questa nostra città piena di misteri, il Biscione ha trovato il posto in cui vivere, nascosto sotto un groviglio di leggende che lo proteggono.

Entriamo nelle sue spire per cercare di sciogliere qualche enigma che lo riguarda. Usciremo dalle sue fauci come Giona e Pinocchio dalla balena, o saremo inghiottiti dai suoi misteri?

Ed ecco il primo di questi enigmi: il Biscione sta inghiottendo l’uomo precipitandolo nelle sue viscere o lo sostiene mentre rinasce dal buio a braccia aperte?

Arcivescovado

Dove troviamo il Biscione a Milano? Lo andremo a cercare tra le strade e i monumenti della nostra città, anche se a volte compare quasi beffardo nella vita quotidiana.

Piazza del Duomo: la nostra ricerca non può iniziare che da qui. C’è un cucciolo strano che ci guarda sorridente, acquattato tra le foglie, accanto alla porta centrale della Cattedrale. Le sue zampe sono palmate, tipiche di un animale che vive anche sull’acqua. La nostra, d’altra parte, è terra di acque, sotterranee e di superficie. Il Biscione è forse nato qui?

Facciamo pochissimi passi e troviamo sulla porta Lombardi del Duomo (la prima a destra del portone centrale, verso piazzetta Reale) un pannello di bronzo che ci riporta ad una delle leggende sul Biscione.

Eccola: si racconta che un nobile Visconti, Ottone, era partito con 7.000 Milanesi per la Prima Crociata alla riconquista di Gerusalemme. Sotto la sue mura si svolse un epico duello all’ultimo sangue tra Ottone e un valorosissimo cavaliere saraceno, Voluce, che aveva come insegna un serpente che stava divorando un uomo dalla pelle chiara (un simbolo della cristianità?).

Il Visconti vinse e, dopo averlo ucciso, si impossessò delle armi del nemico e del suo logo, sostituendo però il cristiano con un uomo dalla pelle scura. Bonvesin de la Riva parla di un “vessillo su cui è dipinta in azzurro una biscia che inghiotte un saraceno rosso”. Se andiamo al Castello lo vediamo.

Un’immagine cruenta, da fumetto horror, si trova su una bifora della chiesa di San Marco. Qui un biscione stacca la testa a un uomo. È dunque un animale feroce?

Una “bissa” più tranquilla, e piuttosto misteriosa, si trova alla base della palma che rappresenta l’Albero della Sapienza nella chiesa di San Sepolcro.

Siamo nella cripta dove, vegliato da San Carlo Borromeo, è custodito un sarcofago che contiene un po’ di terra “santa” portata dai Crociati dalla Palestina. Si racconta che ci sia anche una ciocca di capelli della Maddalena, ma questo segreto riguarda i Templari.

Un’altra leggenda fa diventare l’immagine del Biscione quasi un ex-voto. Si narra, infatti, che un altro nobile Visconti, Azzone, si fosse accampato con il suo esercito nelle terre intorno a Pisa in una guerra contro Firenze. Durante una tregua si era tolto l’elmo e si era addormentato. Al momento di rimetterselo, vide uscire dal cimiero un vipera che, invece di attaccarlo col suo morso mortale, se andò pacificamente. Non sembra una serpe quella specie di cerchietto che ha sul capo?

Un episodio analogo era accaduto anche al Re longobardo Desiderio, che lo aveva considerato un segno di benevolenza divina, quasi un’investitura. Il Re era solito portare al collo, come amuleto, un Biscione azzurro.

Le  due leggende simili sono forse un tentativo da parte dei Visconti di creare un legame coi Longobardi e di accreditare così il loro dominio? Il Biscione è dunque simbolo di potere?

Loggia degli Osii – Piazza Mercanti

La “biscia”, però, aveva già “scelto” Milano prima delle Crociate. Era arrivata infatti all’inizio dell’anno Mille da Costantinopoli, come dono dell’Imperatore di Bisanzio al Vescovo Arnolfo. Ancora oggi la possiamo vedere nella Basilica di Sant’Ambrogio.

Come un totem, a metà della navata centrale, su una colonna, un serpente di bronzo nero, inquietante nella sua semplicità, disegna un cerchio con il suo corpo.

Risale, secondo la tradizione, ai tempi di Mosè che l’aveva forgiato di persona durante l’Esodo per salvare dalla morte chi era stato avvelenato dai morsi dei serpenti. Questa “bissa”, narra la leggenda, resterà a Milano fino al giorno del Giudizio Universale, quando prenderà vita, scenderà dalla colonna e tornerà nella Valle di Giosafat, da dove era venuta. Ci aiuterà ad uscire anche da questa pandemia?

Cesare Ligari – Pinacoteca Ambrosiana

C’è chi pensa che un’insegna con questa “bissa” fosse stata donata a Ottone Visconti in partenza per la Crociata e che, dopo la conquista di Gerusalemme, fosse stata aggiunta l’immagine del nemico vinto. Da allora il Biscione divenne l’emblema del potere, visconteo prima e sforzesco poi. La chiesa doppia dell’Incoronata, fatta costruire da Francesco Sforza e dalla moglie Bianca Maria Visconti, è il simbolo dell’unione tra le due casate sotto il segno del Biscione.

I nostri passipermilano alla ricerca del Biscione non terminano qui. C’è ancora molto da scoprire!

A presto…