La Strada delle Abbazie: terza tappa, Chiaravalle

Nell’itinerario “La Strada delle Abbazie”, la chiesa di Chiaravalle è la terza e ultima (dopo San Pietro in Gessate e Monluè) situata nel Comune di Milano. Raggiungere questo capolavoro dell’architettura medievale è bello e facilissimo anche in bicicletta. Infatti ci si può addentrare nel Parco della Vettabbia da via San Dionigi lasciandoci guidare poi dal bel campanile dell’abbazia.

 

Durante il percorso in via San Dionigi abbiamo fatto diversi incontri: “el Signurun”, che benedice chi entra o lascia Milano, la chiesetta di Nosedo, dove si rifugiarono i milanesi dopo la distruzione di Milano da parte del Barbarossa, qualche bella cascina e, infine, ci possiamo godere il verde e il paesaggio semplice e antico del parco.

 

Abbiamo già parlato diverse volte di San Bernardo, fondatore dei Cistercensi, e della sua Chiaravalle, delle caratteristiche interne e esterne di questa abbazia, delle Bottega dei Monaci e del Mulino con le sue attività.

 

Legate all’abbazia ci sono anche storie per lo meno insolite, come quella di Guglielmina Boema, la “Papessa” che fu sepolta nel piccolo cimitero dei monaci, e quella dei Templari, che devono a San Bernardo la propria regola e che stabilirono la loro Commenda a Porta Romana. C’è ancora molto di curioso, però, da raccontare su questa abbazia e lo faremo attraverso diversi aneddoti riportati su vecchi testi che abbiamo spulciato. Scrive un autore: “…mio solo desiderio è stato quello di raccogliere le notizie sparse qua e là con diligenza e amore affinché il viandante curioso… possa meglio conoscerla…” (R. Sforni, 1935). Ci proviamo anche noi?

Caravalle

Non è un errore di battitura, ma un nome antico con un’etimologia affettiva, più che storica. Secondo alcuni documenti, ripresi poi da uno storico come Carlo Torre e da un monaco cronista del Seicento, il monastero “…era detto di Caravalle perchè tutti beneficava colle orazioni et elemosine e perciò il popolo amò chiamarlo così… non solo i pellegrini erano accettati per tre giorni e gli ammalati fino alla recuperata salute…” (e siamo nel Medioevo). E così la nostra abbazia veniva chiamata e salutata dalla gente con “Cara-vale”, saluto latino benaugurante.

 

L’Unguentaria dell’abbazia

Era una sorta di “farmacia” situata a destra dell’ingresso sul cortile, di fronte alla Cappella delle Donne.

 

I monaci fecero, tra l’altro, anche importanti studi a livello sanitario, utilizzando le erbe officinali che coltivavano. Un angolo tutto dedicato ai rimedi naturali lo troviamo ancora oggi nella Bottega dei Monaci: Cara-vale!

 

La Chiesetta delle Donne

Venne costruita a sinistra dell’ingresso perchè le donne erano ammesse all’abbazia solo nel giorno della sua consacrazione e negli otto giorni successivi.

 

Dedicata a San Bernardo, purtroppo è quasi sempre chiusa e necessita di restauri. Ecco alcune fotografie che siamo riusciti a scattare in una rara occasione.

 

La “rifabbrica” dell’abbazia

Chiaravalle fu costruita, anzi “continuata” come scrisse il grande architetto Luca Beltrami, in diversi momenti. Infatti se la prima costruzione risale al 1135, come riporta una iscrizione, nel XIII secolo venne aggiunto il bel campanile, anzi, per la precisione si tratta di una torre nolare, che si innalza direttamente sopra il transetto.

 

La ciribiciaccola, “…audace, che si eleva verso il cielo in un impeto di preghiera…” probabilmente ha ispirato anche la guglia maggiore del Duomo.

 

Nella seconda metà del Cinquecento fu poi costruita la torre quadrata sulla quale venne posto un orologio del Trecento, uno dei primi di Milano, per scandire il tempo dell’uomo… e cominciò la fretta.

 

Più o meno coevi sono anche la Chiesetta delle Donne e il piccolo cimitero in cui, davanti alla tomba di Guglielmina Boema volle essere sepolto il direttore della Banca Commerciale Italiana, grande benefattore dell’abbazia. Un insolito angelo di Giacomo Manzù veglia all’ingresso del cimitero.

 

Nel corso della sua lunga storia, Chiaravalle subì anche periodi di grave declino e diverse gravi mutilazioni. Scampata alla distruzione del Barbarossa, che la risparmiò, nulle potè nei confronti della ferrovia Milano-Genova, oggi dismessa, per far passare la quale venne demolito, nel 1861, il chiostro grande del Bramante!!!

 

La bellezza e i canti come lode a Dio

Dopo il lavoro e lo studio, i monaci si ritrovavano insieme per le preghiere comunitarie. Se la loro vita era frugale, le celle austere, negli spazi comuni (abbazia, sala Capitolare, chiostro…) c’era invece ricerca della bellezza come lode a Dio ed esigenza dello spirito umano.

 

Da qui la presenza di affreschi di notevole valore (Luini, Fiamminghini…) e il bellissimo coro ligneo, spazio sonoro per ascoltare la Parola di Dio e rendergli gloria.

 

Forse in questo itinerario alla riscoperta di bellissime, antiche abbazie “…si cerca anche lo spazio senza tempo, dove vive l’Eternità…” (Christiano Sacha Fornaciari, architetto brasiliano).

Le cicogne

I monaci erano green? La regola cistercense prevedeva che le “case” fossero situate in luoghi malsani da bonificare e Chiaravalle, infatti, era una palude dove arrivavano anche le acque putride di Porta Romana. Su questi terreni paludosi e di canneti vivevano le cicogne che presto divennero “alleate” nel lavoro dei monaci. Infatti si cibavano di cavallette e di bisce d’acqua in una sorta di circuito ecosostenibile tra natura e modifica del territorio.

 

Le cicogne divennero presto animali tanto preziosi che sullo stemma dell’abbazia compare questo animale con un pastorale nel becco.

 

Una leggenda vuole che le cicogne abbiano cura sia dei piccoli (il cui “ciri-ciri” dei beccucci diede forse origine al nome “ciribiciaccola” al campanile dove nidificavano) sia degli animali più vecchi, che vengono ricoperti di piume via via che perdono le loro. Poi, improvvisamente, nella seconda metà del Cinquecento le cicogne abbandonarono Chiaravalle: stava arrivando la peste. Ma ancora oggi accolgono i visitatori all’ingresso.

 

Prosit

I monaci si dedicavano anche alla coltivazione delle viti, come appare in un vecchio foglio del “Libro dei prati” di Chiaravalle dove è disegnata una vigna del monastero.

 

Anche il vino prodotto veniva offerto ai poveri: un aneddoto riporta la leggenda di una botte tanto grande da poter contenere un uomo a cavallo con la lancia in resta, donata ai poveri dagli Archinto, una famiglia di benefattori dell’abbazia; non pensate sia una cosa impossibile, al Museo Branca ne abbiamo fotografata una forse ancora più grande.

 

Si racconta anche che alcuni cerchi di questa botte facciano parte della Ciribiciaccola. Non è il caso di brindare anche noi augurando lunga vita e prosperità alla nostra Cara-vale?

A presto…

Riciclando in verde: ad Orticola per la Festa della Mamma

Anche se il cielo non prometteva niente di buono, mi sono avventurata tra le bancarelle di Orticola alla ricerca di fiori per le composizioni da preparare per la Festa della Mamma.

 

Le date sembrano fatte apposta: la mostra-mercato di fiori più bella di Milano è aperta dall’ 11 al 14 maggio, guarda caso proprio in tempo per regalare qualcosa di fiorito alle mamme di qualsiasi età.

 

Giro tra i banchi: c’è veramente di tutto! Dai fiori per fare belle composizioni ad altri che sono bellissimi anche da soli.

 

Quale scegliere tra questi fiori? Quasi quasi mi dispiace “cogliere” un vaso nei tappeti fioriti.

 

E se questa fosse una pianta carnivora? Meglio di no… preferisco puntare su fiori “normali” e ambientarli in un modo originale…

 

Guardo tra le bancarelle sempre più indecisa, colpita dai mille colori e forme dei fiori…

 

Il cielo si sta oscurando sempre di più e dalle gocce si passa all’acquazzone. Meglio ripararsi prima di tornare a casa in fretta…

 

Ecco un’idea che senz’altro piacerà a tutte le mamme, anche alla mia. Perchè non venite domenica 14 maggio ad Orticola per regalarci qualche bella ora insieme tra i fiori? Scoprirete anche che i cuori possono essere verdi!

 

Un abbraccio affettuoso dalla vostra Francesca!

A presto…