La storia della “Senavra” raccontata nella notte di Halloween

“…Datemi una moneta… Mi avete sentito arrivare col piede caprino che rintocca i miei passi? Datemi una moneta per andarvene senza di me, datemi una moneta che questa sera vi racconto una storia…

Vi piace questa zona? È bella e siete tanti ad abitarla, ma un tempo quello che ora voi chiamate corso XXII Marzo era una strada di lattai, piena di campi e di piccoli corsi d’acqua melmosi. Riuscire a ritrovarlo in queste vecchie cartine?

Fermatevi a guardare questa chiesa, all’altezza del numero 50 del corso. Cosa leggete sulla facciata di mattoncini rossi? “Senavra”… strano nome davvero.

Chi sono io? Sono un “si dice”, un fantasma che chiede una moneta per lasciarvi in pace, sono il prezzo per farvi tornare alle paure delle vostre vite.

Vedete il lungo edificio che continua la chiesa?

Quante volte è stato rimaneggiato e ha cambiato pelle e cuore: è stato una villa fuori città al tempo di Ferrante Gonzaga, governatore di Milano (XVI secolo), poi è diventato lo splendido edificio, la “Scenam Auream” dove i Gesuiti si ritiravano in preghiera (dalla fine del XVII secolo).

Sul muro di cinta avevano fatto dipingere un albero di senape con le parole della parabola evangelica (da un granello di senape, la più piccola tra tutte le verdure, nascerà un albero…).

Potrebbe essere nato da qui il nome Senavra, la senape nel nostro dialetto, oppure viene da Scenam Auream. Forse, invece, ha un’origine di dolore e morte: qui intorno c’erano paludi e una di queste, Sinus Averanus, aveva inghiottito per sempre Frontone, Arcivescovo di Milano del VI secolo, oppositore del Papa.

Voi festeggiate Halloween, vi divertite della paura. Volete provare brividi di terrore? Tornate con me nei corridoi della Senavra di un tempo…

Dopo che i Gesuiti furono cacciati (1773), questa divenne la “casa” dei malati di mente. Un ospedale voluto (1781) da Maria Teresa per ricoverare chi era detto pazzo dai parenti, da un parroco, da un anonimo nemico … Insieme a loro era rinchiuso chi era “diverso”, solo, orfano o chi la pensava in modo sgradito ai potenti.

Urla, risate senza gioia, bestemmie, pianti… E come cura, catene, docce gelate, salassi, purghe, clisteri, bastonate… Anche qui veniva talvolta qualche angelo come il dottor Andrea Verga o Gaetana Agnesi che si occupava di donne disperate. Ma l’inferno era qui e la morte il paradiso.

Questo ospedale era diventato troppo piccolo e si trovava tra gente che voleva abitare tranquilla senza vedere nè sapere. Ci portarono altrove, fuori città (Ospedale di Mombello, seconda metà ‘800); e la Senavra? Vi entrò la solitudine, l’abbandono, come se il dolore avesse bisogno di tempo per affievolirsi e svanire. Divenne un ricovero per  gli anziani, poi per gli sfrattati dopo la pazzia di una vostra guerra.

Ora, se passate di qui, trovate preghiere, assistenza e aiuto perchè la Senavra (negli anni Sessanta) ha ancora una volta cambiato pelle e cuore ed è diventata una chiesa.

Io abito ancora in queste strade e ora che, nella notte di Halloween, vi ho raccontato la storia della Senavra, datemi una moneta o…

A presto…

 

Uno sguardo alla “Design Week 2020”

Qualche giorno fa si è conclusa la “Milano Design Week 2020” che si è svolta con coraggio, sotto il segno della mascherina.

Infatti, se il Covid aveva fatto annullare il Fuorisalone di primavera e rimandare al prossimo anno il Salone del Mobile, dal 28 settembre al 10 ottobre, la nostra città ha riaperto le porte sul futuro del design, su cosa sceglieremo per la nostra casa nel mondo che verrà.

Le zone più creative e glamour di Milano hanno ospitato un ricco calendario di eventi, dedicati all’arredo, in showroom, laboratori, gallerie e luoghi simbolo, sempre nel rispetto delle norme di sicurezza anti-Covid.

Infatti, anche nella Design Week come nella nostra vita di oggi, il digitale ha affiancato le iniziative in presenza, gli eventi hanno richiesto inviti o prenotazioni a numero chiuso; proibiti gli assembramenti che per il Fuorisalone volevano dire tanto pubblico affascinato dalle molte installazioni diffuse per la città.

Il Covid ha creato uno scenario nuovo, dai contorni ancora fluidi dove, come nello home working, il digitale diventa realtà quotidiana. Ci è sembrata una edizione rivolta maggiormente agli “esperti” del settore; il pubblico ha potuto partecipare di persona solo su prenotazione o guardando le vetrine e le poche installazioni nei vari distretti, oppure esplorando on-line.

Vi proponiamo di sfogliare un album di immagini da vedere e rivedere quando se ne avrà voglia.

Particolare attenzione, in questa edizione è stata data, anche dalla gallerista Rossana Orlandi, all’economia circolare, alla sostenibilità e a come sia possibile creare bellezza da elementi riutilizzati e riciclati.

Nei chiostri del Museo della Scienza e della Tecnologia, appena restaurati,  ha presentato i progetti di diversi designer, artisti e ricercatori.

È un invito ad uscire dai luoghi comuni. Il legno, ad esempio, considerato “naturale” ed “ecologicamente corretto”, in realtà potrebbe essere stato estratto senza rispetto per l’ambiente o utilizzato senza vera necessità. La plastica, altresì, non va demonizzata ma riciclata e riutilizzata “per una seconda, altre e infinite vite” fino a farla diventare componente dei materiali da costruzione.

In occasione della Design Week, il Comune di Milano ha patrocinato una insolita mostra “The Skull Parade. Il tempo della vanità. I Teschi raccontano”, un  assembramento di teschi accanto a piazza del Duomo.

Partita da Viareggio e realizzata dagli artisti che creano le maschere per il Carnevale, è ispirata alla tradizione popolare messicana del Giorno dei Morti, quando si crede che le anime ritornino nelle loro case e nel mondo dei vivi.

In fondo Halloween è quasi alle porte e un po’ di mistero dark si addice alla nostra poliedrica città.

A presto…