San Cristoforo, una chiesetta lungo il Naviglio – parte prima, l’esterno

Lungo il Naviglio Grande e il percorso del tram n. 2, c’è un’antica chiesetta rimasta immutata nel tempo, che ci fa chiedere se siamo veramente a Milano. È uno dei tanti volti della nostra città, quello che parla alla mente, ma tocca il cuore.

È dedicata a San Cristoforo, il gigante gentile che portò Gesù Bambino sulle spalle attraversando un fiume. È diventato poi il patrono dei viaggiatori.

Per visitare questa chiesetta, facciamoci pellegrini di un viaggio, storico e non solo. Fermiamoci come prima tappa davanti al grazioso ponticello che supera il Naviglio davanti alla chiesa.

Non sappiamo se, rifatto e rimaneggiato, sia quello di cui parlava uno storico milanese, il Giulini, che nel Settecento ricordava come, nell’archivio cittadino, fosse conservato un documento della fine del Trecento nel quale si concedeva la costruzione di un ponticello proprio in questa zona.

Certo che tanta acqua è passata sotto di esso. Qui arrivavano merci e idee, materiali e persone (da qui passò, si dice, il corteo nuziale di Ludovico il Moro e Beatrice d’Este). Ancora qui, lungo queste sponde, c’erano, e ci sono, gli stalli di pietra delle lavandaie, ma l’acqua, allora, era pulita.

Una riflessione: se si riapriranno alcuni tratti del Naviglio Interno, sarà necessaria tanta, tanta manutenzione per evitare i miasmi, i problemi igienici e le zanzare che, tra l’altro, avevano portato alla sua copertura. Il Manzoni già lo definiva “fogna a cielo aperto” dove, come scriveva anni dopo il Turati: “sul gorgo viscido, chiazzato e putrido, sghignazza un cinico raggio di sole”. Speriamo in bene!

Oltrepassiamo ora il ponticello e fermiamoci davanti alla chiesa nel piccolo piazzale, che purtroppo non è isola pedonale.

San Cristoforo, come l’Incoronata, è una chiesa doppia, ma le facciate affiancate sono ben diverse per stile ed epoca di costruzione.

La parte più antica di San Cristoforo è quella di sinistra, col tetto a capanna. Venne costruita alla fine del XII secolo dove sorgeva una piccola cappella, sorta a sua volta, sembra, su tempio romano dedicato a Ercole. In questo luogo di preghiera, dunque, sono sempre stati venerati dei giganti. Scaveremo un po’ per saperne di più parlando di San Cristoforo.

Proseguiamo il nostro viaggio alla scoperta di questa chiesa, fermandoci davanti alla facciata di sinistra. Un bel rosone in cotto sovrasta il portone rettangolare piuttosto basso e largo.

Sugli stipiti ci sono due piccole sculture antropomorfe in marmo bianco. Una, in particolare, ci coglie di sorpresa: è un triplice volto.

Immediatamente pensiamo a quello della Cappella Portinari in Sant’Eustorgio, ma le differenze ci sono, eccome! Infatti in quest’ ultimo sono rappresentati tre volti di donna, nelle diverse età della vita. la scultura in San Cristoforo mostra due visi che sembrano femminili e uno maschile, barbuto, al centro.

La scultura in San Cristoforo, invece, mostra due visi che sembrano femminili e uno maschile, barbuto, al centro. Non solo; il mistero si infittisce. Il volto più interno ha una piccola “mandorla” in rilievo alla radice del naso, una sorta di terzo occhio. Non siamo riusciti a scoprire di più a proposito di questa strana e insolita scultura. Quale messaggio custodisce?

Alla storia, invece, ci riporta il triplice stemma sopra il rosone. Sono rappresentati il logo dei Visconti, quello storico del Comune di Milano, risalente ai tempi del Barbarossa, e quello con il cappello cardinalizio tra sole e stelle dell’Arcivescovo di allora, Pietro Filargo di Candia, un frate francescano che riuscì a far ottenere a Gian Galeazzo il titolo di Duca dall’Imperatore.

Pochi passi ancora e ci fermiamo davanti alla facciata della seconda chiesa, chiamata anche Cappella Ducale. Siamo nel 1399, Milano è decimata dalla peste e il Duca Gian Galeazzo Visconti fa erigere questa Cappella come voto da parte dei milanesi per la fine dell’epidemia. Non ne vedrà il compimento, vittima anche lui della pestilenza.

La cappella era affiancata alla prima chiesetta; purtroppo gli affreschi che ricoprivano interamente la sua facciata ora sono gravemente deteriorati. Sopra il portone appaiono gli stemmi dei Visconti e del Comune di Milano, ben in vista.

Proseguendo il nostro viaggio intorno a San Cristoforo, vediamo anche il bel campanile del XV secolo, ancora autentico e unico nel suo genere a Milano.

Ancora qualche passo e incontriamo, a ridosso della Cappella Ducale, una costruzione più “recente”: la Cappella dei Morti, risalente alla peste manzoniana del 1600.

Un teschio e due tibie incrociate sembrano prendere forma nella grata di ferro.

Un semplice, piccolo giardino sul retro lascia intravedere l’abside della chiesa più antica. Sembra un richiamo, torniamo sui nostri passi e varchiamo la soglia.

A presto, per vedere l’interno…

El Tredesin de Marz: inizio smart della primavera.

La primavera a Milano comincia il 13 marzo, una settimana prima della data ufficiale. È un inizio smart che risale al primo secolo d.C., una tradizione che continua ancora oggi.

Era il 13 marzo del 51 d.C. quando Barnaba giunse a Milano per portare il Vangelo. Arrivato più o meno dove ora ci sono i Giardini Pubblici, vide un gruppo di fedeli pagani che pregava intorno ad una pietra circolare. Conficcò al centro di questa la Croce e tracciò col dito tredici raggi nella pietra per far ricordare per sempre quella data.

Al suo passare le statue pagane crollavano, la neve si scioglieva e i fiori sbocciavano. Il freddo e il buio lasciavano spazio alla Luce e al tepore della primavera.

La storia dice che non è andata così, ma cosa ne sa se tante leggende rimangono ancora vive dopo secoli nel cuore della gente? Se andiamo nella chiesa di Santa Maria del Paradiso, troviamo ancora quella vecchia pietra circolare che aggiunge un po’ di sapore celtico alla religiosità milanese.

A San Barnaba e a San Paolo, suo compagno nel viaggio evangelico, è dedicata la chiesa di via Commenda, accanto all’istituto scolastico dei Padri Barnabiti.

Di fronte c’è il bellissimo Giardino della Guastalla che aspetta la primavera. In fondo è sotto lo sguardo di San Barnaba.

La nostra città, ai primi di marzo, sente già la bella stagione; iniziano feste e mercatini di fiori, eventi che sanno di primavera.

Fioriscono giardini; le bancarelle sono piene di fiori che rallegrano le strade, prima ancora delle nostre casa.

Un bel fiore rosa è spuntato sul cemento vicino alla chiesa si Santa Maria del Paradiso, preludio alla festa del Tredesin de  Marz, che si tiene in questa zona.

La primavera sboccia in città e tornano le rondini anche sulle case. Facciamo un salto in via Carlo Porta 5, alla Fondazione Corrente-Studio Treccani, dalla facciata azzurra dove volano per sempre le rondini. È un luogo tanto insolito quanto pieno di poesia, in pieno centro, vicino a piazza Cavour.

Perdiamoci ora un po’ per le strade, quasi “botanici del marciapiede”, come diceva Baudelaire, regalandoci quattropassi in questo inizio di primavera… potremmo anche incontrare una poesia.

In corso Garibaldi, davanti al numero 110, un bel viso di ragazza guarda il marciapiede, forse sta leggendo una poesia di Prevert.

È una poesia incisa sul marciapiede. Abbiamo cercato di scoprire quando, come e perchè sia stata messa proprio lì, ma non abbiamo trovato niente. Così abbiamo pensato che fosse spuntata all’improvviso, in un giorno di marzo, sull’asfalto della nostra unica, romantica, misteriosa, ineguagliabile città.

Buon Tredesin de Marz!

A presto…