Quattropassi nel ‘400 sforzesco con vista grattacieli: la chiesa e la conca dell’Incoronata

È una città ricca di acque quella che Leonardo ha trovato al suo arrivo a Milano nel 1482.

Non solo c’erano i tanti corsi d’acqua naturali, i fontanili e persino una fonte miracolosa alla quale ci si accosta ancora oggi; a Milano scorrevano anche i Navigli, canali navigabili importanti per l’irrigazione e il trasporto di persone e merci. Si pensi ai barconi con il marmo di Candoglia per il Duomo!

Leonardo, nel suo curriculum, si era proposto a Ludovico il Moro anche come esperto in campo idraulico: “credo satisfare benissimo… in conducer acqua da uno loco ad uno altro“.

Fu così incaricato dal Moro di occuparsi, tra l’altro, anche del collegamento tra la cosiddetta Cerchia Interna dei Navigli e il canale della Martesana, che era stato appena costruito.

La Cerchia Interna era stata, ai tempi del Barbarossa, un fossato difensivo ed ora, alla fine del Quattrocento, rappresentava una sorta di circonvallazione su acqua rispetto alla città. Perchè non collegarla dunque anche alla Martesana, proveniente da Nord Est, che avrebbe arricchito con le acque dell’Adda la Cerchia Interna?

Milano è considerata una città completamente piatta, invece è ondulata, con avvallamenti e dossi. C’era, anche, una differenza di altezza tra la Cerchia e la Martesana, che scorre più in alto. Era necessario, quindi, un sistema di conche e chiuse per permettere alle barche la navigazione, come già avvenuto alla Conca di Viarenna accanto alla Darsena.

Facciamo ora uno zoom su una di queste conche tra la Martesana e la Cerchia Interna: ecco, in fondo a via san Marco, la Conca dell’Incoronata, al cui progetto partecipò anche Leonardo.

La conca prende il nome dalla vicina chiesa di Santa Maria Incoronata, in corso Garibaldi. Da quest’ultima iniziamo i nostri quattropassi per rispettare l’anzianità di costruzione. Alla prima occhiata restiamo stupiti: è una chiesa doppia, con due facciate uguali che fanno pensare a villette a schiera.

La chiesa di sinistra è la più antica, costruita in epoca comunale e andata poi in rovina. Venne fatta ricostruire da Francesco Sforza che la volle dedicare a Santa Maria Incoronata in occasione della propria incoronazione a Duca di Milano, nel 1451.

Qualche anno dopo, nel 1457, Bianca Maria Visconti, moglie di Francesco Sforza, volle fosse costruita a fianco un’altra chiesa del tutto simile alla precedente, come simbolo della loro unione matrimoniale e di casata.

Un Biscione visconteo, proprio tra le due facciate, rappresenta un sigillo della legittimità e della continuità della successione. “OK, tu sei il Duca” deve aver pensato Bianca Maria “ma c’è anche il mio Biscione”. Brava!

L’interno della chiesa è un grande spazio unico a due navate, suddivise da pilastri, con due absidi e due altari.

Da ammirare, tra l’altro, un’insolita opera del Bergognone dove Cristo, con la Croce simbolo del Sacrificio, torchia l’uva per farne il Vino Eucaristico.

A fianco alla chiesa troviamo la quattrocentesca Biblioteca Umanistica, che faceva parte del convento dei frati agostiniani.

Conteneva migliaia di codici e volumi, depredati poi da Napoleone, che, però, non poté portarsi via anche gli ambienti. Tra poco questi ospiteranno, come gli anni scorsi, alcuni eventi del FuoriSalone del Mobile.

Il FuoriSalone 2019 (8-14 aprile) prevede anche un’installazione proprio alla Conca dell’Incoronata e al vicino Ponte delle Gabelle, in ceppo d’Adda, dove un tempo si pagavano dazio e pedaggio.

Unica rimasta di questo tratto di Naviglio, ormai interrato, la conca conserva ancora alcune caratteristiche che la rendono una sorta di museo a cielo aperto… manca solo l’acqua!

È un omaggio a Leonardo e al suo genio. Osservando, infatti, la conca troviamo un’altra sua invenzione, utilizzata ancora oggi nelle chiuse di tutto il mondo: la porta vinciana.

Le porte della chiusa, in rovere, sono infatti uguali a quelle progettate da Leonardo e raccolte nel Codice Atlantico dell’Ambrosiana.

Si crede che la porte vinciane siano state messe in opera per la prima volta proprio alla Conca dell’Incoronata. Sono dotate di sportelli incernierati al centro, per facilitarne l’apertura e la chiusura e quindi l’entrata e l’uscita dell’acqua.

Se dalla chiesa o dalla conca ci guardiamo intorno, vediamo stagliarsi sullo sfondo la guglia del grattacielo Unicredit del grande Cesar Pelli. Il “qui” e “ora” dei nostri passipermilano possono spaziare dal Rinascimento alle torri di piazza Gae Aulenti. Negli occhi abbiamo momenti diversi di cinquecento anni di progetti per Milano.

A presto…

Il Cavallo di Leonardo, un sogno durato 500 anni – Parte Seconda, verso il nuovo millennio

Chissà dove vanno a dormire i sogni quando li dobbiamo lasciare e come fanno a risvegliarsi altrove dopo tanto tempo?

Realizzare il Cavallo era stato il sogno degli Sforza e di Leonardo che aveva cercato di materializzarlo. Le loro vite, poi, non lo avevano reso possibile e il sogno si era addormentato per circa cinquecento anni in un gomitolo rosso.

Madrid, 1964 –  Il fil rouge che avvolgeva il sogno inizia di nuovo il suo lungo cammino. Alla Biblioteca Nazionale vengono ritrovati alcuni manoscritti e annotazioni di Leonardo riguardanti il Cavallo e la sua fusione.

Allentown, Pennsylvania, 1977 – Charles Dent (1917 – 1994). figlio del proprietario di una fonderia, è un uomo che ama l’arte e il volo. È stato pilota civile ed è anche un collezionista appassionato di opere d’arte, in particolare del Rinascimento.

https://www.davincisciencecenter.org/about/leonardo-and-the-horse/biography-of-charles-c-dent/

Legge sul National Geographic un articolo che riguarda Leonardo e il Cavallo che “non fu mai”. Da allora la realizzazione di “the Horse” diventa il sogno al quale dedica tempo, amore e sostanze. Lo vuole regalare alla nostra città in segno di omaggio al Maestro e a Milano, dove il sogno era iniziato.

Charles organizza una Fondazione, incontra i più importanti studiosi del Rinascimento per verificare la fattibilità del progetto, raccoglie materiale e fondi, “fieno per il Cavallo”. Come Leonardo lavora a questo progetto per 17 anni, ma lo lascerà ad altri. Muore, infatti, nel 1994 con il sogno ancora da realizzare.

Michigan, 1994 – Il sogno di Charles passa ai suoi familiari e il Cavallo prosegue il suo lungo cammino. Il fil rouge arriva infine a Frederik Meijer, imprenditore americano, proprietario di una grande catena di supermercati. Anche lui impegna tempo, energie, passione e denaro per realizzare the Horse.

Beacon, NY, 1996 – Il filo rosso avvolge anche Nina Akamu, una scultrice americana di origine giapponese, che era stata incaricata di dare forma al sogno.. Appassionata di cavalli e dell’Italia, studia i progetti di Leonardo e infine riesce a realizzarne il calco. Nella fonderia Tallix di Beacon finalmente nasce il Cavallo made in USA.

http://www.studioequus.com/biography.html

Milano, 1999 – Il Cavallo, esattamente 500 anni dopo la distruzione del modello in argilla da parte dai francesi, giunge in dono a Milano. È veramente colossale (metri 7,20 di altezza, 8 di lunghezza, 15 tonnellate di peso) e fa bella mostra sopra un maxi piedistallo davanti alla tribuna dell’Ippodromo del Galoppo di San Siro.

Una curiosità: è stata effettuata recentemente una simulazione in 3D della fusione. E stato così  verificato che Leonardo, con le tecniche che aveva progettato, sarebbe stato in grado di realizzare la propria opera in meno di tre minuti.

https://www.museogalileo.it/it/biblioteca-e-istituto-di-ricerca/progetti/progetti-speciali/834-non-era-leggenda-il-leggendario-cavallo-di-leonardo.html

Per il trasporto dall’America, invece, il Cavallo è stato realizzato in otto pezzi separati da assemblare.

Il Cavallo di Leonardo ha anche un gemello americano, esposto nel parco di Grand Rapids nel Michigan del quale è  la principale attrazione.

Un terzo “fratello”, più piccolo, è stato donato, nel 2001, a Vinci, paese natale del Maestro.

Milano, 2019 – A vent’anni esatti dalla sua collocazione, defilato rispetto ai circuiti turistici e quasi sperduto tra i parcheggi dello Stadio, ci pare un po’ sottovalutato.

Attualmente è il logo del MIFF AWARDS, Festival di Film d’Autore, che si tiene ogni anno nella nostra città e lo vedremo sicuramente protagonista nelle varie celebrazioni per i cinquecento anni dalla morte di Leonardo.

Questo Cavallo non è “quello” di Leonardo da Vinci, come sostengono i critici. Questo progetto, però, ha attraversato e unito secoli e paesi. È il Cavallo di Leonardo, di Ludovico, di Charles, di Frederik, di Nina, un po’ di tutti coloro che, con tenacia, cercano di concretizzare un sogno e, se non ci riescono, lo lasciano alle generazioni future perchè possano continuare a sognare, a immaginare, a creare, e a operare per realizzarlo.

A presto…