L’antico rito della “Nivola” in Duomo

Un lunedì pomeriggio di metà settembre in piazza Duomo: milanesi di corsa, indaffarati come sempre, turisti che passeggiano in attesa della Fashion Week, suoni della quotidianità… Lontano pochi passi persone raccolte intente ad ascoltare antichi salmi: nella nostra Cattedrale si sta celebrando lo storico rito liturgico della “Nivola” che conclude il Triduo dell’Esposizione ai fedeli del Sacro Chiodo della Croce.

 

 

Secondo la tradizione, questo Chiodo, insieme ad alcuni altri, venne rinvenuto a Gerusalemme da Sant’Elena e donato al figlio, l’Imperatore Costantino, come prezioso morso per il suo cavallo.

 

 

Andato perduto, venne poi ritrovato a Milano da Sant’Ambrogio presso la bottega di un fabbro che inutilmente cercava di lavorarlo. La reliquia venne collocata prima nella basilica di Santa Tecla e, quando questa venne demolita, nel Duomo. Era molto venerato dai milanesi, tanto che nel 1575 San Carlo lo portò in processione alla chiesa di Santa Maria presso San Celso, per invocare la fine della pestilenza.

 

La preziosa reliquia è custodita, in una teca di argento e cristallo di rocca, a oltre 40 metri di altezza sopra l’altare maggiore, sempre illuminata da una piccola luce rossa.

 

 

A metà settembre di ogni anno, però, (il 14 settembre si celebra la ricorrenza liturgica) il Sacro Chiodo viene posto su una sorta di “ascensore” con quattro sacerdoti e fatto scendere fino all’altare maggiore. Qui, in un Crocifisso dorato, è esposto alla venerazione dei fedeli.

 

 

Al termine del Triduo, con una solenne cerimonia, la “nivola” lo riporta, in una nuvola d’incenso, alla sommità della navata per un altro anno.

 

 

Questa “nivola” (forse ideata da Leonardo) fu dipinta da Landriani nel 1612 con angeli e cherubini avvolti in soffici nubi. Al termine della cerimonia viene poi avvolta in teli e collocata sopra una porta laterale del Duomo. E’ un vero peccato che la si possa ammirare solamente “in azione” da lontano e durante il rito.

 

 

Purtroppo abbiamo poche foto, un po’ “rubate” durante la funzione religiosa, ma, se lo desiderate, non mancate il prossimo anno a questo appuntamento, forse un po’ dimenticato, di fede e tradizione milanese.

A presto…

 

 

 

 

Una statua per Margherita, la scienziata delle stelle

Passato il torrido caldo estivo, il tempo cede via via alle sfumature dell’autunno, quando è piacevole passeggiare piano piano e guardare, magari con stupore, un particolare che ci era sfuggito. Oggi andiamo a fare quattro passi ai giardini, intitolati a Camilla Cederna, davanti all’Università Statale, dove si trova la bella statua dedicata recentemente a Margherita Hack nel centenario della sua nascita.

 

 

E la seconda statua a Milano che raffigura una donna, dopo quella di Cristina Belgioioso, eroina del nostro Risorgimento, nella piazzetta omonima.

 

Il viso della statua che rappresenta Marga (così veniva chiamata affettuosamente) è vero e poco tradizionale, come era lei. È segnato dalle rughe, senza ritocchi estetici e anche i capelli sono spettinati, “fai da te”, naturali. “Non conta come hai la testa, conta cos’hai in testa” diceva.

La moda non faceva per lei e i pantaloni della statua sembrano nascere dalla terra come dal vortice di una galassia piena di punti luminosi come stelle.

E c’erano le “stelle” anche dove nacque a Firenze il 12 giugno 1922. Infatti vide la luce in via delle Cento Stelle, vicino alle strade dedicate a Volta e a Marconi, quasi due scienziati come padrini. Sembrano segni premonitori per una bimba bionda, piena di energia e di curiosità, quasi autodidatta (andrà a scuola solo in quinta elementare, superando l’esame di ammissione), che giocava a fare l’aeroplanino per toccare il cielo.

I suoi genitori facevano parte della Società Teosofica Italiana, alla quale si ispireranno poi anche Maria Montessori e Rudolf Steiner, con le loro nuove teorie educative. Margherita crebbe amante della libertà e della natura, vegetariana per amore del pianeta; raccontava, sorridendo, di essere nata sotto il segno del gatto, animale indipendente e felice, coi quali visse tutta la vita.

 

Era profondamente innamorata del suo Aldo, conosciuto fin da bambina, col quale condivise felicemente l’intera vita. La loro unione era intessuta di complicità (forse perchè erano completamente diversi), di ironia, di risate. Raccontava che come pranzo di nozze avevano mangiato, loro due soli, i peggiori spaghetti della loro vita. Quando le chiesero cosa fosse per lei la felicità, guardando verso il marito, anziano e malato, rispose con tenerezza “Per me la felicità è stare con Aldo”. Un amore vero, non per i rotocalchi.

 

Da ragazza non fu certo solo studio, ma anche una grande sportiva: tifosissima della Fiorentina, amante della bicicletta, praticò atletica e salto in alto. Anche come scienziata voleva sempre “alzare l’asticella” della conoscenza. “Ogni risposta non è che il punto di partenza per un’altra domanda”

 

Dopo essersi laureata in Fisica nel 1945, iniziò a occuparsi delle stelle, anche con lunghi soggiorni all’estero. Pioniera nel campo dell’astrofisica in Italia, dedicò molti studi all’utilizzo dei raggi ultravioletti per osservare la nascita e la morte delle stelle. Infine fu chiamata a dirigere l’Osservatorio Astronomico di Trieste (prima donna ad avere questo incarico) che divenne un vivacissimo centro per studiosi, giovani ricercatori e studenti.

Margherita voleva, però, che tutti conoscessero le stelle. Partecipò quindi attivamente a diverse iniziative di divulgazione, a incontri nelle scuole, interviste, conferenze e persino spettacoli, scrivendo anche il testo di una canzone per il Festival di Sanremo.

 

Nella bella statua della scultrice Sissi, pseudonimo di Daniela Olivieri, Margherita fa il cannocchiale con le mani, come fanno i bambini che giocano e sognano guardando il cielo.

 

Abbiamo trovato questa sua foto; i suoi occhi sono vivaci, sorridenti e felici forse sono pieni di stelle, che raggiunse nel 2013.

A presto…