Poco lontano dal corso Genova, vivace e modaiolo, troviamo una chiesa millenaria dai bei mattoni rossi. È riservata e schiva, ricca di storia e di storie: San Vincenzo in Prato.
È tra le chiese più antiche di Milano, tanto che qualcuno pensa possa trattarsi addirittura della Basilica Vetus di cui parla Ambrogio alla sorella Marcellina (ricordate le Reliquie dei Magi di Brugherio?). Forse non è così. ma senz’altro testimonia come erano fatte le prime chiese milanesi.
Si affaccia su una piazzetta che sembra uscita dall’album di un’altra città. La storia di questa chiesa ha attraversato secoli e conserva diverse tracce di questo suo lungo cammino. Per scoprirla dobbiamo scendere alcuni gradini: la chiesa, infatti, si trova al di sotto dell’attuale piano stradale, a livello di quello dove sorgeva Mediolanum.
Sorse in una zona che ha visto succedersi fedi e preghiere differenti: era stata nemeton (bosco sacro) celtico, tempio di Giove, necropoli pagana e poi cristiana, chiesetta longobarda. Alcuni alberi lasciano intravedere dei reperti all’esterno della chiesa, sulla parete sinistra.
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Anche all’interno ci sono elementi che arrivano dal tempo: capitelli di spoglio (origine romana e medievale) e una colonna romana che, stanca di reggere pesi gravosi , ora osserva i nuovi fedeli appoggiata alla parete di sinistra.
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Infine scendiamo nella cripta di epoca romanica, posta sotto l’altare maggiore. Un tempo si diceva che qui ci fosse una fonte taumaturgica e infatti troviamo un piccolo pozzo tutto in pietra che se ne sta quasi in disparte, ma l’acqua non sgorga più…
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San Vincenzo raccoglie anche storie di altre chiese ormai distrutte. Guardiamo la Crocifissione, meglio nota come “Madonna del pianto” posta sull’altare maggiore.
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Si trovava nella vicina chiesa di San Calocero (non Calogero!), demolita prima dalle bombe della seconda guerra mondiale e poi dalle scelte umane della ricostruzione.
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La storia, o leggenda se preferite, racconta che nel 1519, quando Milano era ghiotta terra di conquista, la Madonna di questo dipinto abbia versato lacrime di sangue per tre giorni e tre notti. Il popolo era accorso e ciascuno le asciugava con panni da tenere con sè.
L’Arcivescovo di allora, però, mise fine a questo pellegrinaggio e fece raccogliere le lacrime in un’unica ampolla d’argento. Madornale errore: il nuovo padrone di Milano, Francesco I Re di Francia, prese il reliquiario e lo fece portare a Parigi. Avrebbe voluto portarsi via anche il Cenacolo… per fortuna era inamovibile.
Sulla navata destra di San Vincenzo troviamo anche le Madonna dell’Aiuto, un bell’affresco molto venerato nei secoli. Il volto della Vergine è giovane e quasi sbarazzino.
Da una porta sulla sinistra della chiesa si accede al Battistero ottagonale, realizzato nel 1932 dall’architetto Paolo Mezzanotte.
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Vi si trova un particolare fonte battesimale ricavato dalla base di un’antica colonna dalla quale, si dice, Ambrogio abbia predicato. Una leggenda di sapore molto più familiare racconta, invece, che la pietra abbia fatto da gradino al nostro santo Patrono per salire sulla sua mula Betta cercando di sfuggire alla nomina vescovile.
Questa colonna proviene dalla chiesa di San Nazaro in Pietrasanta, demolita per realizzare via Dante. Ancora una volta Milano si rinnova ma conserva le tradizioni.
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Le belle storie milanesi legate alla chiesa di San Vincenzo non finiscono qui, anzi… I decreti napoleonici la fecero sconsacrare riducendola a magazzino e caserma. Il “progresso” colpì poi pesantemente la ex-chiesa sotto gli Austriaci, tanto da farla diventare la “Casa del Mago”.
C’è poco esoterismo, però, questa volta. Infatti San Vincenzo fu venduta a privati che la utilizzarono come fabbrica di prodotti chimici. Luci, bagliori, fumi colorati e maleodoranti uscivano dalla chiesa e dal povero campanile diventato camino e ciminiera.
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I milanesi, con la loro solita bonaria ironia, la chiamarono appunto la “Casa del Mago”. A questo proposito ecco alcune immagini tratte dalle opere di Luigi Conconi, un pittore della Scapigliatura milanese.
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Finalmente nel 1884 la chiesa fu riscattata, riconsacrata e restaurata; il campanile venne abbattuto e rifatto.
Le bombe dalla seconda guerra mondiale, però, colpirono pesantemente tutta la zona e gli affreschi furono irrimediabilmente distrutti. Si decise allora di dipingere le pareti di bianco, così come le vediamo oggi.
L’acqua santa, la musica dei bei concerti d’organo e le luce delle candele, possiamo dire con un sorriso, sono tornate a San Vincenzo sconfiggendo i fumi e i bagliori di zolfo della vecchia Casa del Mago.
http://www.sanvincenzoinprato.it/concerti_1.htm
Il suono delle campane è tornato a diffondersi dal campanile, non più ciminiera.
A presto…