Quattropassi nella Milano 1918 col giovane Hemingway – parte prima

 

La “nascita” di Addio alle armi

Come appariva la nostra città agli occhi di un ragazzo americano durante gli ultimi mesi della Prima Guerra Mondiale? Ce lo siamo chiesti leggendo la targa dedicata a Hemingway sul palazzo di via Armorari 4.

Di famiglia benestante, era nato vicino a Chicago nel 1899. Giovanissimo reporter di un quotidiano, si era arruolato volontario nella Prima Guerra Mondiale. 

Per problemi alla vista, dovuti a un incontro di pugilato, era stato assegnato a guidare le ambulanze e a “distribuire posta, cioccolato e sigari” ai feriti e ai soldati di prima linea sul fronte italiano.

Era arrivato a Milano all’inizio di giugno 1918 per prendere servizio e subito aveva visto la tragedia e la morte. Infatti il 7 giugno era stato mandato sul luogo dell’esplosione avvenuta nello stabilimento di materiale bellico Sutter-Thevenot di Bollate, dove erano morte una sessantina di persone. Così scrisse anni dopo: ” … la sorpresa fu di scoprire che questi morti non erano uomini ma donne …”.

Un piccolo fatto ci ha incuriosito. Il Corriere di qualche settimana fa ha riportato alcune lettere sulla targa che ricorda una “scappatella” di Ernie al Parco Nord di Bollate. 

Spulciando qua e là, abbiamo scoperto che questa targa è la narrazione di un fatto mai avvenuto, realizzata da un artista, Francesco Fossati, con Casa Testori. Non furono dunque “baci e sorrisi” con una Marinella lombarda, ma una fake history?

Qualche giorno dopo lo scoppio di Bollate, Hemingway lascia Milano per raggiungere prima Schio e poi Fossalta, sul Piave.

Qui, nella notte tra l’8 e il 9 luglio, decide di portare generi di conforto, disubbidendo agli ordini, a due soldati di un avamposto.

Una bomba a grappolo austriaca colpisce la postazione uccidendo uno dei soldati e ferendo gravemente l’altro. Il giovane americano, pur ferito, se lo carica sulle spalle. Vengono colpiti di nuovo, Ernest crolla, ferito nuovamente alla gamba, ma il soldato, Fedele Temperini, gli fa da scudo umano involontario, restando ucciso. Lo scrittore, per questo sfortunato atto eroico, verrà poi decorato con una medaglia d’argento al valore.

Dopo le prime cure d’emergenza, il giovane viene mandato a Milano presso l’ospedale della Croce Rossa Americana in via Armorari. La gamba del ferito, colpita da ben 227 schegge, è infetta e si prospetta l’amputazione, ma le assidue cure di una crocerossina americana, Agnes von Kurowsky, e l’intervento di un famoso chirurgo milanese, Baldo Rossi, fanno il miracolo.

Il medico operava presso il Padiglione Litta del Policlinico e, utilizzando anche uno dei primi apparecchi radiografici, riuscì a guarirlo perfettamente. Ora il chirurgo, in compagnia di altri illustri colleghi, è ritratto da Ortica Noodles su un murale dell’ospedale e comparirà, sotto altro nome, anche in “Addio alle armi”.

Inizia dunque la convalescenza di Ernie in via Armorari. L’ospedale occupava il terzo e il quarto piano del palazzo; uno era adibito agli alloggi delle 18 infermiere, l’altro alla degenza dei 4 ricoverati. C’era pure un grande terrazzo con sedie di vimini e si bevevano anche superalcolici.

Qui nacque l’amore, non sappiamo fino a che punto condiviso, tra Agnes e lo scrittore, più giovane di lei di qualche anno, tanto che lei lo chiamava affettuosamente “kid”. Così Ernest scrive alla sorella “Sì, Ag è una infermiera della Croce Rossa (…) Quando dico che sono innamorato di lei non significa che ho una cotta. Significa che la amo. (…) Mi sono sempre chiesto come sarebbe incontrare la ragazza che amerai davvero per sempre e adesso lo so. Per di più anche lei mi ama, il che è di per sé abbastanza un miracolo.

Insieme si divertono e bevono:  “Ragazzo, noi saremo soci. Quindi, se hai intenzione di bere, berrò anch’io. Esattamente quanto te”... “E Ag ha tirato fuori del dannato whiskey e l’ha versato così, puro, e prima di allora non aveva mai bevuto niente a parte il vino”. L’amore per Agnes passerà presto, non quello per l’alcol.

La loro storia d’amore, forse a senso unico, infatti, durò poco “Lei non mi ama, Bill…” e, qualche mese dopo, “Ieri ho ricevuto una lettera molto triste di Ag da Roma. Ha rotto con il suo maggiore… Povera bambina infelice, mi spiace da morire per lei. Ma non ci posso fare niente. Io l’ho amata e lei mi ha fregato”. Il ricordo di lei “a forza di sbronze e di donne adesso non c’è più”.

Forse non fu davvero così, ma fu un lungo addio. Anni dopo, quando scrisse “Addio alle armi”, la storia tra Frederic Henry e Catherine Barkley fu ispirata a quella del lontano 1918.

Arrivederci alla prossima puntata per un Quattropassi attraverso la Milano di ieri e di oggi, in compagnia di Ernest Hemingway.

A presto…

Buon mese di Maggio con un bouquet di mughetti

Ciao sono Francesca! Inizia oggi il mese di Maggio, tempo di fiori, di tradizioni e di feste. Ho trovato questa bella storia del mughetto. La riporto con infiniti auguri di pace, salute e prosperità da parte mia e da Passipermilano.

“LA LEGGENDA DEL MUGHETTO                  

Il  Mughetto è considerato sinonimo di felicità che ritorna e di portafortuna. Secondo la leggenda San Leonardo dovette combattere contro il demonio con sembianze di diavolo. Egli vinse, ma il combattimento fu difficile e le gocce del suo sangue sul terreno si trasformarono in bianchi campanellini. In Francia durante la festa del primo maggio si offre per buon augurio.

STORIA DEL MUGHETTO E DEL 1° GIORNO DI MAGGIO

Il primo maggio del 1561, Carlo IX introdusse la tradizione d’offrire un rametto di mughetto come porta fortuna. Tradizione ancora più antica, e del tutto pagana, era poi il celebrare l’arrivo della primavera offrendo tre rami di mughetto alla persona amata, agli amici, ed alle donne come segno d’amicizia. Nei tempi antichi poi questa era la data in cui i naviganti uscivano in mare. Per i Celtici, il 1° maggio era poi l’inizio della prima metà del loro anno. Nel Medio Evo col 1° maggio iniziava il mese dei fidanzamenti. Nel Rinascimento, il mughetto era un amuleto portafortuna associato alla celebrazione del Primo Maggio. Tenere in grande considerazione il primo giorno di Maggio dunque risale ad ancor prima che diventasse la festa del lavoro e dei lavoratori. Dal 1889 infine il 1° maggio è stato universalmente conosciuto come il Giorno della Festa del Lavoro. Il primo maggio del 1895, al cantante Mayol fu presentato un mughetto dalla sua amica Jenny Cook, e quella sera lo mise all’occhiello al posto della tradizionale camelia. Nel 1900, il primo maggio, il capo delle sartine offrì ai suoi clienti e lavoratori dei mughetti. Da allora la tradizione di associare mughetto, 1° maggio e Festa del Lavoro si è estesa in diversi paesi occidentali, ma resta diffusissima soprattutto in Francia e nei paesi francofoni.

PERCHE’ IL MUGHETTO?

Perché è sinonimo di ritorno della felicità e di portafortuna. Trasmette un messaggio d’amore perché fiorisce all’inizio della primavera e l’atto di cercarlo nelle foreste ombreggiate è un’opportunità per le prime passeggiate dell’anno per i boschi ed all’aperto.”

A presto…