Mille passi da piazza Mercanti al Castello

C’è molta storia di Milano in questi mille passi tra piazza Mercanti ed il Castello, dall’epoca comunale all’Expo Gate.

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L’amata cinghialessa di Belisama è ancora là, sul colonnato di piazza Mercanti, e ci riporta alle origini della nostra città, quando Belloveso fondò Milano dove gli era apparsa una scrofa semilanuta.

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L’arte pop contemporanea non si è dimenticata di lei e le ha rifatto un po’ il look con…Ago, Filo e Nodo per cucire passato e presente, come si può vedere nella mostra tictig, che riaprirà a breve.

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“Ago, Filo e Nodo” di Oldengurg, in piazza Cadorna

Piazza Mercanti è un “gioiello di famiglia” un po’ troppo trascurato. A due passi dal Duomo, è piuttosto maltenuto, eppure qui, secondo noi, c’è stata tutta la forza della nostra città.

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Distrutta dal Barbarossa, era riuscita a riprendersi e si era data un nuovo palazzo della Ragione, iniziato nel 1233; qui era il cuore della vita civile di Milano, al primo piano c’era il Podestà con a fianco due Giudici che “rendevano ragione” nelle cause civili e penali. Loro simboli erano il cavallo ed il gallo per indicare la sveltezza e la vigilanza che dovevano avere nei processi; non ci sono più gli animali di una volta!

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Qui si adunavano i cittadini, ascoltavano i proclami letti dalla Parlera, lo storico balcone che ancora oggi vediamo nella Loggia degli Osii.

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Sotto il colonnato si riunivano mercanti e banchieri per trattare affari e creare lavoro e ricchezza. Le loro capacità erano note e apprezzate in tutta Europa.

http://palazzodellaragionefotografia.it/palazzo-della-ragione/

La piazza subì grandi cambiamenti: dapprima chiusa, venne aperto un collegamento verso il Duomo e verso piazza Cordusio, l’odierna via Mercanti.

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Ma lo spirito del lavoro non se ne andò mai: pensiamo che nella Loggia degli Osii, all’inizio del Novecento, c’era un grande negozio tessile e, nel primo dopoguerra, La Rinascente fece un deposito per le proprie merci accanto al Palazzo della Ragione.

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Sul lato della piazza il barocco Palazzo dei Giureconsulti, dominato dalla Torre dell’Orologio (il tempo è denaro…), ospita ora la Camera di Commercio.

Sopra il palazzo svetta la Torre Civica con la campana che segnalava l'ora del coprifuoco e gli eventuali incendi

Un altro simbolo di Milano, Sant’Ambrogio, posto in una nicchia alla base della Torre, benedice i passanti. È una statua un po’ transgender: rimaneggiata più volte nel corso della storia, il corpo ha forme femminili (inizialmente era la statua della Giustizia) mentre il viso è maschile. I milanesi DOC lo chiamano affettuosamente “el Sant’Ambroeus cont i tett”.

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Proseguiamo verso piazza Cordusio. L’antico conglomerato di vie e viuzze (contrada dei Fustagnari, del Gallo, delle Galline) è sparito. Ora su piazza Cordusio (da Curia Ducis, di epoca longobarda) si aprono ben sei vie: è uno snodo complicato da percorsi di tram e isole pedonali, come un lago in cui si immettono tanti torrenti.

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Molto trafficata lo è sempre stata. Al centro del crocicchio c’era la statua di San Carlo, fatta trasferire in piazza Borromeo da un governatore austriaco la cui carrozza aveva sbattuto contro.

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Al centro di piazza Cordusio, dal 1899, c’è il monumento a Giuseppe Parini.

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E siamo in via Dante: venne inaugurata il 29 settembre 1891, dopo che erano state abbattute le piccole costruzioni esistenti e costruiti palazzi di diversi, ma armonici, stili.

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I palazzi umbertini, di uguale altezza, sono come quinte di pietra che delimitano via Dante, in un lungo viale che conduce al Castello.

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Bei negozi di marche famose, bar con piacevoli dehors, bistrot si succedono in questa larga via sulla quale si apre di sbieco la famosa via Rovello.

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Da diverso tempo isola pedonale, via Dante offre la splendida vista del Castello Sforzesco, ora, per la verità, un po’ nascosta dagli Expo Gate; ma Milano è fatta così: passato e presente crescono insieme.

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Attraversiamo un’altra trafficata piazza, largo Cairoli, al centro della quale il monumento equestre a Garibaldi fa da rotonda. Lo scultore è il palermitano Ettore Ximenes, unico nome nella toponomastica milanese che inizi con la X.

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Davanti al Castello ci accoglie la cosiddetta “Torta di spus”, la bella fontana. ripristinata di recente, che ricorda una torta nuziale.

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Ed eccoci di fronte ad uno dei più importanti e imponenti monumenti cittadini, dal fascino antico, anche se in parte frutto di una ricostruzione: il Castello Sforzesco, che ha attraversato con Milano secoli di storia. periodi di luce e di ombre.

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Incontriamo in via Rovello la “Dama con l’Ermellino”

Quando entriamo nel palazzo di via Rovello 2, per andare a teatro, bere un caffè o fare anche solo due passi, come non pensare che qui ha vissuto Cecilia Gallerani, amante di Ludovico il Moro, la “Dama con l’Ermellino” ritratta da Leonardo?

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Il suo bel viso non guarda il pubblico, lo sguardo è richiamato altrove, libero e forse un po’ audace; è il volto di una giovane donna dall’intelligenza viva e arguta, consapevole di ciò che vuole e le è consentito fare, non quello di una favorita che mette in mostra le sue grazie alle quali deve tutto.

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Più magra e più giovane della Gioconda, ha mani grandi e affusolate, posate, senza carezze o forti prese, su un grosso ermellino.

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Non è chiaro perchè Leonardo abbia dipinto Cecilia con un ermellino; c’è chi sostiene persino che si tratti di una donnola o di un furetto, più facile da addomesticare. Nuovi studi indicherebbero dei ripensamenti, da parte del Maestro, sull’immagine dell’animale.

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http://www.archeomatica.it/documentazione/nuova-tecnica-non-invasiva-indaga-la-dama-con-l-ermellino

Anche le interpretazioni sul significato dell’animale restano incerte: per alcuni indicherebbe la purezza, per altri richiamerebbe il cognome di Cecilia (in greco antico ermellino si dice galè), per altri ancora farebbe riferimento all’onorificenza di Cavaliere dell’Ermellino, ricevuta dal Moro; le diverse ipotesi si intrecciano e si confondono. D’altra parte il gusto di Leonardo per l’enigma e il mistero spinge continuamente a cercare risposte fuori e dentro di noi.

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Cecilia nacque a Milano nel 1473, figlia di un giurista senese che aveva fatto fortuna alla corte dei Visconti prima e di Francesco Sforza poi, che gli aveva concesso il grandissimo benefit di non pagare tasse.

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La bambina aveva ricevuto un’educazione di buon livello ed era bella, intelligente ed istruita.

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La morte del padre, però, lasciò la famiglia in gravissime difficoltà economiche. Le terre ed i beni vennero confiscati per i debiti e toccò al figlio maggiore recuperare il benessere di un tempo. Fece successivamente una petizione al Moro, divenuto Signore di Milano, per riavere i possedimenti perduti e alcuni studiosi ipotizzano che sia stata proprio la sedicenne Cecilia a sottoporla al Duca, che accettò la richiesta.

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Di fatto, però, non sappiamo quando Cecilia e Ludovico si incontrarono, ma non fu solo una delle tante storie d’amore del Duca. Fu un amore intenso, lungo forse tutta la vita, quello che ebbe inizio tra la ragazza ed il più maturo Signore di Milano, che aveva diciannove anni più di lei.

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La loro passione trapela dalle lettere che l’ambasciatore estense alla corte del Moro, Jacopo Trotti, scriveva ai suoi Signori, in attesa del matrimonio combinato tra Ludovico e la giovanissima Beatrice d’Este. “Si dice che il male del signor Ludovico è causato dal troppo coito di una sua puta [il termine veniva usato per indicare la giovanissima età] che prese presso di sè, molto bella, la quale gli va dietro dappertutto, e le vuole tutto il suo ben e gliene fa ogni dimostrazione”.

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La Gallerani visse a Corte come una regina, accanto a personalità come Leonardo, Bramante e Bandello, ai quali fu legata da amicizia e stima profonde.

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Cecilia sapeva che non avrebbe mai potuto essere la sposa del Signore e lo accettava. Era però la First Lady della Corte e partecipò accanto a Ludovico ad una delle più grandi feste mai date: “la Festa del Paradiso”, per la quale Leonardo curò le scenografie.

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Quattro mesi dopo questo evento vennero celebrate le sontuose nozze del Moro con Beatrice d’Este, nella raffinata e magnifica Corte milanese.

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La Gallerani aspettava un figlio, Cesare, che crebbe a Corte ed è raffigurato sulla Pala di Brera, assieme ai Duchi e al loro figlioletto.

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Cesare Sforza nella pala

Cecilia, dapprima, visse al Castello, tollerata da Beatrice: ma tutto ciò non poteva durare a lungo. Il Moro era un Signore munifico e capace, ricco e generoso, ma…solo un uomo può non capire che non si deve fare lo stesso regalo (un abito, poi!) a moglie e amante.

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La bomba scoppiò quando, infatti, il Moro fece confezionare due tuniche simili, ma di tessuti diversi: l’uno, più prezioso, per la moglie, l’altro, meno pregiato, per l’amante…alla quale però stava meglio.

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La camora, questo il nome del tipo di tunica, fece scatenare le ire di Beatrice, che ottenne l’allontanamento della rivale da Corte. Per farlo apparire definitivo il Moro diede a Cecilia una ricca dote, possedimenti ed un nobile marito, il conte Ludovico Carminati, uomo discreto e tranquillo, che permise a Cecilia di vivere una seconda vita lontana da Corte.

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Nel palazzo di via Rovello, donato dal Moro, vennero fatti lavori affidati a personalità come Leonardo e Bramante, che frequentavano anche i colti salotti della Gallerani, che divenne una delle più famose e stimate dame del Rinascimento lombardo.

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Alla morte di Beatrice, Cecilia tornò a Corte per stare vicina al Moro, ormai in crisi politica e personale. Tutto stava precipitando: il figlio Cesare, frutto del loro amore, morì e il re di Francia, Luigi XII, sconfisse Ludovico.

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Luigi XII

La contessa si ritirò nel suo castello di San Giovanni in Croce, nel cremonese, dove visse per lunghi anni, circondata da importanti e colte frequentazioni, studi e scambi epistolari anche col grande Leonardo che aveva reso immortale la sua bellezza.

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Secondo alcuni, in una pala della cappella del castello, è raffigurata una Cecilia ultraquarantenne un po’ più curvy.

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Morì a 63 anni e, probabilmente, fu sepolta nella cappella della famiglia Carminati, nella chiesa di San Zevedro, dove riposano due dei suoi figli.

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E il vedovo? Sembra che si sia risposato con Lucrezia Crivelli, un’altra “ex” del Moro …..

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Del celebre ritratto di Cecilia, per molti secoli, non si seppe più nulla; venne acquistato infine da una principessa polacca. Dopo varie peripezie tutta la collezione della principessa fu depredata dai gerarchi nazisti e il quadro venne collocato nella residenza del governatore tedesco a Cracovia.

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Sul finire della guerra, questi lo fece portare in Baviera, ma qui fu recuperato dai Monuments Men americani e riconsegnato alla Polonia.

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Ora la “Dama con l’Ermellino” si trova a Cracovia, ma si dice che lo spirito di Cecilia torni spesso, in attesa del Moro, nel palazzo di via Rovello, nella sua indimenticata Milano.

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“Cecilia” di Igor Bitman

Storia, arte, cibo e cultura in via Rovello, 2 – (dove)

Da dove iniziare? Dal Conte di Carmagnola, primo proprietario di questo palazzo, da Cecilia Gallerani, la Dama con l’Ermellino  che abitava qui, dalla sede storica del Piccolo Teatro o dall’aperitivo nel chiostro? Quanti secoli di storia sono entrati da questo portone!

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Ci troviamo in via Rovello 2, lo storico palazzo che ospita anche, in parte, uffici del Comune.

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Andiamo con ordine. La via Rovello si apre, piccola e inaspettata, sulla larghissima via Dante, che è stata realizzata, verso la fine dell’Ottocento, demolendo case e casupole che si trovavano in una fitta rete di stradine secolari.

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Al civico 2 c’è la dimora che fu di Francesco Bussone, detto “Il Carmagnola”, soldato di ventura divenuto condottiero, che la ebbe in dono nel 1415 da Filippo Maria Visconti, come ricompensa del suo valore.

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Il conte di Carmagnola non ebbe una storia felice e fu decapitato, per presunto tradimento, dai veneziani, ai quali era passato.

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Il suo palazzo arrivò, per matrimonio della figlia, alla famiglia Dal Verme; sul finire del secolo, infine, fu requisito da Ludovico il Moro che ne fece la splendida dimora della propria amante, quella Cecilia Gallerani ritratta da Leonardo.

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La giovane donna, che aveva avuto un figlio dal Moro, non poteva più vivere al Castello accanto alla moglie legittima del Duca, Beatrice d’Este, anche se questa era molto liberal in proposito.

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la “Pala di Brera” con Ludovico e Beatrice

Fu un periodo splendido per il palazzo di via Rovello, che vide i più bei nomi della cultura e dell’arte di quei tempi, Leonardo, Bramante, Bandello, frequentare il salotto della bellissima e colta Cecilia.

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Con le dominazioni straniere inizia il declino di questo palazzo, finchè giunse in proprietà al Comune di Milano, che ne fece la propria sede, prima di Palazzo Marino.

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Durante la Repubblica di Salò diventò la caserma della famigerata Legione Autonoma “Ettore Muti”.

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Terminata la guerra, il Palazzo Carmagnola rinacque. Qui ebbe sede il primo teatro comunale d’Italia: il Piccolo Teatro della Città di Milano che, con Grassi, Strehler e la loro compagnia, divenne ambasciatore della cultura italiana nel Mondo.

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Oggi i “Piccoli” sono ben tre: la Sala Grassi (nella storica sede di via Rovello), il Teatro Strehler e il Teatro Studio, ora dedicato a Mariangela Melato.

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Storia, arte, cultura e anche buon cibo: in questo palazzo, infatti, si possono sfogliare o acquistare libri e si può anche cenare, immersi nello splendore quattrocentesco, al Caffè Letterario, sotto i chiostri o all’aperto, nel bel cortile.

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È un’occasione unica per un caffè o un aperitivo in una location da toglier il fiato.

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C’è chi dice anche che la bella Cecilia torni qualche notte a rivedere il suo palazzo… Cena alla Corte con fantasma?

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Street food a Porta Romana

Quando si parla di street food magari ci vengono in mente i veloci spuntini tipici degli States.

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Le varie trasmissioni televisive, poi, avallano queste credenze presentandoci Food Trucks che propongono piatti e panini american style.

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Anche all’Expo potremo gustarli!

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Nulla c’è di nuovo sotto il sole: mangiare velocemente per le strade è sempre stato necessario anche nell’antichità per chi, ad esempio, era in viaggio o al lavoro e non nuotava nell’oro.

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Visto che lo street food che proponiamo oggi si trova a Porta Romana, facciamo un brevissimo flash-back nell’antica Roma, dove si poteva pranzare, a prezzi modici, nelle Cauponae, sorta di ristoranti, nelle Tabernae, più simili a trattorie alla buona o acquistando cibi direttamente dagli ambulanti.

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Erano frequentati dai ceti meno abbienti ed i cibi venivano riscaldati e serviti sul momento e spesso mangiati per le strade.

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Uno dei più vecchi chioschi di cibi da strada di Milano è, senza dubbio, il mitico Giannasi, in piazza Buozzi, a pochi passi dalla fermata metro di Porta Romana.

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Nato nel 1967, ha partecipato a manifestazioni, come a quelle del Cibo di strada,  ed è segnalato anche da alcune guide o siti on-line turistici per la bontà e la varietà dei suoi prodotti ed i prezzi molto onesti.

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È un vero e proprio negozio all’aperto per molte famiglie, dove si possono acquistare sia piatti pronti da asporto (polli, lasagne, fritti, verdure grigliate) sia prodotti freschi da cucinare a casa.

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Se si desidera, invece, mangiare qualcosa di buono e tradizionale seduti su un muretto della piccola aiuola o appoggiati ai minuscoli tavolini del chiosco, si può fare, anche se la location è molto spartana.

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La freschezza dei prodotti è garantita dall’amplia clientela. L’eventuale invenduto viene proposto il giorno seguente a prezzi scontati. Tutto ciò è molto onesto: a tutti noi sarà capitato di fare acquisti in qualche gastronomia sentendo un gusto un po’ retro del piatto, pagato, però, da freschissimo.

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Buon compleanno, Alice!

Alice nel Paese delle Meraviglie compie 150 anni. Infatti la storia inizia il 4 maggio, giorno del compleanno della bambina, ed è stata pubblicata per la prima volta nel 1865.

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Fra gli autori che si sono ispirati ad Alice c’è anche John Lennon in Lucy in the Sky with Diamonds.

http://www.arte.rai.it/articoli-programma/beatles-%E2%80%9Clucy-in-the-sky-with-diamonds%E2%80%9D/21143/default.aspx

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La protagonista compie un viaggio straordinario, pieno di incontri e di luoghi fantastici, come quello di Belisama ritornata alla ricerca della nuova realtà di Milano, o come quello di ciascuno di noi ogni giorno…

Quante volte, come Alice, non sappiamo più bene chi siamo.

“Chi sei?” chiese il bruco

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“Io…quasi non lo so, Signore, in questo preciso momento…O meglio, so chi ero stamattina, ma da allora credo di essere cambiata molte volte…Ho avuto tante stature diverse contemporaneamente, che mi confondono le idee”

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Anche noi a volte ci inventiamo profili diversi, immaginiamo di essere altre persone, quelle che non riusciamo ad essere nella realtà, mascherando la nostra vera identità.

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Alice incontra creature strane che parlano di tutti noi: quante volte, come il Bianconiglio, diciamo “è tardi, è tardi!”.

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E, come la bambina, quante volte inciampiamo in un ostacolo  e ci sembra di sprofondare in un pozzo senza fine.

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Magari facciamo festa per un Non Compleanno o incontriamo esseri malvagi come la Regina di Cuori.

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In questo straordinario viaggio che è la nostra vita, sappiamo sempre che strada prendere? Quante volte chiediamo a qualcuno, come Alice allo Stregatto:

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“Ti spiacerebbe dirmi, per favore, da quale parte dovrei andare, partendo da qui?”

“Dipende dove vuoi arrivare…” fu la risposta

“Non mi importa” replicò Alice

“Allora non importa da quale parte andrai” osservò lo Stregatto

“Purchè arrivi in qualche posto” aggiunse Alice a titolo di spiegazione

“Oh, questo è certo” disse ancora lo Stregatto “purchè tu cammini abbastanza”.

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I diversi incontri, nel Paese delle Meraviglie, mettono in discussione le precedenti esperienze di Alice e le fanno toccar con mano la possibilità che ci sia anche un altro modo di vedere e vivere le cose.

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Anche noi, in tutti i nostri itinerari di Milano, vi proponiamo aspetti inconsueti di  luoghi da visitare o di cose da vedere e per dirla come il Cappellaio Matto

“Benvenuti in questo luogo unico al mondo, una terra colma di meraviglie e mistero”

Ago e filo

Ago e filo di…Alice?

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Il palazzo che ascolta

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Un muro al femminile

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La colonna del diavolo