Itinerario da brivido per la Notte di Halloween

In questa notte, come si credeva accadesse durante l’antico Samhain celtico, il velo tra i morti e i vivi diventa più sottile e l’Aldilà è maggiormente percepibile.

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Faremo quattro passi tra memorie e immaginazione, percorrendo un itinerario tra il Castello Sforzesco, palazzi, chiese e Parco Sempione, dove le “apparizioni” sono di casa. Questo itinerario forma una sorta di ellisse, come ellittico era, al tempo dei Celti, il Recinto Sacro da cui nacque Milano.

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Partiamo dal Castello, che potrebbe essere considerato il luogo più affollato di Milano per numero o antico prestigio dei fantasmi che vi si trovano.

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Ignoti sono i nomi dei trecento soldati francesi che morirono nell’esplosione della Torre del Filarete, agli inizi del 1500. A causarla fu un fulmine? Un errore umano? La vendetta del Bombarda, un mercenario svizzero innamorato?

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Non si sa, resta un mistero; ma c’è chi sostiene che nella notte dei Morti, gli echi della Storia abbiano suoni di urla strazianti e di lamenti umani.

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Secondo alcuni studiosi di fenomeni paranormali, i fantasmi rivivrebbero qualche episodio importante e drammatico della propria vita, come se fossero incatenati ai ricordi.

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Ludovico il Moro comparirebbe sotto la Ponticella del Bramante, mentre fugge a cavallo, travestito da mercenario.

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Wrangler Nate Cummins takes the opportunity to ride by moonlight, the night before the "Super Moon" during Montana Horses' annual horse drive outside Three Forks, Montana, May 4, 2012. The Mantle family, who own Montana Horses, held their last horse drive where they rounded up approximately 300 horses and drove the herd 35 miles from their winter range to the Mantle ranch. The horses will be picked up by leasers to be used as pack and trail horses at dude ranches and national parks. Photo taken May 4, 2012. REUTERS/Jim Urquhart (UNITED STATES - Tags: ANIMALS SOCIETY ENVIRONMENT TPX IMAGES OF THE DAY)

Anche Bianca Maria di Challant rivive in questa notte brani della sua vita e ricompare al Castello, dove era stata decapitata, con una coppa di sangue, mentre la testa le rotola via.

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Altre donne importanti rimangono “presenti” nel Castello dove vissero un tempo. Fra queste Bona di Savoia, vedova di Galeazzo Maria Sforza, rifugiatasi nella torre che porta il suo nome.

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Ber o Bon

La giovane duchessa Beatrice, moglie del Moro, morta di parto, appare pensosa ricordando gli avvenimenti della sua breve e intensa vita.

Cristofero Solari - Tomba di Ludovico il Moro e Beatrice D'Este (particolare, Pavia, Certosa, 142

L’indomita Isabella d’Aragona, nipote e nemica del Moro, compare tenendo tra le mani una boccetta di veleno con il quale avrebbe voluto avvelenare gli Sforza e per il quale, invece, perse il marito e un’amata figlia.

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Lasciamo il Castello ed i suoi ricordi di sangue versato.

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Poco più avanti, in via Rovello, un’altra donna, legata al Moro, lo aspetta ancora. È Cecilia Gallerani, la Dama con l’ermellino, dipinta da Leonardo, che a Palazzo Carmagnola, dove visse, attende di rivedere il suo amato. E’ possibile vederla ad una delle finestre proprio in questi giorni.

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Eccola!

Raggiungiamo piazza Duomo, dove “vive” il fantasma della Carlina, la sposa in nero che, terrorizzata dalle statue sulle guglie della nostra amata e misteriosa Cattedrale, scomparve e non fu più ritrovata. È un fantasma “prezzemolino”; infatti spesso compare nelle foto scattate dentro e fuori il Duomo.

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In via Santa Radegonda, accanto al Duomo, possiamo incontrare un’altra donna, Bernarda, la figlia di Bernabò Visconti, imprigionata e fatta morire di stenti dal padre; ma è, per così dire, un fantasma dalle…molte vite.

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A pochi passi dal Duomo, in piazza Santo Stefano, c’è uno dei luoghi più lugubri di Milano (andate a vederlo!!!).

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È San Bernardino alle Ossa, una chiesa con una cappella rivestita internamente di ossa umane.

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Nella notte del 2 novembre, una bimba ricompone il proprio scheletro come in un puzzle horror e trascina in una danza macabra gli altri defunti.

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Vi parteciperanno anche gli scheletri della vicina cripta nella chiesa della Statale?

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Se avete ancora voglia di esperienze forti, andate verso la Basilica di Sant’Ambrogio (autobus 94), passando accanto a piazza Vetra, terra di Inquisizione, roghi, patiboli e torture.

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Fermatevi accanto alla Basilica di Sant’Ambrogio, presso la Colonna del Diavolo, dove rimasero conficcate le corna di Satana, dopo un calcione ben assestato dal nostro Santo patrono.

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Il Diavolo riuscì poi a liberarsi e da questa colonna tornò all’Inferno. C’è dunque qui sotto un varco per gli Inferi? Molti rumori provengono da lì e un tempo, prima che fossero cementati, anche odori di zolfo da quei fori che sembrano orbite vuote.

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Tornate a piedi verso il Castello percorrendo via Carducci. Qui c’è un simpatico localino, PolentamiSu, dove si possono mangiare una polenta calda e un ottimo tiramisù…Ne avrete bisogno…

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Signori uomini, se vedete venirvi incontro, nelle vicinanze di via Paleocapa, una dama velata che emana profumo di violetta e vi promette ore indimenticabili in una villa vicina, non seguitela.

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Il suo viso è un teschio, come ha raccontato chi aveva ceduto alle sue lusinghe. In questa zona esisteva una casa disabitata con fama sinistra; da metà degli anni Settanta questa donna non compare più, forse la casa ha cambiato inquilini?

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da “Poema a fumetti” di Dino Buzzati

Casa Toniella

Di giorno, invece, quando il Parco Sempione è aperto, molti dicono di essere stati seguiti da una giovane donna che fa jogging e che li avverte dei danni del fumo. Poi svanisce, come il fumo di una sigaretta.

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Ben altri fuochi arsero nell’antica Piazza d’Armi dietro al Castello. Qui fu bruciata Isabella da Lampugnano, una delle tante streghe finite al rogo anche nella nostra città, che questa notte ritornano…

Eden Urban Nightscape #2, Parco Sempione, Milano 2012

Siamo tornati da dove eravamo partiti. Ora vi meritate una bella cenetta.

donna senza testa

Chi saranno gli altri convitati?

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Buon Halloween a tutti!

 

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Itinerario Castello Sforzesco (Parte Seconda)

Il Castello non vive solo di memorie, ma è ben presente nella vita di oggi.

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allestimento per un evento – ottobre 2015

Al Castello ci si incontra per manifestazioni, eventi, appuntamenti culturali all’ora dell’aperitivo; la location, specialmente di sera, diventa quanto mai intrigante e suggestiva.

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luci alla Rocchetta

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evento in notturna

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Agli eventi, in genere, sono riservati spazi all’aperto o strutture a tempo.

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Gli interni, invece, proteggono capolavori e raccolte di grande valore.

mappa dei musei del castello

informazioni castello

La Corte Ducale è una specie di Expo permanente di arte e cultura, che richiede una visita di diverse ore, magari suddivisa in più itinerari. Qui si trova la biglietteria per tutti i Musei, “padiglioni” che espongono le diverse eccellenze di arti e produzioni differenti.

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Una grande porta, la Pusterla dei Fabbri, accoglie i visitatori ed invita ad entrare. Non è il portone di un nobile palazzo quello che apre la strada ai tesori del Castello, ma l’arco di una Pusterla delle mura medievali.

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Questo arco, situato in una zona della Milano delle botteghe e popolare, fu portato al Castello ai primi del Novecento, in occasione di trasformazioni urbanistiche che ne prevedevano la demolizione. Ora si trova all’ingresso del Museo d’Arte Antica, quasi un omaggio al lavoro dei milanesi che ha fatto grande la nostra città.

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fabbri corriere

Entrati nella Corte Ducale, residenza rinascimentale dei Duchi, ciò che colpisce in primo luogo sono gli spazi: grandi, aperti, con ampie vetrate, che mostrano “scenografie” inaspettate.

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Il Museo d’Arte Antica è il primo “padiglione” che incontriamo. La varietà di ciò che contiene rende la visita molto ricca di scoperte. All’inizio di ogni sala si può ritirare una piccola guida gratuita che illustra, in più lingue, quanto esposto.

Ecco qualche “assaggio”:

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mausoleo di Bernabò Visconti

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Madonna Lia

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pietra tombale di Gaston de Foix

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gonfalone di Milano

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bassorilievo della “fanciulla impudica”

Le sale ducali sono esse stesse museo e gli ambienti, talora, rubano la scena.

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sala verde

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sala delle colombine

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Sala delle Asse

Dalle vetrate delle sale ci appaiono anche scorci antichi ed indimenticabili: il fossato, la Ghirlanda, la Ponticella del Bramante, dove Ludovico il Moro si ritirò a piangere, in tre salette “vestite” a lutto (le salette Nigre), la scomparsa della moglie Beatrice. Ci restò, dicono, “ben” quindici giorni!

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ponticella del Bramante

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ponticella del Bramante

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portico della Ponticella

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fossato e Ghirlanda

Fino a pochi mesi fa, in questo “padiglione” era ospitata anche la Pietà Rondanini, in una sorta di cappella votiva, realizzata dallo Studio BBPR, lo stesso cui si deve, tra l’altro, il progetto della Torre Velasca.

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BBPRarchitetti

gli architetti Banfi, Balgiojoso, Peressutti e Rogers

Per raggiungere il prossimo “padiglione” museo, dobbiamo scendere e passare sopra un ponticello sospeso.

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In questa nostra avventura, inaspettatamente, sotto di noi, appare una fontanella in un verde “prato” di muschio.

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La storia di questa fontanella del Castello Sforzesco è piuttosto curiosa: gli Sforza non l’hanno mai vista in questo posto! Infatti l’originale si trovava al Castello di Vigevano da dove fu traslocata per diventare un’acquasantiera nella Collegiata di Bellinzona.

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Bellinzona

Al Beltrami questa fontana piacque così tanto che ne fece costruire ben tre identiche. Una è quella dell Castello, un’altra è a Seregno.

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Seregno

La terza si trova, sempre a Milano, a Villa Mirabello, in una dimora di campagna del Quattrocento. Era soprannominata magiabagaj (mangiabambini) per l’immagine classica dell’inquietante biscione.

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Villa Mirabello

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Villa Mirabello

Sopra la fontana del Castello c’è una delle finestre originali, che ha fatto da modello per i restauri geniali e “creativi” del Beltrami.

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Raggiungiamo la Loggia di Galeazzo Maria con un ampio scalone a gradoni bassi, fatto per salire… a cavallo!

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Prima di iniziare un nuovo percorso museale fermiamoci sulla Loggia, magari seduti su questa deliziosa panchettina, per guardare il panorama.

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Siamo al primo piano della Corte Ducale e il “padiglione” da visitare è una sorta di Salone del Mobile attraverso i secoli. Qui regnano insieme storia e design.

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Anche la Pinacoteca, successivo “padiglione” di questa Expo speciale, offre una raccolta di capolavori che lascia frastornati.

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una delle sale

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Bernardino Luini

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Canaletto

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Andrea Mantegna

Con un passaggio coperto sulle mura si passa alla Rocchetta, dove si trovano il Museo delle Arti Decorative e quello degli Strumenti Musicali.

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Come all’Expo, assaggiamo qualche piatto speciale di questi padiglioni per…stuzzicare l’appetito.

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Entriamo nella Sala della Balla; accanto agli Arazzi dei Mesi, del Bramantino, si può utilizzare una postazione multimediale per leggere qualche pagina di Leonardo.

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Il percorso museale ci riconduce, attraverso un camminamento all’interno della Porta Giovia, alla sala della biglietteria.

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Ma la nostra “Expo” non finisce qui.

All’esterno, sotto il portico della Corte Ducale sostiamo un attimo “a bordo piscina”, accanto all’Affresco dell’Elefante, uno degli animali esotici che erano ospitati nella riserva dei Duchi, oggi Parco Sempione.

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Davanti a questo affresco è stata collocata la lapide a Gian Giacomo Mora, vittima dell’ignoranza e della superstizione, di manzoniana memoria.

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Da qui possiamo scendere nei sotterranei per visitare altri due “padiglioni”: il Museo della Preistoria e Protostoria e quello Egizio, sezioni distaccate del Museo Archeologico di corso Magenta.

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Che ci fa una gatta rock, venuta dal lontano Egitto, nei sotterranei del Castello? Quali misteri vi si nascondono?

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Continua…

Itinerario Castello Sforzesco (Parte Prima)

La visita al Castello è veramente un’esperienza ricca di emozioni, scoperte e avventure, quasi un’impresa come quella degli antichi cavalieri che ricordavano un episodio esaltante della loro vita con uno stemma e un motto personali, diversi dallo stemma del casato.

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asse

Sala delle Asse

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una delle segrete

Uno degli stemmi scelti da Ludovico il Moro rappresenta un mare in tempesta e due fari che indicano il porto da raggiungere.

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Rocchetta

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Santa Maria delle Grazie

Questo stemma si trova sia al Castello, su un capitello nel portico della Rocchetta, sia in Santa Maria delle Grazie, voluta dal Duca come cappella di famiglia.

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Forse indicavano il travaglio della sua vita per giungere al potere terreno e alla pace eterna.

sarcofago di Ludovico e Beatrice (Certosa di Pavia)

Tal trabalio mes places, por tal thesaurus non perder” (tale fatica mi è gradita per non perdere un tale tesoro). Il motto che accompagnava l’impresa di Ludovico ci ha fatto pensare alla “vita” del Castello, giunto fino a noi in grande splendore dopo le tempeste della sua storia.

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Castello degradato

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Castello ora

Godiamoci questo tesoro conoscendo meglio la complessa varietà di quanto mostra, senza dimenticare, però, quanto nasconde o c’è ancora da scoprire.

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Il Castello è nel cuore della città, vasto quadrilatero di mura in mattoni definite da due torri rotonde sul davanti e quadrate verso il Parco Sempione.

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Non è del tutto originale, ma è stato ricostruito da Luca Beltrami, l’architetto milanese che, a fine Ottocento, riuscì a compiere l’impresa di salvare e restaurare il Castello e, insieme, la memoria dei milanesi rispetto alla loro Storia.

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Ecco la mappa del Tesoro:

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Passare sotto la Torre del Filarete è come varcare il portale verso il passato del Castello.

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Su di essa, ricostruita in maniera avventurosa dal Beltrami attraverso studi, ricerche e ritrovamenti fortunosi, spiccano un grande orologio, misura umana del tempo, la statua di Sant’Ambrogio e quella di Umberto I, al quale la torre è dedicata.

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La vasta Piazza d’Armi, che ci accoglie appena entrati, non fa pensare ai cortei cavallereschi o alle esercitazioni militari che qui avvenivano durante le varie dominazioni straniere.

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Ora sembra un giardino sul quale si affacciano sedi culturali o di capolavori come la Pietà Rondanini nell’ex-Ospedale Spagnolo.

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Ospedale Spagnolo

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Sul lato di fronte al Museo della Pietà, alcuni resti sono memoria della città che abitiamo e fanno da panchina per qualche gatto fermo, come noi, forse a meditare.

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gatto tra i resti

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La statua di san Giovanni Nepomuceno, patrono dei soldati austriaci e… protettore degli ubriachi caduti in acqua (una sua statua era situata anche a Porta Romana, quando vi scorreva il Naviglio) è davanti al cosiddetto fossato morto, completamente asciutto, dove spesso gatti sornioni ci guardano con felino e signorile distacco, accanto a palle di cannone in pietra.

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Statua e Naviglio a Porta Romana

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fossato morto

gatto e palle di cannone

L’antica Porta Giovia, che si apre sulla Piazza d’Armi, fa quasi da cartello indicatore verso i capolavori di Michelangelo e Leonardo contenuti nel Castello.

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torrione di Porta Giovia

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Entriamo ora nella seconda parte del Castello, dove si affacciano la Rocchetta, il luogo più protetto, al quale si accedeva solo da un ponte levatoio sopra il fossato morto, e la Corte Ducale, residenza del Duca e centro politico di Milano.

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Rocchetta col ponte levatoio

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Corte Ducale

Davanti alla Rocchetta possiamo fermarci per una sosta in un moderno luogo di ristoro.

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Accanto al bar, possiamo invece dissetarci, con la fantasia, alla piccola fontana su cui sono riportate cinque imprese dei Visconti e degli Sforza.

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Dalla fontana non sgorga acqua, ma si sa che i gatti non la amano; un inquietante gatto nero fa da guardiano a chissà quali misteri.

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Nell’elegante cortile della Rocchetta possiamo passeggiare sotto i portici ai quali lavorò anche il Bramante.

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Sui capitelli stemmi araldici, mentre sullo sfondo appare la Torre di Bona di Savoia, rifugio della infelice vedova di Galeazzo Maria Sforza.

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Da questa torre sembrano provenire, talvolta, gemiti e lamenti. Saranno quelli di Bona o di un gatto rimasto solo?

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gatto come fantasma al castello

Nel cortile della Rocchetta si apre anche la Torre Castellana, dove si trovava la Sala del Tesoro, purtroppo non sempre visitabile.

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Era il forziere che custodiva il tesoro dello Stato e quello privato del Duca.

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deposito di Paperon de’ Paperoni

Secondo l’ambasciatore di Ferrara, la quantità di ricchezze era tale che un cerbiatto non sarebbe riuscito a superarle con un balzo.

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In questa sala è possibile ammirare l’affresco, opera del Bramantino, raffigurante Argo. Questa figura mitologica dai cento occhi vegliava sul Tesoro, affiancata da due splendidi pavoni.

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La finestrella accanto conteneva un ingegnoso antifurto: nel vano erano contenute delle lampade ad olio che proiettavano la loro luce nella sovrastante stanza del Castellano; l’apertura non programmata della porta della sala avrebbe creato una corrente d’aria tale da farle spegnere, dando così l’allarme.

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Al primo piano si può passeggiare nel Museo degli Strumenti Musicali e nella Sala della Balla, dove sono esposti altri capolavori quali gli Arazzi dei Dodici Mesi, commissionati al Bramantino da Gian Giacomo Trivulzio, che appare in quello del mese di Settembre, con un falco sulla mano; un gigantesco selfie di stoffa dell’epoca.

Sala della Balla e Arazzi dei Mesi

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mese di Settembre

E come non pensare che in questa Sala, dove si giocava anche alla pallacorda, avvenne un dramma pubblico e privato? Dopo una notte di danze, per le feste del Nuovo Anno, Beatrice d’Este, giovanissima moglie del Moro, morì di parto insieme al suo bambino. Si dice che il fantasma della giovane Duchessa non abbia mai abbandonato queste sale.

Beatrtice d'Este

Quante altre storie conoscono i gatti del Castello?

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A tra poco…continua.

Il Castello e gli Sforza: la “Grande Bellezza”

Il Castello, sotto gli Sforza, entra nel suo periodo d’oro e diventa simbolo e immagine del Potere.

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Il passaggio del Ducato dai Visconti agli Sforza era stato malvisto da alcune delle grandi potenze europee, che vantavano diritti su Milano per via di matrimoni o di “fidanzamenti”. Anche Bianca Maria, ad esempio, era stata promessa a diversi pretendenti di illustri casate, ma il Biscione aveva preferito continuare la sua discendenza attraverso una stirpe di valorosi condottieri, veri “signori della guerra”, come Francesco Sforza.

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matrimonio tra Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti

Alla morte dell’ultimo Visconti era stata proclamata la Repubblica Ambrosiana e il Castello in parte abbattuto.

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vessillo della Repubblica Ambrosiana

Milano Ambrosiana

insegna della Repubblica Ambrosiana

In un clima di grande incertezza politica, Francesco strinse Milano in un assedio, come un serpente che avviluppa e stritola senza colpire.

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Milano si consegnò a Francesco; il nuovo Duca pensò subito in grande, per costruire un’immagine forte della città e di se stesso, capostipite di una casata con un blasone da legittimare.

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Mise mano agli ordinamenti statali e avviò la costruzione di grandi opere come il Naviglio della Martesana e la Ca’ Granda.

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Ca Granda

Anche il Castello subì interventi per “ornamento de la cità e sicurezza” (Francesco Sforza);  fu ampliato e rivolto verso Milano: vennero realizzate la Piazza d’Armi, le mura con le due torri circolari e quella centrale d’ingresso al Castello, nota oggi come Torre del Filarete.

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Infatti questa torre, che appare come simbolo del potere di uno solo, il Duca, che domina sul Castello e sulla città, fu progettata uno dei più famosi architetti dell’epoca, il fiorentino Antonio di Pietro Averulino, noto con lo pseudonimo di Filarete, al quale si deve anche la Ca’ Granda.

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il Filarete

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chiostro della Ca’ Granda

Il Castello divenne così famoso che persino nella lontana Russia, lo Zar pensò di rivolgersi ad architetti italiani per dare lustro al Cremlino, con mura e torri che ricordano quelle milanesi.

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il Cremlino

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il Cremlino

Alla morte di Francesco Sforza gli successe il figlio primogenito Galeazzo Maria, uomo avido e spregiudicato, che non esitò, persino, a far allontanare e, forse, avvelenare anche la propria madre Bianca Maria Visconti. Un vero serpente, degno del sangue dei Visconti!

Galeazzo M. Sforza

Galeazzo vive al Castello con la moglie Bona di Savoia. In poco tempo si arricchiscono di affreschi e decorazioni le sale, la Cappella e la Rocchetta; questa era la parte meglio difesa del Castello e sarà resa ancora più sicura con la torre cosiddetta di Bona.

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interno della Rocchetta

Bona di Savoia

Bona di Savoia

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esterno della Rocchetta e torre di Bona

Galeazzo venne ucciso sul sagrato della chiesa di Santo Stefano da alcuni congiurati, lasciando come erede, Gian Galeazzo Maria, un bambino di sette anni, sotto la reggenza della madre.

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chiesa di Santo Stefano

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Bona, però, nulla potrà contro il cognato Ludovico, ultimo figlio di Francesco, detto “il Moro”, forse per il colore scuro della carnagione, forse per aver incrementato la diffusione delle piante di gelso (dette moron in dialetto), utilizzate per nutrire i bachi da seta, importante produzione del Ducato.

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Ludovico il Moro

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piante di gelso affrescate da Leonardo nella Sala delle Asse del Castello

Ludovico, di fatto, diventerà, via via, il signore assoluto di Milano, fino ad assumere il titolo di Duca alla morte del nipote Gian Galeazzo, avvenuta a venticinque anni, a Pavia, in una sorta di “esilio dorato” in mezzo a lussuosi “divertimenti”.

Gian Galeazzo Sforza

Gian Galeazzo Sforza

Ludovico deve legittimare ancora la casata e, soprattutto, la sua usurpazione del potere a scapito del nipote: l’immagine deve quindi essere sfarzosa e di “grande bellezza”.

Il Duca porta a Milano il Rinascimento. Chiama alla sua Corte grandi artisti ai quali affida grandi progetti. Le stanze del Castello vengono affidate  a personalità come il Bramante, a cui si deve anche la Ponticella e, forse, la Sala del Tesoro, il Bramantino e, soprattutto, Leonardo da Vinci.

Bramante

Donato Bramante

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la Ponticella

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il Bramantino

(2-20) Ludovico il Moro visita Leonardo alle Grazie (1)

Leonardo da Vinci

Il Maestro creerà, per la fama del Duca, e la propria, capolavori immortali, schizzi e progetti come quelli per la mai realizzata statua equestre dedicata a Francesco Sforza.

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A Leonardo si deve anche la decorazione della Sala delle Asse, oggi appena restaurata, dove si svolgevano i ricevimenti del Moro, sotto rami di gelso dipinti, nel cui centro si trova lo stemma ducale.

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Al Castello c’era persino una sala per il gioco della palla, la Sala della Balla, dove oggi sono esposti gli Arazzi dei Mesi.

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Si dice che in questa sala sarebbe morta Beatrice d’Este, moglie del Moro, in attesa di un figlio, dopo una notte di danze.

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La Corte, come scrive Bernardino Corio, un cronista dell’epoca, “era splendidissima,…Ludovico, sino dalle estreme parti d’Europa, aveva condotto eccellentissimi uomini. Quivi eravi scuola di greco, risplendevano la poesia, la prosa latina, quivi i maestri nello scolpire…i più famosi nella pittura.”

Bernardino Corio

Le sale del Castello ospitavano dame e cavalieri, vestiti in ricchi broccati, che si dilettavano di musica, banchetti, balli, spesso sotto la regia di Leonardo, come la festa per le nozze del giovane Duca Gian Galeazzo, con Isabella d’Aragona.

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Isabella d’Aragona (?)

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festa di nozze

Solo Beatrice, in un solo anno, sembra si fosse fatta confezionare ben ottantaquattro abiti trapuntati d’argento e perle.

Beatrice d'Este

abito rinascimentale

Tutta la Corte viveva nel lusso; persino i cavalli avevano selle trapunte d’oro e staffe dorate.

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Sotto il Moro Milano cresce ed è la città più popolosa d’Europa; ci sono nuove strade, nuovi palazzi, si fanno progetti urbanistici; l’economia è solida.

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“Sforzinda” del Filarete

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Progetto di Leonardo

(13-1) Leonardo e Ludovico il Moro presso i Navigli (1)

Leonardo e Ludovico progettano Milano

(4-4) Leonardo mostra a Ludovico Sforza dei disegni di guerra (1)

Leonardo e Ludovico progettano Milano

Nubi, però, si addensano sul Castello in questi anni.

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Ludovico, mentre vive in questo sogno di magnificenza, ribalta le alleanze. Le potenze nemiche incombono: per difendersi dagli aragonesi di Napoli, alla cui dinastia apparteneva Isabella, chiama in suo aiuto i francesi di Carlo VIII, prima discesa di eserciti stranieri in Italia da secoli. Purtroppo non sarà l’unica!

Carlo VIII

Successivamente divenne Re di Francia Luigi XII, cugino di Carlo. Egli, ritenendosi il legittimo Duca di Milano, in quanto discendente da Valentina Visconti, invase il Ducato.

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Siamo nel 1494, la situazione precipita: le porte del Castello vengono aperte a tradimento dal comandante, corrotto con terre e denaro; Ludovico è catturato e condotto prigioniero in Francia, nel Castello di Loches, dove morirà.

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Ma la storia del Castello Sforzesco continua

Incontriamo in via Rovello la “Dama con l’Ermellino”

Quando entriamo nel palazzo di via Rovello 2, per andare a teatro, bere un caffè o fare anche solo due passi, come non pensare che qui ha vissuto Cecilia Gallerani, amante di Ludovico il Moro, la “Dama con l’Ermellino” ritratta da Leonardo?

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Il suo bel viso non guarda il pubblico, lo sguardo è richiamato altrove, libero e forse un po’ audace; è il volto di una giovane donna dall’intelligenza viva e arguta, consapevole di ciò che vuole e le è consentito fare, non quello di una favorita che mette in mostra le sue grazie alle quali deve tutto.

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Più magra e più giovane della Gioconda, ha mani grandi e affusolate, posate, senza carezze o forti prese, su un grosso ermellino.

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Non è chiaro perchè Leonardo abbia dipinto Cecilia con un ermellino; c’è chi sostiene persino che si tratti di una donnola o di un furetto, più facile da addomesticare. Nuovi studi indicherebbero dei ripensamenti, da parte del Maestro, sull’immagine dell’animale.

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http://www.archeomatica.it/documentazione/nuova-tecnica-non-invasiva-indaga-la-dama-con-l-ermellino

Anche le interpretazioni sul significato dell’animale restano incerte: per alcuni indicherebbe la purezza, per altri richiamerebbe il cognome di Cecilia (in greco antico ermellino si dice galè), per altri ancora farebbe riferimento all’onorificenza di Cavaliere dell’Ermellino, ricevuta dal Moro; le diverse ipotesi si intrecciano e si confondono. D’altra parte il gusto di Leonardo per l’enigma e il mistero spinge continuamente a cercare risposte fuori e dentro di noi.

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Cecilia nacque a Milano nel 1473, figlia di un giurista senese che aveva fatto fortuna alla corte dei Visconti prima e di Francesco Sforza poi, che gli aveva concesso il grandissimo benefit di non pagare tasse.

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La bambina aveva ricevuto un’educazione di buon livello ed era bella, intelligente ed istruita.

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La morte del padre, però, lasciò la famiglia in gravissime difficoltà economiche. Le terre ed i beni vennero confiscati per i debiti e toccò al figlio maggiore recuperare il benessere di un tempo. Fece successivamente una petizione al Moro, divenuto Signore di Milano, per riavere i possedimenti perduti e alcuni studiosi ipotizzano che sia stata proprio la sedicenne Cecilia a sottoporla al Duca, che accettò la richiesta.

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Di fatto, però, non sappiamo quando Cecilia e Ludovico si incontrarono, ma non fu solo una delle tante storie d’amore del Duca. Fu un amore intenso, lungo forse tutta la vita, quello che ebbe inizio tra la ragazza ed il più maturo Signore di Milano, che aveva diciannove anni più di lei.

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La loro passione trapela dalle lettere che l’ambasciatore estense alla corte del Moro, Jacopo Trotti, scriveva ai suoi Signori, in attesa del matrimonio combinato tra Ludovico e la giovanissima Beatrice d’Este. “Si dice che il male del signor Ludovico è causato dal troppo coito di una sua puta [il termine veniva usato per indicare la giovanissima età] che prese presso di sè, molto bella, la quale gli va dietro dappertutto, e le vuole tutto il suo ben e gliene fa ogni dimostrazione”.

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La Gallerani visse a Corte come una regina, accanto a personalità come Leonardo, Bramante e Bandello, ai quali fu legata da amicizia e stima profonde.

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Cecilia sapeva che non avrebbe mai potuto essere la sposa del Signore e lo accettava. Era però la First Lady della Corte e partecipò accanto a Ludovico ad una delle più grandi feste mai date: “la Festa del Paradiso”, per la quale Leonardo curò le scenografie.

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Quattro mesi dopo questo evento vennero celebrate le sontuose nozze del Moro con Beatrice d’Este, nella raffinata e magnifica Corte milanese.

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La Gallerani aspettava un figlio, Cesare, che crebbe a Corte ed è raffigurato sulla Pala di Brera, assieme ai Duchi e al loro figlioletto.

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Cesare Sforza nella pala

Cecilia, dapprima, visse al Castello, tollerata da Beatrice: ma tutto ciò non poteva durare a lungo. Il Moro era un Signore munifico e capace, ricco e generoso, ma…solo un uomo può non capire che non si deve fare lo stesso regalo (un abito, poi!) a moglie e amante.

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La bomba scoppiò quando, infatti, il Moro fece confezionare due tuniche simili, ma di tessuti diversi: l’uno, più prezioso, per la moglie, l’altro, meno pregiato, per l’amante…alla quale però stava meglio.

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La camora, questo il nome del tipo di tunica, fece scatenare le ire di Beatrice, che ottenne l’allontanamento della rivale da Corte. Per farlo apparire definitivo il Moro diede a Cecilia una ricca dote, possedimenti ed un nobile marito, il conte Ludovico Carminati, uomo discreto e tranquillo, che permise a Cecilia di vivere una seconda vita lontana da Corte.

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Nel palazzo di via Rovello, donato dal Moro, vennero fatti lavori affidati a personalità come Leonardo e Bramante, che frequentavano anche i colti salotti della Gallerani, che divenne una delle più famose e stimate dame del Rinascimento lombardo.

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Alla morte di Beatrice, Cecilia tornò a Corte per stare vicina al Moro, ormai in crisi politica e personale. Tutto stava precipitando: il figlio Cesare, frutto del loro amore, morì e il re di Francia, Luigi XII, sconfisse Ludovico.

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Luigi XII

La contessa si ritirò nel suo castello di San Giovanni in Croce, nel cremonese, dove visse per lunghi anni, circondata da importanti e colte frequentazioni, studi e scambi epistolari anche col grande Leonardo che aveva reso immortale la sua bellezza.

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Secondo alcuni, in una pala della cappella del castello, è raffigurata una Cecilia ultraquarantenne un po’ più curvy.

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Morì a 63 anni e, probabilmente, fu sepolta nella cappella della famiglia Carminati, nella chiesa di San Zevedro, dove riposano due dei suoi figli.

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E il vedovo? Sembra che si sia risposato con Lucrezia Crivelli, un’altra “ex” del Moro …..

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Del celebre ritratto di Cecilia, per molti secoli, non si seppe più nulla; venne acquistato infine da una principessa polacca. Dopo varie peripezie tutta la collezione della principessa fu depredata dai gerarchi nazisti e il quadro venne collocato nella residenza del governatore tedesco a Cracovia.

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Sul finire della guerra, questi lo fece portare in Baviera, ma qui fu recuperato dai Monuments Men americani e riconsegnato alla Polonia.

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Ora la “Dama con l’Ermellino” si trova a Cracovia, ma si dice che lo spirito di Cecilia torni spesso, in attesa del Moro, nel palazzo di via Rovello, nella sua indimenticata Milano.

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“Cecilia” di Igor Bitman

Storia, arte, cibo e cultura in via Rovello, 2 – (dove)

Da dove iniziare? Dal Conte di Carmagnola, primo proprietario di questo palazzo, da Cecilia Gallerani, la Dama con l’Ermellino  che abitava qui, dalla sede storica del Piccolo Teatro o dall’aperitivo nel chiostro? Quanti secoli di storia sono entrati da questo portone!

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Ci troviamo in via Rovello 2, lo storico palazzo che ospita anche, in parte, uffici del Comune.

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Andiamo con ordine. La via Rovello si apre, piccola e inaspettata, sulla larghissima via Dante, che è stata realizzata, verso la fine dell’Ottocento, demolendo case e casupole che si trovavano in una fitta rete di stradine secolari.

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Al civico 2 c’è la dimora che fu di Francesco Bussone, detto “Il Carmagnola”, soldato di ventura divenuto condottiero, che la ebbe in dono nel 1415 da Filippo Maria Visconti, come ricompensa del suo valore.

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Il conte di Carmagnola non ebbe una storia felice e fu decapitato, per presunto tradimento, dai veneziani, ai quali era passato.

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Il suo palazzo arrivò, per matrimonio della figlia, alla famiglia Dal Verme; sul finire del secolo, infine, fu requisito da Ludovico il Moro che ne fece la splendida dimora della propria amante, quella Cecilia Gallerani ritratta da Leonardo.

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cecilia

La giovane donna, che aveva avuto un figlio dal Moro, non poteva più vivere al Castello accanto alla moglie legittima del Duca, Beatrice d’Este, anche se questa era molto liberal in proposito.

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la “Pala di Brera” con Ludovico e Beatrice

Fu un periodo splendido per il palazzo di via Rovello, che vide i più bei nomi della cultura e dell’arte di quei tempi, Leonardo, Bramante, Bandello, frequentare il salotto della bellissima e colta Cecilia.

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Con le dominazioni straniere inizia il declino di questo palazzo, finchè giunse in proprietà al Comune di Milano, che ne fece la propria sede, prima di Palazzo Marino.

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Durante la Repubblica di Salò diventò la caserma della famigerata Legione Autonoma “Ettore Muti”.

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Terminata la guerra, il Palazzo Carmagnola rinacque. Qui ebbe sede il primo teatro comunale d’Italia: il Piccolo Teatro della Città di Milano che, con Grassi, Strehler e la loro compagnia, divenne ambasciatore della cultura italiana nel Mondo.

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Oggi i “Piccoli” sono ben tre: la Sala Grassi (nella storica sede di via Rovello), il Teatro Strehler e il Teatro Studio, ora dedicato a Mariangela Melato.

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Storia, arte, cultura e anche buon cibo: in questo palazzo, infatti, si possono sfogliare o acquistare libri e si può anche cenare, immersi nello splendore quattrocentesco, al Caffè Letterario, sotto i chiostri o all’aperto, nel bel cortile.

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È un’occasione unica per un caffè o un aperitivo in una location da toglier il fiato.

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C’è chi dice anche che la bella Cecilia torni qualche notte a rivedere il suo palazzo… Cena alla Corte con fantasma?

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