Le porte del Castello, che si aprono a tradimento alle truppe francesi, spalancano la strada ad un’epoca, per Milano, di dominazioni che durerà circa 350 anni.
Le sale che avevano visto lo sfarzo e lo splendore della vita di Corte ai tempi del Moro, diventano stalle, i tesori vengono depredati, il Castello diventa il ventre del potere che pullula di soldati nemici. Così un cronista dell’epoca, Marin Sanudo, scriveva: “in Castello esser gran sporzizie;…francesi pissano in le camere, cachano in corte e in salla“.
Il Castello, che si apriva alla città, ora è rivolto contro di essa, per controllarla e per difendersi, anzichè difendere Milano.
Del breve dominio francese abbiamo due ricordi: la distruzione della Torre del Filarete ed il monumento funebre di Gaston de Foix, nipote del Re e comandante del Castello, così bello e lontano nella sua compostezza ultraterrena.
Misteriose e intriganti sono le cause che hanno provocato il crollo della Torre, diventata, durante l’occupazione francese, armeria e deposito di esplosivi. Errore umano di un soldato, che ne causò l’esplosione, o un fulmine che la colpì durante un violento temporale nella notte di fine giugno 1521?
“Era una notte buia e tempestosa” , direbbe Snoopy…
Alcune voci dell’epoca, al di là delle versioni ufficiali, parlarono di una statua d’angelo decapitata e della vendetta di un artigliere svizzero, avvenuta quella notte.
La versione popolare sosteneva che il governatore francese di Milano, da qualche tempo non riuscisse a dormire per il cigolio che faceva la statua di San Michele in cima al campanile di San Gottardo.
Qualcuno gli suggerì di farla saltare, come per errore, con un colpo di bombarda.
Fu incaricato, in cambio della libertà, un mercenario svizzero al soldo degli Sforza, detto “il Bombarda”, che era stato catturato e fatto prigioniero insieme alla sua donna. Il Bombarda sparò e San Michele fu decapitato.
Mentre si trovava ancora sulla torre dalla quale aveva sparato, il mercenario vide, nella piazza d’Armi, la sua donna subire violenze dalla soldataglia francese.
Senza esitare, mirò di nuovo e colpì la Torre del Filarete, piena di esplosivo. Il boato fu tremendo, la Torre distrutta e 300 soldati morirono nell’esplosione. Si dice che ancora oggi ci siano 300 spiriti che vagano senza pace in piazza d’Armi, nel giorno dei Morti.
Dei due amanti non si seppe più nulla.
Il Castello, mutilato nella sua torre centrale, continuò la sua vita da caserma anche sotto la dominazione spagnola, ospitando fino a 3.000 soldati.
Al suo interno: due chiese, osterie, botteghe, stalle, pollai, alloggi, cucine, mense, persino un ospedale per gli appestati (che oggi ospita la Pietà Rondanini di Michelangelo) quasi una cittadella del potere spagnolo a carico delle tasse dei milanesi.
All’esterno 3 chilometri di bastioni avevano circondato la Ghirlanda, antica fascia protettiva del Castello.
Sono anni bui per il Castello e per Milano, con rivolte popolari e gravi pestilenze, descritte anche ne “I promessi sposi”.
Nel Castello è conservata ancora la lapide che ricorda la tremenda fine di Gian Giacomo Mora, presunto “untore”, torturato e ucciso con l’accusa di aver diffuso la peste.
Quando il Ducato di Milano venne ceduto dalla Spagna agli Asburgo d’Austria, per il Castello non cambiò molto e continuò ad essere caserma e stalla per la guarnigione austriaca, sotto lo sguardo della statua di San Giovanni Nepomuceno, suo protettore, che ancora oggi, campeggia nella piazza d’Armi.
La storia incontra sempre le pietre del Castello: la meteora napoleonica aveva fatto grandi progetti per Milano, tanto da prevedere anche un’impegnativa trasformazione della zona intorno al Castello. che si sarebbe trovato al centro di una grande piazza circolare, della quale ancora oggi rimane Foro Buonaparte.
Mentre con una mano venivano rubate e trasportate in Francia opere d’arte, con l’altra furono costruiti edifici come l’Arco della Pace e l’Arena.
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Una curiosità: il primo tricolore bianco, rosso e verde nacque a Milano, come stendardo militare della Legione Lombarda Cacciatori a Cavallo, un corpo di volontari a fianco di Napoleone, ed è conservato al Museo del Risorgimento di Milano.
Caduto Napoleone, con la Restaurazione ed il ritorno degli Austriaci, il Castello riprese ad essere fortezza e prigione. Le sue segrete si riempirono, durante le Cinque Giornate, di prigionieri, i cui corpi furono trovati solo alla fine della dominazione austriaca.
Con l’avvento del Regno d’Italia si pensò di demolire il Castello, ormai in grave stato di degrado, che era stato per troppi anni fortezza nemica dentro la città e simbolo dell’oppressione.
L’area occupata dal Castello stava per diventare preda ambita per l’espansione e la speculazione edilizia. Per l’antica dimora dei Duchi sembrava arrivata la fine, ma il Biscione, simbolo di Milano, aveva pronto l’uomo che avrebbe fatto rinascere il Castello.