Riciclando in verde: realizziamo un Kokedama per Natale

Già si accendono le prime luci del Natale 2021, che sembrano insicure nell’ombra del Covid che incombe sulle prossime feste.

Guardiamo sempre verso la luce e la speranza e pensiamo a cosa donare alle persone care per dimostrare la nostra affettuosa vicinanza. Magari può essere un piccolo dono, qualcosa fatto da noi, ricco di significato come un Kokedama, la piantina senza vaso che cresce in un piccolo spazio, anche avaro di luce.

Kokedama significa sfera di muschio ed è un antico metodo giapponese che risale al 1600. E’ nato, secondo la leggenda, dal desiderio di un contadino poverissimo che, non avendo la possibilità di comperare un vaso di coccio, creò con un po’ di terra e di muschio un contenitore dove far crescere delle piantine.
Questa composizione è infatti una piccola palla di terra, rivestita di muschio, dove cresce una piantina. Forse non avrà una vita lunghissima (ma chi lo sa?), ci insegna però ad accettare l’effimero, a vivere e afferrare il presente, sempre, fino in fondo, come ci insegnano le filosofie orientali.

Il Kokedama può essere appeso , creando un sicuro effetto wow, o appoggiato, da solo o vicino ad altri, alla luce non diretta del sole che farebbe asciugare troppo in fretta terra e muschio.

Ecco come si procede per realizzarlo.
Cosa ci serve. Piantina (succulente o piccole erbacee), terra, muschio, acqua, filo di canapa, cotone o juta, forbici, guanti, vassoio o piattino.

Come si fa. Se la piantina è in vaso, rimuoviamo delicatamente il terriccio dalle radici anche immergendole nell’acqua. Le avvolgiamo prima con un po’ di muschio, poi con la terra inumidita, compattandola per farne una sfera. Una volta pronta la palla, la rivestiamo con il muschio umido, in modo da coprirla bene tutta. Applicarlo è semplice, basta premerlo sulla superficie terrosa. Per fissare la composizione usiamo un filo di cotone o spago, lo giriamo più volte intorno alla palla e lo chiudiamo con un nodo. Appoggiamo il Kokedama su un piccolo vassoio decorato oppure lo leghiamo con un filo e lo appendiamo. Eccolo pronto per arredare ogni ambiente.

Come si cura. Per bagnarlo immergiamo la palla di muschio in una ciotola di acqua, dove saltuariamente si può aggiungere anche fertilizzante liquido. Utile di tanto in tanto nebulizzare la composizione … quasi un effetto rugiada.
Qualche consiglio: si può anche iniziare già da ora a preparare le piantine del nostro Kokedama facendo radicare qualche talea scegliendo preferibilmente piante facili che tutti abbiamo nel “nostro giardino in vaso” di casa.

Regalare un piccolo Kokedama a Natale ci sembra un’idea nuova, molto carina ed ecologica: sarà come donare un piccolo scampolo di natura da tenere accanto nell’angolo preferito della nostra casa dove rilassarsi.

Da Francesca un affettuoso …..

a presto…

Quattropassi nel Liberty: Palazzo Castiglioni

Palazzo Castiglioni, situato in corso Venezia 47, è forse il più importante e conosciuto edificio Liberty della nostra città, esempio delle profonde trasformazioni culturali e architettoniche di inizio Novecento

Si trova a circa metà dell’elegante “via delle carrozze”, così era soprannominato corso Venezia, dove abitava l’aristocrazia milanese. Nell’Ottocento era percorsa, infatti, dalle belle carrozze dei nobili che si fermavano (riuscivano a parcheggiare!) per scambiare due parole con giovani cavalieri e belle signore.

Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, però, i tempi stavano cambiando e tra i palazzi nobili della tradizione meneghina sorse, nel 1903, un edificio “provocatorio” ad opera di un esponente della nuova imprenditoria. Venne realizzato in puro stile Liberty e ha due facciate molto diverse tra loro, una su corso Venezia e una interna su via Marina.

Il committente era un giovane ingegnere quarantenne, Ermenegildo Castiglioni Marazzi, che aveva ricevuto nel 1896 una ingente eredità alla morte del nonno adottivo, un imprenditore partito dal nulla, grande e illuminato benefattore, amico di Giuseppe Mazzini e convinto repubblicano.

Secondo i “si dice” dell’epoca, l’ingegnere e il famoso architetto Giuseppe Sommaruga, prima di costruire il palazzo, viaggiarono per l’Europa allo scopo di scoprire personalmente le nuove tendenze e le caratteristiche innovative del Liberty. Ne nacque un edificio imponente, monumentale, ricco di decorazioni, soluzioni nuove e giochi asimmetrici, quasi un manifesto della ricchezza e dell’importanza della famiglia.

La facciata interna su via Marina, che dà sul giardino, è più leggera, fatta in mattoni rossi, vetro e ferro per le belle verande, ma purtroppo è poco visibile. Quella principale, invece, su corso Venezia, fu realizzata con un alto zoccolo in bugnato nel quale si aprono oblò di forma irregolare, chiusi da splendide grate in ferro battuto.

Nella parte superiore del palazzo diversi putti ornano le finestre piuttosto lunghe e strette; un unico balconcino, inoltre, spunta in modo asimmetrico su un lato della facciata.

Alziamo infine lo sguardo verso il cornicione in rame dove ci sono grandi api, simbolo della laboriosità della famiglia Castiglioni.

Molto scalpore suscitarono due figure femminili, che rappresentavano la Pace e l’Industria (il significato allegorico non ci è molto chiaro), poste ai lati del portone, intente a guardare all’interno della casa, mostrando il lato B ai passanti.

L’esuberanza un po’ sfacciata e irriverente di queste due figure, opera di Ernesto Bazzaro, fece soprannominare il palazzo “Ca’ di ciapp”; a ciò si aggiunsero anche le vignette del Guerin Meschino, giornale satirico dell’epoca.

Si riesce a comprendere perchè la due “cariatidi”, per desiderio dello stesso Castiglioni, vennero rimosse e il portone ridisegnato. Le statue furono poi sistemate in un magazzino prima di essere ricollocate nel 1913 alla Villa Faccanoni-Romeo (dello stesso architetto), diventata poi Casa di Cura Columbus. Un appunto sorridente: le suore che dal 1940 gestiscono la clinica non le hanno mai fatte rimuovere.

Comunque queste due statue ne ispirarono altre, sempre nel periodo Liberty: ecco le cariatidi, senza dubbio meno provocanti, di Casa Campanini, in via Bellini 11. Opera di Michele Vedani, vennero realizzate nel 1906 in cemento, e non provocarono scandalo.

Ora Palazzo Castiglioni è la sede dell’Unione Commercianti e non è facile poterlo visitare; l’interno ha subito purtroppo molti danni durante la guerra e molto venne trasformato successivamente. Per fortuna è ancora presente, tra l’altro, il famoso scalone in ferro battuto.

Se guardiamo le creazioni Liberty, può sembrare un paradosso che le linee morbide della natura, i fiori, gli animali vengano ricreati con materiali propri dell’industria come il ferro e il cemento.

Nacquero in questo modo decorazioni che si potevano produrre in serie e anche opere d’arte artigianali di grande valore artistico come quelle del Maestro Alessandro Mazzucotelli. A volte queste decorazioni hanno un fascino dark un po’ inquietante, messo in evidenza dalla luce che le attraversa o le circonda. D’altra parte Milano è sempre luci e ombre.

A presto…