Quattropassi nel Liberty: Villa Faccanoni Romeo, ora Casa di Cura Columbus

Abbiamo spesso parlato di Milano come di una città da scoprire, talora anche un po’ misteriosa e inquietante, che sembra quasi voglia celarsi dietro lo sfolgorio di luci, fashion week e movida. In un precedente articolo, inoltre, avevamo notato come, secondo noi, il Liberty abbia, sotto un’apparente leggerezza, diversi aspetti noir.

I quattropassi di oggi ci portano a visitare  la Casa di Cura Columbus, in via Buonarroti 48, considerata, con Palazzo Castiglioni, uno dei capolavori Liberty della nostra città, realizzato dall’architetto Giuseppe Sommaruga nel 1913. 

Venne costruita, quindi, sul finire del periodo Liberty milanese come residenza per l’ingegner Luigi Faccanoni, passando poi, nel primo dopoguerra all’ingegner Nicola Romeo, proprietario dell’Alfa Romeo.

Infine, dopo essere stata rilevata dalle suore dell’ordine fondato da Santa Francesca Cabrini, nell’immediato dopoguerra venne ampliata con un nuovo edificio diventando Casa di Cura Columbus. Il nome fu ripreso da Columbus Hospital di New York, fondato da Madre Cabrini per la cura degli immigrati nella Grande Mela.

Dall’esterno della clinica, possiamo abbracciare con lo sguardo tre edifici al top nel loro genere e tempo: una villa Liberty su tre piani, ricca di decorazioni, un ospedale all’avanguardia, con tanti balconcini, che Gio Ponti realizzò con la consulenza di un celebre chirurgo per il benessere psicofisico dei ricoverati, e lo “Storto”, grattacielo di CityLife progettato da Zaha Hadid.

Fermiamoci davanti alla facciata principale della clinica: ecco decorazioni floreali, putti che hanno poco di angelico e due colonne scure che non sorreggono il balcone, ma finiscono nel nulla.

Sopra un lampione, la famosa libellula in ferro battuto del grande Alessandro Mazzucotelli, sembra sorvegliare l’ingresso.

Infine, ci sono loro: le due statue che adornavano l’ingresso di Palazzo Castiglioni e che furono esiliate, perchè troppo provocanti, in un magazzino. Le “liberò”, ricollocandole su una facciata laterale di questa villa, l’architetto Sommaruga.

Così ora, possiamo guardare da vicino “Pace” e “Industria”, questi i nomi ufficiali. Beh, come non essere colpiti dal sorriso irriverente ed erotico dell’una e dall’abbandono quasi voluttuoso dell’altra? Ci diverte fare congetture sul perchè Pace e Industria siano state rappresentate in questo modo…

Intorno alla villa c’era un grande giardino che ora ci accoglie con un coloratissimo foliage.

Restiamo, però, stupiti nel vedere come le cancellate abbiano grosse spine di ferro battuto e intricate volute a protezione, che creano un’atmosfera un po’ sinistra, quasi da Famiglia Addams.

Non solo: qua e là, sopra i lampioni, sono appostati enormi insetti neri, libellule giganti, ragni dalle lunghe zampe, musi di animali con le fauci spalancate. Sono tutte opere di Lisander el ferrèe, come amava essere chiamato Mazzucotelli, che le aveva realizzate su disegno del Sommaruga.

Completano questa sceneggiatura inquietante nastri piatti, sempre in ferro battuto, che formano volute e intrecci, quasi magnetici serpenti e visi inquieti…, forse sono opere della nostra fantasia?

La Casa di Cura è molto conosciuta ed apprezzata e richiede, ovviamente, tutto il rispetto dovuto nel visitarla. Se, però, riuscite a fare una passeggiata nel suo giardino, sarà un’esperienza straordinaria per conoscere meglio la nostra città e ripensare allo stile Liberty milanese d’autore.

A presto…

 

Quattropassi nel Liberty: Palazzo Castiglioni

Palazzo Castiglioni, situato in corso Venezia 47, è forse il più importante e conosciuto edificio Liberty della nostra città, esempio delle profonde trasformazioni culturali e architettoniche di inizio Novecento

Si trova a circa metà dell’elegante “via delle carrozze”, così era soprannominato corso Venezia, dove abitava l’aristocrazia milanese. Nell’Ottocento era percorsa, infatti, dalle belle carrozze dei nobili che si fermavano (riuscivano a parcheggiare!) per scambiare due parole con giovani cavalieri e belle signore.

Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, però, i tempi stavano cambiando e tra i palazzi nobili della tradizione meneghina sorse, nel 1903, un edificio “provocatorio” ad opera di un esponente della nuova imprenditoria. Venne realizzato in puro stile Liberty e ha due facciate molto diverse tra loro, una su corso Venezia e una interna su via Marina.

Il committente era un giovane ingegnere quarantenne, Ermenegildo Castiglioni Marazzi, che aveva ricevuto nel 1896 una ingente eredità alla morte del nonno adottivo, un imprenditore partito dal nulla, grande e illuminato benefattore, amico di Giuseppe Mazzini e convinto repubblicano.

Secondo i “si dice” dell’epoca, l’ingegnere e il famoso architetto Giuseppe Sommaruga, prima di costruire il palazzo, viaggiarono per l’Europa allo scopo di scoprire personalmente le nuove tendenze e le caratteristiche innovative del Liberty. Ne nacque un edificio imponente, monumentale, ricco di decorazioni, soluzioni nuove e giochi asimmetrici, quasi un manifesto della ricchezza e dell’importanza della famiglia.

La facciata interna su via Marina, che dà sul giardino, è più leggera, fatta in mattoni rossi, vetro e ferro per le belle verande, ma purtroppo è poco visibile. Quella principale, invece, su corso Venezia, fu realizzata con un alto zoccolo in bugnato nel quale si aprono oblò di forma irregolare, chiusi da splendide grate in ferro battuto.

Nella parte superiore del palazzo diversi putti ornano le finestre piuttosto lunghe e strette; un unico balconcino, inoltre, spunta in modo asimmetrico su un lato della facciata.

Alziamo infine lo sguardo verso il cornicione in rame dove ci sono grandi api, simbolo della laboriosità della famiglia Castiglioni.

Molto scalpore suscitarono due figure femminili, che rappresentavano la Pace e l’Industria (il significato allegorico non ci è molto chiaro), poste ai lati del portone, intente a guardare all’interno della casa, mostrando il lato B ai passanti.

L’esuberanza un po’ sfacciata e irriverente di queste due figure, opera di Ernesto Bazzaro, fece soprannominare il palazzo “Ca’ di ciapp”; a ciò si aggiunsero anche le vignette del Guerin Meschino, giornale satirico dell’epoca.

Si riesce a comprendere perchè la due “cariatidi”, per desiderio dello stesso Castiglioni, vennero rimosse e il portone ridisegnato. Le statue furono poi sistemate in un magazzino prima di essere ricollocate nel 1913 alla Villa Faccanoni-Romeo (dello stesso architetto), diventata poi Casa di Cura Columbus. Un appunto sorridente: le suore che dal 1940 gestiscono la clinica non le hanno mai fatte rimuovere.

Comunque queste due statue ne ispirarono altre, sempre nel periodo Liberty: ecco le cariatidi, senza dubbio meno provocanti, di Casa Campanini, in via Bellini 11. Opera di Michele Vedani, vennero realizzate nel 1906 in cemento, e non provocarono scandalo.

Ora Palazzo Castiglioni è la sede dell’Unione Commercianti e non è facile poterlo visitare; l’interno ha subito purtroppo molti danni durante la guerra e molto venne trasformato successivamente. Per fortuna è ancora presente, tra l’altro, il famoso scalone in ferro battuto.

Se guardiamo le creazioni Liberty, può sembrare un paradosso che le linee morbide della natura, i fiori, gli animali vengano ricreati con materiali propri dell’industria come il ferro e il cemento.

Nacquero in questo modo decorazioni che si potevano produrre in serie e anche opere d’arte artigianali di grande valore artistico come quelle del Maestro Alessandro Mazzucotelli. A volte queste decorazioni hanno un fascino dark un po’ inquietante, messo in evidenza dalla luce che le attraversa o le circonda. D’altra parte Milano è sempre luci e ombre.

A presto…

 

Quattropassi nel Liberty: il Quartiere Umanitaria di via Solari 40

Una fresca ventata di novità soffia su Milano con il Liberty che, in circa quindici anni (1900/1914), fa crescere fiori, frutti, decorazioni su nuovi edifici della nostra città utilizzando ferro, vetro, ghisa e cemento.

Milano, tra Ottocento e Novecento, era in grande fermento tra nuove fabbriche, lavori pubblici (acquedotti e fognature) e riqualificazioni urbanistiche; vennero demoliti vecchi quartieri, come il Cordusio, e create nuove strade, tra cui via Dante. Per questi lavori era richiesta molta manodopera, spesso proveniente dalla campagna, e di conseguenza erano necessari più alloggi, scuole per imparare nuovi mestieri (da contadini a operai) e adeguate risposte ai bisogni sociali crescenti. La nostra città si era messa in moto.

L’Esposizione Internazionale del 1906 le offrì la possibilità di confrontarsi con i Paesi d’Oltralpe e mostrare il meglio di sè. Il tema erano i trasporti, per l’apertura del Traforo del Sempione, che parlava di movimento e di scambio tra le nazioni, ma il movimento era soprattutto quello delle idee e delle iniziative per lo sviluppo.

Di questa Esposizione ci restano due strutture di sapore Liberty, molto diverse tra loro, ma che fanno parte dell’anima milanese: l’Acquario Civico e il Quartiere Umanitaria.

L’Acquario Civico

Due parole sull‘Acquario, del quale abbiamo già parlato. È stato uno dei primi al mondo e non poteva che essere così:  pur senza mare o grandi fiumi, la nostra è comunque una città d’acqua, presente nel suo DNA più profondo fino dai tempi della dea celtica Belisama

Il Quartiere Umanitaria

Se l’Acquario parlava di cultura e di nuovi interessi e conoscenze scientifiche, il Quartiere Umanitaria è un esempio della solidarietà civile e concreta tutta meneghina.

La storica Società che lo aveva voluto era stata fondata alla fine dell’Ottocento allo scopo “di mettere i diseredati, senza distinzione, in condizione di rilevarsi da se medesimi, procurando loro appoggio, lavoro e istruzione” (punto 2 dello Statuto della società). Per Expo aveva realizzato un proprio padiglione e il quartiere di edilizia popolare in via Solari.

https://archiviodelverbanocusioossola.com/2015/04/21/il-padiglione-dellumanitaria-1906-dallexpo-ad-anzola-dossola-%C2%A7-3/

Questo quartiere era stato costruito in un solo anno, primo esperimento milanese di housing sociale, su progetto dell’architetto Giovanni Broglio, che da piccolo muratore orfano era riuscito a studiare e a raggiungere alti livelli. Un’altra storia milanese.

Il complesso comprendeva ben undici edifici di quattro piani ciascuno, suddivisi in appartamenti da uno a tre locali, tutti dotati di acqua corrente, wc, condotto per l’immondizia e, sotto le finestre, di bocche d’aria regolabili per il ricambio senza dispersione di calore.

Innovativi anche gli spazi comuni: un asilo (metodo Montessori), luoghi di riunione, docce per l’igiene e persino una sala per l’allattamento.

Ovviamente l’architetto Broglio aveva lavorato con budget e, soprattutto, con finalità diversi rispetto a quelli degli eleganti palazzi Liberty del tempo. Le decorazioni erano prodotte in serie, ma il risultato è bello, armonioso e funzionale.

Questo quartiere si trova vicino alla stazione di Porta Genova, in una zona di ex-fabbriche diventata ora distretto per la moda e il design.

Mai come in questo caso il destino era già scritto: tra gli insegnanti dei vari corsi serali e domenicali che si tenevano all’Umanitaria, erano stati chiamati anche Rosa Genoni, la “sarta” che vide nella moda una cosa “seria” e Alessandro Mazzucotelli, l’artigiano artista liberty del ferro battuto. Quest’ultimo faceva parte anche della giuria del concorso indetto per la creazione di un arredamento “semplice, funzionale e di qualità” per gli appartamenti di questo quartiere.

Veduta della cucina-pranzo progettata da Augusto Ghedini da “L’Esposizione Illustrata del 1906”, Milano 1906
Veduta della camera da letto progettata da Emilio Dozio da “L’Esposizione illustrata del 1906”, Milano, 1906

Era nato il desing italiano che porterà al Salone del Mobile e agli eventi del Fuori Salone.

A presto…