Santuario di Santa Maria dei Miracoli: un gioiello del Cinquecento.

Abbiamo iniziato qualche settimana fa un breve ma intenso itinerario in località “tre gelsi” (ad tres moros), o, se preferite, a circa metà di corso Italia dove si trovano la basilica di San Celso e il santuario di Santa Maria dei Miracoli, scrigni di fede e storia milanese.

Sulla sommità della bianca facciata di questo santuario, ricca di statue, ci sono diversi angeli dalle insolite ali rosse. Non ne sappiamo molto, perché non vengono quasi mai ricordati. Di quale messaggio sono portatori?

Quasi impossibile riportare tutta la ricchezza artistica di questo santuario, che è sempre stato una delle più importanti chiese di Milano. Ci soffermeremo solo su alcuni particolari, per lasciare a ciascuno il piacere di cercare e scoprire il “proprio” angolo di riflessione.

Iniziamo il nostro percorso guardando il pavimento, secondo noi, uno dei più belli di Milano. Camminando, sentiamo quasi i diversi disegni che lo compongono, più o meno levigati dal tempo e dai passi dei fedeli.

Poi, via via, sotto la cupola, gli intarsi si fanno più piccoli e ravvicinati; è come un’esplosione di spicchi, marmi, colori che riprendono i disegni della volta.

Anche l’altare maggiore, completato nel Settecento, è un mosaico di tessere, marmi e pietre colorate su fondo nero.

Tanta opulenza quasi “nasconde” il dipinto della Madonna dei Miracoli (di cui abbiamo già parlato nei precedenti articoli), pietra dipinta rimasta sempre allo stesso posto che ora si trova a livello del pavimento, protetta da due ante d’argento.

Il suo “velo”, esposto ogni 30 dicembre, anniversario del miracolo, è custodito in una teca nella splendida sacrestia.

Sopra questo altare una grande statua della Vergine Assunta realizzata da Annibale Fontana a fine Cinquecento. Intorno a lei danzano alcuni angioletti del Procaccini, che accolgono gli sposi quando portano il bouquet come da antica tradizione.

Al centro della chiesa, davanti all’altare maggiore, si trova l’urna con le reliquie di San Celso, dal volto d’argento.

Furono traslate in questo santuario, dalla vicina San Celso, per volere del Cardinale Schuster. Ancora oggi possiamo vedere in una cappella a sinistra, il sarcofago originale del Quarto Secolo con scene evangeliche che si susseguono senza segni di separazione, tra le quali vi è una Natività con bue e asinello.

Molto venerata è anche la “Madonna delle lacrime” un dipinto che ci accoglie quasi all’ingresso del santuario. Si racconta che, nel 1620, abbia pianto di fronte alle preghiere e alle tribolazioni di tanti milanesi e ancora oggi offre il suo aiuto; tante sono le candele accese davanti a lei ogni giorno.

Dietro il coro, quasi in disparte, troviamo la cosiddetta “Madonna dell’addio”, quadro nel quale è raffigurata Maria mentre si accomiata da Gesù prima della Passione. Questa immagine, intima e dolente, è detta anche “Madonna dei missionari” che qui pregavano, salutando i propri cari, prima di partire.

Diamo un’occhiata anche al coro, un gioiello di legno intarsiato decorato con paesaggi, vere e proprie opere d’arte. Vi si possono scoprire anche cagnolini, uccellini, momenti di vita quotidiana.

Purtroppo una porta non ci permette di gustare appieno un quadro importantissimo per Caravaggio e l’arte italiana: la “Caduta di San Paolo” di Moretto da Brescia, realizzato nel 1542. L’opera, che rappresenta il Santo appena caduto dal cavallo che lo sovrasta, ha ispirato la ben più famosa opera di Caravaggio, nato, e vissuto nella giovinezza, a Milano.

Questo quadro è stato riprodotto nel 2021, da un urban artist varesino, a San Paolo in Brasile in occasione del 60° anniversario del gemellaggio di quella città con Milano. Questo murale è stato realizzato su un grattacielo di 13 piani in una delle principali arterie di San Paolo, in solo due settimane con l’uso di bombolette spray.

Nella navata di fronte possiamo soffermarci davanti al grande “Crocifisso di San Carlo” che il Cardinale stesso portò a questo santuario dopo una processione al tempo della peste.

Poco lontano un celebre quadro del Procaccini rappresenta il “Martirio dei Santi Celso e Nazaro”. Come non restare colpiti dal contrasto tra il buio della scena dipinta e la luminosità che circonda gli angeli sulle pareti accanto?

Infine ecco qualche immagine della bellissima sacrestia (anzi, i locali sono due) dove sono custoditi, tra altri tesori, il “velo” ed una curiosità, la “lampada di Radetzky” che i milanesi offrirono in ringraziamento quando il Feldmaresciallo lasciò la nostra città.

Alle pareti le copie di due opere di Raffaello e di Leonardo, che si trovavano qui, prima di essere una venduta per aiutare i poveri e l’altra “esportata gratis” dai francesi al tempo di Napoleone.

Pochi passi e tanti gradini: la visita guidata del santuario permette anche di percorrere i sottotetti delle due chiese, in particolare si possono vedere degli affreschi che un tempo si trovavano all’interno di San Celso, prima che il soffitto venisse ribassato.

Vi è piaciuto questo itinerario insolito e molto ricco nel centro di Milano? Vi ricordiamo gli articoli precedenti:

A presto…

Quattropassi intorno a Santa Maria dei Miracoli e San Celso…

Il santuario di Santa Maria dei Miracoli si trova in corso Italia accanto alla basilica di San Celso; sono appoggiate l’uno all’altra quasi fossero le pagine di un antico libro da sfogliare.

La storia che raccontano iniziò nel lontano 395 quando Sant’Ambrogio trovò in questa zona le spoglie dei martiri Nazaro e Celso e fece costruire all’aperto, sul luogo del ritrovamento, un muretto, o forse un’edicola, con l’immagine affrescata della Madonna con Bambino. Questo dipinto era protetto da un velo; negli anni successivi venne costruita intorno ad esso la piccola chiesetta di San Nazaro al Campo, ampliata poi sotto Filippo Maria Visconti nel 1430.

Copia in marmo del dipinto

Proprio in questa chiesa, durante la Messa del 30 dicembre 1485, la Madonna del muretto scostò il velo e si sporse per benedire i fedeli. Questo miracolo, avvenuto alla presenza di trecento testimoni e riconosciuto dalla Chiesa, richiamava folle di pellegrini così numerose che si decise, alla fine del Quattrocento, di costruire, con le offerte ricevute, un grandioso santuario, Santa Maria dei Miracoli.

Il muretto con l’immagine miracolosa si trova ancora oggi, all’interno del santuario, nella posizione in cui è sempre stato, pronto a raccogliere le preghiere e le speranze espresse nei secoli. Oggi il nostro pensiero è per la pace.

Il santuario è anche un importante esempio di architettura rinascimentale e contiene opere di grande valore religioso, artistico e storico. Lo vedremo con l’aiuto di molte foto in un prossimo articolo.

Oggi, invece, facciamo quattropassi intorno a questo santuario per cercare di leggere il suo contesto e percepirne il passato. Ai tempi di Sant’Ambrogio, questa zona, ricca di acque, era conosciuta come “ad tres moros”, cioè “ai tre gelsi”, come sono chiamate nel nostro dialetto queste piante. Tutto scomparso? Forse cambiato! Se andiamo sul retro delle due chiese, in via Vigoni, troviamo un bel giardinetto pubblico dal quale si vedono le absidi, al momento in ristrutturazione.

In questo piccolo spazio verde c’è una fontana (l’acqua!) e ci sono grandi alberi. Non sono gelsi, ma magnolie, olivi, persino un raro albero dei tulipani. Sinceramente non sappiamo quale sia; aspettiamo la fioritura con la speranza di riconoscerlo.

Torniamo davanti alle facciate delle nostre due chiese. Mentre quella di San Celso è visibile da corso Italia, il santuario di Santa Maria risulta parzialmente nascosto, agli occhi di un passante distratto, per la presenza del muro di cinta del quadriportico.

Da questo quadriportico possiamo anche vedere il piccolo giardino davanti a San Celso con i resti delle arcate che facevano un tempo parte della basilica. Infatti questa chiesa è stata abbassata e accorciata per fare più spazio al santuario, che diventava sempre più importante.

La folla dei pellegrini era infatti tale che Ludovico il Moro fece addirittura riaprire una porta cittadina (l’ex Pusterla di Sant’Eufemia che si trovava nelle mura ai tempi del Barbarossa) per permettere un passaggio più agevole dei fedeli diretti al santuario. In questa antica incisione vediamo le due chiese e la porta, purtroppo abbattuta nel 1827. Ne rimane solo il nome, Porta Ludovica, in onore del Moro.

Cercando i messaggi del tempo, che talvolta passano inosservati, guardiamo, in corso Italia, il campaniletto che si vede alla sinistra del porticato. Apparteneva alla chiesetta di San Bartolomeo, oggi scomparsa. Forse è sopravvissuto per detenere un record: sembra sia il più piccolo di Milano e ha anche una piccola campana.

Anche l’interno del porticato ci racconta storie, o leggende, di un tempo. Ecco la fontana dove, si diceva, le spose dovevano bere per imparare ad ascoltare.

Sul lato opposto. invece, c’è una strana meridiana senza gnomone, cioè l’asta tipica, piuttosto difficile da identificare. Incisi nel cotto e quasi invisibili, possiamo intravedere alcuni segni zodiacali (Scorpione, Sagittario, Capricorno, Acquario e Pesci); quindi la meridiana era utilizzabile da ottobre a marzo, quando il Sole è meno alto… Ci restano tanti interrogativi e il piacere della ricerca.

Ed ora guardiamo la bianca facciata del santuario. Iniziata a fine Quattrocento, è ricca di statue in parte autentiche, in parte copie per meglio conservarle.

Questa imponente chiesa fu progettata e realizzata, nel corso di diversi decenni, dai più illustri architetti dell’epoca (Dolcebuono, Solari, Amadeo, Cesariano, Alessi…), ma è l’interno che ci affascina, anche per le tante storie diverse che può raccontare.

 

A presto