Ci siamo lasciati qualche giorno fa davanti a ciò che resta del Palazzo dei Gorani e al fagiano sottovetro.
Riprendiamo il nostro itinerario per la Mediolanum imperiale alla ricerca di pietre che ci raccontino un po’ di storia. Poco lontano, in via Vigna, ci troviamo di fronte ad un piccolo antico muro tra le facciate di due moderni palazzi.
Sono mattoni che facevano parte del circo romano voluto da Massimiano.
Cerchiamo di scoprirne di più. Abbiamo chiesto ad una gentile signora che abita in uno dei palazzi di poter vedere il tratto di mura che si trova all’interno del condominio. Ora è il muro divisorio tra i cortili, ben curato e accudito. Ci ha preso una forte emozione pensando a quanti battiti di ciglia sono passati davanti a lui nei secoli.
In questo circo, che era tra i più grandi dell’Impero, si svolgevano le corse di bighe e quadrighe, come quelle di Ben Hur, antenate forse delle nostre gare di F1.
Il circo (che si trovava tra le odierne vie Luini, Cappuccio e Circo) era adiacente al palazzo imperiale così da permettere un più agevole accesso allo spettacolo da parte dell’Imperatore, come accadeva anche a Roma col Circo Massimo e il Palatino.
Altri resti si trovano in via Circo, pietre del tempo accudite da erbe spontanee.
Chi avesse scosso la testa pensando a quanta storia sia stata abbandonata, deve un po’ ricredersi e armarsi di fiducia, scarpe comode e macchina fotografica: andiamo a vedere le antiche torri del circo.
Torniamo su corso Magenta (camminando abbiamo la misura di quanto il circo fosse grande) e in via Luini guardiamo il campanile di San Maurizio al Monastero Maggiore.
Questo campanile era una delle antiche torri del circo, vicino alla zona di partenza delle corse.
Nella cartina ci sono altre torri… entriamo al Civico Museo Archeologico di corso Magenta. È da visitare assolutamente per i tesori che contiene (tra l’altro un tratto delle mura massimianee) e diversi reperti “risaliti in superficie” anche grazie agli scavi della metropolitana.
Usciti nel cortile del museo, anch’esso ricco di reperti, fermiamoci davanti alla cosiddetta Torre di Ansperto, splendidamente restaurata, un tempo una delle torri delle mura imperiali.
Si pensava, infatti, fosse stata voluta da questo Vescovo di Milano nel IX secolo, ma solo negli anni Trenta venne fatta risalire all’epoca romana. All’esterno è poligonale, mentre l’interno è circolare.
La torre ha due livelli: a piano terra è conservato un ciclo di affreschi che risalgono al XIII – XIV secolo di soggetto religioso (nel Medioevo, infatti, era stata trasformata in un cappella) e Il dormiente, un’opera di Mimmo Paladino.
Il secondo livello della torre è vuoto, illuminato da aperture e feritoie. Fa un certo effetto pensare ai suoni e rumori che queste pietre hanno ascoltato nei secoli: dalle corse dei cavalli, ai canti liturgici, alle voci dei ragazzini di oggi in visita scolastica.
Da questa torre, attraverso una passerella, si accede ad un’altra sezione del Museo Archeologico. C’è persino il calco della pietra, rinvenuta a Cesarea Marittima dagli archeologi del museo, che, unica al mondo, riporta il nome di Ponzio Pilato al di fuori dei Vangeli.
Dopo questa abbuffata di pietre romane, fermiamoci alla antica Pasticceria Marchesi di corso Magenta. Dulcis in fundo avrebbero detto a Mediolanum!
Riprendiamo i nostri quattropassi per Mediolanum andando a vedere (dopo il teatro, le colonne romane e l’anfiteatro) ciò che resta del palazzo imperiale, del circo e delle sue torri.
Ci vuole molta fantasia e grande pazienza per ricostruire, come in un puzzle, il nostro passato di epoca romana. L’antica Mediolanum è, infatti, una scoperta abbastanza recente, venuta spesso alla luce dopo bombardamenti, scavi per edifici e metropolitane; i ritrovamenti continuano ancora oggi come sta accadendo, ad esempio, in corso Europa durante i lavori della nuova linea blu.
Iniziamo questo itinerario da via Brisa, alle spalle di corso Magenta. Ci troviamo di fronte ai resti del complesso imperiale romano, voluto da Massimiano negli ultimi anni del III secolo.
Questo imperatore venne associato al potere da Diocleziano, col compito di governare l’Impero d’Occidente. Spostò la capitale nella nostra città e diede inizio a un intenso sviluppo edilizio, degno di una sede imperiale, facendo costruire, tra l’altro, anche il palazzo, il circo e nuove e più ampie mura.
La costruzione di questo palazzo viene fatta risalire attorno all’anno 290, ma le fonti letterarie non sono precise per le date e anche la localizzazione esatta resta ancora un problema aperto.
Un motivo potrebbe anche essere questo: più che un unico palazzo era un quartiere con zone residenziali per l’Imperatore e la corte, altre di rappresentanza, spazi per i funzionari dello Stato, centri amministrativi e militari, luoghi di culto, di svago e benessere, terme, porticati, giardini e fontane.
Era un vero centro polifunzionale che occupava un’area piuttosto estesa tra gli odierni corso Magenta e via Torino. La toponomastica ci fornisce qualche indizio: in questa zona abbiamo la chiesa di San Giorgio a Palazzo, via Bagnera(forse le terme?), via Circo. C’è persino chi pensa che “Vetra” ricordi “Castra Vetera”, cioè un’area riservata alle truppe a difesa del quartiere imperiale.
Non sappiamo quanti resti ci siano sotto gli edifici di questa zona. Quello che vediamo oggi in via Brisa venne alla luce nei primi anni Cinquanta, in un quartiere popoloso e devastato dalle bombe del 1943.
Tra le ipotesi su cosa fossero i resti che vediamo c’è chi pensa a una zona di rappresentanza, chi invece a delle terme.
È ancora un problema in parte irrisolto, ma sappiamo che a Milano i monumenti passano, ma le pietre restano e talora “si spostano”, come è accaduto a quelle dell’anfiteatro, alle Colonne di San Lorenzo e alla Colonna del Diavolodi piazza Sant’Ambrogio.
Un altro tassello per ricostruire il quartiere imperiale è venuto alla luce durante i recenti lavori per il complesso residenziale che si trova all’angolo tra via Brisa, via Morigi e via Gorani.
I bombardamenti avevano distrutto il nobile palazzo dei Gorani. Si sono salvati solo la bella torre medievale e il portale d’ingresso, che ancora oggi possiamo vedere.
Non solo: durante i lavori di scavo sono stati rinvenuti anche reperti di epoca romana. Da un oblò nella pavimentazione, come una lente, piuttosto sporca, di un cannocchiale del tempo, vediamo i resti di un pavimento a mosaico con un bel fagiano, animale considerato di buon auspicio presso i romani. Beh, tutto sommato si è salvato dalle distruzioni di Milano parecchie volte.
La “vita” del palazzo imperiale è stata piuttosto breve. Nel 402 la capitale da Milano venne spostata a Ravenna, più sicura dalle invasioni barbariche in quanto circondata e protetta da paludi e fornita di un porto sul mare per una eventuale fuga.
Mezzo secolo dopo, nel 452, Attila giunse a Milano con le sue orde e si insediò a Palazzo.
Fu colpito da un affresco che raffigurava l’Imperatore, seduto su un trono d’oro, vittorioso sui barbari che giacevano ai suoi piedi. Da un pittore fece “capovolgere” il dipinto, facendo raffigurare se stesso sul trono, con gli imperatori ai suoi piedi nell’atto di versare oro al barbaro invasore.
Questa notizia viene riportata da un antico testo del X secolo, il Lexicon Suidae, ma il desiderio di fotoshop è senza tempo e ci fa sorridere anche oggi.
Il declino del palazzo imperiale era iniziato e se alcuni sostengono ancora adesso che qui fu incoronato un Re longobardo, in un documento notarile del 988 si parla di un “locus ubi palatio dicitur”. Ormai i palazzo era solo memoria e solo le pietre che ritroviamo sono il nostro archivio.
I nostri quattropassi ci porteranno tra qualche giorno a scoprire ciò che resta del circo. Ci saranno molte sorprese…
In questa notte, come si credeva accadesse durante l’antico Samhain celtico, il velo tra i morti e i vivi diventa più sottile e l’Aldilà è maggiormente percepibile.
Faremo quattro passi tra memorie e immaginazione, percorrendo un itinerario tra il Castello Sforzesco, palazzi, chiese e Parco Sempione, dove le “apparizioni” sono di casa. Questo itinerario forma una sorta di ellisse, come ellittico era, al tempo dei Celti, il Recinto Sacro da cui nacque Milano.
Partiamo dal Castello, che potrebbe essere considerato il luogo più affollato di Milano per numero o antico prestigio dei fantasmi che vi si trovano.
Ignoti sono i nomi dei trecento soldati francesi che morirono nell’esplosione della Torre del Filarete, agli inizi del 1500. A causarla fu un fulmine? Un errore umano? La vendetta del Bombarda, un mercenario svizzero innamorato?
Non si sa, resta un mistero; ma c’è chi sostiene che nella notte dei Morti, gli echi della Storia abbiano suoni di urla strazianti e di lamenti umani.
Secondo alcuni studiosi di fenomeni paranormali, i fantasmi rivivrebbero qualche episodio importante e drammatico della propria vita, come se fossero incatenati ai ricordi.
Ludovico il Moro comparirebbe sotto la Ponticella del Bramante, mentre fugge a cavallo, travestito da mercenario.
Anche Bianca Maria di Challant rivive in questa notte brani della sua vita e ricompare al Castello, dove era stata decapitata, con una coppa di sangue, mentre la testa le rotola via.
Altre donne importanti rimangono “presenti” nel Castello dove vissero un tempo. Fra queste Bona di Savoia, vedova di Galeazzo Maria Sforza, rifugiatasi nella torre che porta il suo nome.
La giovane duchessa Beatrice, moglie del Moro, morta di parto, appare pensosa ricordando gli avvenimenti della sua breve e intensa vita.
L’indomita Isabella d’Aragona, nipote e nemica del Moro, compare tenendo tra le mani una boccetta di veleno con il quale avrebbe voluto avvelenare gli Sforza e per il quale, invece, perse il marito e un’amata figlia.
Lasciamo ilCastello ed i suoi ricordi di sangue versato.
Poco più avanti, in via Rovello, un’altra donna, legata al Moro, lo aspetta ancora. È Cecilia Gallerani, la Dama con l’ermellino, dipinta da Leonardo, che a Palazzo Carmagnola, dove visse, attende di rivedere il suo amato. E’ possibile vederla ad una delle finestre proprio in questi giorni.
Eccola!
Raggiungiamo piazza Duomo, dove “vive” il fantasma della Carlina, la sposa in nero che, terrorizzata dalle statue sulle guglie della nostra amata e misteriosa Cattedrale, scomparve e non fu più ritrovata. È un fantasma “prezzemolino”; infatti spesso compare nelle foto scattate dentro e fuori il Duomo.
In via Santa Radegonda, accanto al Duomo, possiamo incontrare un’altra donna, Bernarda, la figlia di Bernabò Visconti, imprigionata e fatta morire di stenti dal padre; ma è, per così dire, un fantasma dalle…molte vite.
A pochi passi dal Duomo, in piazza Santo Stefano, c’è uno dei luoghi più lugubri di Milano (andate a vederlo!!!).
Se avete ancora voglia di esperienze forti, andate verso la Basilica di Sant’Ambrogio (autobus 94), passando accanto a piazza Vetra, terra di Inquisizione, roghi, patiboli e torture.
Fermatevi accanto alla Basilica di Sant’Ambrogio, presso la Colonna del Diavolo, dove rimasero conficcate le corna di Satana, dopo un calcione ben assestato dal nostro Santo patrono.
Il Diavolo riuscì poi a liberarsi e da questa colonna tornò all’Inferno. C’è dunque qui sotto un varco per gli Inferi? Molti rumori provengono da lì e un tempo, prima che fossero cementati, anche odori di zolfo da quei fori che sembrano orbite vuote.
Tornate a piedi verso il Castello percorrendo via Carducci. Qui c’è un simpatico localino, PolentamiSu, dove si possono mangiare una polenta calda e un ottimo tiramisù…Ne avrete bisogno…
Signori uomini, se vedete venirvi incontro, nelle vicinanze di via Paleocapa, una dama velata che emana profumo di violetta e vi promette ore indimenticabili in una villa vicina, non seguitela.
Il suo viso è un teschio, come ha raccontato chi aveva ceduto alle sue lusinghe. In questa zona esisteva una casa disabitata con fama sinistra; da metà degli anni Settanta questa donna non compare più, forse la casa ha cambiato inquilini?
da “Poema a fumetti” di Dino Buzzati
Di giorno, invece, quando il Parco Sempione è aperto, molti dicono di essere stati seguiti da una giovane donna che fa jogging e che li avverte dei danni del fumo. Poi svanisce, come il fumo di una sigaretta.
Ben altri fuochi arsero nell’antica Piazza d’Armi dietro al Castello. Qui fu bruciata Isabella da Lampugnano, una delle tante streghe finite al rogo anche nella nostra città, che questa notte ritornano…
Siamo tornati da dove eravamo partiti. Ora vi meritate una bella cenetta.
Visitare la Basilica di Sant’Ambrogio è come fare un viaggio nel cuore di Milano e dei milanesi, ovunque siano nati. Ci sono austerità e mistero, severità e sorriso con un tantino di ironia in questa Basilica da scoprire piano piano, come sempre accade quando si voglia capire meglio la nostra città.
Già l’accesso può lasciare indifferenti ad un primo sguardo o stupiti e attoniti. Infatti ci appare come una piccola fortezza, con una pusterla (antica porta medievale) che si presenta come un primo baluardo o come un invito ad entrare.
Non dimentichiamo, infatti, che a fianco della nostra basilica, in mezzo alla vita della città, c’è la Colonna del Diavolo, sotto la quale, secondo la leggenda, c’è un passaggio addirittura per l’Inferno.
Dopo queste premesse che già introducono ad un mondo di realtà, leggende e mistero, varchiamo la soglia del cortile, l’Atrio di Ansperto.
La Basilica ci appare costruita in mattoni, secondo l’uso di utilizzare materiale locale, con due logge sovrapposte, e già vediamo qualcosa di insolito: la Basilica ha due campanili, fatto poco comune nelle chiese italiane.
Questi campanili, non coevi, di altezza diversa, sono frutto di una lunga bega di “condominio” tra Canonici e Monaci. Infatti il campanile più basso e tozzo, il più antico (IX secolo), era quello dei Monaci, mentre quello più alto, che risale all’ XI secolo, era quello dei Canonici.
Soffermiamoci un momento nell’Atrio di Ansperto, che serviva per accogliere i pellegrini o chi non aveva ancora ricevuto il Battesimo; è ricco di lapidi, sarcofagi…
Tutto “normale”? Sembrerebbe di no; infatti è pieno di elementi misteriosi e di varia interpretazione.
Se guardiamo i capitelli delle colonne del portico, vediamo scolpiti animali comuni, ma anche creature fantastiche come grifoni, draghi, centauri, ecc.
Questo ricorda un po’ la statuaria del Duomo, dove viene rappresentato tutto il creato, nelle sue infinite varietà, con pericoli e tentazioni. Ma c’è un’altra interpretazione molto suggestiva e in clima con la Colonna del Diavolo. Queste figure sono forse immagini allegoriche della lotta del Bene contro il Male? La Croce che compare tra queste immagini è forse un baluardo in questa eterna lotta?
Questa interpretazione ci porta anche a cercare di capire il significato della misteriosa scacchiera a rombo fatta di caselle bianche e rosse, posta sul lato destro della facciata della Basilica, accanto al portone principale.
Non è l’unica, ce ne sono altre tre; una è all’esterno, alla base del campanile più basso, posta sopra tre misteriose linee bianche. e le altre due si trovano all’interno, in parte rovinate e di difficile individuazione.
Sempre sulla facciata, ma vicino alla porta di sinistra, troviamo questa immagine, che secondo alcune interpretazioni, raffigurerebbe San Bernardo di Clairvaux, colui che scrisse la regola dei Templari; sotto il tondo si trova una croce che ricorda una croce patente, come quelle usate da quei cavalieri.
Sappiamo che i Templari furono alloggiati nel chiostro di Sant’Ambrogio dopo il 1100, al ritorno dalla Terra Santa, e potrebbero aver fatto conoscere il gioco degli scacchi, di origine indiana. I pezzi della scacchiera sono bianchi e neri e i due “eserciti” sono in lotta tra loro per sconfiggere il re avversario.
Cosa significano queste scacchiere poste all’ingresso della nostra Basilica e al suo interno? Non ci sono risposte, altrimenti che mistero sarebbe!
La reale provenienza di questa colonna non ha avuto ancora una risposta sicura.
Si tratta certamente di una antica colonna romana, con un capitello corinzio, situata all’esterno della Basilica di Sant’Ambrogioaccanto ad una aiuola a sinistra dell’ingresso.
Nella parte bassa di questa colonna, ci sono due grossi fori, anch’essi di origine sconosciuta. Secondo la tradizione milanese, Sant’Ambrogio, tentato dal Diavolo, lo scagliò lontano con un calcione. Le corna di Satana si conficcarono nella colonna facendolo restare incastrato (ecco i due fori!!). Al Diavolo ci vollero ben due giorni per riuscire a liberarsi; poi scomparve, attraverso gli stessi fori, tornando negli Inferi. Per questo motivo vi è la credenza che la colonna sia un collegamento con l’Inferno e che dai fori (perchè li hanno chiusi solo parzialmente?!) si senta odore di zolfo.
Il mistero legato a questa colonna ha dato origine nel tempo a leggende e usanze particolari. Era consuetudine, ad esempio, in epoca Comunale, che i diversi podestà, alla loro nomina, abbracciassero la colonna, promettendo un’amministrazione onesta e retta. Avete notato come la colonna non sia retta, ma inclinata? Mah…
_Ocolonna che hai fermato il Diavolo! Porti sempre i segni delle sue corna conficcate in te e sembrano occhi che scrutano il tempo.
_Sono molto vecchia e ancora cercano di capire cosa fossi o sono stata…Dicono che questi fori servissero per reggere gli anelli dove attaccare i cavalli. Poi, visto che emanavano odore di zolfo, li hanno chiusi; solo un po’…non del tutto, timorosi dell’ignoto. Sorrido pensando a tutto quello che ho passato; sono sopravvissuta persino quando hanno scavato qui vicino quella enorme caverna sotterranea per sistemare gli odierni cavalli, …un parcheggio! Pensavano forse di trovare la porta dell’Inferno?!? Puah! Un tempo ero onorata; i governanti di questa città venivano ad abbracciarmi alla loro nomina, per promettere che la loro condotta sarebbe stata retta ed onesta. Era come un giuramento. Da molto tempo qui non viene più nessuno. Ne sai qualcosa?… Il tuo sorriso, Belisama, mi dice tante cose…
Questa notte la mia porta che collega con l’Inferno si apre e il carro dei dannati può passare… Anche alle spalle del Duomo, a San Bernardino, c’è gran festa.