Il Museo Botanico “Aurelia Josz”, un angolo verde quasi sconosciuto a Niguarda

A volte certi luoghi sembra ci vengano incontro per caso, quasi fossero loro a voler trovare noi.

È successo così quando siamo andati a Villa Lonati, una delle sedi di FuoriOrticola, accanto all’Ospedale di Niguarda. Volevamo vedere questa villa, che appartiene ora al Comune di Milano, dove si tengono corsi e iniziative legate a “Comunemente verde”.

Nel suo grande giardino trovano spazio serre e filari, coltivazioni di piante provenienti da tutto il mondo come una rara e strepitosa collezione di papaveri.

Passeggiando abbiamo scoperto l’indicazione “Museo Botanico”, che ci indirizzava verso un giardino dall’altra parte della via .

Sono state una scoperta e una passeggiata emozionali. Questo “museo” (un parco di 24.000 metri quadrati) è stato inaugurato nel 2015 ed è dedicato ad Aurelia Josz, personalità, confessiamo, a noi fino ad allora sconosciuta.

Abbiamo poi appreso che è stata la fondatrice e l’animatrice, agli inizi del Novecento, della prima Scuola Agraria Femminile sorta nell’Orfanotrofio delle Stelline in corso Magenta e poi trasferita in una sede autonoma a Niguarda. I corsi erano rivolti alle orfanelle interne al convitto ma anche ad allieve esterne, tra cui le figlie di piccoli proprietari terrieri, spesso destinate a rimanere chiuse tra le mura di casa.

Proprio con questa scuola Aurelia divenne un simbolo della lotta per l’emancipazione femminile.

Rifiutatasi di espatriare dopo le leggi razziali, fu arrestata e deportata in quanto ebrea nel 1944 ad Auschwitz, dove venne uccisa, a 75 anni di età, il giorno dopo “l’arrivo” nel campo di sterminio.

Una targa su un masso all’interno del suo “museo” la ricorda, ma lo spirito di Aurelia si coglie nella semplice bellezza di questo parco tenuto aperto solo grazie all’impegno dei volontari.

Questo grande spazio verde è diviso in varie aree: il labirinto dei cereali e del mais, il frutteto dei patriarchi, il percorso di acqua e terra, con ponticelli sopra piccoli rivoli, un’area dedicata agli impollinatori con una collezione di fiori per insetti gourmet.

Una costruzione ricoperta di fitta vegetazione è il luogo dove si tengono corsi e incontri.

Abbiamo potuto dare solo uno sguardo d’insieme perchè era prossimo l’orario di chiusura. Ci ha colpito in particolare un enorme tronco di platano al centro di barriere mobili frangivento in legno, quasi una sorta di Stonehenge vegetale.

Nel parco si tengono attività legate alla cultura verde; purtroppo è aperto solo un pomeriggio ogni mese, con ingresso libero.

Ecco il calendario delle prossime giornate.

Forse è stata Belisama (o qualche nostro antenato Druido) a farci scoprire questo luogo, per noi sconosciuto, immagine del territorio lombardo di tanto tempo fa. Aspetta anche voi, vi passiamo questo messaggio del Bosco.

 

A presto…

Draghi verdi e vedovelle a Milano

Draghi verdi e vedovelle non sono i protagonisti di un racconto fantasy, ma i nomi dati dalla gente alle fontanelle pubbliche di Milano.

La Donna ed il Drago

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Anche in altre città, le fontanelle hanno soprannomi popolari che riprendono, in modo scherzoso, alcune loro caratteristiche. Così a Roma vengono chiamate “nasoni” e a Torino “toretti”.

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toretto

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A Milano le fontanelle hanno ben due soprannomi. Abbiamo cercato le origini di questo binomio, ma non siamo riusciti a trovare molto. Forse i due diversi nomi risalgono a quartieri differenti, forse a piccole storie andate perdute. Se qualcuno fosse a conoscenza di qualche notizia, ce la mandi, per favore! Sarebbe un tassello in più nella storia della nostra città.

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Come siano nati, dunque, questi nomi poco si sa e molto si immagina. Le fontanelle di Milano non hanno rubinetto di chiusura e un piccolo getto d’acqua continua a scorrere, irrefrenabile come il pianto di una giovane vedova per il suo perduto amore. Questo fece nascere l’affettuoso e gentile termine di “vedovelle”.

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Ad altri, invece, la fontanella di colore verde scuro, con l’erogatore a forma di strana testa di animale, aveva ricordato un “drago”.

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Sarà stato, forse, un ricordo ancestrale di Tarantasio o di qualche altra mala bestia che circolava nelle nostre pianure atterrendo la gente? Non lo sappiamo, ma il drago verde non ci fa paura:  a tenerlo a bada, sulle fontanelle, c’è lo stemma del Comune di Milano con la croce di San Giorgio, che coi draghi ci sapeva fare.

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Il disegno di queste fontanelle risale a circa cento anni fa. È opera di Luca Beltrami, l’architetto che salvò e fece ricostruire il Castello Sforzesco, ci lasciò i disegni del Lazzaretto prima della demolizione, firmò il progetto di piazza della Scala e tanto tanto altro.

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Banca Commerciale – Gallerie d’Italia

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Palazzo Marino – facciata di L. Beltrami

Proprio in piazza della Scala apparve (e c’è ancora!) la prima fontanella, tutta in bronzo, con una bella greca alla base.

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Ancora oggi, dietro alla statua di Leonardo e dei suoi quattro allievi (detta dai milanesi un liter in quater), la vedovella offre gratuitamente a tutti acqua fresca e potabile.

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Le fontanelle di Milano sono un piccolo esempio di tradizione, la loro struttura è codificata e uguale da sempre.

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Fatte in ghisa, sono alte circa un metro e mezzo e una sorta di pigna fa da cappello.

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Elemento mistery è l’erogatore con la testa di bestia mostruosa.

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A noi più che un drago (nel nostro DNA c’è il biscione col muso allungato) sembra ispirato ai doccioni del Duomo. Una meneghinitudine in più…

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I piccoli “bar del Drago Verde”, come venivano chiamate le fontanelle quando la Milano da Bere era molto più povera e ruspante, offrono ristoro… e non solo.

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vedovella toilette

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ieri

vedovelle

oggi… sempre acqua fresca

Le fontanelle  di Milano sono tantissime (oltre 450!) e disseminate in diverse zone della città. Esiste persino una mappa interattiva della loro collocazione per chi, magari pedalando o passeggiando nel caldo afoso, volesse fermarsi a bere o a rinfrescarsi un po’.

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http://www.fontanelle.org/Mappa-Fontanelle-Milano-Lombardia.aspx

Dopo tanti anni di dissetante lavoro, alcune fontanelle sono un po’ malandate. Recentemente è stato indetto un concorso per un progetto di restyling.

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oggi in piazza Duomo

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domani?

http://milano.corriere.it/foto-gallery/cronaca/16_aprile_14/vedovella-ridisegnata-studenti-naba-c00b6bd8-023d-11e6-9f07-f0b626df35ca.shtml

Magari “vedovelle” e “draghi verdi” cederanno alla voglia di  un ritocchino al viso o al corpo… Comunque da bere offre sempre Belisama, antica dea delle acque e delle fonti, che ha scelto con cura dove far nascere Milano.

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Dialogo di Belisama con Leonardo

C’è una gran festa questa notte al Castello Sforzesco.

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Anch’io, Belisama, sono stata invitata ed ho messo un abito di broccato e argento, sontuoso come quello delle belle dame.

Leonardo -“Donna che indica”

Vedo ospiti illustri attraversare il cielo sopra Milano per raggiungere la corte di Ludovico.

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Ecco riempirsi via via la Sala delle Asse, dove Leonardo si fece  Natura, “Maestra dei Maestri”.

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Leonardo – Sala delle Asse del Castello Sforzesco

Sotto i rami di gelso il Moro accoglie gli ospiti senza tempo, accanto al Maestro.

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particolare

Leonardo mi viene incontro.

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Leonardo in “Da Vinci’s demon”

“Il tempo, veloce predatore delle cose create, quanti Re, quanti popoli ha distrutto…” mi dice il Maestro.

“Ma lo spirito, la memoria, le energie sono immortali, Leonardo”

Il Maestro mi sorride.

“Anch’io ho ascoltato, in questa dimensione senza tempo, nella quale ora mi trovo, cose nuove e interessanti sulla materia e l’energia...”

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Mi guarda, sa chi sono, parliamo.

“Anche tu sei tornato a Milano, nella nostra amata città. Cosa ne pensi? Ancora ci sono i tuoi Navigli, la tua vigna, i tuoi capolavori; sempre si parla di te.”

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i Navigli

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la vigna di Leonardo – Casa degli Atellani

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“In questa città ho potuto lavorare e sognare, studiare e creare; anch’io, straniero, sono stato accolto e l’ho amata.”

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Leonardo alla corte del Moro

Vedo nei suoi occhi la bellezza delle sue creature, Scienza ed Arte insieme.

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Leonardo – “l’Uomo Vitruviano”

Il Maestro continua a guardarmi:

“I tuoi occhi sono belli come quelli di una donna, Belisama.

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Leonardo – “la belle Ferroniere” (particolare)

Perché sento salire un rossore di fanciulla sulle mie guance di dea? Perchè quegli occhi, come ponti levatoi, aprono i suoi pensieri e colgono i miei?

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Leonardo – “la Scapillata”

Confusa, accenno una domanda, tenuta in sospeso a lungo:

“Ma quelle donne…? Cecilia, le tue Madonne…le hai amate? E quel ragazzo, Salaino, quell’angelo caduto…lo hai amato?”

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Leonardo – “la Dama con l’ermellino”

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Leonardo – “angelo incarnato”

“Sì, ho amato tutte le mie creature, e anche la Natura, le acque, le rocce…tutto il Creato”

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Leonardo – “la Vergine delle rocce” (particolare)

“Ma quell’accusa…si dice che…gli uomini li amavi…”

Leonardo mi sorride

“È importante?”

Faccio un profondo sospiro ed i vortici della vita umana entrano nel mio respiro. Ora capisco…

-“No”

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Leonardo – “vortici d’acqua”

I nostri mondi sono accanto, particelle di infinito.

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traccia simulata del Bosone di Higgs

Ho deciso: questa notte vivrò da donna…

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Leonardo – studio per “Leda”

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Francesco Melzi – copia della “Leda” di Leonardo andata perduta

Leonardo prende la mia mano ed il buio della notte si illumina di stelle.

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Tante sfumature di giallo

 

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A chi come Belisama viene da un altro mondo

A chi come Bianca Maria vive tante storie

A chi come la Carlina ama l’uomo sbagliato

A chi come la Rosetta resterà sempre nel cuore

A chi come “le streghe” è vittima del suo tempo

A chi come la bimba di S. Bernardino non realizza i propri sogni

A tutte le donne un augurio, un fiore e una canzone

Buon 8 marzo!

https://www.youtube.com/watch?v=Htfw_Y2Rm3s

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Invettiva di Belisama contro il Barbarossa – (RaccontaMI)

Belisama e il dinosaurino si trovano a Porta Romana: qui il Barbarossa fu ferito da una freccia, durante l’assedio che portò alla distruzione di Milano.

_Tu hai distrutto la mia città, divenuta terra selvatica; tu hai ucciso i miei figli che chiedevano pietà; tu li hai scacciati in un esilio durato cinque anni; tu hai profanato e trafugato le spoglie dei Tre Re, che qui si erano fermati per il loro lungo riposo dopo il Santo Viaggio. Tu, cieco imperatore; tu, uomo senza pietà…_

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Il dinosaurino sentì ribollire dentro di sè il sangue dei suoi antenati, ma Belisama lo fermò.

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_No, le mie acque hanno già fatto giustizia e la sua armatura, ferraglia di guerre e di potere, lo ha perso e trascinato nell’abisso senza ritorno.(*)

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Si possono distruggere tutti i fiori, bruciare le gemme, abbattere gli alberi, ma non si può impedire alla primavera di tornare. E Milano riprese a vivere…_

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(*) Il Barbarossa, che distrusse Milano nel 1162, morì annegato nel fiume Göksu (oggi Saleph), in Turchia, trascinato a fondo dall’armatura che indossava, dopo essere caduto da cavallo.

Fare jogging nell’Anfiteatro di Urbicus in via Arena – (Tanto tempo fa)

Guardiamo questa bella foto aerea: ci mostra una zona molto centrale (siamo alle spalle di corso di Porta Ticinese), ma un po’ defilata rispetto alle mete turistiche classiche.

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È, secondo noi, una passeggiata eccezionale: in un solo isolato troviamo i pochi resti dell’Anfiteatro romano (situati in un parco, dove è possibile fare anche jogging) e un piccolo museo di antichità (dove è conservata la stele di Urbicus), ospitato in un chiostro con un albero dalla fioritura primaverile veramente spettacolare.

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Infine si può entrare a visitare uno dei più bei vivai di Milano.

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Andiamo con ordine, parlando dell’ospite più antico ed illustre: l’Anfiteatro, che poteva ospitare circa 35.000 spettatori, probabilmente più grande dell’Arena di Verona.

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Si trovava tra le odierne vie De Amicis e Arena (da non confondere con l’Arena napoleonica del Parco Sempione).

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Arena napoleonica del Parco Sempione

Poco è rimasto del suo lontano passato, ma gli scavi, iniziati nel 1931, evidenziano una superficie ampia ed ellittica, come possiamo intuire osservando nella foto le curve nel prato ed i resti delle fondamenta.

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Questo Anfiteatro vide tutto quello che era considerato “spettacolo”, anche cruento, in una città romana molto importante, tra questi  combattimenti tra gladiatori o con le belve, forse anche battaglie navali.

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Quando fu distrutto, le pietre con le quali era stato edificato vennero cannibalizzate per costruire, ad esempio, le fondamenta della Basilica di San Lorenzo, poco distante.

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Non dimentichiamo che Milano non ha cave di pietra nelle vicinanze cui attingere e quindi l’Anfiteatro divenne una specie di cava di materiale già pronto da utilizzare.

Come si può vedere dalla foto aerea, accanto ai reperti archeologici, si osserva un grande chiostro che è occupato in piccola parte dall’Antiquarium “Alda Levi”, la grande studiosa responsabile della tutela archeologica della Lombardia a cavallo degli anni Trenta .

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Alda Levi

Per saperne di più:

http://www.parcoanfiteatromilano.beniculturali.it/index.php?it/342/in-ricordo-di-alda-levi

I chiostri facevano parte del monastero detto delle Bianche Signore, dal colore dell’abito delle monache, adiacente alla chiesa di Santa Maria della Vittoria. Questa chiesa, dedicata probabilmente alla vittoria di Legnano sul Barbarossa, viene oggi utilizzata dalla comunità ortodossa rumena.

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Entriamo ora nell’Antiquarium (ingresso gratuito, orari, purtroppo, un po’ limitati, come pure quelli del Parco).

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Questo museo contiene anche la stele funeraria di Urbicus, il gladiatore del racconto di Belisama.

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Per saperne di più, leggiamo la traduzione:

http://www.parcoanfiteatromilano.beniculturali.it/index.php?it/23/i-capolavori/21/stele-di-urbicus-gladiatore

Possiamo dedurne  parecchie informazioni: Urbicus, di origine fiorentina, è stato ucciso, a 22 anni di età, a tradimento, dopo 13 incontri vittoriosi. Era sposato da 7 anni e aveva due bambine piccole.

Era un secutor, quindi combatteva contro un reziario, che era munito di tridente e di rete.

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secutor e reziario

Contrariamente a quanto ci hanno fatto credere i film di Hollywood, i combattimenti tra gladiatori non erano quasi mai all’ultimo sangue, ma terminavano per così dire “ai punti” o alla prima ferita.

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Infine, se diamo ancora un’occhiata alla fotografia aerea, vediamo come, accanto ai chiostri, vi siano delle serre: è il bellissimo vivaio, curato da decenni dalle sorelle Riva; forse più simile ad un giardino, vi si tengono anche tante iniziative, corsi, eventi da non perdere (siamo in attesa di conoscere il programma per il nuovo anno). Guardiamo questo vivaio attraverso qualche foto, fatta nel mese di gennaio. Pensate in primavera!

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Vi suggeriamo caldamente di fare questa passeggiata in via Arena. Magari, proprio di fronte al vivaio, lanciate un’occhiata al numero civico 7, che porta anche l’antica numerazione di Maria Teresa, nella quale il Duomo aveva il numero 1 ed i numeri crescevano progressivamente, via via che ci si allontanava dalla cattedrale.

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Ora godetevi verde e cultura di questa zona gioiello!

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Itinerario Basilica di Sant’Eustorgio (Parte Prima – la Basilica)

Ricapitoliamo...Belisama ha parlato con la Stella, posta sopra il campanile di Sant’Eustorgio, che le ha indicato un altro luogo di Milano da scoprire.

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In questa Basilica, infatti, “sotto la Stella” sono conservate alcune reliquie dei Magi, questi misteriosi personaggi, dei quali è incerto tutto.

Questa chiesa e il suo museo sono tra i luoghi più ricchi di arte, curiosità, leggende e suggestioni, che esistano a Milano.

La tranquilla bellezza della piccola piazza di Sant’Eustorgio, che sembra quasi ritrarsi dal traffico e dai locali di corso di Porta Ticinese, lascia quasi stupiti. La semplice facciata, gli alberi, qualche panchina e, un poco più esterni, alcuni bar e ristoranti con i tavolini fuori, sembrano indicarci un’oasi di pace e di quiete.

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Ma il complesso di Sant’Eustorgio, terza chiesa madre di Milano dopo il Duomo e Sant’Ambrogio, è molto misterioso e anche inquietante.

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Prima di iniziare la nostra visita, guardiamo l’ora, alzando lo sguardo verso il campanile: sotto la Stella un orologio segna le ore; ma non sia mai che a Milano qualcosa che appare semplice non nasconda in realtà un storia da raccontare.

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La “Calcatrappola” (così viene definito l’orologio in una filastrocca) venne posta sul campanile nei primi anni del 1300 e fu il primo orologio meccanico di Milano e d’Italia. Il secondo orologio milanese fu quello voluto da Azzone Visconti sul campanile di San Gottardo in Corte, da cui il nome di Contrada delle Ore.

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Di questo orologio, purtroppo, non esiste più traccia. Così questi due contatori della quarta dimensione hanno scandito le giornate cittadine dal Medioevo.

Prima di entrare nella Basilica, guardiamo con più attenzione tra gli alberi; una statua in cima ad una colonna molto alta si nasconde tra i rami. È un personaggio tra i più horror che la fantasia potrebbe immaginare: un uomo in piedi, raffigurato nel pieno delle forze, che ha una grossa lama conficcata nel cranio e sembra non accorgersene.

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È Pietro da Verona, un frate domenicano del convento di Sant’Eustorgio, a capo dell’Inquisizione milanese alla metà del 1200. Per il suo impegno nel combattere le eresie diffuse a Milano, fu ucciso con un colpo di roncola alla testa.

Fu canonizzato col nome di San Pietro Martire ed è sepolto nella Cappella Portinari.

La sua eloquenza era tale che fu necessario costruire un pulpito all’esterno, perchè la Basilica non era sufficiente a contenere tutti coloro che accorrevano ad ascoltarlo.

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il pulpito

Sant’Eustorgio è la prima chiesa milanese in cui tradizionalmente entra un nuovo Arcivescovo quando si insedia nella Diocesi. Infatti qui si trovava il primo fonte battesimale di Milano, in cui San Barnaba iniziò a battezzare i milanesi nell’anno 51 d.C. Ciò è ricordato da una lapide posta sulla facciata di una delle case che si affacciano sulla piazza.

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Entriamo ora in questa Basilica, della quale, come al solito, cercheremo di raccontare un po’ di storia e un po’ di leggenda.

Così l’Arcivescovo di Milano, cardinale G.B. Montini, divenuto poi Papa Paolo VI racconta le proprie sensazioni: “Tutto parla anche quando questa Basilica è vuota e sembra solitaria; e quasi incute timore a chi entra nelle ore perse della giornata. Questa Basilica è piena di voci”.

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Osserviamo la struttura a tre navate.

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Sulla navata destra ci sono diverse cappelle, con opere del Bergognone, della scuola giottesca e importanti tombe marmoree.

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La navata sinistra, invece, non è così articolata e la veduta aerea di questo complesso ce ne spiega la ragione. Infatti, addossato al muro della navata sinistra c’è l’ex-convento domenicano, ora in parte occupato dal Museo Diocesano e in parte dal Museo di Sant’Eustorgio.

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Avanziamo verso l’altare, per raggiungere la Cappella dei Magi

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Si può forse restare stupiti nel vedere come l’antico sarcofago, sopra il quale c’è una lapide con la Stella, resti in disparte, in fondo alla chiesa, quasi per non essere notato.

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Una brutta grata copre una finestrella che forse serviva per mostrare le reliquie ai fedeli.

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Osserviamo anche la presenza su un pilastro di una lapide con una stella, sempre a otto punte, ma, diversamente da quella che compare sul coperchio del sarcofago, non è una cometa.

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Siamo ora all’altare dei Magi. Una piccola urna, protetta da una grata, contiene la parte di reliquie restituite dai tedeschi ai primi del 1900.

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Siamo riusciti a fotografare l’urna quando le reliquie, con tutti i loro misteri, erano esposte alla venerazione dei fedeli.

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Continuando la nostra visita per sant’Eustorgio, accanto alla Cappella dei Magi, e dietro all’altare maggiore, notiamo alcuni resti della primitiva Basilica paleocristiana, che sono quasi un invito a scendere nel passato di questa chiesa e a visitarne lo straordinario Museo.

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Per saperne di più:

http://www.santeustorgio.it/storia_della_basilica.html

Dialogo di Belisama con la Stella – (raccontaMI)

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Seduti su una panchina, il dinosaurino e Belisama si riposano in una sera ricca di pensieri.

Sono belle, vero?
_ Cosa?
_ Le stelle…Da tanto tempo dal mio muro non le guardavo più.
Sei andato al cinema a vedere Men in Black?

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No, perchè?

Belisama sorride pensando a come certe parole e sensazioni siano immortali. Un tempo, tanto tempo fa, gli uomini guardavano il cielo per capire dove stavano andando.

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Ciao, Belisama! Sei venuta a trovarmi?
Ciao, Stella, la più splendente di tutte! Quanti uomini ti hanno cercata e a quanti hai saputo dare risposte sulla strada che dovevano tenere.

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Noi, Luci del Cielo, ci siamo sempre, anche nel buio delle notti o dei cuori, nelle ombre delle paure. Quanti uomini ho guidato: marinai, viandanti, astronomi, carovanieri, filosofi, contadini, scienziati, poeti…Uomini che scrutavano il cielo per comprendere i segreti dell’Universo…

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Ci sono segreti che l’Universo non conosce?
Chi è quel piccolo animaletto che fa domande così profonde?
_ Ciao! Sono un cucciolo di…

Belisama e la Stella si sorridono.

Non importa di quale razza. Tutte sono in noi.

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Una dea ti guida, piccolo. Anch’io ho guidato tanti uomini di genti diverse, anche dei Magi che cercavano un Bimbo appena nato in una grotta.

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Sei la Stella Cometa!! E io sono qui, seduto davanti a te, e non lo sapevo…Che bello, Belisama! Ho conosciuto la Stella Cometa che ci guarda sempre dal campanile di Sant’Eustorgio! Non lo sapevate neanche voi? Cosa aspettate? Correte…Non fatela aspettare!

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Itinerario Basilica di Sant’Ambrogio (Parte Terza – i dintorni)

Concludiamo il nostro itinerario, facendo quattro passi intorno alla Basilica, per scoprire quello che era il suo antico monastero.

Se usciamo dalla porta laterale, posta in fondo alla navata sinistra, quasi di fronte alla scala che conduce alla cripta, ci troviamo in un inaspettato cortile, un tempo piccolo cimitero. È fiancheggiato su due lati da un porticato, rimasto incompiuto; quello verso la Basilica è opera del Bramante!

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Se volete saperne di più

Al centro del porticato, sostenuto da colonne, verso la Basilica, c’è un grande arco, che rappresentava l’ingresso d’onore per il Duca.

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Fra queste colonne, quattro sono del tutto inaspettate e insolite, simili a tronchi d’albero in pietra; sono un’ “invenzione” in campo artistico: perchè finti alberi in un luogo sacro? Non perdiamoci questa sorta di Nemeton, il Bosco Sacro di Belisama.

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Al centro di questo cortile c’è una piccola chiesa, l’Oratorio di San Sigismondo, del XI secolo, purtroppo quasi sempre chiusa, tranne qualche circostanza particolare. Il Santo veniva invocato per la guarigione da un tipo di malaria, la febbre quartana.

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Se volete saperne di più

Dopo aver lasciato la Basilica, ci dirigiamo verso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, poco più avanti.

La costruzione bianca che incontriamo alla nostra sinistra è il Sacrario dei Caduti, detto anche Tempio della Vittoria. È il suggestivo monumento alla memoria dei milanesi caduti nella Prima Guerra Mondiale, i cui 10.000 nomi sono incisi su tavole di bronzo nella cripta.

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Mausoleo di Teodorico

Ispirato al Mausoleo di Teodorico, a Ravenna, fu realizzato nel 1928 su progetto dell’architetto Muzio. Al centro del Tempio della Vittoria si trova una grande statua in bronzo di Sant’Ambrogio, che qui appare imponente, opera di Adolfo Wildt. Nella mano sinistra tiene il pastorale, nella destra uno staffile, che serviva contro gli eretici, secondo l’iconografia tradizionale del Santo. Un Santo molto deciso!

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Ora siamo di fronte all’ingresso della Cattolica, che un tempo era l’antico monastero di Sant’Ambrogio, prima dei Benedettini e poi dei Cistercensi.

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L’ attuale facciata appare austera e non lascia quasi intuire la presenza dei due splendidi chiostri bramanteschi al suo interno.

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Dalle immagini si può  notare la struttura con i due chiostri e come il monastero sia unito alla Basilica.

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Quando salite sullo scalone d’onore pensate che state camminando sopra il museo della Basilica, il quale rimane nel “sottoscala”…

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L’Aula Magna dell’Università, in origine refettorio cistercense, conserva un vero gioiello, la volta affrescata, e le tavole con Le nozze di Cana di Callisto Piazza.

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Sotto l’Aula si trova l’antica Cripta oggi utilizzata per attività di studio.

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A lato dell’Aula Magna, situata in fondo al porticato fra i due chiostri, c’è un’ampia vetrata che si affaccia sul Giardino delle Vergini, dedicato a Santa Caterina di Alessandria. Solo se siete una donna, anche nonna, potete entrare e godere questa oasi di pace! Per i signori uomini c’è il divieto d’ingresso!

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Ricordiamo che, in epoca napoleonica, il monastero cistercense, attiguo alla Basilica, fu adibito ad ospedale militare, il primo di Milano e d’Italia. I chiostri, sopravvissuti alla soppressione dell’antica istituzione monastica, furono adeguati dapprima ad infermerie per l’esercito napoleonico, poi a magazzini e a sede dell’ospedale.

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Nel 1928 fu acquistato da padre Agostino Gemelli, fondatore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore; divenne la sede centrale nel 1932, dopo un’opera di riqualificazione affidata all’architetto Muzio. Egli riuscì a dare vita ad un complesso unitario, nel quale si fondono corpi nuovi ed antichi con grande sensibilità per la particolare importanza del luogo storico e per la vicinanza con Sant’Ambrogio.

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giovanni Muzio

Torniamo sui nostri passi, raggiungendo via Carducci; in tutta quest’area, nei giorni vicino al 7 dicembre, attorno alla Basilica si teneva, fino a qualche anno fa, la tradizionale Fiera degli Oh Bej-Oh Bej, che risalirebbe all’esclamazione dei bambini quando vennero dati loro dei doni da parte del Papa, all’inizio del 1500, per migliorare i rapporti tra la Chiesa di Roma e quella ambrosiana. Ora si tiene accanto al Castello Sforzesco.

obei s. ambrogio

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Lo sguardo viene attratto dal Castello Cova, realizzato nel 1915 ispirandosi ai castelli medievali. Costruito in pietra e in mattoni, riprende i colori della Basilica e della vicina Pusterla.

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Non dimentichiamo di guardare i locali pubblici: c’è un’aria un po’ americana da queste parti. Prendendo un caffè e un muffin da California Backery, abbiamo pensato all’università UCLA di Los Angeles: è la versione USA del nostro Sant’Ambrogio!

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università cone s. ambrogio

Buon ritorno a casa!

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Re Panettone

Quante discussioni ci saranno sull’origine del panettone tra Belisama e Ludovico il Moro!

Il panettone è il tradizionale dolce milanese di Natale: una sua fetta non può mancare per terminare il pranzo oppure da mangiare con i propri cari per augurarsi Buone Feste.

paerino nat

La sua origine è avvolta nella leggenda: di certo è il dolce di Milano, ancor oggi prodotto con una ricetta di 500 anni fa!

Re Panettone bis

Abbiamo trovato, tra le tante, anche una leggenda che attribuisce un’origine celtica a questo dolce. I Celti, nello stesso periodo in cui oggi si festeggia il Natale, celebravano il Solstizio d’Inverno per favorire una buona semina e un futuro buon raccolto. Durante questa festa, lo “Yule”, i Druidi, sacerdoti celti, si scambiavano un pane d’orzo, zuccherato e contenente pezzetti di mele e acini d’uva. Questo dolce era considerato il cibo sacro più importante dello Yule. Lo accompagnava una bevanda d’orzo fermentata con miele, che alcuni chiamano idromele.

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Secondo un’ altra leggenda più nota, invece, il panettone nacque, ai tempi di Ludovico il Moro, dal desiderio di un giovane garzone di fornaio, chiamato Toni, di entrare nelle grazie del padre della propria amata, che era anche il suo principale. Fece un dolce speciale, appunto il “Pan de Toni”, per incrementare le vendite…fu un successo!

pan de toni

Un altro Toni sarebbe il padre del panettone secondo un’altra versione. Un cuoco fece bruciare per errore il dolce preparato per festeggiare il Natale alla corte di Ludovico il Moro. Per salvare la situazione, un garzone di nome Toni ebbe l’idea di aggiungere, all’impasto per il pane, zucchero, burro, canditi e uvette; lo fece cuocere e lo presentò al Duca, che ne fu entusiasta e lo ribattezzò “Pan del Toni”.

leggenda-del-panettone

In tempi più vicini a noi, il Verri pensò a questo dolce come a un “pane di tono”, ossia speciale, da consumare in occasione di feste, come il Natale. La famiglia intera si riuniva intorno al focolare attendendo che il pater familias spezzasse “un pane grande” e ne porgesse un pezzo a tutti i presenti.

Comunque sia, questo dolce è per noi simbolo e profumo del Natale.

events_panettone

 e per concludere una poesia di Pastori ” La parabola di Natale”

“E infin…el panaton! El panatton
compraa in Vial Monza al numer vintises
in del Vergani; on bell panattonscell
(mezz chilo in tutt perchè no ‘l faga pes
sul stomich pù allennaa) che l’è poeu quell
che el fa pussee Natal, e l’è tant bon
che domà a usmall el fa vegnì el magon!”

foto panettone Vergani

I Vergani hanno ricevuto l’Ambrogino d’oro 2014 e vi aspettano da Eataly Smeraldo domenica 30 novembre alle 11.00. Vergani festeggia i suoi “primi” 70 anni sul Palco Smeraldo per l’occasione presenterà un panettone speciale da 70 kg. A seguire una DEGUSTAZIONE GRATUITA di panettone Vergani excellente!

re panettone-colore

Invece il 29 e 30 novembre all’ex-Ansaldo (Spazio A, via Bergognone A. da Fossano 34) si terrà “Re Panettone 2014″, una rassegna speciale su questo dolce. Con ingresso gratuito su invito scaricabile dal link http://www.repanettone.it/RePanettone/re_panettone_2014.html

Se non si riesce ad andarci, ricordiamoci però di augurare a tutti una buona semina e un buon raccolto per il nuovo anno, con una fetta di panettone!

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