I Templari c’entrano sempre… Itinerario DOC a Milano (parte terza)

Riprendiamo il nostro itinerario sulle tracce dei Templari a Milano, che avevano fondato, come ci suggerisce la toponomastica, una precettoria, o commenda, nella via omonima, circondata da campi coltivati (orti, brolo) e boschi (braida).

 

Chi erano i Templari, come erano giunti nella nostra città e quali tracce si sono salvate dall’oblio in cui furono fatti precipitare?

 Venerdì 13 e altre curiosità

Il loro fascino oscuro, fatto di storie e leggende, continua ancora oggi persino nei modi di dire. Perchè, ad esempio, diciamo che Venerdì 13 è un giorno sfortunato? Nel lontano 1307, venerdì 13 ottobre, i Templari vennero fatti arrestare dal Re di Francia, Filippo il Bello. Iniziò così la loro fine, fuga o “metamorfosi”.

 

 

Perchè le caravelle di Colombo (quasi duecento anni dopo) avevano sulle vele la croce templare? Sappiamo che il suocero portoghese del navigatore era un cartografo. Aveva forse antiche mappe segrete indicanti rotte per nuove terre oltre oceano? I Templari ci erano forse già stati?

 

 

Un’altra curiosità: diversi articoli riportano studi che hanno esaminato la dieta di questi monaci guerrieri, molto più longevi (salvo, ovviamente, morti violente) dei loro contemporanei.

https://www.lacucinaitaliana.it/news/salute-e-nutrizione/il-segreto-della-longevita-la-dieta-dei-templari/

I Templari, è stato scoperto, seguivano una dieta “mediterranea”, ricca di Omega3 e di succo di aloe, come consigliano oggi, con ben altre conoscenze, i più moderni nutrizionisti.

 

 

La nascita dei Templari. Storia e leggende

Ancora una volta la toponomastica di Porta Romana ci indica un lontano passato.

 

 

Già dai primi secoli i pellegrinaggi a Roma e in Terra Santa erano una pratica di fede. Con un bastone, una bisaccia e un cappello, i pellegrini cercavano di raggiungere per terra (attraverso la penisola balcanica) o per mare (da Brindisi dove termina la Via Appia) la Palestina. 

 

 

Il viaggio non era certo facile e agevole. Non solo strade polverose, boschi, imboscate di briganti, malattie, ma anche la situazione politica della zona era pericolosa per le contese coi musulmani per i luoghi sacri. La basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme, che era caduta in mani arabe, era stata riconquistata nella Prima Crociata nel 1099.

 

 

Quando, però, i Crociati iniziarono a fare ritorno in patria, i pellegrini furono nuovamente attaccati da briganti e predoni saraceni. Nel 1114 il cavaliere francese Hugues de Payns, giunse a Gerusalemme con altri nove cavalieri ed ebbe l’idea di istituire una comunità di monaci-guerrieri in difesa armata dei pellegrini, dei Luoghi Santi e, forse, anche per cercare “qualcosa”…

 

 

Il Re di Gerusalemme assegnò loro una postazione sulle rovine dell’antico Tempio di Salomone, con gli immensi sotterranei come “scuderie”. Era un luogo carico di fede e di “reliquie” leggendarie…

 

 

Quando, nel 1119, un gruppo di settecento pellegrini disarmati fu brutalmente attaccato dai saraceni, il progetto di Hugues de Payns venne autorizzato. Si costituì così l’Ordine dei Templari (da “Tempio”) che univa gli ideali della cavalleria a quelli della religione. Loro ideologo fu San Bernardo da Clairvaux che scrisse la regola a cui doveva attenersi la “nova militia”. 

 

 

Intanto, per studiare testi e antichi saperi, forse là ritrovati, si era riunito, in una Abbazia francese, il meglio dei dotti cristiani, rabbini e arabi. I nove cavalieri restarono a Gerusalemme ben dieci anni a scavare tra le rovine del Tempio. Cosa cercavano? Fecero poi ritorno in Francia nel 1128 con un enorme bagaglio di conoscenze che furono applicate in diversi campi (architettura, scoperte geografiche, nozioni “arcane” per l’epoca, che offrirono poi il pretesto per accusare in seguito i Templari anche di stregonaria).

 

 

A Milano

In pochi anni i Templari crebbero di numero e di potere. Si occuparono anche, nei diversi paesi, di agricoltura e di economia. I breve divennero una potenza economica pari a quella di altri Stati, come la Francia. A loro si deve anche l’invenzione della “lettera di credito”, un sistema per cui un pellegrino poteva riscuotere altrove il denaro che aveva già versato ai Templari. Una sorta di moderno Travellers Cheque .

 

 

A Milano giunsero tra il 1132 e il 1135 al seguito di San Bernardo. Probabilmente si fermarono nella basilica di Sant’Ambrogio dove si trovano le misteriose scacchiere a loro attribuite. In genere si dice che si riferiscano al gioco degli scacchi, ma i monaci non sembra vi giocassero. Inoltre queste scacchiere hanno un numero diverso di caselle e sono stranamente orientate. Contengono forse qualche messaggio criptato?

 

 

Sulla facciata della Basilica ci sono anche un’immagine di San Bernardo e un medaglione da interpretare…: perchè?

 

 

Altro luogo “templare” è lAbbazia di Chiaravalle (traduzione di Clairvaux) fondata da Bernardo, tra boschi e risorgive, lungo la strada che esce da Porta Romana. Anni dopo, verrà tumulata qui, nel cimitero dei monaci, Guglielmina Boema, strano personaggio, considerata prima quasi una “papessa”, poi dichiarata eretica. Infatti il suo corpo verrà poi rimosso e messo al rogo assieme ai suoi seguaci. Un’altra inquietante storia…

 

 

Nel chiostro dell’Abbazia notiamo una serie di doppie colonne, la cui origine, carica di significati simbolici, risalirebbe ai Sumeri e agli antichi Egizi. Interessanti sono anche le colonne annodate, con aquile sui capitelli, simbolo di San Giovanni Evangelista, rivolte ai quattro punti cardinali.

 

 

Un’altra doppia colonna la troviamo alla Cascina Linterno (zona Baggio) con capitelli a testa di cavallo.

 

 

Poco distante, alla Cascina Barocco, c’è sull’antico ingresso una croce templare. Anche in questa zona, dunque, c’era probabilmente una “grangia”, complesso di edifici e terreni retti da una comunità templare che si occupava di agricoltura avanzata, sfruttando le marcite e facendo coltivare i campi a contadini salariati.

 

 

Una Commenda templare, come abbiamo già visto, si trovava vicino a Porta Romana, poco distante dalla chiesa di San Nazaro in Brolo, dove si dice esserci una tomba templare.

 

 

Qui, o più probabilmente nella stessa Commenda, dimorò il Barbarossa quando assediò Milano, con l’esercito accampato nei prati vicini.

L’Ordine Templare aveva dunque in Milano terre coltivate, boschi, cascine, mulini, mandrie e appoggi politici. Sono documentati diversi lasciti testamentari in loro favore, tra cui le terre di un certo Fra’ Dalmazio da Verzario che potrebbe aver dato il nome all’attuale Verziere. Un’altra indicazione dalla toponomastica milanese.

La fine (o la metamorfosi)?

Le loro ingenti ricchezze erano tali da poter prestare al Re di Francia una cifra immensa; invece di onorare il debito, Filippo il Bello li accusò di eresia e di ogni altro misfatto. Il Papa prese tempo e non intervenne. I Templari vennero arrestati, imprigionati e torturati per ottenere le loro confessioni. Infine, dopo anni, furono messi al rogo, l’Ordine sciolto, i beni confiscati e cancellate anche le loro tracce.

 

 

Filippo e il Papa non sopravvissero a lungo. Jacques de Molay, il Gran Maestro messo al rogo, avrebbe lanciato loro una maledizione. Il Papa morì poco dopo e Filippo qualche mese più tardi dopo una caduta da cavallo durante una battuta di caccia, così come i suoi tre figli che, uno dopo l’altro, gli erano succeduti. Si dice anche che, secoli dopo accompagnando alla ghigliottina Luigi XVI, ultimo Re di Francia, il boia gli avrebbe sussurrato di essere un Templare e di portare a compimento la maledizione del Gran Maestro.

 

 

Infine un altro mistero: prima che i Templari fossero arrestati, la loro flotta, una delle più potenti dell’epoca, forse per una soffiata dei loro servizi segreti, partì dal porto di La Rochelle, sull’Atlantico (perchè aveva la base lì e non nel Mediterraneo?) per chissà dove, con quali segreti e con quali tesori…

In fondo i Templari c’entrano sempre.

A presto…

 

 

 

Ballate d’autore per raccontare l’Ortica

L’Ortica è uno dei quartieri più “cantati” di Milano, sia per le vecchie osterie dove i clienti, tra un bicchiere di vino e l’altro, facevano musica “live” intonando cori, sia per i diversi interpreti della canzone milanese che hanno composto delle ballate ambientate in questa zona.

Prendiamo spunto da quattro di queste per raccontare, in breve, un po’ di storia dell’Ortica.

“Faceva il palo nella banda dell’Ortica” (di Enzo Jannacci) è senza dubbio la ballata più nota che ricorda questo quartiere. Il povero balordo credeva che fare il “palo” fosse realmente “el so mestee” nella sgangherata banda di cui faceva parte.

Da dove nasce il nome Ortica? Nel nome un destino, dicevano gli antichi romani. Ed ecco la spiegazione di rito ambrosiano del nome del nostro quartiere: l’Ortica era un’osteria! E la tradizione continua …

Questo strano nome appare, infatti, la prima volta in un documento del 1696 tra le carte del Monastero di Santa Radegonda a Milano per indicare l’osteria che si trovava sui terreni di un abate, Cesare Gorani. di antica e nobile famiglia.

L’origine di questo borgo era però molto più antica (VI / VII secolo d.C.) ma allora si chiamava Cavriano, come risulta nelle mappe secentesche di Claricio. Era una zona di cascine, orti e ortaglie che forse avrebbero dato il nome all’osteria e successivamente a tutto il quartiere… o viceversa.

“Hanno ammazzato il Mario in bicicletta” (di Dario Fo) “...gli hanno sparato dal tram che va all’Ortica…“; un tram, il 24, anni fa collegava via Ripamonti con l’Ortica, che, nel 1923, era diventata parte del Comune di Milano, assieme a Lambrate, di cui era una frazione.

I mezzi di trasporto hanno segnato fortemente l’aspetto e la vita sociale di questo quartiere. Secoli fa ci passava la via consolare romana per Brescia; a metà dell’Ottocento fu poi costruita la ferrovia che collegava Milano con Venezia, le due capitali Lombardo-Veneto.

L’Ortica diventò via via sede di snodi ferroviari; i binari, sempre più numerosi, solcano, come rughe di espressione, il volto di questo quartiere.

La stazione, di fianco alla chiesa di San Faustino, è in disuso, ma è ancora lì in mezzo al quartiere; i muraglioni dei binari sono diventati affreschi, i sottopassi gallerie d’arte, le passerelle pedonali danno una pannellata di colore. Anche le rughe possono essere belle.

“Vincenzina e la fabbrica” (di Enzo Jannacci) Questa ballata è la colonna sonora del film di Monicelli “Romanzo popolare” (1974) girato per lo più a Sesto San Giovanni e all’Innocenti, al confine tra Lambrate e l’Ortica.

Nel dopoguerra il cuore agricolo dell’Ortica diventa industriale: sui campi crescono i capannoni della Richard Ginori e, al confine con Lambrate, quelli della Innocenti, dove è nata la mitica Lambretta.

Ci voleva più manodopera e tanta gente, come Vincenzina, ha lasciato il Sud e vede “solo la fabbrica”. È un’epoca di profondi cambiamenti sociali che investono tutti e tutto: ecco che la ragazza si toglie il foulard  (“…il foulard non si mette più…”)  e lascia i capelli liberi di muoversi.

E oggi? Le fabbriche ormai in disuso sono state trasformate in birrerie, locali, loft, abitazioni ristrutturate di grande pregio.

“La Rita de l’Ortiga” (di Nanni Svampa e Georges Brassens) è una ballata di origine francese rivista e ambientata all’Ortica.

…dopo el pont che va gio’ a l’Ortiga, dove ona volta gh’era on quaj praa, coi so’ pegor gh’era la Rita a faj pascolà…“. Giù dal cavalcavia Buccari, dove oggi ci sono altri murales, una ragazza pascolava le sue pecore attirando l’attenzione degli uomini del quartiere.

Siamo sulla via Cavriana nella zona ancora agricola dell’Ortica, dove si trova anche il centro sportivo Scarioni, nato nel 1925, sul cui muro di cinta sono immortalati tanti sportivi del Novecento.

Proseguiamo su questa via perchè ci aspetta una vera e propria sorpresa. Raggiunta la cascina Sant’Ambrogio, facciamo un tuffo nel passato così profondo che forse ci vuole una barca per non “perderci e naufragare”.

Anche qui c’è di mezzo il Barbarossa. In questa zona trovarono infatti rifugio le monache del Monastero di Santa Radegonda e sorsero cascine e una chiesa. L’abside romanica, che ancora rimane, è uno spettacolo di cui si può godere all’aperto in questi mesi di chiusura di musei e teatri.

Al suo interno, visitabile su appuntamento, ci sono dipinti murali molto deteriorati che rischiano di andare perduti.

https://artbonus.gov.it/116-8-restauro-abside-e-affresco-incoronazione-della-vergine-in-cascina-sant%E2%80%99ambrogio.html

C’è tanta voglia di fare però: la struttura, che appartiene al Comune di Milano, è stata affidata all’associazione di volontari “CasciNet” che si stanno occupando del recupero. Sono già presenti laboratori, un asilo, orti condivisi e spazi multifunzionali.

Per saperne di più:

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Anche sul muro di cinta della cascina è stato realizzato un murale che ben rappresenta lo spirito dell’associazione: un’ape laboriosa simbolo di natura e socialità.

A presto…

San Faustino, il santuario della Madonna delle Grazie all’Ortica

C’è una farfalla dal nome gentile di donna, Vanessa Io, che in primavera depone le uova sotto le foglie dell’ortica. Sulle sue ali sembra ci siano quattro occhi, ma quelli che vedono non sono questi.

Quando andiamo a visitare il quartiere dell’Ortica abbiamo bisogno di “più” occhi per guardarlo e capirlo meglio: i bellissimi murales contemporanei attraggono immediatamente il nostro sguardo, ma tante tracce, meno appariscenti e più nascoste, lasciano scoprire vecchie storie e le raccontano sottovoce.

Cercheremo, quindi, di conoscere l’Ortica sotto diversi punti di vista per scoprire le tante sorprese che ci riserva passo dopo passo. Iniziamo dal cuore del quartiere, la chiesetta dei Santi Faustino e Giovita, conosciuta anche come Santuario della Madonna delle Grazie.

Risale ai tempi delle lotte col Barbarossa e fu poi riaggiornata dal Cinquecento. È molto piccola (poco più di una ventina di metri di lunghezza per poco meno di dieci), ha il tetto a capanna e una semplice facciata; le fa compagnia un bel campanile del Quattrocento.

I milanesi, dopo la distruzione della nostra città da parte del Barbarossa, furono esiliati e molti trovarono rifugio in questa zona, dove già passava la via consolare romana per Brescia, città i cui Santi patroni sono appunto i Santi martiri Faustino e Giovita. Proprio oggi, 15 febbraio, si festeggia San Faustino, protettore dei single. Auguri a tutti i cuori solitari!

La chiesetta è un piccolo gioiello della nostra storia, ricca anche di qualche mistero forse non ancora del tutto svelato. L’abbiamo rivisitata qualche settimana fa accolti da un piccolo Presepe che aveva fatto il nido sull’albero davanti al sagrato.

L’interno ha un’unica navata con le piccole cappelle di San Giuseppe e della Madonna delle Grazie, un affresco di gusto bizantino realizzato non prima del XII secolo, ora circondato da una cornice dorata.

Ed eccoci al primo enigma. Nel 1979, per salvaguardalo dalle diverse infiltrazioni che lo stavano minacciando, l’affresco con la Madonna venne staccato. Sotto di esso apparve uno strano graffito, quasi un rebus o un messaggio cifrato. Esaminato da diversi studiosi, è stato interpretato come una supplica alla Vergine in “scrittura carolina”, usata a quei tempi dai monaci e, forse, anche da quel “Silanus” che sembra aver firmato l’opera. Ecco il graffito con la sua traduzione “Questa preghiera è del 12 aprile dell’anno 1182 per avere la clemenza divina”.

Furono esauditi. Infatti, con la Pace di Costanza del 1183,  il Barbarossa, già sconfitto nella battaglia di Legnano (1176), fu costretto a riconoscere la completa autonomia dei Comuni Lombardi. La chiesa dei Santi Faustino e Giovita fu chiamata da allora anche Madonna delle Grazie e divenne meta di pellegrinaggi. Quasi otto secoli dopo il Cardinale Martini, nel 1982, ha scritto, per questa chiesa, una preghiera di supplica che viene recitata il 12 di ogni mese in onore della Vergine.

Per saperne di più:

Santuario Madonna delle Grazie

L’interpretazione dei disegni di questo misterioso graffito, non esposto al pubblico, lascia molti dubbi. Secondo la versione più accreditata le immagini mostrerebbero questa zona come ricca di pesci, di cacciagione (anatre selvatiche), di acque che rendono fertile la terra, quasi un piccolo Eden. La porta sulla destra (Porta Orientale?) esprimerebbe il desiderio di tornare a Milano dopo l’esilio.

Affascinati da questo graffito, ne abbiamo guardato la foto con attenzione, ponendoci parecchie domande: perché il tratto grafico di alcuni disegni sembra così moderno?  Perché l’uomo (che potrebbe anche avere tre corna sul capo) sembra ingoiare un pesce dalla coda?  Perché le cosiddette “anatre” sono così strane, con un becco diverso da quello vero e una tiene in bocca un uccello più piccolo? Cosa rappresenta quella sorta di “S” capovolta che viene interpretata come un corso d’acqua ma che sembra nascere dal cielo sopra le montagne? Anche le date storiche non ci tornano troppo… Questo enigma non è elementare, Watson!

Anche sul lato destro della navata c’è un dipinto poco tradizionale.

Sotto l’affresco del Cristo che porta la Croce, vediamo un “Ecce Homo” (quindi prima della Crocifissione) che ha già i segni dei chiodi sulle mani. Forse un prequel artistico?

La chiesa ha altri affreschi, purtroppo gravemente deteriorati ma molto interessanti, alcuni dei quali attribuiti alla scuola leonardesca con l’influenza di altri big come Cesare da Sesto, Bernardino Luini  e Bramantino.

Lasciando questa chiesa per andare a visitare la zona sud dell’Ortica, oltrepassando la ferrovia e la strada principale, ci siamo ricordati della leggenda secondo la quale esisterebbe un passaggio sotterraneo segreto, “el passagg scappapret” che avrebbe collegato San Faustino con l’oratorio di Sant’Ambrogio nella cascina omonima, sulla strada Cavriana.

Sarebbe una bella scorciatoia, ma per questa volta, restiamo all’aperto, tanto è una bella giornata!

A presto…

 

 

La “gesetta di lusert”… restando a casa

Sullo spartitraffico all’inizio di via Lorenteggio troviamo una piccola chiesetta, poco più di una cappella, dalla storia millenaria e dalle tante leggende.

È dedicata a San Protaso, ottavo Vescovo di Milano (da non confondere con il Santo omonimo che, col gemello Gervaso, riposa nella cripta di Sant’Ambrogio), e risalirebbe a prima dell’anno Mille, quando la zona era aperta campagna, molte miglia lontano dalle mura di Milano. E’ da sempre conosciuta come la “gesetta di lusert” (ovvero “chiesetta delle lucertole”) per l’abitudine di questi animaletti di sostare sulle sue pareti a godersi il tepore del sole.

Si racconta che, durante l’assedio di Milano, mentre il suo esercito era accampato in questa zona ricca di acqua (una manna per i soldati e per i cavalli), l’Imperatore Federico Barbarossa andasse a pregare in questa chiesetta, per ottenere la vittoria. Purtroppo per Milano, fu esaudito, distrusse la città, ma risparmiò la piccola chiesa in segno di gratitudine.

Sembra poi che la gesetta sia stata frequentata dai Visconti, che qui avevano dei terreni di caccia e secoli dopo dai  Carbonari che si riunivano a cospirare, anche per la presenza, si dice, di un passaggio segreto che conduceva all’interno delle mura cittadine.

La piccola chiesa andò incontro poi ad anni difficili e, dopo essere stata incorporata in una cascina, successivamente divenne fienile e deposito degli attrezzi da lavoro dei contadini.

Dopo la seconda guerra mondiale, durante la ricostruzione della città, il Piano Regolatore decise che via Lorenteggio  dovesse essere allargata. La cascina fu abbattuta, ma si dice che la ruspa si sia guastata più volte senza riuscire a demolire la chiesetta! Considerato un segno del cielo, si decise di risparmiarla, allargando in quel punto lo spartitraffico della via, così come è ora.

Nella chiesetta si conservano alcuni affreschi, tra cui uno della Madonna del Divino Aiuto che, secondo la tradizione, sarebbe riapparso ben tre volte dopo essere stato ricoperto da intonaco. Interessante anche un altro bell’affresco del 1428, che raffigura Santa Caterina da Siena.

Accanto alla chiesa è stato ricollocato il vecchio cippo di confine tra il Comune di Lorenteggio e quello dei Corpi Santi che, fino alla metà dell’Ottocento, come una ciambella circondava la  Milano di allora.

La chiesetta, ridotta ad un rudere, fu restaurata e rinacque a nuova vita nel 1987 grazie agli abitanti del quartiere e alle loro associazioni. Oggi, purtroppo, è quasi sempre chiusa, anche se ben curata dai volontari. Viene aperta solo in occasione delle feste di via che si tengono nella prima domenica di maggio e nell’ultima di novembre. In queste occasioni vi si celebrano ancora alcune Messe.

Auguriamoci di poter andare, la prima domenica di maggio, a vedere, come ha scritto una poetessa dialettale, questo “bonbonin de gesa…

A presto…

Il talento di una donna per Mediolanum: Alda Levi e le sue scoperte

Il 2020 è stato dedicato da Milano a “I talenti delle donne” con una serie di iniziative ed eventi patrocinati dal Comune per rendere omaggio alle capacità femminili nei vari campi della vita e della cultura.

Al grande talento di Alda Levi, l’archeologa Sovraintendente ai musei e scavi in Lombardia negli anni Trenta, dobbiamo l’aver ridato a Milano un po’ della sua storia. Infatti, in una città in pieno rinnovamento, è riuscita a riscoprire e a far conservare alcuni resti di Mediolanum.

http://www.parcoanfiteatromilano.beniculturali.it/index.php?it/342/in-ricordo-di-alda-levi

Abbiamo già parlato di lei qualche anno fa con Fare jogging nell’Anfiteatro” vicino al piccolo museo, in via De Amicis 17, che porta il suo nome.

Incuriositi da alcuni articoli di giornale dell’anno scorso che parlavano di un “Anfiteatro della Natura”, di un “Colosseo Verde”, con alberi e siepi al posto delle pietre, siamo tornati a visitare il parco archeologico, per vedere a che punto è il progetto VIRIDARIUM.

L’anfiteatro non è certo una delle mete turistiche più gettonate della nostra città, anche per gli orari non sempre favorevoli, che coincidono con quelli del museo. Inoltre ci vuole moltissima “fantasia” per immaginarlo, visto il poco che ne resta, come era un tempo, enorme e maestoso stadio per oltre 20.000 spettatori.

Due file di cipressi e diverse siepi di bosso, mirto e ligustro dovrebbero “ricostruire” l’anfiteatro sostituendo le pietre che, sempre in movimento, sono state utilizzate nel tempo per “fare” la vicina basilica di San Lorenzo e alcune parti delle mura. Ecco alcuni bellissimi rendering che girano in rete.

Per ora i lavori sono rallentati da altri ritrovamenti in progress e c’è solo qualche vecchio albero che ha messo radici sul passato.

In attesa, diamo un’occhiata al piccolo Antiquarium “Alda Levi” e riguardiamoci, tra l’altro, la stele funeraria del giovane gladiatore Urbicus col suo cagnolino, che sembra aspettare di poter zampettare nel nuovo grande parco urbano tra natura e archeologia.

Il nostro esperto locale di Mediolanum, quell’Ausonio che ci guarda da piazza Mercanti, aveva parlato anche di un importante teatro. Dove si trovava?

I resti del teatro furono rinvenuti tra fine Ottocento e metà Novecento durante i lavori per la costruzione di diversi edifici tra via Meravigli e piazza Affari. Ancora una volta dobbiamo ad Alda Levi aver trovato e fatto conservare, per quanto possibile, i resti del grande teatro che poteva ospitare fino ad 8000 spettatori, una sorta di megaforum nel centro di Mediolanum.

Per “immaginare” questo teatro guardiamo la targa sul lato di Palazzo Mezzanotte, sede della Borsa, verso via San Vittore al Teatro.

Cosa ne è stato di questo grande edificio? La sua storia è stata ricca e tormentata. Un Imperatore, Augusto, l’aveva fatto costruire e un altro Imperatore, il Barbarossa, come il “cattivo” di Star Wars, aveva distrutto, nel 1162, Milano e anche ciò che restava del teatro.

Nel tempo questo teatro non aveva ospitato solo spettacoli; infatti, intorno all’Anno Mille, i cittadini milanesi, nobili e plebei,  si riunivano sulle sue gradinate, per prendere “in comune” le decisioni per la città.

Era però già iniziato il lento declino dell’edificio e in quest’area erano sorti sedi di corporazioni artigianali ed edifici religiosi, come, tra l’altro, la chiesa di San Vittore al Teatro, oggi demolita, che ha dato il nome alla via.

Oggi i resti del teatro sono conservati nei sotterranei del Palazzo della Borsa e di quello della Camera di Commercio di via Meravigli, dove è possibile prenotare una visita guidata gratuita che consigliamo perchè veramente suggestiva.

Sarà come un andare a teatro viaggiando a ritroso e immergersi in uno spettacolo di secoli fa passeggiando su una passerella di cristallo sospesa tra luci, suoni e perfino odori (anche quello del sudore degli antichi spettatori!) oggi ricreati artificialmente.

Guardando lontano Alda Levi avrebbe voluto, già negli anni Trenta, creare un’area archeologica per Milano. Così scriveva: “… ai visitatori degli affollati ambienti dei piani superiori (Camera di Commercio e Borsa) sarà possibile scendere nei silenziosi scantinati, … [tra] le venerande vestigia del teatro romano. E ancora una volta, la febbrile attività di Milano creerà uno dei più singolari contrasti tra il vecchio e il nuovo, tra l’antica e la modernissima vita.”

Così le nostre solide radici, senza avvilupparci, ci lasciano crescere liberamente.

 

 

A presto…

 

La Milano romana: articoli collegati

Epifania 2020 con i Magi di Artemisia Gentileschi

Iniziamo l’Anno Nuovo con una notizia di vent’anni fa ritrovata, quasi per caso, in questi giorni: dal 22 maggio 2000 Betlemme e Milano sono città gemellate.

Ci è venuto da pensare come entrambe possano essere considerate “Città dei Magi” con un legame sottile e misterioso lungo secoli.

La Stella che guidò i Tre Re fino a Betlemme è raffigurata sul bel campanile della chiesa di Sant’Eustorgio, fatta costruire, in onore dei Magi, per ospitare le loro reliquie donate alla nostra città, allora capitale dell’Impero Romano d’Occidente.

Esse vennero poi trafugate al tempo del Barbarossa e portate a Colonia. Infine, ad inizio Novecento, una piccola parte di queste tornò a casa, e, ancora oggi, nel giorno dell’Epifania, sono esposte alla venerazione dei fedeli.

Accanto al reliquiario si trova il sarcofago dove erano un tempo custodite e, per uno strano gioco di luci, quest’anno il suo “tetto” era azzurro e sembrava fatto di cielo.

Altre piccolissime reliquie dei Magi sono custodite nella chiesa di San Bartolomeo a Brugherio; donate alla sorella Santa Marcellina da Sant’Ambrogio in persona, sono “garantite” dal nostro Santo Patrono stesso e scampate a qualsiasi trafugamento.

Ogni anno, dal 1336, nel giorno dell’Epifania, Milano ricorda i Magi con un corteo in costume che da piazza Duomo arriva al Presepe vivente, allestito sul sagrato della basilica di Sant’Eustorgio, percorrendo le vie del centro tra tanta gente che. per un attimo, sembra dimenticare i saldi di via Torino e Porta Ticinese.

Infine, ecco un’altra occasione per riflettere sul messaggio dei Magi. Al Museo Diocesano, alle spalle di Sant’Eustorgio, è esposto, per la prima volta a Milano (fino al 26 gennaio) il dipinto “L’Adorazione dei Magi”, realizzato per la cattedrale di Pozzuoli, dalla grande Artemisia Gentileschi, unica donna ad aver ottenuto fama nella pittura italiana del Seicento.

Ecco in un bel video il commento della Direttrice del Museo Diocesano su questo capolavoro alla luce anche delle vicende umane della pittrice.

Come interpreta Artemisia l’Adorazione? In questa grande tela (metri 3,10 per 2,06), la figura della Madonna appare piccola di fronte a quelle maschili di San Giuseppe e dei Magi.

Il suo viso, molto mediterraneo, circondato da folti capelli ramati, ha occhi socchiusi, un soffuso rossore e labbra e sopracciglia piene e ben disegnate.

Maria, quasi ritraendosi, porge con grande dolcezza e consapevolezza il Bimbo ai Magi.

Il primo, con un dono accanto, ha uno sguardo insolito, pervaso da uno stupore quasi incredulo, mentre tocca il piedino di Gesù; alle sue spalle si trova un “Re”, con la corona ma senza dono, che rende omaggio con un inchino cavalleresco.

Ed ora un particolare molto intrigante: in penombra (forse anche per le conseguenze di un incendio che deteriorò il dipinto nella sua parte alta), si intravedono, tra le altre, le figure di un asiatico e di un moro con turbante che portano gli altri due doni. Ogni mago ha uno sguardo diverso come ogni uomo ha un atteggiamento differente verso il mistero.

Quanti sono i Magi di Artemisia? La stella sullo sfondo forse conosce il segreto di quanti siano gli uomini in cammino alla ricerca della Luce.

A presto…

Nella calza della Befana 2019 troviamo… la chiesetta dei Re Magi di via Palmanova

È tempo di Epifania che tutte le feste porta via. Il magico periodo del Natale sta per terminare e si torna alla vita e ai problemi di tutti i giorni.

Abbiamo trovato nella chiesa di Santo Stefano un quadro dolcemente emblematico: la Famigliola di Betlemme, dopo l’incanto della Natività e l’accorrere di uomini buoni e semplici, è costretta, dopo poco tempo, a lasciare le proprie cose per sfuggire alla crudeltà di Erode.

L’Epifania, però, è anche tempo di Magi, figure misteriose, e secondo noi molto moderne, che ci parlano del rapporto tra Scienza e Fede (erano studiosi ai massimi livelli) e ci fanno anche riflettere sul senso della nostra vita.

Milano è da sempre legata ai Magi che l’avevano “scelta”, secondo la tradizione, come luogo dove fermarsi per sempre. I buoi che trainavano il carro con le reliquie si erano impantanati dove sorge ora la Basilica di Sant’Eustorgio, che venne eretta per custodire le spoglie dei Tre Re.

I Magi, però, avevano il cammino nel proprio destino e le loro spoglie vennero trafugate dal Barbarossa e portate a Colonia.

Infine una piccola parte delle reliquie tornò a casa, a Sant’Eustorgio, mentre altre reliquie (alcune falangi delle dita, invece) non hanno mai lasciato Brugherio, dove viveva Santa Marcellina che le aveva ricevute in dono dal fratello Sant’Ambrogio.

Sant’Eustorgio – Milano

S. Bartolomeo – Brugherio

Alcuni piccoli suggerimenti: in questi giorni è esposta, in Sant’Eustorgio, la teca con le reliquie e, nella mattina dell’Epifania si svolge il tradizionale corteo in costume (risalente al Medioevo) da piazza Duomo.

http://www.santeustorgio.it/corteo_dei_magi.html

Inoltre in questo periodo si possono ammirare due opere famose a Palazzo Marino e al Museo Diocesano.

Palazzo Marino

Museo Diocesano

Non solo: abbiamo scoperto che nella nostra città esiste un’antica chiesetta dedicata proprio ai Santi Re Magi. Si trova in una zona a Nord Est di Milano, vicino all’antico borgo di Crescenzago, in una frazione chiamata Corte Regina.

Siamo in via Palmanova, anzi, per la precisione, in via Regina Teodolinda. Dolce e severa nel suo gotico lombardo, la chiesetta ha un aspetto semplice, quasi un mattoncino rosso tra il klinker dei palazzi.

Sul portone ci accoglie una formella con Madonna e Bambino sotto una finestra circolare.

Le diverse finestrelle sulle pareti laterali ci riportano a tempi e stili diversi, così come il campanile a base romanica.

L’interno della chiesetta è altrettanto semplice: ad una sola navata, ha mattoni a vista e, sospesa, un’immagine di Cristo di grande impatto espressivo.

Una targa ci racconta la storia di questa chiesetta che fu fatta edificare nel 1352 ai tempi della Signoria di Bernabò Visconti, probabilmente su una preesistente chiesa più antica, descritta già nel XII secolo. Un’ipotesi è che sia stata voluta dalla moglie di Bernabò, Regina Della Scala, alla quale si deve anche la chiesa demolita per costruire il nostro massimo teatro che ne tramanda il nome.

Un tempo la chiesa dei Magi era dedicata alla Vergine e aveva intorno un Lazzaretto per il ricovero degli appestati, prima che fosse costruito quello di viale Tunisia a Porta Orientale.

La storia ci dice che i Borromei, in successive visite pastorali alla chiesetta di Corte Regina, vi incontrarono delle monache devote ai Re Magi. Così successivamente la chiesa fu intitolata ufficialmente ai “Santi Re Magi in Corte Regina”. Oggi il nome della chiesa viene ricordato da un moderno affresco dietro l’altare.


Questa chiesetta incontrò molti ostacoli sul suo cammino. A fine Settecento passò al Demanio, venne sconsacrata e diventò abitazione e deposito per i contadini della zona. Anche le bombe della seconda guerra mondiale contribuirono al suo declino, tanto che si parlava di abbatterla, sacrificata allo sviluppo edilizio.

Ma i Magi fecero il miracolo; la chiesetta venne donata al parroco della vicina parrocchia di San Giuseppe, che, grazie ad offerte di fedeli e benefattori, la fece restaurare, riconsacrare e riaprire il 6 gennaio 1967.

https://www.sangiuseppe.info/la-chiesa-dei-santi-re-magi/

Purtroppo è un po’ difficile visitare questo piccolo tassello della storia di Milano. Viene aperta solo il sabato pomeriggio alle 17 e nei festivi alle 9.30 per le Sante Messe. Come i Magi mettiamoci in cammino e andiamo a visitarla.

A presto…

Quanta storia tra le vetrine! Alla scoperta di via Torino (parte seconda – San Giorgio al Palazzo… e molto altro)

Cosa starà guardando questo piccione curioso per rinunciare alle briciole golose della vicina cioccolateria in piazza San Giorgio, angolo via Torino?

Per venire sin qui forse è passato a volo d’uccello (ops!) sul vicino Palazzo Stampa di Soncino e, magari, avrà avuto qualche timore per l’aquila in cima alla torre che si nasconde dietro le case.

Questo palazzo è un altro edificio monumentale, molto deteriorato, a dire il vero, di questa nostra via Torino dai tanti volti. Risale all’ultimissimo periodo degli Sforza e fu via via rimaneggiato e modificato nei secoli

Fu fatto costruire da Massimiliano Stampa, “governatore” del Castello Sforzesco; ne faceva parte una torre a tre piani in onore dell’Imperatore Carlo V, per ringraziarlo del titolo di Marchese di Soncino che gli aveva concesso.

A malapena riusciamo ora a vedere, da via Soncino, la torre, l’aquila con corona imperiale che sovrasta il globo e le “Colonne d’Ercole” dedicate alla potenza dell’Imperatore.

Nell’Ottocento la famiglia Stampa aveva aggiunto il cognome Casati e la cronaca rosa e nera del Novecento si è occupata di alcuni discendenti dell’antica casata.

Luisa Casati Stampa

i protagonisti del delitto Casati

Avrà fatto il nido sulla torre il nostro piccione che si è fermato a guardare la chiesa di San Giorgio al Palazzo nella omonima piazzetta?

Questa chiesa ha origini antichissime e probabilmente sorge su un tempio pagano di Mediolanum, capitale dell’Impero Romano d’Occidente. Nel 751 l’Arcivescovo Natale (le sue reliquie sono custodite sotto l’altare) la dedicò a San Giorgio. La vicinanza della chiesa al Palazzo Imperiale Romano fece sì che fosse conosciuta come San Giorgio al Palazzo. I secoli ci misero mano e la chiesa  venne rifatta e rimaneggiata più volte.

Settecento

 

Ottocento

oggi

L’eco della memoria più antica è presente nelle colonne di pietra romaniche addossate ai pilastri del transetto, nei capitelli diventati acquasantiere, nella targa che ricorda l’Editto di Milano, promulgato da Costantino nel vicino Palazzo.

Quante preghiere nel corso dei secoli si saranno levate in questa chiesa e davanti al Ciclo della Passione di Bernardino Luini?

Il disegno preparatorio è conservato al Louvre, ma noi possiamo guardare questa pala d’altare nella sua pienezza e nelle sue diverse scene.

Nel Cristo schernito, dipinto nella lunetta, c’è anche un po’ di Leonardo. L’espressione e i volti grotteschi dei due aguzzini risentono degli studi sulla fisiognomica del Maestro. Il fondo scuro del dipinto viene aperto alla speranza dal piede sinistro del Cristo che sembra uscire dal quadro per andare verso i fedeli.

La torre campanaria di questa chiesa era altissima e vi furono nascoste le reliquie dei Re Magi, dalla vicina Sant’Eustorgio, per salvarle dal Barbarossa. Tutto fu inutile; i resti vennero trafugati e portati a Colonia e la torre fu fatta mozzare dall’Imperatore.

Godiamoci un momento la piazzetta con l’acciottolato davanti alla chiesa, quasi un angolo da “fuori Milano” e andiamocene alla scoperta di un altro luogo nascosto nel labirinto di vie dietro via Torino.

In via San Sisto, in un piccolo slargo, ecco un’altra chiesa con tanta storia da raccontare.

Fondata da Desiderio, Re dei Longobardi, alla fine dell’VIII secolo, rifatta “baroccamente” da Federico Borromeo, la sua campana suonò per chiamare a raccolta gli insorti delle Cinque Giornate. In questa rivolta, però, fu svuotata degli arredi che divennero barricate.

Iniziò un lento declino e, ormai sconsacrata, divenne un magazzino militare, in attesa di essere abbattuta dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale.

Fu salvata dall’Arte, quando lo scultore Francesco Messina la ottenne per usarla come studio e la fece restaurare, lasciandola poi alla città come museo delle sue opere… e non solo.

Fino a dicembre 2018 possiamo ammirare anche un grande “albero” che si snoda e si avvinghia alla facciata di questa chiesa. La suggestiva opera, intitolata “Radicamenti” è di Leonardo Nava.

Torniamo verso il Carrobbio, dove la nostra via Torino sembra aprirsi a raggiera, oggi come un tempo.

Questa zona è tra le più misteriose e inquietanti di Milano; qui si udivano (e si odono ancora?) i lamenti provenienti dal vicino lebbrosario e quelli delle vittime delle ordalie da parte dell’Inquisizione, qui era rimasto vivo il culto di Mitra, qui si diceva ci fosse un confine tra il mondo dei vivi e quello dei morti.

Torre dei Malsani, già Porta Ticinensis delle mura romane

Beh, non andiamo “oltre”… Non si sa mai…

A presto…

Il Cammino dei Monaci: itinerario di cultura, arte, verde e… buon cibo (Parte Seconda – la Chiesetta di Nosedo)

Molte possono essere le strade di Milano che ci hanno portato fino a qui e diversi i mezzi di trasporto utilizzati. Siamo in via San Dionigi 77, dove la città sfuma nella campagna, poco lontano da piazzale Corvetto e dalla statua del “Signurun.

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Se guardiamo verso le case vediamo un angolo di periferia, se giriamo lo sguardo, invece, siamo in campagna, una strada con poco traffico, una pista ciclabile, campi, qualche cascina.

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Davanti a noi, sul sagrato di una piccola chiesa, una pianta ci dice che siamo alla porta del Parco Agricolo Sud di Milano. Accanto c’è una cascina rimessa a nuovo, dal volto ospitale, col cancello sempre aperto come un sorriso.

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borgo di Nosedo

Siamo sulla strada giusta, lungo il Cammino dei Monaci, che dal Parco delle Basiliche arriva sin qui, all’antico borgo di Nosedo, che l’Associazione Nocetum ha fatto e sta facendo rivivere.

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Ci troviamo a cinque chilometri da Mediolanum. Qui sorgeva un piccolo insediamento che deve il suo nome alla presenza di un antico bosco di noci, il Nocetum.

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È un altro dei luoghi di questa Milano al “plurale”, che riesce a stupirci coi grattacieli e il futuro e, improvvisamente, apre le porte ad un passato da vivere ancora.

campagna e città

Nocetum è un borgo antico, carico di storia e di storie più recenti. Già presente nel primo secolo dopo Cristo, secondo alcuni reperti ritrovati in questa zona, diede rifugio ai Cristiani perseguitati, benessere ai cittadini mediolanensi cui erano state assegnate le terre da coltivare, ospitalità ai milanesi scacciati dal Barbarossa e, infine, anche all’imperatore stesso, che qui, in Burgo Noxeta, impiantò la sua zecca, dopo la distruzione di Milano del 1162.

Fai clic per accedere a uno_sconosciuto_denaro.pdf

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Quasi contemporaneamente i monaci cistercensi, poco lontano da qui, fondarono l’Abbazia di Chiaravalle e iniziarono a bonificare le terre paludose, facendole diventare tanto fertili da dare alimenti e foraggio più volte all’anno grazie alle marcite e ai fontanili.

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Intorno all’Abbazia i monaci realizzarono una rete di piccoli canali, strade di campagna, cascine (le “grange”), mulini, per il lavoro agricolo accanto alla preghiera.

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Su questo piccolo piazzale di via San Dionigi rivive l’antico spirito dei monaci. Si affacciano infatti una antica chiesetta e la cascina S. Giacomo, un tempo “grangia” dell’Abbazia di Chiaravalle. Si potrebbe dire, ancora oggi, “Ora et labora”…

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Questa zona, dimenticata fino a qualche decennio fa, è rinata grazie all’impegno e alla volontà dell’Associazione Nocetum in collaborazione con Fondazioni, Istituzioni politiche e culturali e cooperative sociali.

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La cascina San Giacomo, rimessa a nuovo, oggi è centro di accoglienza per persone in difficoltà, specialmente donne e bambini di ogni nazionalità. Promuove molte iniziative e progetti per la “salvaguardia del Creato”, uomini e ambiente insieme. Qui anche una City Farm, attività per le scuole e una piccola bottega di prodotti e cultura.

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Restituita alla città è anche la piccola chiesa dei Santi Filippo e Giacomo, che risale al XIII secolo, edificata su un precedente luogo di culto.

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Probabilmente era tutta affrescata; ora rimangono belle testimonianze sulla parete di fondo e su quella di destra.

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Una lapide del 536 ricorda che qui vicino c’era un sepolcreto, utilizzato dal V fino al XVII secolo.

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Le ricerche effettuate sui resti umani di diverse epoche ci parlano di un tenore di vita medio-alto (fibbie, anellini, perline), della vita media (meno di 50 anni), dell’elevata mortalità infantile, dei vincoli di parentela (sepolture familiari), degli usi in campo funerario (una moneta tra le mani), del tipo di dieta (carne rossa e cereali) di chi era vissuto qui tanto tempo fa.

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Anche il territorio è cambiato ed è tuttora in via di trasformazione. L’antico noceto non esiste più, il verde intorno è diventato il Parco della Vettabbia, parte del più grande Parco Agricolo Sud Milano.

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Il depuratore di Nosedo, all’interno del parco, permette di rigenerare le acque reflue e di riutilizzarle a scopi agricoli. La Vettabbia, un tempo collettore di acque fognarie a cielo aperto, è tornata limpida, invitando a percorrere tutta la sua valle, sugli antichi passi dei monaci.

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sentiero e Vettabbia

Rimettiamoci in cammino per raggiungere, attraverso il Parco della Vettabbia, un altro luogo straordinario, ricco di storia e di attualità, di ieri e di oggi.

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Continua…

Epifania 2016, tradizione e novità

La nostra città ha un forte legame con i Magi, questi misteriosi sapienti partiti da lontano alla ricerca della loro “Particella di Dio”.

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Non sono stati i primi a giungere alla Grotta.

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Ghirlandaio

Nel Presepio abbiamo già messo le statuine della Sacra Famiglia, degli angeli, dei pastori, della gente comune; poi il bue, l’asinello, le pecorelle, gli animali da cortile…

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Giotto

Infine, domani, metteremo i Magi con gli esotici cammelli o i nobili cavalli.

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Ecco alcune Adorazioni dei Magi che possiamo vedere in questa nostra città, ricca di opere d’arte, a volte poco note.

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Stefano da Verona – Pinacoteca di Brera

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Schiavone – Pinacoteca Ambrosiana

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Correggio – Pinacoteca di Brera

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Museo del Duomo

Il Solstizio d’Inverno è avvenuto e la luce del giorno dura, a poco a poco, sempre di più. “San Bassiano [19 gennaio] ha un’ ora in mano” dice un vecchio proverbio; la rinascita della Natura si sta preparando: sotto la neve, pane.

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Intorno alla Natività, alla nuova Luce, in questa misteriosa Adorazione dei Magi di Leonardo c’è una umanità dolente, i Magi non hanno abiti sfarzosi, sullo sfondo scene di battaglia e città in rovina.

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Gli uomini sono riusciti persino a contendersi le spoglie dei Magi: secondo la tradizione esse furono dapprima traslate a Milano nella tomba sotto la Stella-Guida del campanile di Sant’Eustorgio.

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Poi il Barbarossa le volle per sè e le fece portare a Colonia; solo qualche reliquia fu restituita alla nostra città grazie al Cardinal Ferrari, all’inizio del Novecento.

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Duomo di Colonia

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Reliquiario in Sant’Eustorgio

Ogni anno Milano rinnova il suo legame con i Magi con un corteo in costume il giorno dell’Epifania.

corteo dal Duomo

Come sempre parte dal Duomo per raggiungere il presepio vivente di Sant’Eustorgio, attraversando alcune vie dello shopping e della movida, come via Torino, il Carrobbio, le Colonne di San Lorenzo e corso di Porta Ticinese.

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Epifania Corteo Re Magi Sant'Eustorgio Milano 1

MILANO 06 Gen 2012 - I RE MAGI PORTANO I DONI A GESU', IN PIAZZA SANT'EUSTORGIO savoia cattaneo faravelli p.s. la foto e' utilizzabile nel rispetto del contesto in cui e' stata scattata, e senza intento diffamatorio del decoro delle persone rappresentate - MILANO 2012-01-06 I RE MAGI PORTANO I DONI A GESU', IN PIAZZA SANT'EUSTORGIO I RE MAGI PORTANO I DONI A GESU' EPIFANIA - fotografo: Enrico Brandi / Fotogramma / Fotogramma presepio vivente

L’appuntamento è alle 11.30/11.45 in piazza Duomo.

http://www.santeustorgio.it/corteo_dei_magi.html

E la Befana?

Questa sorta di stranonna buona e dolce come i suoi doni, nonostante il freddo-Freezer in arrivo, anche quest’anno prenderà la moto (ore 8.30 in corso Sempione) e, con un corteo motorizzato, raggiungerà alcuni Istituti per distribuire sorprese ai meno fortunati.

il freezer arriva alla Befana

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Anche la Befana non riuscirà a sfuggire al fascino della Darsena; il 6 gennaio pattinerà sul ghiaccio in un grande spettacolo gratuito alle ore 18.30,  e saluterà i bambini a bordo dei battelli che navigano sul Naviglio.

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Si chiuderà così il primo Darsena Christmas Village.

http://milano.mentelocale.it/68084-milano-befana-ghiaccio-show-chiusura-darsena-christmas-village/

Una piccola dritta: oltre allo street food della Darsena, si può fare un salto al Mercato Metropolitano di Porta Genova, aperto fino a mezzanotte, dove, tra i vari stand, ci sarà atmosfera di festa con giochi e spettacoli.

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Buona Epifania, che tutte le Feste (ahimè) si porta via!

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