Voglia di primavera nei “Cortili aperti”

La primavera tarda ad arrivare e abbiamo sentito ancora più forte il desiderio di verde e fiori intorno a noi.

Abbiamo così “colto” l’occasione, proprio come un fiore sbocciato all’improvviso in un giorno di pioggia, di visitare “The Secret Garden”, il chiostro ottocentesco delle Gallerie d’Italia, aperto al pubblico in omaggio ad Orticola, la tradizionale manifestazione di fiori e piante.

Il “Disco in forma di rosa del deserto”, opera di Arnaldo Pomodoro, è custodito da vetrate, come in un giardino d’inverno, tra profumi, cinquettii, suoni di zampilli e fruscio di foglie in una esperienza multisensoriale quasi onirica.

Accanto a questa “idea di natura” c’è, invece, il vero, bellissimo, antico giardino della casa del Manzoni.

In questo giardino, che fa parte delle Gallerie d’Italia, alcune statue di autori contemporanei si lasciano guardare come in un museo all’aperto.

Belle panchine invitano alla sosta in quest’angolo quasi segreto, vicino a via Manzoni.

Un altro evento, “Cortili Aperti”, ha permesso di varcare i portoni di palazzi storici tra corso Magenta e via Cappuccio, solitamente chiusi al pubblico.

Era aperto, eccezionalmente, anche l’antico Palazzo Borromeo nella omonima piazza.

Un placido dromedario, simbolo di pazienza e moderazione, campeggia in una cesta sopra il portone, custode di un passato memorabile.

All’interno del palazzo si aprono due cortili restaurati dopo i bombardamenti.

Nel secondo cortile un intero lato è affrescato con il ripetuto motto, “Humilitas”, dei padroni di casa, tra i quali gli Arcivescovi Carlo e Federico Borromeo.

Nei nostri quattropassi abbiamo anche scoperto, tra via Sant’Agnese e via Nirone, un piccolo giardino sempre aperto al pubblico, bellissimo anche nelle giornate piovose.

E’ intitolato ad Aristide Calderini, storico e archeologo dell’Università Cattolica.  Al centro di questo giardino una stele di Arnaldo Pomodoro è dedicata alle vittime della strada, in ricordo di una giovane vita spezzata che qui aveva trascorso ore serene coi propri amici.

Questo giardino è nato dai bombardamenti che hanno distrutto il palazzo rinascimentale dove, forse, era nato Bernardino Corio, storico milanese ai tempi di Ludovico il Moro.

Alla costruzione del palazzo, di cui rimangono alcuni resti, aveva partecipato anche il Bramante ed ora possiamo sedere tra antiche mura e prati verdi.

 

Ancora una volta basta poco per  trovare angoli nascosti e  poetici  nella nostra Milano che corre.

A presto…

Quanta storia tra le vetrine! Alla scoperta di via Torino (parte seconda – San Giorgio al Palazzo… e molto altro)

Cosa starà guardando questo piccione curioso per rinunciare alle briciole golose della vicina cioccolateria in piazza San Giorgio, angolo via Torino?

Per venire sin qui forse è passato a volo d’uccello (ops!) sul vicino Palazzo Stampa di Soncino e, magari, avrà avuto qualche timore per l’aquila in cima alla torre che si nasconde dietro le case.

Questo palazzo è un altro edificio monumentale, molto deteriorato, a dire il vero, di questa nostra via Torino dai tanti volti. Risale all’ultimissimo periodo degli Sforza e fu via via rimaneggiato e modificato nei secoli

Fu fatto costruire da Massimiliano Stampa, “governatore” del Castello Sforzesco; ne faceva parte una torre a tre piani in onore dell’Imperatore Carlo V, per ringraziarlo del titolo di Marchese di Soncino che gli aveva concesso.

A malapena riusciamo ora a vedere, da via Soncino, la torre, l’aquila con corona imperiale che sovrasta il globo e le “Colonne d’Ercole” dedicate alla potenza dell’Imperatore.

Nell’Ottocento la famiglia Stampa aveva aggiunto il cognome Casati e la cronaca rosa e nera del Novecento si è occupata di alcuni discendenti dell’antica casata.

Luisa Casati Stampa

i protagonisti del delitto Casati

Avrà fatto il nido sulla torre il nostro piccione che si è fermato a guardare la chiesa di San Giorgio al Palazzo nella omonima piazzetta?

Questa chiesa ha origini antichissime e probabilmente sorge su un tempio pagano di Mediolanum, capitale dell’Impero Romano d’Occidente. Nel 751 l’Arcivescovo Natale (le sue reliquie sono custodite sotto l’altare) la dedicò a San Giorgio. La vicinanza della chiesa al Palazzo Imperiale Romano fece sì che fosse conosciuta come San Giorgio al Palazzo. I secoli ci misero mano e la chiesa  venne rifatta e rimaneggiata più volte.

Settecento

 

Ottocento

oggi

L’eco della memoria più antica è presente nelle colonne di pietra romaniche addossate ai pilastri del transetto, nei capitelli diventati acquasantiere, nella targa che ricorda l’Editto di Milano, promulgato da Costantino nel vicino Palazzo.

Quante preghiere nel corso dei secoli si saranno levate in questa chiesa e davanti al Ciclo della Passione di Bernardino Luini?

Il disegno preparatorio è conservato al Louvre, ma noi possiamo guardare questa pala d’altare nella sua pienezza e nelle sue diverse scene.

Nel Cristo schernito, dipinto nella lunetta, c’è anche un po’ di Leonardo. L’espressione e i volti grotteschi dei due aguzzini risentono degli studi sulla fisiognomica del Maestro. Il fondo scuro del dipinto viene aperto alla speranza dal piede sinistro del Cristo che sembra uscire dal quadro per andare verso i fedeli.

La torre campanaria di questa chiesa era altissima e vi furono nascoste le reliquie dei Re Magi, dalla vicina Sant’Eustorgio, per salvarle dal Barbarossa. Tutto fu inutile; i resti vennero trafugati e portati a Colonia e la torre fu fatta mozzare dall’Imperatore.

Godiamoci un momento la piazzetta con l’acciottolato davanti alla chiesa, quasi un angolo da “fuori Milano” e andiamocene alla scoperta di un altro luogo nascosto nel labirinto di vie dietro via Torino.

In via San Sisto, in un piccolo slargo, ecco un’altra chiesa con tanta storia da raccontare.

Fondata da Desiderio, Re dei Longobardi, alla fine dell’VIII secolo, rifatta “baroccamente” da Federico Borromeo, la sua campana suonò per chiamare a raccolta gli insorti delle Cinque Giornate. In questa rivolta, però, fu svuotata degli arredi che divennero barricate.

Iniziò un lento declino e, ormai sconsacrata, divenne un magazzino militare, in attesa di essere abbattuta dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale.

Fu salvata dall’Arte, quando lo scultore Francesco Messina la ottenne per usarla come studio e la fece restaurare, lasciandola poi alla città come museo delle sue opere… e non solo.

Fino a dicembre 2018 possiamo ammirare anche un grande “albero” che si snoda e si avvinghia alla facciata di questa chiesa. La suggestiva opera, intitolata “Radicamenti” è di Leonardo Nava.

Torniamo verso il Carrobbio, dove la nostra via Torino sembra aprirsi a raggiera, oggi come un tempo.

Questa zona è tra le più misteriose e inquietanti di Milano; qui si udivano (e si odono ancora?) i lamenti provenienti dal vicino lebbrosario e quelli delle vittime delle ordalie da parte dell’Inquisizione, qui era rimasto vivo il culto di Mitra, qui si diceva ci fosse un confine tra il mondo dei vivi e quello dei morti.

Torre dei Malsani, già Porta Ticinensis delle mura romane

Beh, non andiamo “oltre”… Non si sa mai…

A presto…