Quanta storia tra le vetrine! Alla scoperta di via Torino (parte seconda – San Giorgio al Palazzo… e molto altro)

Cosa starà guardando questo piccione curioso per rinunciare alle briciole golose della vicina cioccolateria in piazza San Giorgio, angolo via Torino?

Per venire sin qui forse è passato a volo d’uccello (ops!) sul vicino Palazzo Stampa di Soncino e, magari, avrà avuto qualche timore per l’aquila in cima alla torre che si nasconde dietro le case.

Questo palazzo è un altro edificio monumentale, molto deteriorato, a dire il vero, di questa nostra via Torino dai tanti volti. Risale all’ultimissimo periodo degli Sforza e fu via via rimaneggiato e modificato nei secoli

Fu fatto costruire da Massimiliano Stampa, “governatore” del Castello Sforzesco; ne faceva parte una torre a tre piani in onore dell’Imperatore Carlo V, per ringraziarlo del titolo di Marchese di Soncino che gli aveva concesso.

A malapena riusciamo ora a vedere, da via Soncino, la torre, l’aquila con corona imperiale che sovrasta il globo e le “Colonne d’Ercole” dedicate alla potenza dell’Imperatore.

Nell’Ottocento la famiglia Stampa aveva aggiunto il cognome Casati e la cronaca rosa e nera del Novecento si è occupata di alcuni discendenti dell’antica casata.

Luisa Casati Stampa

i protagonisti del delitto Casati

Avrà fatto il nido sulla torre il nostro piccione che si è fermato a guardare la chiesa di San Giorgio al Palazzo nella omonima piazzetta?

Questa chiesa ha origini antichissime e probabilmente sorge su un tempio pagano di Mediolanum, capitale dell’Impero Romano d’Occidente. Nel 751 l’Arcivescovo Natale (le sue reliquie sono custodite sotto l’altare) la dedicò a San Giorgio. La vicinanza della chiesa al Palazzo Imperiale Romano fece sì che fosse conosciuta come San Giorgio al Palazzo. I secoli ci misero mano e la chiesa  venne rifatta e rimaneggiata più volte.

Settecento

 

Ottocento

oggi

L’eco della memoria più antica è presente nelle colonne di pietra romaniche addossate ai pilastri del transetto, nei capitelli diventati acquasantiere, nella targa che ricorda l’Editto di Milano, promulgato da Costantino nel vicino Palazzo.

Quante preghiere nel corso dei secoli si saranno levate in questa chiesa e davanti al Ciclo della Passione di Bernardino Luini?

Il disegno preparatorio è conservato al Louvre, ma noi possiamo guardare questa pala d’altare nella sua pienezza e nelle sue diverse scene.

Nel Cristo schernito, dipinto nella lunetta, c’è anche un po’ di Leonardo. L’espressione e i volti grotteschi dei due aguzzini risentono degli studi sulla fisiognomica del Maestro. Il fondo scuro del dipinto viene aperto alla speranza dal piede sinistro del Cristo che sembra uscire dal quadro per andare verso i fedeli.

La torre campanaria di questa chiesa era altissima e vi furono nascoste le reliquie dei Re Magi, dalla vicina Sant’Eustorgio, per salvarle dal Barbarossa. Tutto fu inutile; i resti vennero trafugati e portati a Colonia e la torre fu fatta mozzare dall’Imperatore.

Godiamoci un momento la piazzetta con l’acciottolato davanti alla chiesa, quasi un angolo da “fuori Milano” e andiamocene alla scoperta di un altro luogo nascosto nel labirinto di vie dietro via Torino.

In via San Sisto, in un piccolo slargo, ecco un’altra chiesa con tanta storia da raccontare.

Fondata da Desiderio, Re dei Longobardi, alla fine dell’VIII secolo, rifatta “baroccamente” da Federico Borromeo, la sua campana suonò per chiamare a raccolta gli insorti delle Cinque Giornate. In questa rivolta, però, fu svuotata degli arredi che divennero barricate.

Iniziò un lento declino e, ormai sconsacrata, divenne un magazzino militare, in attesa di essere abbattuta dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale.

Fu salvata dall’Arte, quando lo scultore Francesco Messina la ottenne per usarla come studio e la fece restaurare, lasciandola poi alla città come museo delle sue opere… e non solo.

Fino a dicembre 2018 possiamo ammirare anche un grande “albero” che si snoda e si avvinghia alla facciata di questa chiesa. La suggestiva opera, intitolata “Radicamenti” è di Leonardo Nava.

Torniamo verso il Carrobbio, dove la nostra via Torino sembra aprirsi a raggiera, oggi come un tempo.

Questa zona è tra le più misteriose e inquietanti di Milano; qui si udivano (e si odono ancora?) i lamenti provenienti dal vicino lebbrosario e quelli delle vittime delle ordalie da parte dell’Inquisizione, qui era rimasto vivo il culto di Mitra, qui si diceva ci fosse un confine tra il mondo dei vivi e quello dei morti.

Torre dei Malsani, già Porta Ticinensis delle mura romane

Beh, non andiamo “oltre”… Non si sa mai…

A presto…

Quanta storia tra le vetrine! Alla scoperta di via Torino (parte prima – San Sebastiano e Casa dei Grifi)

Via Torino è una strada che “sa” di Milano, ne ha il sapore e conosce e conserva memorie della nostra città.

Vetrine, lavoro, traffico, edifici nuovi d’autore, demolizioni e costruzioni: ecco come ci appare a prima vista questa strada che unisce piazza Duomo con corso di Porta Ticinese e con via Cesare Correnti e Porta Genova.

Non è fatta per essere guardata; la nostra attenzione viene attirata dai tanti negozi, dalla gente del mondo che la percorre, dai jumbo-tram che la occupano.

Dietro a questa immagine “a prima vista” c’è un’altra via Torino che si lascia scoprire solo da chi lo vuole. È veramente una strada di Milano, una città, che, come dice Vecchioni, non è puttana e non esibisce le sue bellezze.

Via Torino, così chiamata in onore dell’Unità d’Italia, nasce nel 1865 con la soppressione di alcune strade che in passato avevano ospitato diverse corporazioni di artigiani di alta professionalità.

mappa di inizio Ottocento

In mezzo a tanto fervore architettonico, distruttivo e creativo (“fa’ e disfa’ l’è semper un lavurà”… dicono i vecchi milanesi), alcuni gioielli della storia, come la chiesa di Santa Maria Beltrade, sono andati perduti.

Altri, invece, sono rimasti al loro posto, ma sembrano defilati, come la celebre e bellissima chiesa di San Satiro, risalente all’anno 876, dalla insolita pianta a Tau, con lo sfondo bramantesco che confonde i visitatori con l’illusoria prospettiva.

Intorno a questa chiesa c’è un reticolo di vie tra le quali via Lupetta, dove troviamo, incastonata in un edificio d’angolo con via Torino, una piccola testa di lupa, una new entry per l’arca degli animali della nostra città.

Questa lupa si trova di fronte ad una possente chiesa circolare, il Tempio Civico di San Sebastiano. Non ha sagrato e si apre quasi all’angolo con una viuzza laterale.

Ha una inconsueta forma cilindrica e anche il suo nome è insolito: è, infatti, un Tempio Civico, fatto costruire come voto dal Comune e dai cittadini di Milano. Era il 1577, la peste stava dilagando. I milanesi,  con l’Arcivescovo Carlo Borromeo, non sapevano più a che Santo votarsi.

Venne “scelto” San Sebastiano, un patrizio milanese, ufficiale dei pretoriani, che aveva subito il martirio a Roma al tempo di Diocleziano.

Era molto venerato da Sant’Ambrogio, come ricorda una lapide all’interno della chiesa.

Il 20 gennaio 1578 venne ufficialmente dichiarata la fine della pestilenza e San Sebastiano fu nominato co-patrono di Milano. Da allora la Chiesa Civica accoglie autorità religiose e civili in diverse ricorrenze. L’appartenenza del Tempio ai riconoscenti cittadini di Milano è testimoniata anche dagli stemmi delle sei “Porte” all’interno della chiesa.

Questi stemmi hanno un sapore antico e nuovo. Milano era allora suddivisa in sestieri con i nomi delle porte e ciascuno di  essi comprendeva cinque contrade, una sorta di antico decentramento.

ieri

oggi

Una piccola curiosità: San Sebastiano è il Patrono anche dei Vigili Urbani; se non sappiamo a che santo votarci per evitare le multe, accendiamogli un cero… Non si sa mai.

Facciamo quattropassi e, poco distante dalla chiesa, troviamo, in via Valpetrosa 5, dietro un anonimo ingresso, uno dei più bei cortili della Milano sforzesca, forse progettato del Bramante.

Un tempo era la nobile Casa dei Grifi, famiglia di cui fece parte anche quel famoso Ambrogio Grifi, medico ducale di Ludovico il Moro, nonchè matematico e fisico. Nel corso dei secoli questa dimora divenne un albergo, ed ora è una fantastica casa di ringhiera privata, cresciuta sopra il portico.

Tornando verso via Torino guardiamoci attorno: nello stesso isolato dei Grifi ci sono negozi di moda, un pub e un centro Hare Krishna.

Certo… Milan l’è on gran Milan!

Continua…

Passipermilano? Terzo itinerario nel cuore della nostra città per chi viene la prima volta

È una Milano un po’ meno nota quella che vedremo in questo itinerario per il centro della nostra città.

Dal Lirico raggiungiamo piazza Missori con i resti dell’antica chiesa di San Giovanni in Conca. Sotto questo mozzicone di muro, che fa da “spartitraffico”, possiamo visitare gratuitamente la suggestiva e sorprendente cripta, ricca di storie, leggende e… traslochi di statue e facciate.

Questa piazza è molto cambiata nel tempo: possiamo scoprirlo guardando sulla sua pavimentazione il vecchio perimetro della chiesa.

Ecco di fronte a noi la statua di Giuseppe Missori. Il vero “protagonista” di quest’opera è, però, il cavallo, curvo, stanco e affaticato; il modello non fu un maestoso destriero, ma un povero cavallo da tiro. “Te me paret el caval del Missori” dicono a Milano quando si è giù di tono e ci vorrebbe un ginseng.

Povero Missori, partecipò ai moti del Quarantotto e alla Spedizione dei Mille, salvò la vita a Garibaldi, combattè con valore nelle guerre d’Indipendenza ed ora fa da spalla al suo cavallo. C’est la vie!

Ora raggiungiamo la vivacissima via Torino per visitare la chiesa di San Satiro un po’ defilata, quasi uno scrigno dove si conservano le illusioni.

Entriamo e guardiamo dietro l’altare… ecco la grande trovata dell’illusionista Bramante: l’abside sembra profonda, ma misura meno di un metro.

Via Torino è una delle tante vie di negozi della Milano modaiola. Anche questa è una illusione. Le vetrine (tra l’altro quanti negozi di scarpe per i nostri quattropassi!) sviano l’attenzione da una seconda lettura di questa via.

E’ come un tessuto di fili diversi; ci sono le vetrine (da sempre la zona ha vocazione commerciale: via Spadari, via Speronari, via Orefici…), ma anche vicoli, chiese poco conosciute, improvvise piazzette dove sostare per un gelato e dirsi: “ma non sembra di essere a Milano”. Troppo interessante… ve la racconteremo in un’altra passeggiata.

Da via Torino andiamo verso piazza Affari. Ci sono tante vie piccole e tortuose; si può passare anche da piazza Santa Maria Beltrade, con il palazzo d’angolo del Portaluppi, la chiesa che non esiste più ma dà il nome alla piazza e un portalino del Cinquecento quasi nascosto.

Da qui si può raggiungere quello che per Leonardo era il vero centro di Milano, la chiesa di San Sepolcro, dove si trovava il Foro di Mediolanum, con l’incrocio di cardo e decumano.

Cosa scegliere di vedere: la chiesa dell’anno Mille, la cripta che mozza il fiato con le moderne mostre poggiate sull’antica pavimentazione romana, la Torre Littoria del Portaluppi, palazzo Castani, una grata misteriosa?

Di fianco alla chiesa ecco l’Ambrosiana con la statua dal Cardinale Federico Borromeo, che l’ha realizzata.

Volutamente non proponiamo in questo itinerario visite ai vari musei, ma come non ricordare che qui ci sono la “Canestra di Frutta” di Caravaggio, il “Ritratto di Musico” e numerose pagine del “Codice Atlantico” di Leonardo, il cartone della “Scuola di Atene” di Raffaello? Non solo, c’è anche una ciocca di capelli della bionda Lucrezia Borgia!

Nella nostra passeggiata possiamo, inoltre, dare un’occhiata ai balconi liberty di via Spadari e magari anche alla supergastronomia del Peck e ai diversi negozi golosi.

Andando verso piazza Affari guardiamo due targhe: l’una ricorda il milanesissimo “Tiremm innanz” di Amatore Sciesa, l’altra racconta che qui nacque l’amore  tra Ernest Hemingway e l’infermiera di “Addio alle Armi”. “Sapessi come è strano sentirsi innamorati a Milano”…

Non è finita qui. Abbiamo raggiunto piazza Affari, col Palazzo Mezzanotte, sede della Borsa, e un’altra statua: il Dito di Maurizio Cattelan.

Anche questa è una piazza con un sopra e un sotto: sopra un palazzone di epoca fascista, tutto bianco e così diverso da quelli, dai colori soft, che sono cresciuti nel tempo in questa zona, e una statua (un saluto romano con dita mozzate?) altrettanto bianca, quasi ciò che resta di una scultura gigantesca tornata alla luce.

Su un lato di Palazzo Mezzanotte però, vediamo la pianta del Teatro Romano i cui resti si trovano proprio sotto i nostri piedi. Era un megateatro, quasi un Palaforum dell’epoca per spettacoli ed eventi.

In questa zona oggi c’è il Gotha della finanza, ma i nomi delle vie ricordano che anche secoli fa qui c’erano i danee.

Ci sono, però, anche strade col nome di antiche chiese: San Vittore al Teatro, Santa Maria alla Porta, dove troviamo una bella sorpresa: è ciò che resta di una antica cappella con un affresco della Madonna con Bambino di fronte a un pavimento grigio di cemento.

Viene chiamata “la Madonna del Grembiule”. Nel lontano 1600 un muratore stava lavorando alle pareti della vecchia chiesa quando venne alla luce, tra le macerie e le picconate, l’affresco. L’uomo lo pulì devotamente col suo grembiule di lavoro e guarì all’improvviso dalla sua zoppia.

La cappella fu poi distrutta dai bombardamenti dell’ultima guerra mondiale, ma “rivenne” alla luce col suo bellissimo pavimento, oggi coperto per proteggerlo in attesa di un costoso restauro. Ci vorrebbe un altro grembiule…

Tornando verso piazza Affari diamo un altro sguardo al Dito, il cui nome ufficiale è L.O.V.E., acronimo di Libertà, Odio, Vendetta, Eternità. Ma a chi è rivolto il gesto provocatorio? Alla Borsa o è la Borsa che lo rivolge a noi? Meglio lasciare all’immaginazione di ciascuno…

Lasciamo la nostra Wall Street e, attraversata via Orefici, approdiamo in quel gioiello, in parziale restauro, che è piazza Mercanti. Era una piazza laica, dominata dal Broletto, dove nel Medioevo si tenevano le contrattazioni economiche, una sorta di antica Borsa.

Poi Maria Teresa mise un “cappellaccio” sopra il Broletto, quasi per schiacciarlo.

Ci voleva ben altro, però, per abbattere la cinghialessa legata alle leggendarie origini di Milano. Dopo secoli è sempre lì, su una arcata del Broletto, piccola come era allora la nostra città, ma solida come la roccia.

A presto…