Via Torino è una strada che “sa” di Milano, ne ha il sapore e conosce e conserva memorie della nostra città.
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Vetrine, lavoro, traffico, edifici nuovi d’autore, demolizioni e costruzioni: ecco come ci appare a prima vista questa strada che unisce piazza Duomo con corso di Porta Ticinese e con via Cesare Correnti e Porta Genova.
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Non è fatta per essere guardata; la nostra attenzione viene attirata dai tanti negozi, dalla gente del mondo che la percorre, dai jumbo-tram che la occupano.
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Dietro a questa immagine “a prima vista” c’è un’altra via Torino che si lascia scoprire solo da chi lo vuole. È veramente una strada di Milano, una città, che, come dice Vecchioni, non è puttana e non esibisce le sue bellezze.
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Via Torino, così chiamata in onore dell’Unità d’Italia, nasce nel 1865 con la soppressione di alcune strade che in passato avevano ospitato diverse corporazioni di artigiani di alta professionalità.
In mezzo a tanto fervore architettonico, distruttivo e creativo (“fa’ e disfa’ l’è semper un lavurà”… dicono i vecchi milanesi), alcuni gioielli della storia, come la chiesa di Santa Maria Beltrade, sono andati perduti.
Altri, invece, sono rimasti al loro posto, ma sembrano defilati, come la celebre e bellissima chiesa di San Satiro, risalente all’anno 876, dalla insolita pianta a Tau, con lo sfondo bramantesco che confonde i visitatori con l’illusoria prospettiva.
Intorno a questa chiesa c’è un reticolo di vie tra le quali via Lupetta, dove troviamo, incastonata in un edificio d’angolo con via Torino, una piccola testa di lupa, una new entry per l’arca degli animali della nostra città.
Questa lupa si trova di fronte ad una possente chiesa circolare, il Tempio Civico di San Sebastiano. Non ha sagrato e si apre quasi all’angolo con una viuzza laterale.
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Ha una inconsueta forma cilindrica e anche il suo nome è insolito: è, infatti, un Tempio Civico, fatto costruire come voto dal Comune e dai cittadini di Milano. Era il 1577, la peste stava dilagando. I milanesi, con l’Arcivescovo Carlo Borromeo, non sapevano più a che Santo votarsi.
Venne “scelto” San Sebastiano, un patrizio milanese, ufficiale dei pretoriani, che aveva subito il martirio a Roma al tempo di Diocleziano.
Era molto venerato da Sant’Ambrogio, come ricorda una lapide all’interno della chiesa.
Il 20 gennaio 1578 venne ufficialmente dichiarata la fine della pestilenza e San Sebastiano fu nominato co-patrono di Milano. Da allora la Chiesa Civica accoglie autorità religiose e civili in diverse ricorrenze. L’appartenenza del Tempio ai riconoscenti cittadini di Milano è testimoniata anche dagli stemmi delle sei “Porte” all’interno della chiesa.
Questi stemmi hanno un sapore antico e nuovo. Milano era allora suddivisa in sestieri con i nomi delle porte e ciascuno di essi comprendeva cinque contrade, una sorta di antico decentramento.
Una piccola curiosità: San Sebastiano è il Patrono anche dei Vigili Urbani; se non sappiamo a che santo votarci per evitare le multe, accendiamogli un cero… Non si sa mai.
Facciamo quattropassi e, poco distante dalla chiesa, troviamo, in via Valpetrosa 5, dietro un anonimo ingresso, uno dei più bei cortili della Milano sforzesca, forse progettato del Bramante.
Un tempo era la nobile Casa dei Grifi, famiglia di cui fece parte anche quel famoso Ambrogio Grifi, medico ducale di Ludovico il Moro, nonchè matematico e fisico. Nel corso dei secoli questa dimora divenne un albergo, ed ora è una fantastica casa di ringhiera privata, cresciuta sopra il portico.
Tornando verso via Torino guardiamoci attorno: nello stesso isolato dei Grifi ci sono negozi di moda, un pub e un centro Hare Krishna.
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