I Templari c’entrano sempre… Itinerario DOC a Milano (parte terza)

Riprendiamo il nostro itinerario sulle tracce dei Templari a Milano, che avevano fondato, come ci suggerisce la toponomastica, una precettoria, o commenda, nella via omonima, circondata da campi coltivati (orti, brolo) e boschi (braida).

 

Chi erano i Templari, come erano giunti nella nostra città e quali tracce si sono salvate dall’oblio in cui furono fatti precipitare?

 Venerdì 13 e altre curiosità

Il loro fascino oscuro, fatto di storie e leggende, continua ancora oggi persino nei modi di dire. Perchè, ad esempio, diciamo che Venerdì 13 è un giorno sfortunato? Nel lontano 1307, venerdì 13 ottobre, i Templari vennero fatti arrestare dal Re di Francia, Filippo il Bello. Iniziò così la loro fine, fuga o “metamorfosi”.

 

 

Perchè le caravelle di Colombo (quasi duecento anni dopo) avevano sulle vele la croce templare? Sappiamo che il suocero portoghese del navigatore era un cartografo. Aveva forse antiche mappe segrete indicanti rotte per nuove terre oltre oceano? I Templari ci erano forse già stati?

 

 

Un’altra curiosità: diversi articoli riportano studi che hanno esaminato la dieta di questi monaci guerrieri, molto più longevi (salvo, ovviamente, morti violente) dei loro contemporanei.

https://www.lacucinaitaliana.it/news/salute-e-nutrizione/il-segreto-della-longevita-la-dieta-dei-templari/

I Templari, è stato scoperto, seguivano una dieta “mediterranea”, ricca di Omega3 e di succo di aloe, come consigliano oggi, con ben altre conoscenze, i più moderni nutrizionisti.

 

 

La nascita dei Templari. Storia e leggende

Ancora una volta la toponomastica di Porta Romana ci indica un lontano passato.

 

 

Già dai primi secoli i pellegrinaggi a Roma e in Terra Santa erano una pratica di fede. Con un bastone, una bisaccia e un cappello, i pellegrini cercavano di raggiungere per terra (attraverso la penisola balcanica) o per mare (da Brindisi dove termina la Via Appia) la Palestina. 

 

 

Il viaggio non era certo facile e agevole. Non solo strade polverose, boschi, imboscate di briganti, malattie, ma anche la situazione politica della zona era pericolosa per le contese coi musulmani per i luoghi sacri. La basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme, che era caduta in mani arabe, era stata riconquistata nella Prima Crociata nel 1099.

 

 

Quando, però, i Crociati iniziarono a fare ritorno in patria, i pellegrini furono nuovamente attaccati da briganti e predoni saraceni. Nel 1114 il cavaliere francese Hugues de Payns, giunse a Gerusalemme con altri nove cavalieri ed ebbe l’idea di istituire una comunità di monaci-guerrieri in difesa armata dei pellegrini, dei Luoghi Santi e, forse, anche per cercare “qualcosa”…

 

 

Il Re di Gerusalemme assegnò loro una postazione sulle rovine dell’antico Tempio di Salomone, con gli immensi sotterranei come “scuderie”. Era un luogo carico di fede e di “reliquie” leggendarie…

 

 

Quando, nel 1119, un gruppo di settecento pellegrini disarmati fu brutalmente attaccato dai saraceni, il progetto di Hugues de Payns venne autorizzato. Si costituì così l’Ordine dei Templari (da “Tempio”) che univa gli ideali della cavalleria a quelli della religione. Loro ideologo fu San Bernardo da Clairvaux che scrisse la regola a cui doveva attenersi la “nova militia”. 

 

 

Intanto, per studiare testi e antichi saperi, forse là ritrovati, si era riunito, in una Abbazia francese, il meglio dei dotti cristiani, rabbini e arabi. I nove cavalieri restarono a Gerusalemme ben dieci anni a scavare tra le rovine del Tempio. Cosa cercavano? Fecero poi ritorno in Francia nel 1128 con un enorme bagaglio di conoscenze che furono applicate in diversi campi (architettura, scoperte geografiche, nozioni “arcane” per l’epoca, che offrirono poi il pretesto per accusare in seguito i Templari anche di stregonaria).

 

 

A Milano

In pochi anni i Templari crebbero di numero e di potere. Si occuparono anche, nei diversi paesi, di agricoltura e di economia. I breve divennero una potenza economica pari a quella di altri Stati, come la Francia. A loro si deve anche l’invenzione della “lettera di credito”, un sistema per cui un pellegrino poteva riscuotere altrove il denaro che aveva già versato ai Templari. Una sorta di moderno Travellers Cheque .

 

 

A Milano giunsero tra il 1132 e il 1135 al seguito di San Bernardo. Probabilmente si fermarono nella basilica di Sant’Ambrogio dove si trovano le misteriose scacchiere a loro attribuite. In genere si dice che si riferiscano al gioco degli scacchi, ma i monaci non sembra vi giocassero. Inoltre queste scacchiere hanno un numero diverso di caselle e sono stranamente orientate. Contengono forse qualche messaggio criptato?

 

 

Sulla facciata della Basilica ci sono anche un’immagine di San Bernardo e un medaglione da interpretare…: perchè?

 

 

Altro luogo “templare” è lAbbazia di Chiaravalle (traduzione di Clairvaux) fondata da Bernardo, tra boschi e risorgive, lungo la strada che esce da Porta Romana. Anni dopo, verrà tumulata qui, nel cimitero dei monaci, Guglielmina Boema, strano personaggio, considerata prima quasi una “papessa”, poi dichiarata eretica. Infatti il suo corpo verrà poi rimosso e messo al rogo assieme ai suoi seguaci. Un’altra inquietante storia…

 

 

Nel chiostro dell’Abbazia notiamo una serie di doppie colonne, la cui origine, carica di significati simbolici, risalirebbe ai Sumeri e agli antichi Egizi. Interessanti sono anche le colonne annodate, con aquile sui capitelli, simbolo di San Giovanni Evangelista, rivolte ai quattro punti cardinali.

 

 

Un’altra doppia colonna la troviamo alla Cascina Linterno (zona Baggio) con capitelli a testa di cavallo.

 

 

Poco distante, alla Cascina Barocco, c’è sull’antico ingresso una croce templare. Anche in questa zona, dunque, c’era probabilmente una “grangia”, complesso di edifici e terreni retti da una comunità templare che si occupava di agricoltura avanzata, sfruttando le marcite e facendo coltivare i campi a contadini salariati.

 

 

Una Commenda templare, come abbiamo già visto, si trovava vicino a Porta Romana, poco distante dalla chiesa di San Nazaro in Brolo, dove si dice esserci una tomba templare.

 

 

Qui, o più probabilmente nella stessa Commenda, dimorò il Barbarossa quando assediò Milano, con l’esercito accampato nei prati vicini.

L’Ordine Templare aveva dunque in Milano terre coltivate, boschi, cascine, mulini, mandrie e appoggi politici. Sono documentati diversi lasciti testamentari in loro favore, tra cui le terre di un certo Fra’ Dalmazio da Verzario che potrebbe aver dato il nome all’attuale Verziere. Un’altra indicazione dalla toponomastica milanese.

La fine (o la metamorfosi)?

Le loro ingenti ricchezze erano tali da poter prestare al Re di Francia una cifra immensa; invece di onorare il debito, Filippo il Bello li accusò di eresia e di ogni altro misfatto. Il Papa prese tempo e non intervenne. I Templari vennero arrestati, imprigionati e torturati per ottenere le loro confessioni. Infine, dopo anni, furono messi al rogo, l’Ordine sciolto, i beni confiscati e cancellate anche le loro tracce.

 

 

Filippo e il Papa non sopravvissero a lungo. Jacques de Molay, il Gran Maestro messo al rogo, avrebbe lanciato loro una maledizione. Il Papa morì poco dopo e Filippo qualche mese più tardi dopo una caduta da cavallo durante una battuta di caccia, così come i suoi tre figli che, uno dopo l’altro, gli erano succeduti. Si dice anche che, secoli dopo accompagnando alla ghigliottina Luigi XVI, ultimo Re di Francia, il boia gli avrebbe sussurrato di essere un Templare e di portare a compimento la maledizione del Gran Maestro.

 

 

Infine un altro mistero: prima che i Templari fossero arrestati, la loro flotta, una delle più potenti dell’epoca, forse per una soffiata dei loro servizi segreti, partì dal porto di La Rochelle, sull’Atlantico (perchè aveva la base lì e non nel Mediterraneo?) per chissà dove, con quali segreti e con quali tesori…

In fondo i Templari c’entrano sempre.

A presto…

 

 

 

I Templari c’entrano sempre …. Itinerario DOC a porta Romana (parte seconda)

Riprendiamo il nostro itinerario sulla tracce dei Templari a Porta Romana, ancora da via Orti. In questa rara fotografia del primo Novecento, vediamo un piccolo borgo con una casa che lo chiude. Un anziano abitante della zona ci ha detto che il portone sul fondo serviva anche da passaggio tra le vie.

 

 

Solo pochi decenni prima (1870 circa), via Orti era prevalentemente agricola, con qualche casupola. Un piccolo quiz: quali campanili si riconoscono sullo sfondo?

 

 

“Là dove c’era l’erba, ora c’è una città”, cantava Celentano. La toponomastica di questa zona ci riporta a un tempo molto lontano. Infatti una piccola traversa di via Orti ha un nome molto antico, di origine longobarda: via della Braida.

 

 

Se cerchiamo sul Dizionario Treccani scopriamo che “braida” significa “campo suburbano coltivato a prato”. La via, ora, pur mantenendo un aspetto un po’ privé, ha un teatro che dà la sensazione di esser parte della scena, un bellissimo bistrot con musica dal vivo con serate di jazz ed eventi, una galleria d’arte.

 

 

Ancora la toponomastica ci svela un passato forse poco conosciuto. Via Orti, infatti, incrocia una lunga strada che tutti conosciamo: via della Commenda.

 

 

Ci sono scuole della tradizione milanese (Berchet, Majno, Istituto Zaccaria) e soprattutto il Policlinico, la Mangiagalli, la De Marchi, il Cesarina Riva… E’ di pochi mesi fa la notizia che durante alcuni scavi per rinnovare l’ospedale, sembra siano state trovate tracce di una Commenda Templare.

 

 

Infatti, proprio in questa zona, esisteva un antico insediamento di monaci-guerrieri, con intorno terreni fatti coltivare da contadini. Non avendo immagini al riguardo, riportiamo il disegno di una “Commenda” francese.

 

 

 La struttura milanese sarebbe stata localizzata tra le attuali via della Commenda e via Manfredo Fanti. C’era anche di una chiesetta templare “Santa Maria del Tempio” che, dopo aver cambiato più volte nome e, caduti i Templari, anche l’Ordine di appartenenza, sarebbe stata abbattuta per costruire la De Marchi e altri padiglioni.

 

Strano, ma vero, di questa chiesetta esistono notizie scritte, ma non abbiamo trovato alcuna immagine. Continuiamo il nostro itinerario e incontriamo un tabernacolo della Madonna, copia di un dipinto della metà del Cinquecento, presente da allora in questa zona, protetto da una grata.

 

E’ la “Madonna della Provvidenza”, conosciuta più comunemente come “Madonna della Febbre” alla quale si rivolgevano gli ammalati. Ora è inserito nella facciata dell’Istituto Zaccaria, proprio in mezzo agli ospedali.

Il nostro itinerario sulle tracce dei Templari continua…

A presto…

 

 

 

I Templari c’entrano sempre… Itinerario DOC a Porta Romana (parte prima – via Orti)

Ancora una volta Milano ci lascia stupiti per le storie intriganti che, riservata e sorniona, custodisce.
L’idea iniziale per questo articolo era di fare quattropassi a Porta Romana per vedere l’ex “convento” di via Orti, diventato un mega progetto residenziale col nome di Horti, e il suo piccolo giardino da poco aperto al pubblico.

 

 

Abbiamo così scoperto una via vivacissima e l’antico passato di questa zona nella quale erano presenti i misteriosi Templari, monaci-guerrieri entrati nella leggenda. Cercheremo di scoprire le loro tracce rimaste a Milano nei prossimi articoli, in un itinerario DOC.

 

 

Andiamo con ordine partendo dalla toponomastica che, in questa ricerca, sarà una guida per ritrovare il passato sommerso che affiora qua e là, come una risorgiva nel sud della nostra città.

 

 

Via Orti. Non esiste un signor Orti o una gentile fioraia che abbiano dato il nome a questa via.
Via Orti si chiama così perché qui c’era un’area agricola appartenente al cosiddetto “Patrimonio di Sant’Ambrogio“, come venivano chiamati i terreni di proprietà dell’arcivescovado milanese. Parte di questi, in particolare, a suo tempo, erano assegnati ai Templari.

 

 

I terreni agricoli di questa zona erano extra-moenia, fuori dalla città di allora, ma poco distanti dalla Via Porticata, ora corso di Porta Romana, una delle strade principali di accesso a Milano.

 

 

Sono passati secoli e ora via Orti è stata riqualificata ed è un esempio di come la nostra città sappia crescere e trasformarsi pur riuscendo a conservare una solida concretezza tutta meneghina e una memoria storica da capire piano piano.

 

 

Si tratta di una via un po’ tante cose insieme: volti, attività e mestieri tutti diversi tra loro.

 

 

Molti negozi si trovano in case d’epoca che fanno di questa via quasi un piccolo borgo con angoli caratteristici difficili da trovare nel nostro centro storico; alcuni di questi negozi conservano le loro tradizioni, altri sono diventati bar e ristoranti più o meno di tendenza.

 

 

Le attività sono spesso artigianali, di grande gusto e qualità.

 

 

Non manca lo spazio dedicato alla cultura tradizionale con una grande libreria, ma cultura sono anche le botteghe storiche e i mestieri presenti in questo “borgo”.

 

 

Infine, dietro ad un vecchio portone, ci sono gli “Horti”, il nuovissimo centro residenziale, firmato De Lucchi, sorto al posto di un convento in disuso del quale si conserva la vecchia chiesa trasformata in SPA… per il benessere del corpo.

 

L’area faceva parte di un complesso religioso-assistenziale del quale è ancora attiva la Fondazione Moscati, per la cura delle persone anziane in difficoltà.

 

La nuova struttura residenziale ha cercato di mantenere un po’ di sapore antico con le persiane e alcuni giardinetti privati.

 

 

Davanti alla residenza è stato ricavato un piccolo giardino aperto al pubblico con qualche panchina e spazi verdi con erbe officinali e aromatiche, come era un tempo.

 

Per ora non sembra uno spazio vivace, forse manca ancora la gente… Perchè non andarlo a vedere magari con un libro sui Templari?

 

 

Nei prossimi articoli seguiremo le antiche tracce dei Templari e la loro tragica e misteriosa storia ci farà conoscere qualche altro tassello della nostra città.

A presto…

 

 

 

 

 

 

 

Itinerario Abbazia di Chiaravalle (Parte seconda – l’Interno)

L’Abbazia è bellissima e merita, se possibile, un’accurata visita, meglio se guidata.

L’Ingresso

I riquadri del bel portone centrale in legno, risalente al XVI secolo, ci raccontano le origini dell’Ordine Cistercense. In alto le cicogne, animali di palude, divenute un po’ simbolo dell’Abbazia di Chiaravalle.

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Negli altri riquadri sono scolpite le immagini dei principali santi all’origine dell’Ordine, tra i quali San Bernardo; gli altri sono forse meno noti, ma le loro storie ci raccontano trame sconosciute ancora da scoprire.

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Tra questi personaggi è raffigurato Santo Stefano Harding, un priore inglese del 1100, Abate di Citeaux (Cistercium in latino, da cui deriva Cistercensi). Studioso di testi ebraici  era legato ad alcuni esponenti dei Templari, i Monaci Guerrieri impegnati in Terrasanta.

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Egli organizzò nella sua Abbazia una sorta di brian storming. Per sei anni consecutivi riunì i migliori cervelli del suo Ordine e del mondo rabbinico per studiare antichi testi ebraici; fra i monaci c’era anche San Bernardo. Lavoravano su informazioni portate dai Templari relative ad arcani segreti e tesori custoditi in Terrasanta?

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Fu anche in seguito a questi studi che un nobile francese, Hugues de Payns, fondatore e Maestro dell’Ordine Templare, andò di nuovo in Terrasanta.

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Al suo rientro in patria, vennero donate all’Abate inglese delle terre. Perchè? Una donazione per le scoperte fatte? Su alcune di queste terre poi San Bernardo fece costruire l’Abbazia di Clairvaux e ne divenne l’Abate.

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San Bernardo consacrò l’Ordine Templare e ne divenne l’ideologo. I Monaci Guerrieri lo accompagnarono anche quando venne a Milano per dirimere una difficile questione tra Papa e antipapa.

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Sulle terre che gli erano state donate per gratitudine dai milanesi, San Bernardo fondò la nostra Abbazia di Chiaravalle, tutta da scoprire ancora oggi.

L’Interno

Entriamo. Si respira qualcosa di antico e di profondamente mistico entrando in Abbazia. Grandi colonne in mattoni scandiscono i volumi e ci spingono a guardare verso l’alto.

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Sulla destra un piccolo busto, risalente al 1600, di San Bernardo quasi si perde nello spazio.

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L’Abbazia non è molto ricca di decorazioni e di affreschi, ma quelli sulla controfacciata e nel transetto ci hanno fatto pensare a come le chiese in generale, siano diventate, nel corso dei secoli, una sorta di “cinema” per i fedeli con rappresentazioni di scene e di episodi sacri da “vedere” per conoscere oltre le parole.

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San Bernardo ci appare in un grande affresco dei Fiammenghini (1614) sulla controfacciata con l’immagine dell’Abbazia tra le mani. Sullo sfondo la Milano del tempo coi Bastioni Spagnoli e il Duomo ancora povero di guglie. La Milano del lavoro e del fare è rappresentata da alcuni muratori che stanno costruendo l’Abbazia.

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Altra affreschi sono presenti nel transetto. Sul lato di sinistra è rappresentato il sacrificio dei Martiri, tra cui l’eccidio, avvenuto in Polonia, delle monache cistercensi di Vittavia. È una scena di grande drammaticità  e movimento in contrasto con gli affreschi del transetto destro, sempre dei Fiammenghini, che raccontano episodi della storia dell’Ordine.

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Non perdiamoci, in cima alla scala che portava all’antico dormitorio, la cosiddetta “Madonna della Buonanotte”, uno dei primi dipinti di Bernardino Luini, immagine serena e protettiva alla quale i Monaci rivolgevano un’ultimo saluto prima di coricarsi dopo il lavoro e i travagli della giornata.

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Ecco altri assaggi di questo cibo per la mente che ci offre l’Abbazia; sono opere d’arte rese più stuzzicanti da un pizzico di mistero o di fantasy, se si preferisce. L’Angelo enigmatico di Manzù fa da custode all’ingresso del piccolo cimitero dei Monaci (cui si accede dal transetto sinistro) dove c’è la cappella dell’eretica, già venerata come santa, Guglielmina Boema.

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Soffermiamoci sull’ultima cappella di fronte all’Angelo, dedicata a Maria Maddalena.

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Sulle pareti e sulla piccola volta vediamo le immagini della Maddalena dai lunghi capelli e di altre sante, con un calice tra le mani.

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Il pittore di allora pensava forse alla coppa del Sang Real? Godiamoci il senso del mistero.

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Ad una storia di peccato e redenzione ci rimanda lo straordinario coro ligneo del XVII secolo, opera di un artista lombardo, Carlo Garavaglia. Di lui poco si sa, ma si racconta che avesse trovato asilo nell’Abbazia dopo aver ucciso un fratello.

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Come nella storia di San Pietro Martire di Sant’Eustorgio, l’assassino, per espiare le proprie colpe, si fece monaco. Chissà se, intagliando minuziosamente il legno e ascoltando i canti gregoriani dei Monaci seduti sugli scranni del suo coro, la sua anima avrà trovato pace? Anche noi, oggi, possiamo trovare un momento di pace in questa Abbazia che si fa musica per lo spirito.

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Il Chiostro 

Una piccola porta della navata destra ci introduce allo splendido chiostro. Probabilmente in origine era in legno; quello attuale fu in parte ricostruito a metà Ottocento utilizzando il materiale ritrovato in loco.

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Entrando nel chiostro un bell’affresco cinquecentesco della Madonna e San Bernardo che ci guardano ed una lapide antica ci raccontano un po’ di storia dell’Abbazia.

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Il chiostro rappresenta un percorso dello spirito, una sorta di itinerario molto, molto DOC.

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Il lato est e quello a sud simboleggiavano l’abbandono di sé e degli altri; quelli orientati a ovest e a nord l’amore degli altri e di Dio.

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Forse le tante colonnine presenti indicavano i passi verso una crescita spirituale.  

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E quelle annodate, coi loro intrecci, cosa simboleggiavano?

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Eccone una lettura religiosa: “ Esse esprimono il più grande mistero della fede:la Trinità di Dio. C’è un solo Dio in tre Persone uguali e distinte: Padre e Figlio espressi con le due colonnine annodate; e c’è lo Spirito Santo il cui simbolo è il nodo. ( Monsignor Valente Moretti).

La Sala Capitolare

Altro cibo da far assaporare alla nostra mente è la Sala Capitolare che si apre sul chiostro, coi graffiti di scuola bramantesca che ci rimandano alla Milano di un tempo e che servirono al nostro mitico Luca Beltrami per ricostruire la Torre del Filarete.

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Il Refettorio

Come non terminare il “buon cibo” di Chiaravalle con il Refettorio ancora oggi utilizzato dai Monaci e… non solo?

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L’Abbazia di Chiaravalle ha da sempre avuto la vocazione all’accoglienza e all’ospitalità. Situata tra la via Romana e la Vigentina ha accolto pellegrini e re come Francesco I, Carlo V e Federico Barbarossa. Vi si fermavano malati da risanare, gente da sfamare e aiutare, ma anche predoni che taglieggiavano e razziavano.

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Oggi è possibile essere ospitati per qualche notte in Abbazia, mangiando coi Monaci nel refettorio, per sperimentare il silenzio monastico, scandito dall’orologio delle preghiere invece che da un Rolex.

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Per informazioni e per chiedere ospitalità: http://www.monasterochiaravalle.it

Continua…

Il Cammino dei Monaci (Parte Quinta – l’Abbazia di Chiaravalle)

Riprendiamo i nostri passipermilano sul Cammino dei Monaci, raggiungendo l’Abbazia di Chiaravalle.

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È un itinerario DOC, lento e insolito, come quelli tornati di moda oggi, specialmente per una città considerata spesso, e a torto, frettolosa e povera di passato da riscoprire.

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Da San Lorenzo, seguendo il corso della Vettabbia. ripercoriamo i passi dei monaci e dei pellegrini verso Chiaravalle, un cammino fatto di prodotti da vendere e di spiritualità da conservare.

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Perchè non rifare questo Cammino ancora oggi, magari a tappe, con la bici o i mezzi pubblici, per ritrovare luoghi d’arte o per uscire dalla routine del solito giro in centro per negozi, concedendo a noi stessi il dono di un momento diverso a Km 0?

cammino dei monaci

L’Abbazia di Chiaravalle

Da qualunque strada proveniamo, l’alta torre nolare (metri 56,28), per i milanesi la “Ciribiciaccola” è come un faro tra i campi che indica la meta.

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Grande è il contrasto tra il paesaggio agricolo e questa torre imponente e leggera insieme.

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L’Abbazia venne fondata nel 1135 da Bernardo, un monaco francese di nobile origini, che già in Francia aveva dato vita ad altri monasteri, tra i quali quello di Clairvaux.

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Il nome Bernardo è familiare, ripreso in tanti contesti diversi: un’acqua minerale, due passi alpini, (uno dei quali sulla Via Francigena) la forte e bonaria tenerezza di una razza di cagnoloni con la borraccia da soccorso, e chissà quant’altro ancora… ma riguardano un altro San Bernardo!

Bernardo da Mentone

Bernardo d’Aosta

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via Francigena

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San Bernardo da Chiaravalle non fu un mite fraticello dedito solo al lavoro e alla preghiera; fu un grandissimo mistico, una personalità forte e potente, fra le più importanti e riconosciute del suo tempo in campo politico e religioso, che sarà anche guida di Dante negli ultimi tre canti del Paradiso.

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S. Bernardo II CRociata

S. Bernardo predica la II Crociata

 

Giunse a Milano per risolvere una difficile questione scismatica tra Papa e antipapa, scortato nientemeno che da un gruppo di monaci-guerrieri, i Templari.

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Non solo: Bernardo fu anche, secondo alcuni, l’ideologo e l’ispiratore della Regola di quest’Ordine.

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http://novamilitiachristi.altervista.org/la-regola-di-san-bernardo.html

Rifiutata la carica di Arcivescovo, che i milanesi gli avevano offerto, fece erigere una Abbazia dell’ Ordine Cistercense, cui apparteneva, la prima in Italia, sui terreni di Rovegnano, tra le paludi e le sterpaglie, fuori le mura della città.

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Che siano i terreni di cui parla un documento del 1135, citato da più fonti, relativo alla donazione da parte di due cittadini milanesi all’Ordine Templare in località Rovegnano? Chissà se questa Abbazia sorge su terre templari? Su una porticina del cortile abbiamo trovato questa targa; ma i Templari abitano ancora qui?

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Non vi viene voglia di venire a vedere subito questa magnifica Abbazia che ci riserva molte sorprese?

A presto!

Itinerario Basilica di Sant’Ambrogio (Parte Prima – l’esterno)

Visitare la Basilica di Sant’Ambrogio è come fare un viaggio nel cuore di Milano e dei milanesi, ovunque siano nati. Ci sono austerità e mistero, severità e sorriso con un tantino di ironia in questa Basilica da scoprire piano piano, come sempre accade quando si voglia capire meglio la nostra città.

Già l’accesso può lasciare indifferenti ad un primo sguardo o stupiti e attoniti. Infatti ci appare come una piccola fortezza, con una pusterla  (antica porta medievale) che si presenta come un primo baluardo o come un invito ad entrare.

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Non dimentichiamo, infatti, che a fianco della nostra basilica, in mezzo alla vita della città, c’è la Colonna del Diavolo,  sotto la quale, secondo la leggenda, c’è un passaggio addirittura per l’Inferno.

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Dopo queste premesse che già introducono ad un mondo di realtà, leggende e mistero, varchiamo la soglia del cortile, l’Atrio di Ansperto.

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La Basilica ci appare costruita in mattoni, secondo l’uso di utilizzare materiale locale, con due logge sovrapposte, e già vediamo qualcosa di insolito: la Basilica ha due campanili, fatto poco comune nelle chiese italiane.

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Questi campanili, non coevi, di altezza diversa, sono frutto di una lunga bega di “condominio” tra Canonici e Monaci. Infatti il campanile più basso e tozzo, il più antico (IX secolo), era quello dei Monaci, mentre quello più alto, che risale all’ XI secolo, era quello dei Canonici.

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Soffermiamoci un momento nell’Atrio di Ansperto, che serviva per accogliere i pellegrini o chi non aveva ancora ricevuto il Battesimo; è ricco di lapidi, sarcofagi…

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Tutto “normale”? Sembrerebbe di no; infatti è pieno di elementi misteriosi e di varia interpretazione.

Se guardiamo i capitelli delle colonne del portico, vediamo scolpiti animali comuni, ma anche creature fantastiche come grifoni, draghi, centauri, ecc.

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Questo ricorda un po’ la statuaria del Duomo, dove viene rappresentato tutto il creato, nelle sue infinite varietà, con pericoli e tentazioni. Ma c’è un’altra interpretazione molto suggestiva e in clima con la Colonna del Diavolo. Queste figure sono forse immagini allegoriche della lotta del Bene contro il Male? La Croce che compare tra queste immagini è forse un baluardo in questa eterna lotta?

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Questa interpretazione ci porta anche a cercare di capire il significato della misteriosa scacchiera a rombo fatta di caselle bianche e rosse, posta sul lato destro della facciata della Basilica, accanto al portone principale.

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Non è l’unica, ce ne sono altre tre; una è all’esterno, alla base del campanile più basso, posta sopra tre misteriose linee bianche. e le altre due si trovano all’interno, in parte rovinate e di difficile individuazione.

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Sempre sulla facciata, ma vicino alla porta di sinistra, troviamo questa immagine, che secondo alcune interpretazioni, raffigurerebbe San Bernardo di Clairvaux, colui che scrisse la regola dei Templari; sotto il tondo si trova una croce che ricorda una croce patente, come quelle usate da quei cavalieri.

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Sappiamo che i Templari furono alloggiati nel chiostro di Sant’Ambrogio dopo il 1100, al ritorno dalla Terra Santa, e potrebbero aver fatto conoscere il gioco degli scacchi, di origine indiana. I pezzi della scacchiera sono bianchi e neri e i due “eserciti” sono in lotta tra loro per sconfiggere il re avversario.

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Cosa significano queste scacchiere poste all’ingresso della nostra Basilica e al suo interno? Non ci sono risposte, altrimenti che mistero sarebbe!