Quella 2020 sarà ricordata come la Fashion Week del coronavirus. Ci riscopriamo più fragili, ma dalle difficoltà si può imparare qualcosa per ricominciare e diventare migliori.
Rendiamo omaggio alla Settimana della Moda, uno degli elementi trainanti del Made in Italy e della nostra economia, parlando della bella mostra a Palazzo Morando, dedicata allo “Stile Milano, storie di eleganza”.
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È sempre un piacere visitare questo palazzo che ospita una bella serie di quadri ed oggetti dedicati alla nostra città e alla sua storia. Tra questi c’è il famoso “rattin” che, correndo su un binario alla base della cupola della Galleria, ne accendeva le luci a gas.
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Si dice che negli splendidi interni di Palazzo Morando (guardiamo, tra l’altro, anche i pavimenti con “gocce” di madreperla) torni ancora oggi il fantasma della contessa Lydia, ultima proprietaria e appassionata cultrice di scienze occulte, per verificare cosa avviene nella sua dimora. Un’altra storia misteriosa della nostra città.
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Cosa penserà la nobildonna degli abiti e dei gioielli di lusso esposti, in questo periodo, nelle sale del suo palazzo? Per inciso, la collana del suo ritratto, dopo la morte della contessa, non fu mai più ritrovata. Ci piace pensare che l’abbia portata con sè, troppo bella per separarsene.
http://www.ilpontenotizie.it/archivio-file/2007/6-2007/articoli-6-2007/10-6-2007.htm
Gli abiti e i gioielli esposti nella mostra, che è un elogio allo stile milanese, fanno ripercorrere settant’anni di moda dagli anni Cinquanta ai giorni nostri.
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Alle pareti alcuni pannelli illustrano il decennio che ha visto nascere i modelli di alta moda e oreficeria. Non solo vengono raccontati abiti e gioielli, ma anche i diversi stili al passo coi tempi, coi cambiamenti sociali e quindi anche femminili.
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La mostra inizia con gli abiti degli anni Cinquanta, quando, abbandonati quelli dai toni scuri e dimessi del difficile periodo precedente, c’era voglia di benessere e di futuro.
Le signore dell’alta società e le star si vestivano ancora a Parigi, nelle maisons di Dior, Balenciaga, Givenchy, Chanel…
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Le donne, in questo periodo, indossavano abiti per mettere in risalto un opulento fisico da pin-up (da noi si chiamavano”maggiorate”), oppure seducenti e sofisticati modelli bon-ton.
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E Milano? Già verso la fine dell’Ottocento alcune sarte, come Rosa Genoni, erano andate a studiare moda nei grandi atellier di Parigi, affinando il gusto e la sartorialità, ma acquisendo, nel contempo, anche una certa dose di consapevolezza e di emancipazione.
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Ci volle, però, il grande intuito di un imprenditore italiano, Giovanni Battista Giorgini, per portare, all’inizio degli anni Cinquanta, un assaggio della nostra moda, allora pressochè sconosciuta, nel mondo.
In uno dei filmati proiettati nelle sale della mostra, si vede come Giorgini, al termine delle sfilate di Parigi del 1951, abbia invitato, nella sua casa di Firenze, un gruppo di compratori e giornalisti di moda americani per assistere ad una sfilata con i modelli delle più rinomate sartorie italiane.
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Fu un successo. Sfilata dopo sfilata gli atellier italiani conquistarono l’attenzione del pubblico internazionale anche del mondo dello spettacolo. Ecco, ad esempio, come la stilista milanese Biki sia riuscita a trasformare, negli abiti e nel modo di indossarli, la grande Maria Callas.
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Quasi tutti gli atellier milanesi, raccolti nel Quadrilatero della Moda, avevano a disposizione sarte di alta artigianalità e tessuti di elevata qualità, riuscendo così a creare splendidi abiti per una clientela ricca e sofisticata. Una creatività spesso al femminile, dedicata ad altre donne: un vero Paradiso delle Signore.
Il percorso tra gli abiti e i gioielli della mostra continua tra poco.