Per i milanesi, la Galleria Vittorio Emanuele è soltanto la “Galleria“, tanto più che unisce due luoghi altrettanto unici e straordinari come piazza del Duomo e quella della Scala.
Nata 150 anni fa, subito divenne un vero palcoscenico urbano, luogo di incontri bellissimo e protetto dalle intemperie, grande vetrina della città.
Fu soprannominata “il Salotto di Milano“, ma è molto di più: è il “cuore e la memoria” della nostra città, così come la definì Dino Buzzati, appassionato e sensibile conoscitore di fatti e luoghi milanesi.
Tutta Milano è passata e passa da qui: fin dal primo giorno la Galleria diventa luogo dove la città può incontrarsi e, talvolta, scontrarsi, dove scorre la vitalità che si intreccia con la storia.
Già allora in Galleria c’erano negozi eleganti e bei locali che attiravano i milanesi anche per trattare affari. Scrive Giuseppe Marotta: “La Galleria è casa e ufficio, strada e ombrello”. Nei vari caffè si facevano conoscenze, si incontravano artisti, intellettuali, imprenditori coi “deneè” e belle donne.
Si dice che Mata Hari abbia danzato nuda in un caffè, forse per Marinetti.
Qui ebbe, nel 1876, in due angusti locali di un ammezzato, la prima sede il Corriere della Sera
Qui si potevano incontrare musicisti come Verdi, Puccini, Mascagni, Boito; al Caffè Biffi c’era il “mercato delle voci” per la lirica; avanguardie culturali e intellettuali confrontavano le nuove idee e discutevano di progresso e di “Futurismo”.
Nella memoria della Galleria rimangono anche gli scontri e le tensioni di una città che cresce e sale.
Un giovane anarchico muore, nel 1919, in un attentato al Biffi; a volte in Galleria avvengono vere e proprie risse: una di queste viene immortalata da Umberto Boccioni in un quadro oggi conservato a Brera, dove una nuova conquista, la luce elettrica, illumina il movimento tumultuoso della folla.
Questi tafferugli sono ben poca cosa rispetto ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Buona parte della Galleria viene distrutta, ma il “cuore” continua a battere ed è ricostruita.
Nella memoria della Galleria sono conservati i ricordi del dopoguerra, quelli del boom economico, della Milano da bere, del periodo fast food con il McDonald’s di fronte al Savini.
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Oggi il mondo è più vicino e gente di tutti i colori passeggia in Galleria attratta dal lusso dei negozi, ma comprando, spesso, solo foulard e supporti per selfie dai venditori ambulanti stranieri.
Tra i locali di oggi, alcuni sono storici, come l’elegante Biffi e il classico Savini, successore della birreria Stocker e, prima ancora, del caffè Gnocchi, primo locale pubblico illuminato elettricamente, ancora prima delle strade.
Infine, tra i locali pubblici c’è il Campari, nato insieme al suo vero creatore, proprio in Galleria.

foto scattata dal Mercato del Duomo
Infatti Davide Campari nacque, nel 1867, in Galleria e con la Galleria, dove il padre, che aveva spostato qui il proprio caffè dal Coperto dei Figini, demolito per far posto alla nuova piazza del Duomo, aveva anche trovato casa per la famiglia.
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Davide fu un grande innovatore: per pubblicizzare il famoso bitter, già chiamato Amaro d’Olanda, si rivolse a Fortunato Depero, artista futurista, che disegnò la prima bottiglietta di Campari e creò quadri (non cartelloni!) pubblicitari, che ancora oggi sono esempi di arte applicata alla pubblicità.
Davide comprese anche la necessità di decentrare l’attività produttiva: nel 1904 aprì un moderno stabilimento a Sesto San Giovanni, dove si possono ammirare i murales dedicati al bitter, protagonista del rito tutto milanese dell’aperitivo, antenato dell’odierno Happy Hour.
Oggi la Galleria è una sorta di Expo permanente del lusso, in buona parte made in Italy: Armani, Prada, Versace, Vuitton, Gucci, Borsalino sono alcuni dei grandi nomi che hanno scelto la Galleria, dopo il Quadrilatero della Moda, come vetrina delle loro creazioni.
Anche la cultura è presente in Galleria: Rizzoli, la Feltrinelli, Ricordi, Bocca sono librerie e veri e propri “paradisi di carta” per tutti i lettori.
Molti dei personaggi che “espongono” in Galleria sono milanesi o hanno trovato a Milano la possibilità di esprimere le proprie capacità, allargandole in campo imprenditoriale, creando bellezza ed eleganza, cultura, lavoro e benessere.
Pensiamo ad Angelo Rizzoli che, rimasto orfano e cresciuto presso i Martinitt, imparò il mestiere di tipografo e fondò un impero nel campo della comunicazione o a Giorgio Armani che iniziò la sua avventura come vetrinista alla Rinascente.
La Galleria, in una sorta di way of life tutta milanese, accoglie i visitatori a “bracci” aperti. Un Toro “augura” buona fortuna a tutti coloro che puntano il tallone su i suoi attributi e fanno tre giri propiziatori. Perchè?
Seguiteci nel prossimo articolo …
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