Quattropassi all’Orto Botanico di Brera

Andiamo a fare quattropassi a Brera? Subito pensiamo alla Pinacoteca, ai locali, alle gallerie d’arte, ai bei negozi, all’atmosfera particolare, magari alla solita chiromante.

Chi, invece, penserebbe di poter fare una passeggiata fra alberi secolari, piante officinali e fiori nel cuore di Brera, in via Fiori Oscuri? Già i nomi sono un invito irresistibile e intrigante. Per i nostri antenati longobardi Braida (da cui Brera) voleva dire campo, area verde. E poi questi strani nomi delle vie: via Fiori Chiari, Fiori Oscuri… perchè si chiamano così?

Ovviamente c’è mistero e leggenda: in questa zona c’erano conventi e bordelli; i “fiori” erano forse le fanciulle che vi abitavano?

Fiori di tutti i colori si trovano invece in un piccolo giardino un po’ appartato al numero 12 di via Fiori Oscuri: è lOrto Botanico di Brera, gestito dall’Università degli Studi e aperto al pubblico.

In questo piccolo angolo del centro di Milano ci sono storia, natura, scienza e anche eventi come il Fuorisalone.

Anticamente era l’orto di un importante  convento  dei Gesuiti, che qui, tra l’altro, coltivavano le erbe medicinali per la cura dei malati.

Le fornivano anche alla Farmacia di Brera, una delle prime di Milano, fondata nel 1591, attiva ancora oggi e nella quale possiamo ammirare scaffali di legno scuro e vasi d’epoca.

http://www.farmaciadibrera.com/storia

Quando Maria Teresa d’Austria confiscò il convento, l’Orto, nel 1774, diventò un’istituzione pubblica a scopo scientifico e didattico per preparare medici e farmacisti all’utilizzo delle erbe officinali.

http://www.ortobotanicoitalia.it/lombardia/brera/#cennistorici

Oggi entrare in questo orto, diverso in ogni stagione, è come vedere i cicli della natura. Possiamo passeggiare tra aiuole e vialetti con collezioni diverse di piante, dalle officinali alle bulbose, alle aromatiche… sotto alberi d’alto fusto, come il gigantesco tiglio di 40 metri.

Ci ha colpito, qualche settimana fa, un glicine in piena fioritura che si arrampica verso l’Osservatorio Astronomico dal quale Giovanni Schiaparelli, magari dopo aver guardato i fiori del nostro orto, scrutava il cielo e cercava di conoscere Marte.

Una parte di questo orto, l’arboreto, è tuttora in restyling. Vi vivono, da quasi 250 anni, due giganteschi Gingko Biloba, venuti dall’Oriente, che sono un po’ i decani di questo giardino, tanto che la loro foglia stilizzata ne è il logo.

In questo angolo un po’ romantico e quasi selvaggio sarà presto possibile sostare su una panca curva, ad anfiteatro, la “vasca dei pensieri”.E poi, perché no? Si potrebbe continuare questo breve itinerario verde entrando nella Pinacoteca, per cercare la natura dipinta nei quadri in un insolito percorso Orto e Arte insieme.

A presto …

Immagini dal Fuorisalone 2018: una festa per la creatività e per Milano (parte seconda)

Ed eccoci nel Futuro dell’abitare, eccoci alla seconda parte del nostro piccolo album dedicato al Fuorisalone 2018.

Entrando nel “The Mall” di piazza Bo Bardi, siamo avvolti in una atmosfera rossastra che ci riporta al pianeta Marte.

Lo Studio Boeri, che poco lontano da qui ha realizzato il Bosco Verticale, ha ricreato in questo padiglione un clima da mondo che verrà, con materiali innovativi, dove la tecnologia è ormai un bene acquisito al servizio di oggetti e progetti, tanto da passare quasi in secondo piano rispetto alla bellezza e alla creatività di quanto esposto.

Questo Fuorisalone ha ripreso, secondo noi, molte immagini fantascientifiche. Pensiamo, ad esempio, al “gorillone” con la torcia di via Festa del Perdono, che rimanda all’indimenticabile ominide di “2001 Odissea nello spazio” e al senso della crescita evolutiva.

Su questa linea si muove anche il “Tempietto nel bosco” di Palazzo Litta, unione tra una passata vita nei boschi, un presente costruito dall’uomo e un futuro che ha il colore rosso di Marte.

Anche la premiata “Air Invention”, la Bolla esposta a Brera, sembra una navicella spaziale; al suo interno giochi d’aria, elemento primario e bene prezioso, che troppo spesso roviniamo con gravi conseguenze per il nostro pianeta.

Tanti sono in questo Fuorisalone i richiami alla sostenibilità ambientale, ad un uso più consapevole delle risorse, a trasformazioni che creano nuova bellezza per migliorare la nostra esistenza e la vita del pianeta Terra. Tra questi, in un location di Ventura projects in via Ferrante Aporti  la sognante installazione “Giants with Dwarf”, con figure fantastiche costruite utilizzando parti di sedie e di tavoli.

Ecco altri oggetti ottenuti con materiali di recupero grazie ad un ri-disegn creativo, una dimostrazione di come sia possibile trasformare le eccedenze in eccellenze.

Anche l’architettura diventa ecosostenibile. In piazza Beccaria è stata costruita, per il Fuorisalone, “3d Hausing 05″, una casa di circa 100 metri quadrati. È stata realizzata in una sola settimana utilizzando un robot stampante in 3 D e polveri di cemento riciclato proveniente da demolizioni. Grazie alla riduzione dei costi e dei tempi ormai si potrebbe garantire un’abitazione a 1,2 miliardi di persone!

https://www.professionearchitetto.it/news/notizie/24971/3D-housing-05-100-mq-realizzati-in-una-settimana-grazie-alla-stampante-3D

All’interno di questa casa spicca, come unico elemento di decorazione, un vecchio comignolo, simbolo della continuità del focolare. E sul tetto? Orto e spazi verdi.

Ancora casa e verde in piazzetta Reale con “Living Natura”, dove i cicli delle stagioni convivono in un grande spazio di 500 metri quadrati. Un progetto che stimola a trovare nuove prospettive per migliorare le diverse condizioni di vita.

In piazza Castello è stata invece realizzata l’installazione “agrAir”, un orto botanico in pieno centro, arricchito da fiori colorati e da profumi, da guardare e da toccare, uno spazio agricolo sotto “girandole” trasparenti fluttuanti, simili a nuvole di giorno e a lanterne di notte.

All’Orto Botanico di Brera, ecco “smarTown”una smart city del futuro per un modello sostenibile di consumo e di energia. Circa 700 mini-casette si accendono come abitazioni intelligenti per minuscoli uomini in un grande spazio verde.

E perchè non ricreare alberi in legno tra le case? Ecco due esempi, uno in piazza XXV Aprile e l’altro in un cortile di  Palazzo Litta. Sempre in legno, nel Cortile d’Onore della Statale, la casetta Ikea “con la maniglia” che richiama lo spostarsi abitativo contemporaneo.

Anche il tema della mobilità infatti, pubblica e privata, ha trovato spazio in questa edizione del Fuorisalone. Ecco una raccolta di biciclette, anche d’epoca, in corso Garibaldi, uno storico tram vestito a festa, in giro per le strade del centro, e il futuristico anello dell’Audi in corso Venezia.

Per finire ancora qualche immagine  colta qua e là.

In piazza San Babila, infine, sulla facciata dell’ex-Garage Traversi, che aspetta di diventare un hub del lusso, spicca una spiritosa immagine pop “Oh, oh, Milano ..I love you too …”

A presto…

Itinerario Ca’ Granda – via Festa del Perdono

Vi proponiamo un itinerario veramente DOC:  una visita alla Ca’ Granda, ora sede dell’Università Statale, e alla cripta che si trova nel suo interno. È un gioiello che non molti conoscono bene, ricco di storia, di arte, ma anche di squarci di vita quotidiana e di umanità.

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Ci troviamo in via Festa del Perdono e già il nome, carico di storia, ci porta ad un lontano passato. 
Siamo attorno al 1450; il Duca di Milano Francesco Sforza, insieme con la moglie, decise di far costruire un ospedale all’avanguardia per la cura delle malattie acute dei poveri riunendovi i diversi luoghi di cura esistenti allora a Milano.

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Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti

Per trovare gli ingenti fondi necessari al finanziamento dell’opera, trasformò la ricorrenza del Perdono, che risaliva a San Francesco, in  un evento charity: la Festa del Perdono, da cui il nome della via.

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San Carlo Borromeo consegna la Bolla Papale

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La Festa del Perdono attorno alla Ca’ Granda

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La Festa del Perdono nel cortile della Ca’ Granda


Con un’offerta all’ospedale ci si poteva mettere la coscienza in pace, ottenendo un’Indulgenza; si incentivarono anche i lasciti e le donazioni, che durano ancora oggi.
Per progettare questa grande opera “socio-sanitaria” Francesco Sforza chiamò un archistar del tempo, il Filarete, al quale si deve anche la torre principale del Castello Sforzesco. La realizzazione di questo edificio fu lunga e non priva di contrasti, tanto che ci vollero secoli per completare l’intero edificio nel 1805. 

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se volete saperne di più ….

Facciamo quattro passi all’interno della Ca’ Granda.

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Entriamo dal portone principale; ci accoglie il grande cortile d’onore sul quale si aprono alcuni chiostri e la chiesa dell’Annunciata (sotto la quale c’è la cripta descritta nell’itinerario “Scheletri alla Statale“).

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I chiostri erano spazi all’aperto dove i pazienti potevano stare un po’ all’aria e al sole, ma riparati sotto i portici. Assolutamente da visitare, è il cortile della ghiacciaia, oggi coperta da una struttura trasparente che lascia vedere la costruzione sotterranea rotonda, con due pareti concentriche, come un grande thermos.

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Lasciamo a voi la piacevole esplorazione degli altri chiostri (tra cui quello della farmacia) magari concedendovi una breve sosta seduti sui muretti, come si fa da secoli.

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se volete saperne di più ….

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Di fronte al portone principale troviamo la chiesa dell’ospedale, che ha nel suo interno un interessante dipinto del Guercino, “L’Annunciazione”.

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Appena oltre il portone della chiesa c’è il corridoio da cui si accede alla cripta. La chiesa ha la singolare caratteristica di essere la parrocchia dell’Ospedale Maggiore Policlinico, il cui parroco è tradizionalmente lo stesso Arcivescovo di Milano; è anche la cappella degli universitari milanesi.

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Continuiamo il nostro giro e arriviamo al cortile detto “delle balie”, oggi purtroppo chiuso da un cancello; era forse il reparto di “pediatria”.

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Da qui un tempo si accedeva alla Quadreria dell’Ospedale. Infatti era, ed è ancora, usanza della Ca’ Granda, dedicare dei ritratti (oggi se ne contano 920, anche di celebri pittori) ai maggiori benefattori. Ricordiamo, prima di tutti, una figura molto cara a chi ha frequentato, negli anni Settanta, la Statale: l'”Uomo dei Limoni”, un povero ambulante, o meglio un barbun, che vendeva per pochi spiccioli i suoi frutti lungo via Festa del Perdono o davanti al vicino Policlinico. Alla sua morte ha lasciato tutto quello che aveva raccolto nella sua vita alla Ca’ Granda, che gli ha dedicato questo quadro, con affetto e riconoscenza.uomo dei limoni

L’intraprendenza degli amministratori della Ca’ Granda è riuscita a trasformare il ritratto dei benefattori in uno status symbol. Infatti le dimensioni del quadro e il tipo del dipinto, a figura intera o solo il busto, erano proporzionali all’entità della donazione. Dato che i ritratti venivano esposti al pubblico durante la Festa del Perdono, che si tiene negli anni dispari, il 25 marzo, i benefattori facevano “a gara” per avere il quadro più grande…a tutto vantaggio delle finanze dell’ospedale.

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Quadri Ca Granda 1 benefattore Franca Agustoni Barbiano di Belgiojoso

Una ulteriore curiosità che abbiamo scoperto: lo “Sposalizio della Vergine”, la splendida opera di Raffaello, oggi a Brera, era stata lasciata alla Ca’ Granda in eredità da un collezionista di fine Settecento, noto per aver avuto una storia con la moglie dell’Arciduca austriaco. Nel periodo napoleonico, la Ca’ Granda, bisognosa di fondi, fu costretta a vendere l’opera allo Stato, che la trasferì alla Pinacoteca di Brera.sposalizio vergineDue parole, infine, sulla Ca’ Granda ieri e oggi.Fu il primo ospedale laico europeo, dotato di attrezzature e confort all’avanguardia per l’epoca.

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se volete saperne di più…

Il vicino Naviglio Interno, che percorreva l’attuale via Francesco Sforza, forniva acqua corrente e serviva da via di trasporto; quasi tutto arrivava in barca, ammalati compresi. Un portale barocco, visibile ancora oggi, su via Francesco Sforza, dava accesso ad un ponticello di ferro che collegava l’ospedale con l’altra sponda, passando sopra il Naviglio.

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All’inizio dell’Ottocento la Ca’ Granda era una delle più importanti strutture d’Europa, con ben 2500 posti letto. Oltre cento anni dopo, cominciando ad avvertire il peso dell’età (quasi 500 anni!!) si pensò di sostituirla con un nuovo ospedale in una zona allora periferica, Niguarda. I pazienti vi furono trasferiti nel 1939.niguarda niguarda

Fu una fortuna, perchè la Ca’ Granda di via Festa del Perdono fu pesantemente bombardata durante la seconda guerra mondiale, riportando gravissimi danni.

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Rinacque per così dire dalle proprie ceneri: fu ricostruita e, nel 1958, divenne sede delle facoltà umanistiche dell’Università Statale.

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Radio statale, recentissimamente inaugurata

Non solo; alla didattica e agli importanti congressi che ospita di continuo, si affiancano altri eventi per così dire molto glamour, come le manifestazioni del Fuori Salone. 

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Il nostro itinerario all’interno della Ca’ Granda è terminato.

L’ingresso all’Università è libero; per gli orari di apertura si può consultare il sito http://www.unimi.it

 La cripta è aperta gratuitamente dal lunedì al giovedì, dalle 9 alle 17

. La Quadreria è visitabile solo su appuntamento telefonando al numero 02/55036626