Moti dell’animo e gesti nell’Ultima Cena (parte terza: i primi due gruppi degli Apostoli)

L’Ultima Cena, realizzata in oltre tre anni (1495-98/99), con una tempera “sbagliata” su una parete soggetta all’umidità, durò meno della vita di un uomo. Infatti, già nel 1566, il Vasari scriveva che “… non si scorge più, se non una macchia…”. Dopo di allora, molti hanno “provato” a rovinare per sempre questo capolavoro (restauri inadatti, bivacchi di soldati, che lo hanno persino utilizzato come bersaglio per armi da fuoco, l’apertura di una porta da parte degli stessi frati, infine le bombe della seconda guerra mondiale); altri, invece, per fortuna, sono riusciti a farlo rivivere con un appassionato restauro (Pinin Brambilla Bercilon).

 

Oggi il Cenacolo, fragile nella sua grandiosità, è ancora lì che ci ammalia, carico di significati reconditi e di misteriosi messaggi.

La cena. I dodici Apostoli sono intorno ad un tavolo (forse di dimensioni troppo piccole per tutti), ricoperto da una tovaglia bianca e azzurra, con piatti, bicchieri di vino e del cibo, tra cui alcuni pani (qualcuno ha ipotizzato che siano disposti come le note di uno spartito). Siamo al termine di una cena di festa, la Pasqua ebraica, e tutti gli “attori” di questa rappresentazione sono colti appena dopo il colpo di scena: le parole di Gesù: “Uno di voi mi tradirà”.

 

Molti studiosi hanno cercato di interpretare il significato del numero dodici. Per alcuni questo è il numero delle Tribù di Israele, in quella terra ancora oggi così martoriata.

 

Per altri studiosi gli Apostoli sarebbero dodici come i mesi dell’anno suddivisi, a gruppi di tre, nelle quattro stagioni, il ciclo del tempo. Altri ancora hanno ipotizzato che ad ogni Apostolo corrisponda un segno zodiacale che ruota attorno al sole, Gesù e che, inoltre, ciascuno, attraverso il linguaggio del corpo, mostri il temperamento tipico di quel segno. Questa tesi è stata anche suffragata da un critico come Giulio C. Argan che ha scritto: “…è assai più di un’ipotesi suggestiva. L’Ultima Cena è costruita secondo un preciso ordine astrologico e numerologico.”. Un altro critico, il sacerdote Claudio Doglio, afferma che Leonardo è riuscito “a inserire l’uomo in una dimensione cosmica, per far riferimento a tutto l’anno e, addirittura, all’astronomia o, meglio, all’astrologia”. Ne è scaturito un dibattito tra favorevoli e contrari.

 

L’ipotesi “Zodiaco” potrebbe trovare riscontro anche negli studi di Leonardo sull’astrologia e sugli antichi saperi mediati da umanisti fiorentini, come Marsilio Ficino, e poi da docenti dell’Università di Pavia come Fazio Cardano. “Non volge retro, chi a stelle è fiso”, il sogno di Leonardo fu, peraltro, sempre quello di andare oltre, verso il cielo, comunque lo si voglia interpretare.

 

Gli Apostoli. Come scossi da un colpo di vento improvviso, sembrano ondeggiare formando quattro gruppi, di tre figure ciascuno, posti in modo simmetrico (due gruppi per parte) ai lati di Gesù. La scena va letta da destra verso sinistra, in senso antiorario, come nella scrittura ebraica e come, peraltro, scriveva anche Leonardo.

Primo gruppo. Simone lo zelota (Ariete), Giuda Taddeo (Toro), Matteo (Gemelli). Sono i primi tre segni dello Zodiaco.

 

Simone lo zelota, uomo anziano, sta discutendo con Giuda Taddeo (che sembra l’autoritratto di Leonardo), e anche le loro mani sembrano partecipare ai loro ragionamenti; i due Apostoli saranno poi insieme anche nel momento del martirio. Il giovane Matteo sta ascoltando quello che dicono o, forse, sta richiamando la loro attenzione alle parole del Maestro? Matteo è un bel giovane, un pubblicano, un esattore delle tasse per conto dei Romani, perciò considerato “nemico” da parte degli zeloti. Forse Leonardo e il priore Bandello vogliono dirci che Gesù è venuto per tutti, senza distinzioni? Da notare anche che Matteo non guarda verso Gesù, il suo viso è rivolto verso Simone e Giuda Taddeo, le sue mani, invece, verso il centro. Rappresenta forse una costellazione doppia come quella dei Gemelli?

 

Secondo gruppo. Filippo (Cancro), Giacomo il Maggiore (Leone), Tomaso (Vergine). Rappresentano molto bene nei gesti e nelle emozioni le diversità dei personaggi, ognuno dei quali sembra a sè stante.

 

Filippo si è alzato, sconvolto, unico tra gli Apostoli che porta le mani al petto, verso se stesso (gli “zodiacisti” parlano di chele), forse chiedendosi se, magari senza saperlo, possa essere lui il traditore e interrogandoci sulla consapevolezza del bene e del male. Giacomo il Maggiore, fratello di Giovanni, spalanca le braccia, creando un vuoto accanto al Maestro e impedendo, di fatto, agli altri di avvicinarsi. Tomaso passa quindi dietro di lui e Filippo cerca spazio scattando in piedi. Una folta capigliatura (una criniera?) circonda il volto di Giacomo, dove traspaiono sorpresa e ira. A lui è dedicato il Cammino di Santiago di Compostela, che ha richiamato, e richiama, milioni di pellegrini. Che sia un trascinatore come il “Leone”? Tomaso è tipicamente rappresentato dal dito che poi, per credere alla Resurrezione, vorrebbe mettere nelle ferite di Gesù. La sua mano si staglia, chiara, contro la parete scura. Vuole sapere, toccare con mano prima di credere, cercare chiarezza nel buio, controllare di persona. Temperamento da Vergine?

Continua…

 

A presto…