Alla BIT alcuni itinerari di Morimondo

La Lombardia riscopre il turismo o il turismo riscopre la Lombardia? Ce lo siamo chiesti alla 44esima edizione della BIT di quest’anno. che ha avuto luogo agli inizi di febbraio.

 

In questa manifestazione è stato presentato il brand “Lombardia Style” per valorizzare il turismo e le eccellenze della nostra regione.

 

Se Milano ha fatto da traino prima con l’Expo, poi con le sue varie “settimane”, i “fuorisalone” e le sue offerte di vita contemporanea, ora si parla di riscoprire altre zone lombarde ricche di fascino ambientale e culturale, non meno attrattive (laghi, montagne, città d’arte, borghi, paesaggi, storia…). Ecco come l’artista siciliano Domenico Pellegrino ha rappresentato alla BIT la nostra regione.

 

La nostra è la regione italiana con il maggior numero di siti Patrimonio UNESCO, considerati patrimoni dell’Umanità, mica poco!

 

Inoltre alle visite per ammirare paesaggi e luoghi si possono aggiungere pause enogastronomiche per degustare piatti e specialità regionali. La cucina lombarda è ricca di tanti prodotti e sapori; come poi dimenticare piatti iconici come il risotto, la cotoletta e il panettone?

 

La nostra regione offre, per così dire, tanti “turismi” da quelli che appagano il nostro bisogno di natura e di cultura a quelli più lenti e intimi di cui ha bisogno il nostro spirito. In questa direzione vanno i diversi “cammini” come la Strada delle Abbazie, di cui abbiamo tanto parlato.

 

Lungo questa strada una meta importante è il borgo di Morimondo, situato nel Parco Regionale del Ticino, a circa 30 chilometri da Milano, considerato da Lombardia Style tra i 25 più belli della nostra regione per gli aspetti ambientali, storici, artistici e naturalistici.

 

Oltre all’Abbazia, molte sono le attrazioni di Morimondo. Ci sono antiche porte e costruzioni, opere d’arte moderna all’aperto, il Museo di Arte Sacra (che contiene, tra l’altro, bellissimi presepi provenienti da Santa Maria delle Grazie e ambientati a Milano o nelle nostre campagne); infine non dimentichiamo l’ottima cucina di alcuni ristoranti locali.

 

Morimondo, poco distante da importanti strade, cammini e vie d’acqua, è stato, da sempre, non solo un punto di arrivo, ma anche di passaggio e di partenza. Si trovava, infatti, vicino all’antica via romana “Mediolanum – Ticinum (l’odierna Pavia)” e alla “Via del Sale”, che dall’Adriatico arrivava fino a Milano risalendo con barconi il Po, il Ticino e i Navigli fino alla Darsena.

 

Inoltre non era lontano dalla strada che, passando per Vigevano e Mortara, conduceva al “Cammino di Santiago di Compostela” e anche dalla via “Francisca del Lucomagno”, che collegava la regione svizzera del lago di Costanza con la “Via Francigena”, percorsa da viandanti e pellegrini diretti a Roma.

 

La posizione tra Milano e Pavia sempre in lotta fra loro, in epoca comunale, non fu certo favorevole a Morimondo e alla sua pace. Con San Carlo Borromeo passò, infine, sotto lOspedale Maggiore di Milano e, tra mille difficoltà e vicissitudini, ancora oggi molti terreni appartengono alla Fondazione Patrimonio Ca’ Granda.

Questa Fondazione, che ha ricevuto il riconoscimento UNESCO “Man and Biosphere” per la tutela ambientale, svolge diverse attività molto belle e interessanti nell’Oasi Ca’Granda, tra il Ticino e l’Adda.

https://oasicagranda,it

 

Da Morimondo, seguendo i suggerimenti contenuti in un pieghevole distribuito negli Uffici Turistici del borgo, possiamo fare una bella passeggiata tra i campi, a piedi o in bicicletta (che si può anche affittare in loco) lungo il “Sentiero delle Cinque Chiese”.

 

https://ente.parcoticino.it/eventi/anello-dellabbazia-o-delle-cinque-chiese/

Partendo dal piazzale dell’Abbazia, si attraversa un paesaggio agricolo che sembra lontano anni luce da Milano.

 

Percorrendo una ciclabile si incontrano campi, marcite, cascine e piccole, semplici chiese che avrebbero bisogno di molte cure; forse, però, le tante rughe del tempo sono parte del loro loro fascino.

 

Infine un’ultima curiosità: questo borgo fa parte di un itinerario veramente fuori dal “comune”. Il Parco del Ticino è attraversato dal Sentiero Europeo E1 che unisce, nientepopodimeno, Capo Nord in Norvegia con la Sicilia.

 

Magari non arriveremo ai fiordi, ma un’escursione in auto, a piedi o in bicicletta fino a Morimondo è da non perdere!

 

A presto…

La Strada delle Abbazie: settima tappa, Morimondo

Queste giornate di autunno che si accenderanno per i colori del foliage, ci invitano a qualche gita fuoriporta, magari per l’ultima tappa della “Strada delle Abbazie“: Morimondo.

 

“…di tutte, quest’ultima è quella che ha conservato la maggior magia agreste, in quanto il suo collocamento nel Parco del Ticino l’ha salvata dalla cementificazione… Questo è un luogo mistico, poetico e magico nel contempo…” (P. Daverio: La buona strada).

 

Oltrepassiamo, dunque, l’antica Porta del Pellegrino per raggiungere l’Abbazia di Morimondo (dedicata, come il Duomo di Milano, a Santa Maria Nascente) con il suo monastero.

 

Venne fondata nella prima metà del 1100 da alcuni monaci cistercensi giunti dal monastero francese di Morimond, del quale restano oggi solo alcune rovine.

 

Interessante è il significato di questo nome. Generalmente lo si fa riferire a “morire al mondo”, cioè “risorgere” per iniziare una nuova vita. C’è chi pensa, però, che voglia dire “rilievo tra le paludi” (dal francese moire mont) perchè i cistercensi erano soliti, per fondare una loro abbazia, scegliere un luogo circondato da terreni da bonificare. Morimondo si trova, in effetti, su un piccolo rilievo tanto che la chiesa è più in alto dei terreni circostanti.

 

L’abbazia è piuttosto grande (metri 66 per 28 circa) ed è stata realizzata coi tipici mattoni rossi lombardi che furono, in parte, forniti, nel corso del tempo, anche dalla secolare Fornace Curti ancora attiva nella nostra città.

 

La facciata, che risale alla fine del Duecento, è piuttosto austera, secondo lo stile cistercense privo di orpelli e decorazioni. Ci sono volutamente alcune imperfezioni (bifore diverse ed asimmetriche, rosone non centrato…) in quanto, per quei monaci, la perfezione poteva appartenere solo a Dio.

 

Dall’esterno possiamo vedere come anche a Morimondo ci sia, al posto del campanile, la torre nolare, tipica delle chiese cistercensi.

 

Anche l’interno, a tre navate, è severo e richiama la semplicità dei monaci secondo quanto voleva San Bernardo: “…non si deve provare più gusto a leggere i marmi che i codici,… nè occupare l’intera giornata ammirando, piuttosto che meditando la Legge di Dio”.

 

Può forse sembrare strano che la semplicità di queste abbazie faccia sentire al visitatore, o al fedele, che si trova di fronte ad una bellezza profondamente diversa, fatta di vuoti e di silenzi delle immagini, che porta al raccoglimento e alla meditazione. Affreschi, immagini, quadri e statue si possono contare sulle dita di una mano.

 

Una bella acquasantiera in pietra di saltrio ci accoglie all’ingresso. In origine si trovava nel chiostro e serviva ai monaci come lavabo per le mani prima di entrare in chiesa o nel refettorio.

 

C’era anche, sopra l’acquasantiera, una bella Madonnina che è stata, ahimè, rubata, ma non dimenticata.

 

Proseguendo verso il transetto guardiamo, dietro l’altare maggiore, il bel coro cinquecentesco in legno di noce, con incisi simboli e immagini sacre.

 

Anche in questa chiesa, di fianco all’altare, c’è una scala che porta al dormitorio dei monaci.

 

Sulla parete accanto ad essa, ecco la Madonna della Buonanotte, che i monaci salutavano andando a dormire. Tiene in braccio il Bambino e, accanto a loro, ci sono San Giovannino, San Bernardo e San Benedetto. L’affresco risale al 1515, realizzato tre anni dopo quello di Bernardino Luini a Chiaravalle. Da notare che l’ambiente sembra dilatarsi alle spalle della Vergine, “bucare” quasi la parete. Il Bramante aveva fatto scuola.

 

Una curiosità a cui non abbiamo saputo trovare risposta. Sempre sulla parete a destra dell’altare troviamo una antica lapide che riguarda un soldato romano della XIII Legione Gemina. Come, quando e perchè è capitata (ed è stata murata!) qui?

 

I monaci, però, non erano dediti solo al lavoro dei campi e alla preghiera, ma erano impegnati anche con lo studio e la stesura di codici miniati. Per visitare questi luoghi di lavoro, cultura e preghiera, accessibili dal chiostro, è necessario prenotare una visita guidata presso l’abbazia.

 

Morimondo non è, però, solo un punto di arrivo, ma può essere, come vedremo presto, un punto di partenza per altri itinerari…

A presto…

Alla riscoperta della “Strada delle Abbazie”

L’idea per questo itinerario ci è venuta, quasi per caso, visitando la chiesa di San Pietro in Gessate (che si trova di fronte al Palazzo di Giustizia, in corso di Porta Vittoria a Milano) dove è esposto un manifesto che propone la “Strada delle Abbazie”. Come potevamo resistere ad un percorso, riconosciuto anche dal Consiglio d’Europa, così ricco di cultura, arte, fede e storia del nostro territorio e quindi anche nostra?

 

Abbiamo pensato, perciò, di andare alla riscoperta di queste abbazie situate alcune nel Comune di Milano (San Pietro in Gessate, Monluè e Chiaravalle), altre nell’hinterland (Mirasole, Viboldone, Calvenzano), infine una, la più distante, a Morimondo, vicino ad Abbiategrasso.

 

L’intero percorso è di circa 130 chilometri e lo si può fare anche in diverse tappe: in auto, in bicicletta (ci sono tante belle piste ciclabili), a piedi, per i più allenati, o anche con i mezzi pubblici urbani o interurbani. Anche noi descriveremo questo itinerario con schede per ciascuna abbazia dando un’occhiata anche ai borghi nati accanto.

 

Cosa accomuna e cosa distingue queste abbazie?

Il Monachesimo occidentale risale in gran parte a San Benedetto (Norcia 489 – Montecassino dopo il 546) che con la sua ben nota Regola “ora et labora” si dedicava coi suoi monaci tanto alla preghiera quanto al lavoro.

 

A questa regola si ispirarono anche altri ordini monastici nati secoli dopo, come i Cistercensi, i Cluniacensi e gli Umiliati, che diedero vita alle nostre abbazie. La chiesa aveva finalità di preghiera e non artistiche o di rappresentanza e si adeguava alle caratteristiche stilistiche della zona. Da qui l’uso del mattone, e non della pietra, per la costruzione delle abbazie, così bello e tipico delle nostre zone che si accende di colori rossastri a contrasto con il verde dei campi e l’azzurro delle acque e del cielo.

 

Queste abbazie, apparentemente isolate, non erano lontane da vie di comunicazione importanti (via Emilia, via del Sale, strada per Pavia) e da centri come Milano e Pavia. Questo facilitava gli scambi commerciali e culturali, offriva ospitalità ai viandanti, ma esponeva le abbazie al rischio di essere coinvolte in conflitti armati.

 

Il lavoro comunitario nei campi comportava la necessità di avere una sede stabile, vicina a corsi d’acqua, ben funzionante e attrezzata anche per la vita dei monaci e dei laici che vi lavoravano.

 

I monaci riuscirono a rendere fertili le paludi del territorio con la tecnica delle marcite e dei fontanili. La buona irrigazione portava ad abbondanti raccolti e a ricco foraggio per gli animali.

 

Il bestiame ben nutrito (come pure i cavalli, utilizzati, ahimè, per le guerre) dava tanto buon latte col quale si potevano produrre ottimi formaggi come il grana, le robiole, eccetera. Questi e altri prodotti si possono acquistare ancora oggi nelle botteghe o nei mercatini di talune abbazie insieme ad altre golosità prodotte nel territorio… più nicchia di così!

 

Il nostro itinerario può essere anche l’occasione per riscoprire antichi sapori e, magari, per qualche acquisto enogastronomico.

.Il Foscolo chiamò la nostra città “Paneropoli” tanto era ricca di “panera” (panna) proveniente dalle cascine del territorio lombardo (conoscete il panerone, formaggio tipico della Bassa padana?). Non stupiamoci quindi di vedere nel nostro itinerario cascine attive, ristrutturate o modificate, arrivate nei secoli fino a noi attraverso le “grange” dei monasteri.

 

Il territorio che attraverseremo nel nostro percorso è quasi tutto “artificiale”, come lo definì con ammirazione Carlo Cattaneo a metà Ottocento, perchè frutto dell’intervento dell’uomo. Oggi noi ne vediamo i limiti, fatti di palazzoni, centri commerciali, capannoni, fabbrichette, strade trafficate che hanno cancellato la “natura”. Non dimentichiamo, però, che il progresso e il nostro benessere attuale sono dovuti anche all’umile lavoro dei monaci che hanno bonificato terre paludose rendendole fertili e dato aiuto materiale e sociale ai nostri antenati del Medioevo.

 

Nei prossimi articoli continueremo questo itinerario sulla Strada delle Abbazie, con passipermilano e, questa volta, anche passidamilano.

 A presto…