Piccolo itinerario del tempo: terza parte (la meridiana del Duomo)

Ancora una volta il Duomo è al centro di una piccola storia di Milano.

 

Avete mai notato quella sottile linea di ottone, incassata nel pavimento, che, appena varcata la soglia, attraversa da destra a sinistra le cinque navate della cattedrale?

 

Se la guardiamo con attenzione, vediamo che sale sulla parete fina circa tre metri di altezza e termina con una formella dove è raffigurato un Capricorno, segno zodiacale in cui cade il solstizio d’inverno.

 

Non solo: accanto alla linea di ottone, che va dalla parete sud (quella verso Palazzo Reale) a quella nord (verso il Motta), appaiono gli altri segni zodiacali. Sacro e profano? Assolutamente no, non sono da considerare segni astrologici, ma astronomici, fatti posare alla fine del Settecento da due religiosi dell’Osservatorio di Brera.

 

Stiamo parlando della meridiana del Duomo, protagonista di questa puntata del nostro itinerario sugli orologi di Milano. Si tratta di un orologio solare che viene da un lontanissimo passato. La utilizzavano già i Caldei, gli Egizi, i Greci,… e ne troviamo esempi anche in tempi più vicini a noi. Ecco, ad esempio, la Casa della Meridiana, di via Marchiondi 3, realizzata a Porta Romana nel 1926 dall’architetto Giuseppe De Finetti, esponente del movimento Novecento.

 

Questo edificio fa parte del patrimonio architettonico della nostra città, è composto da cinque “ville”, diseguali e sovrapposte.

 

Sulla facciata una cornice racchiude una meridiana, realizzata dall’architetto e pittore Luigi Gigiotti Zanini.

 

Ma come funziona, a grandi linee, una meridiana? Un’asta verticale, lo gnomone, con la luce del sole proietta la propria ombra su una sorta di quadrante apposito. A mezzogiorno, quando il sole è a picco, l’ombra è la più corta.

 

Poteva, però, non esserci un “rito ambrosiano” anche per la meridiana del Duomo? Infatti essa è, per così dire, una meridiana al contrario. Non si basa sulle ombre, ma sulla luce del sole che, entrando a mezzogiorno da un foro posto sulla volta della prima campata sud a circa 24 metri di altezza, illumina la striscia di ottone sul pavimento. Un particolare: questa striscia è stata collocata vicino all’entrata del Duomo per non disturbare i riti religiosi. Chapeau!

 

La meridiana del Duomo venne realizzata nel 1786 da due gesuiti, padre Angelo De Cesaris e padre Guido Francesco Reggio, astronomi dell’Osservatorio di Brera, per ordine del Regio Imperiale Governo Austriaco.

 

Firmatario del decreto fu Cesare Beccaria, insigne giurista nonchè nonno materno di Alessandro Manzoni. Perchè questo decreto imperiale? Dal 1° dicembre 1786 venne introdotto, anche in Lombardia, dal governo austriaco il nuovo computo delle ore. Si passò, infatti, dalle “ore italiche”, basate sul tramonto del sole che corrispondeva sempre alle ore 24, al sistema in uso in Europa, secondo il quale si divideva la giornata in due periodi di 12 ore ciascuno (AM e PM) partendo dal mezzogiorno astronomico delle diverse località. Per rendere più facile questa misurazione del tempo, furono poi introdotti i fusi orari.

 

Come sempre alla nuova misurazione del tempo seguirono diverse proteste e lamentele. Giacomo Casanova riporta quelle di una sua cugina di Parma. “…il sole sembra ammattito! Tramonta ogni giorno ad un’ora diversa. Adesso si pranza alle dodici…” Prima, invece, “…al tramonto [cioè sempre alle 24] si recitava l’Angelus e si accendevano i lumi.”.

 

Grazie alla meridiana del Duomo, Milano si adeguò alla nuova misurazione del tempo, unendo, come sempre, novità e tradizione. Dal Duomo, infatti, un incaricato osservava l’arrivo del mezzogiorno sulla meridiana e lo comunicava al Palazzo dei Giureconsulti, da cui partiva un segnale per il Castello. Qui un artigliere sparava un colpo di cannone a salve, che segnalava ai milanesi l’ora del mezzogiorno.

 

A presto…

Quattro passi da San Calimero

Usciti dalla chiesa di San Calimero, facciamo quattro passi nella zona vicina, iniziando, se possibile, dai resti dell’area cimiteriale, di difficile accesso, dominati da un piccolo campanile curiosamente sghembo.

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Un bel portale romanico con una doppia fila di mattoni, intervallata da una piccola striscia di pietra, ci introduce in un lungo cortiletto dal quale si possono ammirare sul fianco della chiesa alcune lapidi sepolcrali di varie epoche.

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Fra le poche lapidi rimaste, spicca quella del Cavalier Tempesta, al secolo Pieter Mulier, un pittore fiammingo del 1600.

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Nei suoi quadri dipingeva soprattutto mari in tempesta e navi in balia delle onde. Nella sua storia c’è il presunto uxoricidio, per il quale venne condannato e incarcerato per diversi anni, nei quali potè continuare a dipingere.

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Riottenuta la libertà, viaggiò per l’Italia, in cerca di ispirazione. Ma nei suoi quadri, anche se di soggetti bucolici, sullo sfondo si ammassano nubi tempestose.

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bucolico con nubi

Stabilitosi a Milano, volle essere sepolto in San Calimero. Forse la sua sensibilità di artista aveva spinto il Cavalier Tempesta, tormentato dalle burrasche che aveva vissuto, a cercare rifugio eterno vicino ad un’acqua più tranquilla e miracolosa, come quella di San Calimero.

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Tranquilla, a parte le biciclette che, a volte, vanno troppo veloci in area pedonale, è la piazzetta vicino alla chiesa, dove, come a San Lorenzo, opere di wall-art sul muro di cinta del monastero della Visitazione accostano antico e moderno, sacro e profano.

p. Cardinal Ferrari

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I volti di personaggi legati a Milano sono dipinti in un raffinato color seppia, in contrasto col colore dei murales che vivacizzano la facciata dell’ ex canonica, attigua all’Archivio Storico Diocesano.

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Il muro di cinta del monastero della Visitazione nasconde il convento di clausura, costruito nel 700 al posto della fatiscente Casa delle “zitelle” voluta da San Carlo Borromeo per le bambine orfane a causa della peste.

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Aperta a tutti, con orari limitati, è la chiesa di S. Maria della Visitazione del XVIII secolo con facciata neoclassica, monumento nazionale e santuario cittadino.

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Due anni fa, in occasione dei trecento anni di vita del monastero, è stato pubblicato un libro ricco di riferimenti storici, artistici e fotografici, a cura di Bruna Massari  Falconieri, medico delle suore, una delle due sole persone che entrano in contatto con loro.

un'oasi dello spirito

All’interno si trova oltre al giardino, un raro orto botanico, forse il più bello e grande della città, purtroppo non visitabile per le regole della clausura.

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Tutta questa zona, un tempo, era ricca di acque e alberi; le leggende parlano di raduni di streghe, dove oggi c’è via Quadronno, nella notte di Valpurga (forse il celtico Beltaine?), alla vigilia del 1° Maggio.

Nel corso dei secoli la zona ha  trovato pace e serenità con la presenza  di monasteri, luoghi di cultura e di cure.

Sulla piazza Cardinal Ferrari si apre l’Istituto Marcelline, che prendono il nome dalla sorella di Sant’Ambrogio, Marcellina. E’ stato fondato nel 1854, in pieno Risorgimento, da monsignor Biraghi con l’intento di educare e istruire le fanciulle nel loro futuro di donne colte e nello tempo stesso materne.

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L’istituto continua ancora oggi la propria opera secolare accogliendo studenti piccoli e grandi, l’Accademia di danza ucraina e ampliando l’impegno sociale con gli anziani ospiti del Centro Diurno Integrato.

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Accanto alle Marcelline si trova l’ospedale Gaetano Pini che tutti conosciamo. Per l’anniversario della sua fondazione si è rifatto il look  con dei murales d’autore.

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Tornando verso San Calimero non dimenticate di dare un’occhiata a due palazzi,  risalenti alla fine degli Venti, opera dell’ architetto Giuseppe de Finetti.

La Casa della Meridiana, in via Marchiondi, stupisce per la varietà della sua facciata, realizzata in un insieme di “ville sovrapposte”.

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E sbirciando dai cancelli sul fondo della via si può vedere ciò che resta del famoso giardino dell’ Arcadia del Settecento

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Giardino dell’Arcadia

In contrasto con la varietà di stili della casa della Meridiana é l’edificio bianco e lineare, anch’esso opera dello stesso architetto, che si affaccia sulla piazza.

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Se c’è tempo, poi,  ci si può fermare per un caffè, un piccolo piatto sfizioso, un buon bicchiere di vino in uno dei localini vicino a San Calimero: faranno sentire aria di vacanza in un giorno in città!

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