Il Quadrilatero del Silenzio: quattropassi intorno a Villa Necchi Campiglio

Il Quadrilatero della Moda è uno dei luoghi cult di Milano con bar eleganti e vetrine fashion; meno conosciuto è invece il Quadrilatero del Silenzio, intorno a Villa Necchi Campiglio, con palazzi che sembrano creati da qualche architetto sognatore.

Facciamo quattropassi in questa zona andando o tornando da Villa Necchi. Alziamo lo sguardo verso il palazzo di nove piani, quasi un grattacielo per l’epoca, che si trova in via Mozart, angolo via Melegari 2, proprio di fronte di fronte alla casa-museo.

È Palazzo Fidia, soprannominato la “Casa Jazz”, nome insolito per un edificio straordinario. Inutile cercare di raccapezzarsi guardandolo, il bello è proprio perdersi!

Se vi incuriosisce, ecco come viene presentato dai Beni Culturali, anche con bellissime foto.

http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/3m080-00065/

Costruito tra il 1929 e il 1932, a pianta triangolare, dall’architetto Aldo Andreani, è una mescolanza di stili, forme e materiali; i tranquilli mattoni milanesi creano un edificio eclettico dall’androne raffinato.

Dal portone di questo palazzo sembra ancora di veder uscire l’elegantissima Lucia Bosè  per dare l’addio all’uomo amato nel film di Antonioni “Cronaca di un amore”.

A pochi passi da  Palazzo Fidia, in via Serbelloni 10, troviamo  Casa Sola-Busca, anch’essa  progettata da  Aldo Andreani, soprannominata la “Ca’ dell’Orèggia”.

Infatti un grande orecchio in bronzo con tanto di particolari anatomici, opera di Adolfo Wildt, era l’innovativo e ironico citofono collegato alla portineria di questo palazzo. Ora non è più in funzione, ma si dice che, sussurrandovi qualche desiderio, questo si possa avverare.

Per cercare qualcosa di meno bizzarro e più “naturale”, dirigiamoci verso Villa Invernizzi, in via Cappuccini 3. Dietro ad un alto cancello nero e oro, tra piante rigogliose ed un laghetto, fanno la loro passerella dei bellissimi fenicotteri rosa.

Siamo di fronte ai giardini di  Villa Invernizzi, dove un tempo abitava la famiglia  che produceva i  formaggini della nostra infanzia e che ora è sede di una Fondazione che si occupa di studi sull’alimentazione.

I fenicotteri devono il colore del loro piumaggio ad una attenta e calibrata dieta a base di crostacei. Provenienti dall’Africa e dall’America Latina ormai da anni si sono ambientati e si riproducono numerosi in questa nostra imprevedibile e accogliente città, talvolta anche dal tocco esotico.

Ancora quattropassi e raggiungiamo le Case Berri-Meregalli su progetto dell’architetto Giulio Ulisse Arata.

via Cappuccini 8

via Mozart 21

L’architetto Arata in questi edifici, realizzati tra il 1910 e il 1914 in una zona ancora povera di strade e di case, ha attraversato epoche e stili diversi: mosaici in oro, animali grotteschi che sembrano usciti dai bestiari medievali, putti scolpiti e figure umane dipinte dal sapore Liberty in un grande gioco di creatività.

Nel buio androne di Palazzo Berri-Meregalli si può ammirare la Vittoria Alata di Adolfo Wildt (sempre lui!).

Inquietante e misteriosa ci guarda tra volte di mattoni e oro e sotto soffitti di legno a cassettoni riccamente decorati.

Non sono i soli palazzi da guardare in questo itinerario nel Quadrilatero del Silenzio. Milano, anche in questa zona, si offre come un melting pot di esperienze, culture e gusti diversi, di nuovo e di antico, di innovazioni e rivisitazioni che vanno dalla linearità e modernità di Villa Necchi Campiglio  all’architettura jazz di Palazzo Fidia.

Villa Necchi Campiglio, nata in una notte di nebbia

Si racconta che un tempo a Milano, città delle palme e dei banani, ci fosse la nebbia, talvolta tanto fitta da poter essere “tagliata con il coltello”.

In una nebbiosa serata agli albori degli anni 30, i passeggeri di una Isotta Fraschini, di ritorno da uno spettacolo alla Scala, persero la strada e si ritrovarono alle spalle di corso Venezia, in una zona tutta verde dietro palazzi prestigiosi e altri più nuovi in stile Art Decò.

Le due signore Nedda e Gigina Necchi e il marito di quest’ultima, Angelo Campiglio, che vivevano nel Pavese, furono affascinati da questo paesaggio insolito per il centro città e vollero costruire proprio qui la loro casa di rappresentanza.

I protagonisti di questa storia milanese appartenevano all’alta borghesia imprenditoriale lombarda. Il padre di Nedda e Gigina era Ambrogio Necchi, il magnate della ghisa, che, con il genero e socio Angelo, aveva impiantato una fiorente e innovativa industria, la NECA.

Vittorio, l’altro figlio di Ambrogio, aveva puntato sulle macchine da cucire domestiche, le famose Necchi, sogno possibile di tante donne che volevano creare abiti “fai da te” ispirati a quelli delle riviste di moda.

Era una famiglia aperta al nuovo. I coniugi Necchi Campiglio con l’amatissima Nedda, che viveva con loro, si rivolsero all’archistar del momento, quel Piero Portaluppi al quale si dovevano innovativi edifici in varie parti di Milano, importanti opere di restauro e arditi studi.

Tra il ’32 e il’35 l’architetto fece realizzare per loro una sorta di villa di campagna su più livelli in centro città con un grande giardino, piscina privata riscaldata, campo da tennis coperto e con tutte le innovazioni tecnologiche dell’epoca.

http://www.visitfai.it/dimore/villanecchi/virtualtour/virtualtour.html

Curò anche gli interni,  con pezzi da design che farebbero, ancora oggi, tendenza al FuoriSalone del Mobile.

Questa casa-museo, donata al FAI e affidata alle cure di Piero Castellini, nipote dell’architetto Portaluppi, è aperta al pubblico dal 2008. La villa è rimasta come allora e ancora oggi appare vissuta.  I fiori sui tavolini, le foto sparse qua e là, il camino con la luce accesa danno ai visitatori un senso di calda accoglienza e signorilità.

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Diversi sono gli arredi di pregio di epoche diverse. Nel tempo ci furono interventi anche dell’architetto Tomaso Buzzi che movimentano gli spazi con il loro look classico.

Saliamo ora al primo piano riservato alle camere da letto dei proprietari e degli ospiti, tra i quali Maria Gabriella di Savoia e il cugino Enrico d’Assia, che fu anche scenografo alla Scala.

Sono come dei mini appartamenti lussuosamente arredati. Ora qualche armadio è lasciato aperto, come per fare immaginare un femminile “cosa mi metto”.

Il corridoio tra le stanze di Gigina e Nedda ha il soffitto a volta decorato e delimitato da grandi armadiature a muro, alcune lasciate aperte per mostrare l’eleganza di queste due signore.

I bagni, foderati di marmi, sono raffinati e con alcuni accorgimenti da copiare ancora oggi.

Sullo stesso piano  si trova anche il quartierino della guardarobiera. Forse ha appena finito di stirare la biancheria?

Al secondo piano si trovavano le camere del personale di servizio, oggi non visitabili, mentre il seminterrato era adibito ai locali cucina.

Accanto a questi c’erano ampi spazi dove ora è allestita una raccolta di foto d’epoca, sia coi progetti della casa sia con ricordi di momenti di vita dei proprietari.

Oggi la Villa Necchi Campiglio è forse la più bella casa-museo di Milano. Fu lasciata al FAI da Gigina, morta senza eredi e ultima abitante di questa villa, perchè fosse conservata, mantenuta viva e aperta a tutta Milano, città dove aveva scelto di vivere con la famiglia.

Il FAI organizza visite guidate a pagamento agli interni, eventi e mostre come quella recente dedicata a fantastici abiti in carta, che ci hanno incantato.

Invece il giardino e la caffetteria, che un tempo era la serra, sono aperti liberamente per chi voglia godere qualche momento di relax sentendosi come in un film ambientato negli Anni Trenta.

Usciti da Villa Necchi Campiglio dopo un buon caffè, facciamo quattropassi in un quartiere ricco di sorprese…

 

A presto!