Si racconta che un tempo a Milano, città delle palme e dei banani, ci fosse la nebbia, talvolta tanto fitta da poter essere “tagliata con il coltello”.
In una nebbiosa serata agli albori degli anni 30, i passeggeri di una Isotta Fraschini, di ritorno da uno spettacolo alla Scala, persero la strada e si ritrovarono alle spalle di corso Venezia, in una zona tutta verde dietro palazzi prestigiosi e altri più nuovi in stile Art Decò.
Le due signore Nedda e Gigina Necchi e il marito di quest’ultima, Angelo Campiglio, che vivevano nel Pavese, furono affascinati da questo paesaggio insolito per il centro città e vollero costruire proprio qui la loro casa di rappresentanza.
I protagonisti di questa storia milanese appartenevano all’alta borghesia imprenditoriale lombarda. Il padre di Nedda e Gigina era Ambrogio Necchi, il magnate della ghisa, che, con il genero e socio Angelo, aveva impiantato una fiorente e innovativa industria, la NECA.
Vittorio, l’altro figlio di Ambrogio, aveva puntato sulle macchine da cucire domestiche, le famose Necchi, sogno possibile di tante donne che volevano creare abiti “fai da te” ispirati a quelli delle riviste di moda.
Era una famiglia aperta al nuovo. I coniugi Necchi Campiglio con l’amatissima Nedda, che viveva con loro, si rivolsero all’archistar del momento, quel Piero Portaluppi al quale si dovevano innovativi edifici in varie parti di Milano, importanti opere di restauro e arditi studi.
Tra il ’32 e il’35 l’architetto fece realizzare per loro una sorta di villa di campagna su più livelli in centro città con un grande giardino, piscina privata riscaldata, campo da tennis coperto e con tutte le innovazioni tecnologiche dell’epoca.
http://www.visitfai.it/dimore/villanecchi/virtualtour/virtualtour.html
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Curò anche gli interni, con pezzi da design che farebbero, ancora oggi, tendenza al FuoriSalone del Mobile.
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Questa casa-museo, donata al FAI e affidata alle cure di Piero Castellini, nipote dell’architetto Portaluppi, è aperta al pubblico dal 2008. La villa è rimasta come allora e ancora oggi appare vissuta. I fiori sui tavolini, le foto sparse qua e là, il camino con la luce accesa danno ai visitatori un senso di calda accoglienza e signorilità.
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Diversi sono gli arredi di pregio di epoche diverse. Nel tempo ci furono interventi anche dell’architetto Tomaso Buzzi che movimentano gli spazi con il loro look classico.
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Saliamo ora al primo piano riservato alle camere da letto dei proprietari e degli ospiti, tra i quali Maria Gabriella di Savoia e il cugino Enrico d’Assia, che fu anche scenografo alla Scala.
Sono come dei mini appartamenti lussuosamente arredati. Ora qualche armadio è lasciato aperto, come per fare immaginare un femminile “cosa mi metto”.
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Il corridoio tra le stanze di Gigina e Nedda ha il soffitto a volta decorato e delimitato da grandi armadiature a muro, alcune lasciate aperte per mostrare l’eleganza di queste due signore.
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I bagni, foderati di marmi, sono raffinati e con alcuni accorgimenti da copiare ancora oggi.
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Sullo stesso piano si trova anche il quartierino della guardarobiera. Forse ha appena finito di stirare la biancheria?
Al secondo piano si trovavano le camere del personale di servizio, oggi non visitabili, mentre il seminterrato era adibito ai locali cucina.
Accanto a questi c’erano ampi spazi dove ora è allestita una raccolta di foto d’epoca, sia coi progetti della casa sia con ricordi di momenti di vita dei proprietari.
Oggi la Villa Necchi Campiglio è forse la più bella casa-museo di Milano. Fu lasciata al FAI da Gigina, morta senza eredi e ultima abitante di questa villa, perchè fosse conservata, mantenuta viva e aperta a tutta Milano, città dove aveva scelto di vivere con la famiglia.
Il FAI organizza visite guidate a pagamento agli interni, eventi e mostre come quella recente dedicata a fantastici abiti in carta, che ci hanno incantato.
Invece il giardino e la caffetteria, che un tempo era la serra, sono aperti liberamente per chi voglia godere qualche momento di relax sentendosi come in un film ambientato negli Anni Trenta.
Usciti da Villa Necchi Campiglio dopo un buon caffè, facciamo quattropassi in un quartiere ricco di sorprese…