Uno sguardo verso l’alto: le statue del Duomo

Uno strano popolo di marmo vive tra le guglie del Duomo, statue che nascono, trovano un posto dove vivere, si ammalano, vanno in pensione e, talora, rimesse a nuovo, vengono esposte al Museo del Duomo.

Arrivano poi nuovi nati, alcuni cloni di statue precedenti; si rifanno parti deteriorate in una sorta di lifting ad opera di scultori-artisti, momenti dell’infinita Fabbrica del Duomo.

Come parlare delle circa 3400 statue (cioè una al giorno per quasi dieci anni!) che vivono sul/nel/col Duomo?

Ci sembra di ricordare che sia stato il nostro Arcivescovo Giovanni Battista Montini, poi Papa Paolo VI, a dire che le guglie e le statue sono un “candelabro mistico dalle visioni di leggenda, dalle centomila braccia rivolte al cielo con milioni di voci confuse in un osanna solo” (siamo andati un po’ a memoria…).

Sulla guglia più alta la Madonnina, unica dorata tra tante statue di marmo, è la candela più luminosa che Milano ha acceso per chiedere protezione.

Le statue che ornano il Duomo sono così tante che quasi è impossibile vederle una per una, creature di marmo diverse che “al lume della luna… discutono… e vengono con noi sulla piazza e ci bisbigliano nell’orecchio delle vecchie storie, bizzarre e sante, storie tutte segrete…” (Heinrich Heine).

Non solo il romantico poeta tedesco, ma anche il più duro Ernst Hemingway, le ha sentite: “c’era nebbia nella piazza e quando vi arrivammo vicino, la facciata della Cattedrale ci parve enorme, con tutte le sue statue che parlavano…”.

Che cosa si diranno queste statue? Quali storie, confidenze si faranno l’Homo Selvadego, tutto coperto di peli e con la clava, ed Eva nuda e languida?

Perchè Primo Carnera e Erminio Spalla combattono eternamente un match  di boxe mai avvenuto, senza il suono di un gong?

Chi userà la racchetta? Chi si prepara a fare climbing?

Chi ascolterà Arturo Toscanini dirigere un’orchestra e un coro fatti di santi, demoni e mostri?

Quanti animali sono saliti su quest’arca di marmo a godersi il sole raggiato dell’abside, sotto l’aquila imperiale?

A quanti turisti la nostra “Statua della Libertà” racconterà di essere la sorella più vecchia di quella icona pop a stelle e strisce di Auguste Bartholdi?

La nostra è nata in epoca napoleonica, circa 60 anni prima della sorella americana, da Camillo Pacetti, un docente di Brera. Rappresenta la Legge Nuova ed è lì sul balcone centrale del Duomo, come una severa Giulietta senza trecce.

Sotto di lei, a fianco del portone centrale, che tutti, per scaramanzia, vanno ad accarezzare, sorride il nostro piccolo dinosaurino (o forse cucciolo di un animale che non c’è), legame con un passato molto remoto.

Preistorico e appena nato, osserva le file di persone che entrano in Duomo senza guardarlo, magari ignorandone l’esistenza, quasi immagine ancestrale di una città antica e giovanissima, misteriosa e un po’ fantastica: Milano.

A presto…