La prima impressione, entrando nell’aula dei fedeli di San Maurizio, è quella di trovarci in una folla di affreschi dove tutto lo spazio delle pareti è sold out. I tanti dipinti dai toni caldi e armoniosi sembrano quasi i tasselli di un unico, grande affresco del primo Cinquecento, un’unica storia fatta di tante storie.
Un po’ diversa è l’aula un tempo riservata alle monache, al di là del tramezzo, dove il grande coro e l’imponente organo tolgono la visione d’insieme degli affreschi alle pareti.
Solo un bel cielo blu con le immagini (che sembrano quasi figure ritagliate) di Dio Padre e degli Evangelisti, sotto il balcone dietro l’altare, ci colpisce per la diversità di colore e la presenza di spazi vuoti tra le stelle.
Forse è un messaggio al nostro spirito?
A una folla di affreschi sulle pareti di questa chiesa corrisponde anche una folla di personaggi sia in scene corali, sia isolati. Ci hanno colpito alcuni putti che sembrano giocare a palla, una Sibilla XXL e questo “palestrato” dal taglio di capelli attualissimo; gli mancano solo i tatuaggi per essere del nuovo millennio…
E poi ci sono loro: le Sante, donne dall’incarnato chiaro, capelli biondi raccolti secondo la moda dell’epoca, occhi dolci e malinconici, labbra ben disegnate e abiti colorati, con eleganti drappeggi.
Molte sono le figure femminili dipinte. Il Monastero, infatti, era un convento benedettino di clausura femminile dove si ritiravano le fanciulle della famiglie più in vista di Milano, sacrificate, spesso, per tutelare il patrimonio familiare e, al tempo stesso, dare lustro alla propria casata con ruolo di Badessa. Vi ricordate Gertrude, la Signora di manzoniana memoria?
Le donne rappresentate negli affreschi sono davvero molte e possono fornire indizi per conoscere come era la “milanese” bene di quel tempo.
Entriamo piano piano in questo mondo femminile della prima metà del Cinquecento partendo da quanto ci raccontano due artisti (ops! anche allora i maschi spiegavano le donne?) legati a questo convento: il pittore Bernardino Luini e lo scrittore Matteo Maria Bandello, che ha dedicato una sua opera a Ippolita Sforza, sponsor di San Maurizio.
Matteo era un frate domenicano del convento di Santa Maria delle Grazie, la chiesa degli Sforza e dell’Ultima Cena. Colto, viaggiatore, spirito arguto, era un uomo di corte e, come confessore, grande conoscitore dell’animo umano e osservatore della società del tempo, che racconta nelle sue Novelle.
Ippolita, come racconta il Bandello, era la primadonna di un cenacolo di corte, frequentato da dame erudite, studiose di latino e compositrici di poesie in “idioma italiano” “come… la moderna Saffo, la signora Cecilia Gallerana contessa Bergamina [la Dama con l’Ermellino]”.
In questo cenacolo culturale c’era anche “la nobile e valorosa Luzia Stanga, che con la spada fa paura a molti bravi… e certamente se li padri volessero permettere alcune de le figlie darsi agli studi letterari e anco a l’armi, molte riusceriano eccellentissime, come fu per lo passato”. Sono forse le antenate delle eroine guerriere dei nascenti poemi cavallereschi o delle più recenti Lady Oscar e Mulan?
Le donne milanesi sono dunque colte, intraprendenti, social, eppure dipendenti e sottomesse alla volontà paterna e all’autorità maschile. Guardiamo le due lunette a fianco dell’altare: in quella di destra Ippolita è vestita con un sontuoso abito bianco e oro e appare giovane anche se, poco più che quarantenne, è appena mancata. La figlia Alessandra, allora già monaca, dolce, sorridente, dal bel profilo e dalla labbra rosse, intercede per lei.
Sono figure luminose, splendenti padrone della scena, ben diverse dal padre e marito, Alessandro Bentivoglio, che appare, sulla lunetta a fianco, personaggio sbiadito, triste e meno impattante. Pare quasi un omaggio al mondo femminile dell’epoca, ma la realtà era ben diversa.
Sappiamo che il Bandello, su incarico dei Bentivoglio, aveva cercato in precedenza di combinare un matrimonio tra Alessandra e un nobile, Roberto Sanseverino, conte di Caiazzo, ma questi era già impegnato. Per la fanciulla si aprirono quindi le porte di questo convento ricco, colto e prestigioso del quale divenne poi per sei volte Badessa. Aveva portato al convento una dote così ricca che, si ritiene, possa essere stata anche lei una committente degli affreschi.
Senza dubbio Alessandra conobbe il Luini, autore di tantissimi dipinti del convento. Il pittore aveva vissuto una storia d’amore con una bella e nobile fanciulla di Monza, Laura Pelucca, mentre dipingeva nella villa di questa famiglia.
Ne era nato un figlio, Evangelista, e, per il disonore, Laura venne mandata in convento e il bimbo affidato al Luini. Quante “Laure” sono state dipinte come Sante e Martiri, bellissime, di una soffusa malinconia e di una sofferta accettazione degli eventi?
C’è una Santa, però, che non guarda pudicamente verso il cielo o la terra, ma vuole incrociare e sostenere lo sguardo di chi la osserva: è Santa Lucia, che ha il viso di una dark lady dell’epoca, Bianca Maria di Challant.
La giovane, non nobile ma molto ricca di nascita (aveva una dote maggiore di quella delle fanciulle Sforza), si era sposata prima con un anziano nobile, poi, rimasta vedova, con un conte. Aveva vissuto diverso tempo alla corte di Ippolita che le era molto affezionata. Libera e vivace, aveva avuto molti amanti, tra cui anche il mancato fidanzato di Alessandra, più o meno sua coetanea. Bianca Maria venne accusata di essere la mandante dell’omicidio di un ex-amante che l’aveva diffamata e pertanto fu condannata alla decapitazione. Il Luini aveva forse assistito a questa esecuzione e se ne era ispirato per dipingere il martirio di Santa Caterina di Alessandria.
Come mai una dark lady presta il volto a ben due Sante nella chiesa dove i nobili dell’epoca potevano riconoscerla? Santa Caterina, secondo la tradizione, venne martirizzata perchè, in quanto cristiana, non aveva sacrificato agli dei pagani e si era anche rifiutata all’Imperatore; fu condannata ad essere dilaniata dalle ruote dentate (sono forse l’immagine delle calunnie che possono straziare?), ma fu salvata dall’intervento degli angeli che distrussero le ruote. Venne quindi decapitata.
A Santa Lucia, invece, vennero strappati gli occhi… Perchè il Luini fece di Bianca Maria la vittima di così crudeli martirii? L’anima inquieta di questa donna non avrebbe trovato ancora pace e si dice torni ancora come fantasma nella sua Milano, durante la notte di Halloween…
C’è un’altra dark lady dipinta a San Maurizio: Salomè. Eccola in un famoso dipinto del Luini.
Guardiamo, invece, ora l’affresco in San Maurizio. Il volto di Salomè è ben diverso da quello dell’iconografia classica. Esprime la soddisfazione per il proprio misfatto, che ne altera i lineamenti,
Anche i due uomini che, in un altro affresco, sono accanto a Gesù, hanno il viso distorto dalla malvagità che “dipinge” i moti del loro animo, come Leonardo aveva insegnato.
Infine un consiglio: non perdiamoci una visita a San Maurizio, che ci riserva sempre mille sorprese…
A presto…