I “giardini delle donne”: il nido zen di Teresa Pomodoro

Tra i “giardini delle donne” c’è un nido un po’ nascosto tra le piante della grande aiuola centrale di piazza Piola.

Improvvisamente, tra i viottoli, le siepi e le aree per cani e i loro accompagnatori, ci troviamo di fronte al primo giardino zen della nostra città, creato recentemente e dedicato a Teresa Pomodoro, l’artista, regista, drammaturga e attrice che ha voluto e diretto il Teatro No’hma nella vicina palazzina ex-Acqua Potabile di via Orcagna.

Questo piccolo spazio è protetto da un paravento verde di ventun ciliegi che, per breve tempo, si dipinge di rosa, colorato dai fiori che per i giapponesi rappresentano l’effimera bellezza della vita.

Così due haiku:

“Cadono i fiori di ciliegio / sugli specchi d’acqua della risaia: / stelle / al chiarore di una notte senza luna.” (Yosa Buson 1716-1784)

“Ciliegi in fiore sul far della sera / anche quest’oggi / è diventato ieri.” (Kobayashi Issa 1763-1827)

Al centro di questo “nido” della nostra città, fermiamoci a guardare l’installazione di Kengiro Azuma, l’artista giapponese che aveva trovato a Milano lo spazio in cui vivere e lavorare.

Sopra cinque gradoni cilindrici in marmo, sono poste alcune sculture in bronzo: una goccia, simbolo dell’acqua, e due rospi che sembrano conversare tra loro come avevano fatto per tanto tempo l’artista italiana e lo scultore giapponese.

Questo giardino dei ciliegi è un invito a fermarsi, a pensare e riflettere sui bisogni e sull’unione tra noi e il pianeta, magari seduti sulle essenziali, anche se sembrano scomode, panchine di pietra.

Qui arte e natura, vuoto e pieno si uniscono in armonia ed equilibrio. Da questo “nido” nasceranno per noi nuovi pensieri?

A presto…

I giardini delle donne: spazi verdi con sfumature rosa

Non sono molte le strade di Milano dedicate alle donne. E i monumenti? Nemmeno uno, se si escludono diverse statue femminili allegoriche. Da qualche tempo, però, alcuni giardini hanno il nome di donne celebri. Andiamo a fare quattropassi dove il rosa  sfuma nel verde.

Due tra “i giardini delle donne” sono grandi e di più vecchia data: la Guastalla (ne parleremo tra qualche settimana) e il Ravizza; altri sono invece spazi più nuovi dove il verde si è conquistato piccole aree trascurate o qualche angolo tra le case o vicino a edifici storici.

Le donne a cui sono state dedicate queste memorie verdi e vive hanno avuto storie diverse: c’è chi ha dato la vita per il proprio impegno, come Lea Garofalo e Anna Politkovskaja, o chi ha lasciato un segno nell’arte e nella cultura.

Così possiamo passeggiare nel giardino Camilla Cederna, accanto all’Università Statale di via Festa del Perdono e goderci un po’ di verde alle spalle di via Larga tra la Ca’ Granda e la bella chiesa di San Nazaro, in un angolo ricco di storia e di fascino un po’ bohemienne.

Ad una grande giornalista, Oriana Fallaci, è dedicato un bel giardino in via Quadronno con diversi spazi gioco  e qui, perché no?, possiamo fermarci a rileggere qualche intensa pagina della scrittrice.

Quasi a prolungarne il verde, su questo giardino si affacciano bei palazzi d’autore, con i loro terrazzini ricchi di vegetazione, quasi precursori del pluripremiato Bosco Verticale.

Un altro giardino in rosa è quello dedicato a Renata Tebaldi, di fronte alla chiesa di Santa Maria Segreta. È un giardino tranquillo dove si può sostare un momento dopo aver fatto visita all’Angelo meteorologo della chiesa o essere andati a vedere il vicino Villino Maria Luisa, tutto oro e azzurro.

In queste giornate calde, possiamo cercare un po’ d’ombra anche al Parco Ravizza, un’ isola verde vicino alla Bocconi, che offre tanto spazio a chi vuole stendersi al sole o riposare all’ombra, magari per studiare.

Fu realizzato all’inizio del secolo scorso, in una zona agricola in via di urbanizzazione; frequentato in ogni stagione, anche da chi fa jogging, è ricco di spazi verdi, di aree gioco e di recinti per gli amici a quattro zampe.

È conosciuto come “il Ravizza”, al maschile, ma è dedicato a una donna straordinaria: Alessandrina Ravizza. Chi era questa donna grassoccia e un po’ dimessa, con una grande fronte spaziosa che era l’immagine della sua mente e del suo cuore grandi e aperti?

Era nata in Russia, nel 1846, da madre tedesca e da padre italiano, un patriota esule dopo le guerre napoleoniche. Cresciuta in un ambiente cosmopolita, conosceva ben otto lingue.

Giunta a Milano per accompagnare la sorella che doveva studiare al Conservatorio, sposò l’ingegnere Giuseppe Ravizza, del quale portò sempre il cognome, ed entrò in contatto con alcune donne, fra cui Anna Kuliscioff, in prima linea per l’emancipazione femminile e l’impegno sociale.

Il “suo” parco è un po’ come l’opera della Ravizza. Alessandrina, infatti,  fece crescere, come dice Ada Negri, una “foresta spessa e viva” di istituzioni che contribuirono a fare grande Milano, sia pure negli anni difficili a cavallo dei due secoli.

Alessandrina Ravizza seminò e curò le radici di molti “alberi”: le Cucine Economiche, la Casa di Lavoro per Disoccupati, l’Ospedale Sifiloiatrico per madri e bambini ammalati. Promosse inoltre corsi di formazione professionale e diede vita all’Università Popolare di Milano.

Per la Ravizza erano fondamentali la solidarietà e la cultura per raggiungere un reale progresso sociale senza il rischio di solo assistenzialismo. E questi sono i valori della Milano più autentica, validi ancora oggi.

Passeggiando per questo bel parco milanese, senza barriere e generoso di zone di sole e di ombre come la vita, e di una vegetazione ricca e diversa, abbiamo pensato al rosa intenso di Alessandrina Ravizza che non “processò mai la vita, ma la difese e la incoraggiò in ogni singola manifestazione” (Ada Negri).

Qui il verde si è davvero tinto di rosa.

A presto…