Angoli di Milano intorno al vecchio Verziere

Come i “verzeratt” di fine Settecento lasciamo piazza Fontana, diventata troppo “bene” per ospitare vecchie bancarelle, e ci spostiamo nella vicina piazza Santo Stefano, “nuova” sede dell’antico mercato.

 

La piccola piazza ha mantenuto in parte il fascino e la vivacità di un tempo, con diversi locali ma troppe automobili.

 

La chiesa di Santo Stefano è ricca di storia milanese. Fondata nel 417 d.C., al suo interno troviamo la lapide che ricorda la tragica sorte degli “Innocenti” giustiziati al tempo dell’imperatore Valentiniano I e, all’esterno, il pilastro vicino al quale venne assassinato da congiurati il duca Galeazzo Maria Sforza, proprio nel giorno di Santo Stefano del 1476.

 

Diamo anche un’occhiata al campanile del Seicento, ricostruito dopo il crollo di quello precedente, che aveva portato con sé la vita di un povero sacerdote che aveva in tasca il proprio testamento con cui avrebbe lasciato i suoi averi per il restauro.

 

Sulla piccola piazza (forse sarebbe meglio chiamarla slargo o largo come è in uso a Milano) si affaccia anche la chiesa di San Bernardino alle Ossa… ricordiamoci di non passare di qui la notte di Halloween!

 

Tra le due chiese percorriamo un vicoletto, la stretta del “cadenin”, un tempo delimitato da due piccole colonne unite da una catena, sostituite ora da due cancelletti.

 

In questo vicoletto, accanto alla facciata dell’Ossario, c’è una piccola buca per le offerte, risalente al 1776 che invita a: “date et dabitur vobis”. Un altro piccolo angolo che abbiamo scoperto durante la ricerca sulla storia del Verziere.

 

E ora una vera “chicca” trovata un po’ per caso. In piazza Santo Stefano esisteva una fontana nata ex-aequo con quella di piazza Fontana, la prima di Milano. Infatti l’acqua che usciva dalle quattro bocche a forma di leone, veniva convogliata in questa di piazza Santo Stefano, forse poco più di una vasca, in uso ai “verzeratt” per le proprie merci.

 

Infine, guardando sulla destra della chiesa di Santo Stefano, ci sembra di vedere una casa uguale a quella che appare nel dipinto.

 

L’abbiamo fotografata oggi, contrassegnata dal numero civico 12, con il vecchio portone e alcuni balconcini in ferro battuto sostenuti da fregi. Gli abitanti di un tempo saranno scesi a fare la spesa nel mercato sotto casa?

 

Questo Verziere, nel corso degli anni, era diventato un po’ troppo piccolo, così il mercato si era allargato fino a raggiungere la colonna del Cristo Redentore.

 

Per raggiungerla, abbiamo salutato Carlo Porta, arrivato al Verziere dopo che la sua statua, ai Giardini Pubblici, era crollata per le bombe delle seconda guerra mondiale.

 

Il poeta amava questo mercato e la “lengua del Verzeè” ha ispirato le sue opere. A proposito, abbiamo riletto, con un bel po’ di fatica linguistica, la “Ninetta del Verzeè”... Altro che “Cinquanta sfumature di grigio”!

 

Lasciato il Poeta, raggiungiamo la colonna con la statua del Cristo Redentore, tornata al suo posto dopo i lavori della linea blu della metropolitana. Siamo in piena zona delle antiche mura imperiali romane, demolite nel corso dei secoli. Ora ci troviamo in un altro slargo, appena risistemato, ma piuttosto bruttino, largo Augusto… qualcosa di romano è rimasto.

 

In questa piazza svetta l’alta colonna votiva del Seicento, inizialmente dedicata a San Martiniano, sostituita poi con la statua del Cristo Redentore. Non ebbe mai vita facile. Questa colonna votiva era giunta alla Darsena nel 1581 col fusto un po’ ammaccato, tanto che presentava un buco; dapprima si cercò di tapparlo, poi si promise che sarebbe stata la custodia di alcune reliquie, cosa che non avvenne mai; in compenso, però, furono incisi sulla colonna i nomi dei Caduti delle Cinque Giornate, perché da questa zona era partita l’insurrezione.

 

Inoltre la colonna era così alta che, durante il suo primo posizionamento, girò in parte su se stessa per una fune che si era rotta. Da qui nacque la leggenda del Cristo Redentore che si era girato per non vedere lo strazio dell’infelice Barbarinetta. La ragazza si era gettata da una finestra quasi per raggiungere sul patibolo il proprio amante, che veniva giustiziato su questa piazza.

 

Ora la colonna è tornata al suo posto, pulita e restaurata, ma… al suo fianco vediamo i resti di un basamento più antico, ritrovato durante i lavori. Che cosa se ne farà? Per adesso rimane lì ad aspettare.

 

Torniamo all’inizio del nostro itinerario: “El Verzeratt” di largo Richini. La sua storia è un po’ quella di altro trasloco del Verziere. Quando, ai primi anni del Novecento, il mercato venne trasferito dove ora si trova il Parco Formentano con la Palazzina Liberty, la famiglia del nostro verzeratt portò il proprio banco sul retro della Basilica di San Nazaro, ove si trova dal 1919.

 

Qui ora troviamo frutta e verdura, nostrane ed esotiche, e possiamo anche bere nelle ore serali un aperitivo in un angolo di città accanto alla Basilica ambrosiana di San Nazaro e alla sforzesca Ca’ Granda. Magica Milano!

A presto…

Il Cristo Redentore del Verziere – (tanto tempo fa)

Il “Verziere” di largo Augusto per lungo tempo è stato considerato luogo di presenze demoniache e di streghe.

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La leggenda vuole che si decise di innalzare la colonna con la statua del Cristo Redentore, proprio per liberare il luogo dalle presenze maligne. Secondo gli storici, invece, la colonna sarebbe stata innalzata nel 1580 come ex-voto per la fine di una pestilenza. Comunque si voglia credere, questa statua ha avuto una “vita” piuttosto travagliata.

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Durante la sua costruzione ebbe problemi di natura burocratica, inoltre crollò per ben due volte, tanto che fu terminata quasi cento anni dopo il suo inizio. Inoltre, in origine, il volto del Cristo guardava verso la chiesa di san Bernardino. Perchè oggi è rivolto verso via Durini? Secondo la versione ufficiale, alcuni operai, durante lavori alla statua, la fecero girare su se stessa. Secondo la leggenda, che abbiamo raccontato, la statua, impietosita dalla tragica fine di Barbarinetta, si voltò dall’altra parte per non vedere.

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Poco distante da questo monumento si può incrociare lo sguardo ironico di  Carlo Porta, poeta dialettale di inizio Ottocento e “papà” della Ninetta, la giovane prostituta che sente il bisogno di raccontare un po’ di se stessa ad un vecchio cliente, come in un moderno confessionale da “Grande Fratello”; lo fa con un linguaggio esplicito, per certi versi non lontano da quello dei ragazzi d’oggi.

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La statua del nostro poeta si trova nei piccoli giardini di via Brolo, oasi di tranquillità, già riportati nell’itinerario da san Bernardino alle Ossa. D’ altra parte come non essere un luogo particolare se qui c’era il Brolo (bosco) di Belisama? Persino il nome della piccola via ce lo ricorda. Andateci quando avete bisogno di pensare!

 Charle

Quali altri poeti dialettali ci vengono in mente? Sono  molti e molto diversi, anche autori di canzoni. Ve ne proponiamo alcune da leggere e ascoltare.

Iniziamo con un altro monologo in dialetto e in prima persona, struggente e orgoglioso, il “Ma mi” di Giorgio Strehler, cantato da diversi artisti. Un partigiano, catturato dai nazifascisti, viene rinchiuso a San Vittore; pensa alla vita fuori dal carcere…se tradisse i sui compagni sarebbe liberato, ma…”mi parli no”.

“………………..
Ma mi, ma mi, ma mi,
quaranta dì, quaranta nott,
a San Vittur a ciapaa i bott,
dormì da can, pien de malann! ..:
………………………
Sont saraa su in’sta ratera
piena de nebbia, de fregg e de scur,
sotta a ‘sti mur passen i tramm,
frecass e vita del me Milan ..
…………………………
L’è pegg che in guera staa su la tera:
la libertà la var ‘na spiada!
…………………………..
sbattuu de su, sbattuu de giò:
mi sont de quei che parlen no!

giorgio_strehler

https://www.youtube.com/watch?v=s_TdwJ76weQ

Un altro cameo è “El purtava i scarp del tennis” di Jannacci – Fo. Chi non conosce i versi che parlano di un homeless, un “barbun”, di così grande attualità?

“El portava i scarp del tennis,
el parlava de per lù
rincorreva già da tempo
un bel sogno d’amore.

El portava i scarp del tennis,
el gh’aveva dù oeucc de bon;
l’era el primm a menà via
perchè l’era un barbon
………………………………”

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Enzo Jannacci – Wall Art in via San Calimero

https://www.youtube.com/watch?v=SO_QKksqXdI

Tante altre sono le poesie e le canzoni dialettali che ci piacerebbe ricordare,

“Mi vu in gir de chi e de là
mi vu in gir per laurà
troevi tanti bigliett de mila
me vegnù in ment de cumprà una Balila.
Una Balila”

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Giorgio Gaber – Wall Art in via San Calimero

http://www.youtube.com/watch?v=qIfkwtiUmIk

“La vita l’è bela
basta avegh un’umbrella
che ripara la testa
ecco un giorno di festa”

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Cochi e Renato

https://www.youtube.com/watch?v=YG0Qtgz16dc

non ultime le filastrocche,

“Il gallo è morto, il gallo è morto,
non canterà più, coccodì e coccodà,
e co e co e co e coccodì e coccodà.
Le coq est mort, le coq è mort
il ne chanterà plus ni coccodì, ni coccodà ….
The cook is dead …..
it will never sing coccodì and coccodà
….
El gagio es muerto, ….
el non canterà mas coccodì e coccodas ….
…….
Son staa mì che hoo mazzaa el gall.
El m’ha rott i ball col coccodì e coccodà!”

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https://www.youtube.com/watch?v=Blmp8ASFqOk

ma la più grande, per noi milanesi, è “O mia bela Madunina” di G. D’Anzi.

“O la mia bela Madunina
che te brilet de luntan,
tuta d’oro e piscinina
tu te dominet Milan.
Sota ti se viv la vita,
se sta mai cuj man in man.”

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Siamo sicuri che Belisama la canta con noi.

Il Verziere – (dove)

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Foody, mascotte di Expo 2015

Il nome del Verziere deriva dall’antico mercato ortofrutticolo di Milano, che, via via, dai tempi più remoti si è progressivamente spostato dal centro verso la periferia con l’espandersi della città.

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Un tempo, infatti, era situato proprio attorno all’abside del Duomo, tanto che gli ortolani dell’epoca usavano attraversare il Duomo stesso come scorciatoia, così che la porta laterale, dalla parte delle Rinascente, dovette essere chiusa.

Si è poi spostato nell’odierna piazza Fontana, successivamente verso l’attuale largo Augusto, dove ancora esistono le targhe “Verziere” senza indicazione di via o piazza.

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Verziere primo 900 A

Un altro “viaggio” del Verziere verso la periferia lo ha portato, dal 1911 al 1965, dove oggi c’è il Parco Marinai d’Italia (oggi dedicato a Vittorio Formentano), con al centro la palazzina Liberty, in origine caffè-ristorante, che faceva da “borsino” della frutta e verdura.

palazzina liberty

Oggi

verziere - marinai d'Italia

Ieri

Ora, infine, il “Verziere”  (ora “mercato ortofrutticolo”) è stato spostato  in via C. Lombroso 54, aperto anche al pubblico il sabato dalle 9 alle 12.

ortomercato

ortomercato_milano

Due ragazze del Verziere e la statua che voltò la testa – (raccontaMI)

CAPITOLO  1 – La Barbarinetta

_Belisama! Belisama!

_Chi mi chiama? Non mi ricordo bene di te…Ma sì, sei la Barbarinetta!

_Grazie di avermi riconosciuta…Nessuno più, qui a Milano, conosce la mia storia, nè guarda più quella grande statua del Cristo Redentore in cima alla colonna di largo Augusto. Le auto ci girano intorno e la gente non alza più gli occhi; pensa di trovare tutto quello che cerca a due metri da terra.

_Questa zona, il Verziere, è sempre stata piena di vita e di lavoro. C’era un grande mercato di verdura e, dove vive tanta gente, c’è sempre qualcuno che sgarra!

_Stavo tornando a casa con mio padre, un gruppo di balordi ci aggredì e lo uccise; poi mi rapirono per violentarmi, anch’io era preda del loro bottino. Urlavo, mi dibattevo, mi picchiavano per tenermi ferma. Improvvisamente, richiamato dalle mie grida disperate, un bel giovane biondo venne in mia difesa e mi salvò da tutte quelle mani. Mi innamorai di lui e lo amai come si ama il primo amore e lui mi ricambiò, tenero e dolce come mai era stato nella sua vita di assassino. Me ne andai con lui, condividendo la sua vita “fuorilegge”. Poi, un giorno, fu catturato e giustiziato in questa piazza. Non ressi a tanto dolore e mi gettai da un palazzo, quasi per raggiungerlo sul patibolo e morire con lui. In quel momento la statua del Cristo Redentore si girò per non vedere un dolore così disperato. Da allora aspetto che il mio amore torni da me, non può essere condannato in eterno chi ha amato tanto, anche per poco tempo, come lui.

Belisama guarda lassù, verso la statua, e l’aria sembra sorridere.

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Si sentono due voci, di gioia e di pianto insieme, poi due ragazzi si corrono incontro e, abbracciati stretti stretti, volano via, verso il Cielo. A Belisama si inumidiscono gli occhi e anche la statua sorride.

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[l’happy end non fa parte della storia, ma a noi piace… bene espressa a nostro parere da un dipinto di Chagall]

 

CAPITOLO 2 – la Ninetta

_Ah, gli uomini, anche “a me” mi hanno rovinata

ninettaweb

_Ciao Ninetta, come va il tuo mestiere, il più antico del mondo?

_Bene, non manca mai. Quante disgrazie, quanta miseria, prima di incontrare “el Pepp“, quel parrucchiere che mi ha incantato e mi ha ingannato. Quante parole dolci mi ha detto, “stu lumagon“; poi ha cominciato a “fà il trist, a mangià pocch...”, “Voglio morire“; e io, stupida, a credergli, mi piaceva. E lui, un giorno, “Ninin…tas…lassem fà…pensa nagotta…Sto fioeul di un’ona vacca el me l’ha rotta“. Poi la mia vita è andata sempre più giù e il mio letto è diventato una scialuppa di uomini alla deriva. Sapessi quante cose mi tocca fare…

_No, Ninetta, non dire altro. Lasciamo al lettore, se vuole, cercare altri particolari…Dove? In una libreria, settore classici dialettali, autore Carlo Porta.

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