Passipermilano? Secondo itinerario nel cuore della nostra città per chi viene la prima volta

Siamo in piazza della Scala, piuttosto nuova (è stata completata agli inizi del Novecento da Luca Beltrami) e che potremmo quasi definire “laica”. Vi troviamo, infatti, palazzi della politica, della cultura e dell’economia.

piazza della Scala

Palazzo Marino, sede del Comune

Teatro alla Scala

Banca Commerciale – Gallerie d’Italia

Non solo: per costruire alcuni di questi edifici sono state demolite, in tempi diversi, ben due chiese, Santa Maria alla Scala e San Giovanni Decollato alle Case Rotte. Una piccola curiosità: la facciata di quest’ultima è stata “spostata” in via Ariosto, come entrata laterale della chiesa di Santa Maria Segreta.

 

Iniziamo da piazza della Scala la seconda parte della nostra passeggiata nella quale ci faremo guidare da alcune statue, silenziose presenze dei nostri passipermilano. Di fianco al teatro incontriamo la statua dedicata a un sorridente Giulio Ricordi, il grande editore musicale.

Il monumento, creato nel 1922, è stato da poco ricollocato proprio dove si trovava la storica sede della Ricordi, oggi diventata Museo della Scala.

Quasi di fronte, al centro della piazza, giganteggia la ben più imponente statua di Leonardo da Vinci, con quattro allievi, tra verde, panchine e una “vedovella”.

La prossima statua che incontriamo in questa passeggiata è quella di un incavolatissimo Alessandro Manzoni, che trovò la morte battendo la testa contro i gradini della bella chiesa di San Fedele.

Voluta da San Carlo Borromeo, fu costruita sopra una precedente chiesetta dedicata a Santa Maria in Solariolo e a San Fedele. Quando la vicina chiesa di Santa Maria alla Scala venne demolita, il nome e alcune opere più importanti furono trasferite  nella chiesa che oggi si chiama, per accontentare un po’ tutti, “Santa Maria alla Scala in San Fedele”. Come sempre a Milano è bello ritrovare le tracce del passato nel nuovo.

autore anonimo

Simone Peterzano

Questa chiesa oggi propone un itinerario tra arte e fede. Al suo interno non solo opere classiche, ma anche di Lucio Fontana e di altri autori contemporanei che creano riflessioni e aprono un dialogo con la spiritualità del nostro tempo.

Lucio Fontana

Nicola de Maria

Entriamo per una breve visita nel Museo di San Fedele (ingresso 2 Euro). Dopo l’imponente sagrestia soffermiamoci su una trecentesca Madonna del Latte; sopra il suo piccolo altare un libro di cristallo e specchio che riflette e fa riflettere.

opera di Christian Megert

Siamo nella Cappella delle Ballerine, opera di Mimmo Paladino, decorata con tante scarpine d’argento; qui le artiste della Scala venivano per una preghiera prima dello spettacolo.

La cappella è collegata all’altare da una serie di specchi. che sorprende per i giochi di immagine tra sacro ed umano.

Usciamo da San Fedele e raggiungiamo ora la Rinascente percorrendo via Santa Radegonda, dove si potrebbe incontrare non una statua ma il fantasma della figlia di Bernabò Visconti. Alzando gli occhi possiamo vedere le statue, un po’ insolite e sconosciute,  sulla facciata del cinema Odeon.

Sono un omaggio al mondo dello spettacolo, dal cinema al teatro, dalla musica alla danza.

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Siamo ora in corso Vittorio Emanuele e possiamo zigzagare tra le vetrine dell’isola pedonale e, dando un’occhiata a piazza del Liberty, dove sorgerà il nuovo complesso della Apple, andiamo a trovare il “Scior Carera”.

L’ “Omm de Preja”, chiamato anche “Scior Carera” per una storpiatura dell’epigrafe, è una statua romana del III secolo d.C., con testa cambiata attorno al Mille, che abita al numero 13 di corso Vittorio Emanuele, vicino alla coloratissima Zara.

I milanesi erano soliti appendere a questo “Pasquino” ambrosiano anonimi biglietti satirici contro il governo austriaco. Sembra che proprio da via San Pietro all’Orto, dove abitava in quel periodo el Scior Carera, partì l’idea dello sciopero dei sigari che sfociò nelle Cinque Giornate del 1848.

Questa zona è sempre stata al centro della vita milanese: infatti ci troviamo dove, ai tempi della Mediolanum imperiale si estendevano, per circa 15.000 metri quadri, le imponenti e lussuose Terme Erculee, una sorta di SPA, dotate di palestra, sauna, bagni caldi e freddi, luogo di svago, benessere e aggregazione per i milanesi dell’epoca.

Per molto tempo non si seppe con precisione nemmeno dove le Terme fossero situate. Poi, mentre Milano cresceva abbattendo case fatiscenti e scavando per costruire infrastrutture e metropolitane, ecco il passato riaffiorare appena sotto il nuovo.

Come per magia (e chissà quanto è andato perduto) sono riapparsi via via, tra corso Europa, piazza San Babila e corso Vittorio Emanuele, tratti di mura e reperti delle Terme, dal busto di Ercole a pavimenti a mosaico, ora conservati al Museo Archeologico.

Anche gli scavi in corso della linea blu della metropolitana stanno facendo ritrovare altri ricordi del passato, quasi questi volessero essere presenti al nuovo sviluppo.

Le Terme furono distrutte da un incendio (Attila?) e la terra venne adibita via via a pascolo pubblico, come per fare ricominciare la vita. In mezzo a questi pascoli sorse, attorno all’anno Mille, la piccola chiesa di San Vito al Pasquirolo, rifatta in epoca barocca e oggi di rito russo-ortodosso.

Poco lontano dalla chiesetta, in una piccola e triste Walk of Fame (Largo Corsia dei Servi 21), troviamo non statue, ma impronte delle mani di celebri personaggi dello spettacolo di ieri.

La statua di un sornione Carlo Porta, nel vicino Verziere, ci invita a entrare in una zona dall’atmosfera completamente diversa. Ci troviamo nelle viuzze intorno all’Università Statale, a San Bernardino alle Ossa e a Santo Stefano, in un itinerario ricco di storia, fascino e mistero, ma anche di piccoli locali dove fermarci per uno spuntino.

Ci ritroviamo tra qualche giorno davanti al Teatro Lirico, ora in rifacimento, per continuare il nostro giro nel cuore di Milano.

“Com’è bella la città” – opera di Antonio Marras

A presto…

Giovani “ciceroni” raccontano la Ca’ Granda

È di questi giorni la notizia dei giovani che, in controtendenza, “tornano” a Milano attratti dal volto nuovo e dalle opportunità possibili della nostra città.

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Uno dei luoghi di crescita e di formazione è l’Università Statale di via Festa del Perdono, sede di facoltà umanistiche e polo di ricerca e di proposte culturali ricche e diversificate.

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3 – 5 novembre 2016

L’Università si trova nell’antico edificio conosciuto dai milanesi come Ca’ Granda, l’antico Spedale dei Poveri fatto costruire nel Quattrocento da Francesco Sforza, appena diventato Duca di Milano, e progettato dal Filarete.

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Francesco Sforza

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il Filarete

Per il secondo anno consecutivo, la Statale presenta se stessa proponendo visite guidate, anche in inglese e spagnolo. Giovani laureati e studenti dei corsi di Laurea in Beni Culturali raccontano la storia della Ca’ Granda mostrandone tesori e segreti attraverso anche le più recenti scoperte.

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Il Cortile d’Onore e i diversi cortili, i Porticati e la Sala Crociera sono luoghi simbolo, la cui storia sarà raccontata ai visitatori, insieme a molto altro.

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Una piccola curiosità: la Ca’ Granda non ha uno scalone di accesso di rappresentanza. Non lo aveva voluto il Filarete: “questo luogo non bisogna tante scale, perchè non è spectaculo da stare a vedere”. La risposta di Francesco non fu da meno: “tu dì il vero… questo non è teatro”. Siamo nel 1400 ed avevano già pensato ad una città della salute, autosufficiente e senza barriere architettoniche!

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Le visite alla Ca’ Granda possono essere anche libere seguendo le 11 paline distribuite lungo il percorso e… leggendo il nostro blog.

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Da non perdere assolutamente la visita alla Chiesa senza facciata della SS. Annunciata e alla cripta, che si aprono sul Cortile d’Onore.

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Un tocco dark: cosa avrà visto la donna terrorizzata, con le mani nei capelli, scolpita sulla facciata? La cripta riserva molte inquietanti sorprese ….!

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Le visite gratuite si terranno, fino al 31 ottobre 2016, il Mercoledì 14.30 – 17.30 e il Sabato 9.30 – 12.30.Per prenotare basta inviare una mail a visite.cagranda@unimi.it.

Se poi, usciti dalla Ca’ Granda, ci fosse ancora il tempo per fare quattro passi, c’è solo da poter scegliere: via Laghetto, piazza Santo Stefano con San Bernardino alle Ossa, il Verziere, via Bergamini, coi bei negozi, via Pantano, San Nazaro, Sant’Antonio

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Sono vie e luoghi di antico fascino, poco conosciuti, dove anche il nostro blog ha fatto i suoi primi Passipermilano.

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Ultima ora:

Il 10 ottobre 2016 la prof. Francesca Vaglietti, docente di Storia e Archeologia Medievale, terrà un incontro su ” Storia e storie della Statale” (ore 21, ingresso gratuito, via Francesco Sforza 32).

Itinerario da S. Bernardino alle Ossa

DA DOVE ……. DOVE

“Ti spiacerebbe dirmi, per favore, da quale parte dovrei andare, partendo da qui?” (Alice nel paese delle meraviglie – L. Carroll)

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 Questa zona, appartata e silenziosa, è una piccola oasi di tranquillità a pochi passi dal centro, ma solo nel weekend. Durante la settimana, quando è aperta l’Università Statale di via Festa del Perdono,

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è vivace, piena di ragazzi, biciclette, negozi “colti”, librerie, copisterie, bar piacevoli e a buon mercato, dove si sente ridere e raccontare di esami e di prof. Il sabato e la domenica tutto cambia; l’Università è chiusa, salvo eventi. Un vero peccato che impedisce di gustare questo angolo di Rinascimento con la sua ordinata bellezza e con i suoi chiostri, sui muretti dei quali è bello sedere come avviene da 600 anni. (Vista l’importanza della Ca’ Granda, cioè dell’Università, ne parleremo in un altro itinerario).

Torniamo sui nostri passi. Belisama ci ha già accompagnato alla chiesa di San Bernardino e alle sue macabre decorazioni. Siamo ora in piazza Santo Stefano, dominata dalla chiesa di Santo Stefano in Brolo.

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Sì, avete letto bene: Brolo, l’antico nome del bosco, che dà anche il nome ad una viuzza qua dietro…Ma non è tutto; alle spalle di San Bernardino c’è un piccolo giardino, quasi segreto, che sembra invitare ad una tranquilla sosta per  una lettura o per una chiacchierata piacevole, magari mangiando un panino  (se ci andate di domenica, però, dovete portarvelo da casa, qui vicino è quasi tutto chiuso).

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Molto tranquilla la nostra chiesa di Santo Stefano, nel passato, non lo è di certo stata. Qui, sotto il porticato, di cui rimane quell’unica colonna, fu ucciso da congiurati il Duca di Milano Galeazzo Maria Sforza, il 26 dicembre del 1476. Inoltre, appena entrati nella chiesa, sul pavimento, una grata d’ottone copre una pietra, detta degli Innocenti, che ricorda quattro funzionari imperiali che, durante il regno dell’Imperatore Valentiniano I (quando Mediolanum era la capitale dell’Impero Romano d’Occidente), osarono denunciare un ricco patrizio milanese, corrotto, ma legato al potere. Furono giustiziati loro dopo atroci torture proprio su questa pietra.

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Anche via Laghetto, accanto alle nostre due chiese, non era certo un’oasi di pace, come sembra guardando vecchie immagini di Milano.

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Perchè si chiama via Laghetto? Milano è da sempre città d’acqua, anche se non c’è il “grande fiume” come in altre città. Di fiumi, piccoli ma disastrosi, ne abbiamo diversi (Olona, Lambro, Seveso, Nirone, Vettabbia) e il sottosuolo è ricco di acqua; nel corso dei secoli sono stati poi creati i Navigli, ma di ciò parleremo in altri itinerari. Siamo nella seconda metà del Trecento: per la costruzione della nuova Cattedrale, il Duca Gian Galeazzo Visconti donò alla Fabbrica del Duomo la cava di marmo di Candoglia, vicino al Lago Maggiore; voleva una chiesa non più di mattoni, come nel gotico lombardo, ma di prezioso marmo dai riflessi rosati, come nelle cattedrali di Oltralpe. Come fare a portarlo?

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Il materiale arrivava al piccolo porto artificiale di via Laghetto, costruito apposta, percorrendo le vie d’acqua da Candoglia fino al Naviglio Interno; i barconi adibiti al trasporto  del marmo erano esentati dal pagamento di dazi e pedaggi esibendo un “lasciapassare” con la scritta A.U.F., cioè Ad Usum Fabricae, da cui l’espressione a ufo, ovvero a sbafo).

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Al Laghetto i blocchi venivano caricati sui carri fino al cantiere del Duomo. Anche il nostro dinosaurino è arrivato  qui e Belisama, tra acque e brolo, era felice.

Tutto roseo, quindi, come il nostro marmo? Mica tanto…Nel piccolo porto di via Laghetto arrivava anche il carbone, utilizzato come fonte energetica. L’edificio al numero civico 2 era la sede dei carbonai, i “tencitt” (cioè sporchi, neri come il carbone).

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Per i milanesi del tempo questa zona era sotto l’influsso di streghe e fattucchiere. Pensate che durante le epidemie di peste nessuno, stranamente, si ammalò nella zona del Laghetto; sortilegio o potere disinfettante della polvere di carbone? In ogni caso un certo Bernardo Catone, per ringraziare la Madonna dello scampato pericolo, fece realizzare un dipinto murale, ancora oggi visibile proprio sulla facciata dell’edificio dei “tencitt” (che oggi ospita un bel ristorante e alcune abitazioni private).

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Qualche parola, infine, sui negozi della zona; non ce ne sono molti, per lo più concentrati in via Bergamini (che era la via dei formaggiai).

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Da segnalare alcune botteghe storiche.  Se entrate nell’ orologeria Sangalli per un acquisto o per una riparazione, chiedete al gentile proprietario di vedere il locale degli orologi; sotto un soffitto ligneo che ha dell’incredibile, è raccolta una collezione di cucù e di pendole dal sapore antico. Qui passato e presente camminano insieme!

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Poco distante c’è un negozio molto interessante di casalinghi e di fronte una storica libreria con un bel reparto di oggettistica e di prodotti naturali provenienti da vari monasteri.

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Il nostro giro è terminato, ma se volete c’è ancora qualcosa di interessante da vedere… Arrivederci alla prossima puntata: la Statale!

La Danza Macabra di San Bernardino alle Ossa – (dove)

La chiesa di San Bernardino passa quasi inosservata situata com’è al lato della chiesa, molto più grande ed imponente, dedicata a Santo Stefano, nella piazza omonima.

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Oltretutto la facciata di San Bernardino  si presenta come quella di una casa di abitazione, con due piani di finestre. Solo la presenza di una cupola centrale e di un campanile tradisce la sua vera natura.

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Entrando ci si trova in una chiesa a pianta centrale ottagonale, molto luminosa ma che non colpisce in modo particolare. Attenzione! Non finisce qui!

Percorriamo, subito a destra entrando, uno stretto e scuro corridoio che sembra quasi prepararci a ciò che stiamo per trovare: una cappella ossario dalle alte pareti completamente rivestite da teschi e ossa umane, disposte a formare figure come croci o lettere M.

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Si dice che siano ossa provenienti dai cimiteri di antichi ospedali oppure quelle dei morti durante le varie pestilenze. I teschi sopra la porta che conduce direttamente all’ossario dall’esterno (porta che resta sempre chiusa) sarebbero quelli di condannati a morte.

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Guardate verso l’alto e sarete colpiti da un inatteso contrasto cromatico: l’ ossario è sovrastato  da una cupola affrescata raffigurante un cielo azzurro solcato da anime purganti che ascendono al Paradiso accompagnate da miriadi di angeli.

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La leggenda vuole che tra queste ossa ci sia anche lo scheletro di una ragazzina, morta di peste, che, nella notte del Giorno dei Morti, si ricompone, esce dalla parete e, dopo aver richiamato tutti gli altri scheletri, li guida in una danza macabra fino all’alba. Nella piazza e nelle vie adiacenti si sentirebbe il rumore della musica e delle ossa che sbattono tra loro, durante la danza.

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Usciti dall’ossario torniamo nella parte centrale della chiesa e, sorpresa! qui sarebbero sepolti anche due discendenti di Cristoforo Colombo, i cui stemmi nobiliari sono presenti sulle pareti della chiesa.

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Si ignora  perchè siano sepolti a Milano.

Al centro della chiesa fate attenzione ad una grata nel pavimento: copre la scaletta che scende ad una cripta, non visitabile, nella quale riposano i corpi dei monaci Disciplini, cui apparteneva la chiesa, i quali usavano essere sepolti avvolti nel loro saio e seduti sugli scranni della cripta. La leggenda non dice se anche i monaci partecipano alla danza macabra.

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L’Ossario di San Bernardino è così straordinario che  il  Re Giovanni V del Portogallo, che lo aveva visitato nel 1738,  ne fece costruire uno simile ad Evola, nella sua patria.

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