La chiesa di San Celso: un antico seme di fede, arte e vita milanese

È stata la bella mostra “Portraits” di Francesco Diluca, a farci rivisitare la chiesa di San Celso, in corso Italia. Nell’austero spazio di questa basilica, infatti, erano “presenti” una trentina di figure realizzate in filo di ferro, rame e oro zecchino.

In queste sculture l’uomo sembra nascere da radici; farfalle, foglie e fiori diventano organi, pelle, nuova vita in un richiamo all’energia vitale della natura.

Sono immagini piuttosto forti, che spiccano, ancora di più, nello spazio vuoto e spoglio di questa chiesa, diventata, dopo i restauri, quasi una galleria d’arte.

San Celso è antichissima e, nel corso dei secoli, ha cambiato più volte aspetto. Non è facile ricostruire come fosse in origine; ha, invece, una lunga storia di leggende, fede, miracoli come fosse un seme che, piantato da Sant’Ambrogio, ha fatto crescere nel tempo fiori e frutti.

Andiamo dunque un po’ a scavare nella storia, o per chi preferisce, nella leggenda. Il 10 maggio del 395 (o 396), Ambrogio, già Vescovo di Milano, ispirato da un segno divino, trovò in questa zona i corpi dei Santi Nazaro e Celso, che avevano subito il martirio nella nostra città, sembra, nel I secolo d.C.

Questo miracoloso ritrovamento, da parte di Sant’Ambrogio, era avvenuto in un periodo di lotte teologiche tra cristiani e ariani, questi ultimi sostenuti dall’Imperatrice Giustina.
Il Vescovo diede quindi alle reliquie dei martiri una grandissima importanza come simbolo di estremo sacrificio per la fede. Sempre seguendo segnali divini, ritrovò anche i corpi di Gervaso e Protaso, che ora gli si trovano accanto nella cripta della sua basilica.

 

Le reliquie di San Nazaro riposano nella basilica a lui dedicata a Porta Romana, una delle quattro volute da Sant’Ambrogio.

Il corpo di San Celso, invece, venne ospitato in una chiesetta della quale sappiamo poco e che si trovava dove ora sorge la chiesa attuale. Sul luogo del ritrovamento, invece, venne fatto costruire da Sant’Ambrogio un piccolo muro (forse una stele o una piccola edicola) con l’immagine della Madonna col Bambino, molto venerata dai fedeli e protetta, visto che probabilmente si trovava all’aperto, da un velo.

Se le notizie riguardanti la prima chiesetta sono piuttosto scarse, sappiamo invece che nel X secolo l’Arcivescovo Landolfo da Carcano fece ampliare la chiesa di San Celso che divenne a tre navate con la facciata in stile romanico. Accanto ad essa fece costruire il bellissimo campanile, uno dei più antichi di Milano, che vediamo ancora oggi.

È conosciuto come “campanile dei sospiri” perchè il suono delle sue campane ha raccolto le speranze e le emozioni delle giovani spose milanesi che per secoli qui portavano il loro bouquet per ottenere la benedizione delle proprie nozze. Oggi questo campanile è visitabile con visita guidata.

Il 30 dicembre 1485 avvenne un miracolo. Durante una terribile pestilenza, mentre i fedeli erano riuniti in preghiera, una donna, Caterina Galanti, scorse una luce provenire dal dipinto. Tutti i fedeli, poi, videro due angeli scostare il velo e la Madonna sporgersi per benedire i presenti. Il giorno successivo la peste cominciò a calare. La notizia del miracolo si diffuse e grandi folle giunsero per pregare la Madonna. Con le offerte raccolte si iniziò la costruzione del grande santuario, Santa Maria dei Miracoli presso San Celso.

Erano, e sono, due chiese affiancate. San Celso, poi, che aveva accanto un monastero benedettino, venne rifatta una prima volta a metà del XVII secolo in stile barocco. Due secoli dopo venne rimpicciolita e accorciata creando un cortile antistante dove sono inseriti reperti di epoche diverse.

Nella facciata, rifatta in stile romanico da Luigi Canonica a metà Ottocento, sono stati inseriti il portale originale, sul quale appare un bell’affresco del XVII secolo, il rosone e gli architravi sopra le porte, risalenti, pare, al XII secolo.

L’interno è spoglio e austero. Nella grande abside semicircolare come altare c’è un sarcofago che un tempo aveva contenuto le spoglie di San Celso, ora nella chiesa adiacente di Santa Maria.

Notevoli sono l’acquasantiera in pietra e, soprattutto, la Madonna con Bambino risalente al XI secolo.

Il nostro breve itinerario continuerà andando a visitare l’adiacente chiesa di Santa Maria dei Miracoli che, con San Celso, rappresenta uno dei luoghi più venerati e artisticamente interessanti della nostra città. Il seme gettato da Sant’Ambrogio secoli fa è ancora vivo.

A presto…

Giovani “ciceroni” raccontano la Ca’ Granda

È di questi giorni la notizia dei giovani che, in controtendenza, “tornano” a Milano attratti dal volto nuovo e dalle opportunità possibili della nostra città.

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Uno dei luoghi di crescita e di formazione è l’Università Statale di via Festa del Perdono, sede di facoltà umanistiche e polo di ricerca e di proposte culturali ricche e diversificate.

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3 – 5 novembre 2016

L’Università si trova nell’antico edificio conosciuto dai milanesi come Ca’ Granda, l’antico Spedale dei Poveri fatto costruire nel Quattrocento da Francesco Sforza, appena diventato Duca di Milano, e progettato dal Filarete.

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Francesco Sforza

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il Filarete

Per il secondo anno consecutivo, la Statale presenta se stessa proponendo visite guidate, anche in inglese e spagnolo. Giovani laureati e studenti dei corsi di Laurea in Beni Culturali raccontano la storia della Ca’ Granda mostrandone tesori e segreti attraverso anche le più recenti scoperte.

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Il Cortile d’Onore e i diversi cortili, i Porticati e la Sala Crociera sono luoghi simbolo, la cui storia sarà raccontata ai visitatori, insieme a molto altro.

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Una piccola curiosità: la Ca’ Granda non ha uno scalone di accesso di rappresentanza. Non lo aveva voluto il Filarete: “questo luogo non bisogna tante scale, perchè non è spectaculo da stare a vedere”. La risposta di Francesco non fu da meno: “tu dì il vero… questo non è teatro”. Siamo nel 1400 ed avevano già pensato ad una città della salute, autosufficiente e senza barriere architettoniche!

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Le visite alla Ca’ Granda possono essere anche libere seguendo le 11 paline distribuite lungo il percorso e… leggendo il nostro blog.

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Da non perdere assolutamente la visita alla Chiesa senza facciata della SS. Annunciata e alla cripta, che si aprono sul Cortile d’Onore.

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Un tocco dark: cosa avrà visto la donna terrorizzata, con le mani nei capelli, scolpita sulla facciata? La cripta riserva molte inquietanti sorprese ….!

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Le visite gratuite si terranno, fino al 31 ottobre 2016, il Mercoledì 14.30 – 17.30 e il Sabato 9.30 – 12.30.Per prenotare basta inviare una mail a visite.cagranda@unimi.it.

Se poi, usciti dalla Ca’ Granda, ci fosse ancora il tempo per fare quattro passi, c’è solo da poter scegliere: via Laghetto, piazza Santo Stefano con San Bernardino alle Ossa, il Verziere, via Bergamini, coi bei negozi, via Pantano, San Nazaro, Sant’Antonio

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Sono vie e luoghi di antico fascino, poco conosciuti, dove anche il nostro blog ha fatto i suoi primi Passipermilano.

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Ultima ora:

Il 10 ottobre 2016 la prof. Francesca Vaglietti, docente di Storia e Archeologia Medievale, terrà un incontro su ” Storia e storie della Statale” (ore 21, ingresso gratuito, via Francesco Sforza 32).

Il Cammino dei Monaci: itinerario di cultura, arte, verde e… buon cibo (Parte prima)

“…A Milano non c’è niente…”, “…Milano è solo grigia e non c’è verde…”. Quante volte abbiamo sentito queste e altre tiritere di luoghi comuni? Passipermilano propone di visitare in questo itinerario alcuni  “luoghi comuni” per vedere quali luoghi reali ci offra invece la nostra città anche in periferia.

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Parco della Vettabbia – via Corrado il Salico

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Abbazia di Chiaravalle

Iniziamo in questo incontro un percorso molto “sconosciuto”, ma ricco di cultura, arte, verde, spiritualità, storia, leggenda e qualche assaggio di buon cibo: il Cammino dei Monaci.

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Lo si può fare a piedi, di corsa, in bici, con mezzi privati o pubblici (M3 fermata Corvetto e bus 77 direzione Chiaravalle).

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ciclabile – via San Dionigi

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bus 77 verso Chiaravalle

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Il Cammino, o la Valle, dei Monaci inizia al Parco delle Basiliche, tra San Lorenzo e Sant’Eustorgio, dove nasce la Vettabbia e, seguendo il suo corso, arriva a Melegnano.

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La Vettabbia è una delle tante rogge della nostra città, è di Porta Ticinese, come la povera Rosetta; nasce infatti dalla confluenza della Vetra col Seveso, appunto in piazza Vetra.

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Nella prima parte il suo corso è coperto, ma possiamo vedere le sue acque limpide ancora in diversi punti di Milano Sud. Eccone alcuni:

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Vettabbia in via Broni

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Vettabbia in via Corrado il Salico

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Vettabbia in via dei Fontanili

Grazie anche a questa roggia navigabile, i monaci del Tardo Medioevo portavano in città prodotti agricoli provenienti dalle zone bonificate e divenute fertili intorno alle Abbazie.

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Vettabbia in via dei Fontanili

In questo nostro cammino vedremo un territorio antico, ma vivo e vitale; ci fermeremo presso un’antica chiesetta con memorie paleocristiane, sosteremo presso le Abbazie di Chiaravalle e di Viboldone, visitando persino un vecchio mulino alle spalle di un noceto, tra erbe officinali. Vi parrà strano, ma tutto questo è a Milano, poco più in là di piazzale Corvetto.

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Chiesetta di Nosedo

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Abbazia di Chiaravalle

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Abbazia di Viboldone

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Chiaravalle – “Giardino dei Semplici”

Lasciamo a ciascuno di voi organizzare il percorso da piazza Vetra fino a corso di Porta Romana, visitando le chiese di San Nazaro, San Calimero e Santa Maria del Paradiso, fino a giungere a piazzale Corvetto.

Piazza San Nazaro 1

San Nazaro

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San Calimero

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Santa Maria del Paradiso

P. Corvetto

viabilità in piazzale Corvetto

Diamoci appuntamento virtuale all’inizio di via San Dionigi 6, vicino alla grande statua del Cristo Redentore, affettuosamente chiamato in dialetto el Signurun. Siamo in periferia in mezzo a case di ringhiera e a palazzi di edilizia popolare.

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La statua, fatta in graniglia e sabbia del Ticino con polveri di cemento, non è un’opera d’arte. Per di più le hanno dato un improbabile colore “giallo Milano”, come è anche il nostro risotto con lo zafferano.

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Da dove viene questa statua? Secondo una leggenda el Signurun era stato trovato nella Vettabbia, che arrivava vicino alle case.

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foto d’epoca

Per ricordare questo ritrovamento nelle acque è stato posto su una terrazza, come la polena di una nave. Secondo altri, invece, la statua era stata commissionata, ma non ritirata e un capomastro se l’era portata via e messa a vegliare sulla casa dove viveva.

Nel corso del tempo la statua ha perso la mano destra benedicente in un “incidente sul lavoro”. Infatti è stata colpita da alcuni operai che stavano installando un palo della luce.

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Dove sia finita la mano non si sa, ma a noi piace iniziare questo cammino alla ricerca di un pezzetto della nostra storia sotto questa statua, che benedice, da tanto tempo, chi entra o esce da Milano. Proseguite ora lungo la via San Dionigi fino all’incrocio con viale Omero.

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A presto…

Itinerario Velasca – (Parte Prima: quattro passi da San Giovanni in Conca)

Anche questo breve itinerario, che congiunge piazza Missori con la chiesa di San Nazaro e la Statale, offre squarci di luoghi, di tempi e di vite milanesi molto diversi tra loro.

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Il “dente rotto” di piazza Missori è una delle tante “stranezze” di Milano: sacrificata una bella chiesa, piena di storia e di opere d’arte (per fortuna in parte conservate al museo del Castello) in nome di un moderno progetto di viabilità, la cosiddetta Racchetta, la nostra città mostra un rudere, piuttosto brutto, che cela, però, al suo interno una splendida, impensabile cripta.

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Passiamo accanto al monumento equestre di Giuseppe Missori, ora in restauro.

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Il generale fu accanto a Garibaldi, al quale salvò anche la vita, in tante battaglie. Dopo una vita eroica, morì poi a Milano, travolto da un tram e ora riposa al Famedio del Cimitero Monumentale.

Missori

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Missori salva la vita a Garibaldi nella battaglia di Milazzo

Il monumento è noto anche per il cavallo dall’aspetto così stanco, tanto da essere soprannominato el caval de brum, ossia il cavallo da tiro delle carrozze pubbliche.

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Lasciata piazza Missori, facciamo quattro passi per corso di porta Romana e raggiungiamo un piccolo slargo, quasi nascosto ed anonimo, dove si trova la Torre Velasca, che prende il nome dalla via dedicata al governatore spagnolo di Milano, Don Juan Fernandez de Velasco.

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La torre fu costruita tra il 1956 e il 1959 su progetto dello Studio BBPR ed è adibita parte ad uffici e, nella parte più larga, in alto, ad abitazioni.

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Per vederla tutta, quasi non si sa dove andare: lo spazio orizzontale di questa piazzetta, chiusa da palazzi, è piuttosto piccolo, tanto che bisogna stare col naso all’insù per poter ammirare il grande fungo che vi è cresciuto.

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Viene chiamata Torre, e non grattacielo, come il Pirellone, costruito negli stessi anni; questo ci darà modo di fare un breve excursus sul vecchio e nuovo skyline di Milano.

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La Torre Velasca ha suscitato molti dibattiti tra chi la trova bellissima e chi orrenda.

http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/12_aprile_3/torre-velasca-brutta-parere-architetti-milanesi-sgarbi-boeri-daverio-2003934701378.shtml

Ai noi, personalmente, piace, forse anche per quel suo elevarsi improvviso, quasi in modo inaspettato, tra i palazzi.

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E ci piace questo disegno di Buzzati con le streghette che ballano sopra questa torre…un po’ di mistero c’è sempre nel nostro blog.

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Usciamo dalla piazzetta per andare in via Pantano, dedicata non a qualche personaggio famoso, ma proprio a quella sorta di laghetto stagnante che c’era qui tanto, tanto tempo fa, in epoca romana.

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Era una zona di acqua e boschetti; niente di meno strano che vi crescesse, secoli dopo, un fungo gigantesco di 26 piani!

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La via Pantano era una zona residenziale molto bene della Milano del Sei-Settecento. Vi si trovavano dimore di famiglie illustri e anche ora ha mantenuto un’aria elegante e riservata.

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Dietro alle facciate un po’ severe ci sono cortili molto belli, con “ricordi” artistici di secoli passati.

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Al numero 1 di via Pantano, più o meno dove ora c’è l’Assolombarda, nacque nella prima metà del Settecento, da famiglia molto ricca, Gaetana Agnesi, dottissima donna ed esempio del “buon fare” milanese.

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Fu una donna straordinaria: semplice, colta, religiosissima, fine matematica di successo, abbandonò completamente gli studi per dedicarsi alla cura degli ultimi, in particolare delle donne “pazze” di famiglia povera, vivendo in mezzo a loro.

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A lei toccò in seguito l’amministrazione di opere sociali come la Baggina appena nata.

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l’attuale “Baggina”

 Ben altri inquilini ebbe il palazzo al numero 26 di via Pantano.

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Vi prese dimora, alla fine del Seicento, la famiglia Settala, tra cui l’illustre Protomedico Lodovico e lo strambo scienziato Manfredo, suo figlio.

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Lodovico

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Manfredo

Di Lodovico sappiamo anche, dal Manzoni, che “cooperò a far torturare, tanagliare e bruciare, come strega, una povera infelice sventurata, perchè il suo padrone soffriva di dolori di stomaco”. Parleremo di lui, del suo paziente e della sventurata Caterina in un prossimo articolo.

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Molto originale, tipo scienziato pazzo, era il figlio Manfredo. Era amante dei viaggi e delle cose insolite che raccolse, secondo la moda dell’epoca, nelle sale del palazzo di famiglia.

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Ecco qualche esempio di ciò che aveva raccolto:

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cranio di ippopotamo gigantesco

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pesce palla

Probabilmente questo canonico di San Nazaro si dilettava anche con esperimenti nel proprio laboratorio, ma poco sappiamo di queste ricerche che hanno alimentato molte fantasie.

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D’altra parte cosa c’è di strano in questa sua creazione, conservata al museo del Castello Sforzesco?

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È un automa che sghignazza e sputa tra un fragore di catene di ferro e ruote; il busto in legno sarebbe quello di un Cristo alla colonna, ma la testa è diabolica.

Di Manfredo si racconta che a volte si aggiri ancora in questa zona.

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Se vedete un religioso col cappuccio alzato, che si reca verso San Nazaro, fate quattro passi con lui e intanto ammirate le splendide case di via Pantano.

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via pantano

  Continua

La Basilica di San Nazaro a Porta Romana – (dove)

Il luogo dove sorge questa Basilica è davvero importante: Sant’Ambrogio la volle, infatti, sulla via romana che conduceva o accoglieva chi era diretto o proveniva da Roma.

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Dedicata prima agli Apostoli, poi a San Nazaro, un martire cristiano qui sepolto, ha visto passare dal 382, nel corso dei secoli, cortei imperiali, viaggiatori e pellegrini; ha subito l’attacco dei barbari di Uraia, un incendio disastroso e la resa dei milanesi al Barbarossa.

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Barbarossa a Milano

Nel Cinquecento la sua facciata “scomparve” dietro al Mausoleo Trivulzio, fatto edificare, proprio davanti alla chiesa, su progetto del Bramantino, da Gian Giacomo Trivulzio.

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Prima capitano di ventura, divenne poi Maresciallo di Francia al tempo di Luigi XII e, per qualche tempo, anche governatore di Milano per conto del re francese, che si era impossessato del Ducato, scacciando gli Sforza, in virtù della sua ascendenza materna dalla famiglia Visconti.

Gian Giacomo Trivulzio

Gian Giacomo Trivulzio

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Luigi XII

In questo Mausoleo il Trivulzio cercava una grandiosa sepoltura, per sè e la sua famiglia, dopo tante vicissitudini, come indica la scritta sotto la sua arca. Il Mausoleo, oggi, però, non contiene più i resti di Gian Giacomo, che si sono mescolati nella cripta con quelli dei morti di peste.

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In vita ebbe alterne fortune e conobbe i fasti del successo: memorabile fu un banchetto sontuoso, che si svolse all’aperto tra via Rugabella e la chiesa di San Nazaro, nel maggio del 1507, dato in onore del re francese. Di questa tavolata da Guinness rimangono i preziosi Arazzi dei Mesi, disegnati dal Bramantino, che adornavano la strada e che ora sono esposti nei Musei del Castello Sforzesco: uno street food veramente regale!

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Arazzi al Castello Sforzesco

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mese di Maggio

Dal Mausoleo scendiamo qualche gradino ed entriamo nelle vera e propria Basilica, a croce latina e di ampio respiro.

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Diverse sono le cose da vedere: ve ne suggeriamo solo alcune, lasciando alla curiosità di ciascuno gli approfondimenti.

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antico organo

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resti dalla pavimentazione originale

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il Presepio gioiello in ebano

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una piccola colomba per contenere le Ostie

Per saperne di più:

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Basilica S. Nazaro -b

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Questa Basilica ha anche un interessante Sito Archeologico, che si trova sia nel sotterraneo sia all’esterno.

Il percorso archeologico -a

il percorso archeologico -b

Anche in questo caso vi consigliamo di seguire le indicazioni dei pannelli illustrativi durante la visita. Mettiamo solo qualche immagine, per non togliervi il piacere della scoperta personale, durante la visita, che vi porterà proprio accanto a questi resti.

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piccolo altare pagano

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Usciamo a visitare il parco archeologico: qui si trovano alcuni sarcofagi e delle colonne provenienti dalla Basilica.

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Lasciamo la Basilica e torniamo sulla piazzetta: diamo un’occhiata alla statua, piuttosto trascurata, di Sant’Ulderico, in abiti pontificali.

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Percorriamo, accanto alla chiesa, lo strettissimo vicolo Santa Caterina, su cui si apriva la chiesetta omonima, ora diventata cappella della Basilica.

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Questa cappella, attualmente in ristrutturazione, contiene un raro organo e un grande affresco che raffigura il martirio della Santa, che abbiamo già “incontrato” in San Maurizio, col viso di Bianca Maria di Challant.

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Diamo, infine, un’occhiata al vasto complesso absidale della Basilica che è, come sempre, molto articolato e vivace.

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Entriamo, subito a sinistra, nella piccola via Osti e ammiriamo un bellissimo portoncino rococò, un esempio della Milano che deve sempre essere scoperta e che non finisce mai di stupirci.

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Porta Romana bella, Porta Romana… – (Parte Prima)

Ci accompagna in questo itinerario la canzone Porta Romana Bella, qua nella versione, più soft, di Giorgio Gaber.

La nostra passeggiata lungo il corso di Porta Romana inizia idealmente dalle antiche mura romane che correvano, probabilmente, lungo l’odierna via Paolo da Cannobio, a pochi passi da piazza Missori.

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All’angolo c’è un’antica coltelleria e, nella via, un incredibile negozio di perle, perline e articoli per creare o aggiustare da soli la propria bigiotteria.

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Nel periodo imperiale venne costruita la cosiddetta “via porticata”, all’esterno delle mura, che dalla porta raggiungeva l’odierna Crocetta.

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Questa imponente via di portici, probabilmente ricca di botteghe, rendeva più solenne l’ingresso a Milano, divenuta capitale dell’Impero.

i luoghi di Milano

Se lungo la via Ticinese, infatti, entravano i Vescovi, lungo il corso di Porta Romana entravano Imperatori, regnanti e nobiltà delle varie dominazioni.

1814 truppe austriache

Subito, all’inizio del corso, vediamo fronteggiarsi due palazzi di famiglie nobili rivali tra loro, almeno nel cercare di rendere più bella e ricca la propria dimora: gli Acerbi (al numero civico 3) e gli Annoni (al numero 6).

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Palazzo Acerbi

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Palazzo Annoni

Guardiamo questi due palazzi, che minacciosamente ostentano sui portoni figure non proprio amichevoli.

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Palazzo Acerbi

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Palazzo Annoni

Andiamo un po’ oltre con i nostri scavi nelle leggende milanesi: si dice che, ai tempi della peste, a Palazzo Acerbi abitasse un Diavolo, il marchese Lodovico Acerbi, che era considerato un essere diabolico. Alto, elegante, “superbissimo” (così dicono le fonti), era sempre avvolto in un lungo mantello verde scuro e la sua nera carrozza era accompagnata da valletti in uniforme verde e oro.

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Il marchese dava feste e ricevimenti sontuosi, anche durante l’epidemia di peste. Ma, nè lui, nè alcuno dei suoi ospiti, nè la servitù furono mai contagiati dal morbo mortale.

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Una domestica disse che nel cortile del palazzo si vedevano strani fuochi, strane ombre e strane cerimonie, ma nulla mai si seppe di più. Dicerie? Senz’altro, ma la peste non fu mai ammessa a palazzo.

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Questa sorta di “immunità” continuò nei secoli successivi: se guardate il muro accanto al portone, si può vedere una piccola palla di cannone austriaca, risalente alle Cinque Giornate, fermata dal muro, dove è rimasta incastrata.

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Il Palazzo, poi, uscì indenne anche dai bombardamenti della seconda Guerra Mondiale. Il bellissimo cancello d’ingresso (ancora quello originale) è tuttora lì a proteggere la dimora del suo sconcertante proprietario.

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Quasi di fronte a questo palazzo c’è via Rugabella, dove si trova l’Ambulatorio ASL, che si chiama così perchè il Re Luigi XII di Francia, ammirando la bellezza dei palazzi questa via, avrebbe esclamato “voilà, une belle rue!”. Via Rugabella è ormai quasi tutt’uno con la piazzetta Erculea, lì accanto.

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Soffermiamoci un momento sulla facciata del numero 11: un altro esempio di come Milano riesca ad inserire l’antico nel contemporaneo.

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Purtroppo, però, molti dei bei negozi che erano in questa parte di via, hanno abbassato le saracinesche, come la libreria Mauro ed il bel bar all’angolo, oggi tristemente spento. Basta, però, alzare gli occhi e lo scorcio di stili diversi, con la Torre Velasca sullo sfondo, colpisce sempre.

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Restano in piena attività, lungo corso di Porta Romana, la pasticceria Giovanni Galli, che dal 1911 propone i famosi marroni canditi, preparati ancora oggi secondo la ricetta tradizionale ed il magazzino All’Incendio, con le merci esposte anche sulla strada, come al mercato.

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Di fronte un bel negozio di pietre dure, la storica merceria Guffanti ed un simpatico, piccolo e colorato negozio di caramelle, cioccolatini e bonbon.

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Proseguiamo la nostra camminata guardando le vetrine dei negozi e, magari, gettando un’occhiata anche ai Bersaglieri di pietra che montano la guardia a Palazzo Bettoni: una piccola curiosità risalente all’Unità d’Italia.

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Siamo giunti ad una piazzetta un po’ trascurata da chi passa velocemente, per vedere se “arriva il tram” o cerca di attraversare fuori dal semaforo: siamo di fronte all’antica Basilica di San Nazaro, o degli Apostoli, della quale ci occuperemo a parte.

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a presto…

Vi è venuto un po’ di appetito? Di fianco alla Basilica si possono assaggiare, in un piccolo take away indiano, le specialità di quella cucina.

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Se, invece, avete voglia di un dolcetto buono, in particolare un fragrante cannoncino, fermatevi da Panarello, che è anche caffetteria. L’azienda festeggia quest’anno i suoi primi 130 anni … Auguri!! Infine si può dare un’occhiata a Fornaro, uno storico negozio di casalinghi, piccolo fuori, ma grande dentro, meta classica per i milanesi di questa zona.

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PANARELLO

130 anni ! Buon compleanno

L’arrivo della primavera si può festeggiare anche con un “vasetto” di gelato alla gelateria Porta Romana, quasi all’incrocio. Anche i vegani e gli intolleranti sono invitati!

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Ed ora siamo giunti all’incrocio con Francesco Sforza e Santa Sofia. Qui c’erano le mura medievali e la Porta Romana comunale, dei tempi del Barbarossa. Qui fino alla fine degli anni Venti, scorreva il Naviglio e un ponte lo superava. Guardiamo com’era!

porta romana al naviglio

ponte sul naviglio da S Calimero anni 20

continua

Presepi a Milano

Fra pochi giorni sarà Natale. Quanti di noi dicono: “Dobbiamo fare ancora il presepio!” (a Milano è il Presepio, con la O finale, non il Presepe). Quanti di noi rispondono, in genere quelli che il presepio lo devono fare e non solo…guardare,: “Quest’anno perché non mettiamo solo un simbolo?” In realtà non si ha voglia di arrampicarsi fino a quell’ultima scatola impolverata in solaio, o di scendere in cantina spostando bici e quant’altro per arrivare alla mitica, vecchia scatola con le statuine.

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Poi, come per magia, quando ci prende la nostalgia o quel senso della tradizione che ci viene dal nostro passato e ci accompagna nel futuro, “tiriamo fuori” la capannina, la stella fatta di lustrini, le statuine ammaccate, di misure improbabili (chi non ha una pecorella piccolissima o gigante, tipo OGM?), la carta blu col cielo dipinto o quella marroncina per fare la terra. Poi i batuffoli di cotone per la neve e lo specchio per il laghetto dove mettere il ponticello, la lavanderina e il pescatore, magari senza neanche più la canna o la lenza, perché lo scorrere del tempo gliele ha portate via. Così un briciolo di Natività entra nelle nostre case, anche se le strade della vita ci hanno condotto altrove.

pezzo di presepe e bambino

bambino prepara presepe

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A tutti proponiamo un piccolissimo rewind…anche a chi non ha voglia di fare il presepio e non lo fa.

Ecco la prima Natività cristiana: un murale nella Catacomba di Priscilla sulla via Salaria a Roma…

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Mille anni dopo il primo vero Presepe, ad opera di San Francesco, a Greccio, con il bue, l’asinello e il miracolo del Divino Bambino che appare nella mangiatoia.

il primo presepio di S. Francesco

greccio

Da allora quante Natività sono “rinate”? Artisti di ogni epoca l’hanno pensata e ce l’hanno lasciata…

https://www.youtube.com/watch?v=WL5Q9pfwVZ4

Perchè non andare a vedere qualche bel Presepio a Milano? Ve ne indichiamo alcuni, fra questi ci sono delle vere opere d’arte.

La più antica fra le Natività lombarde è presente nella Basilica meneghina per eccellenza, quella di Sant’Ambrogio. La scena è scolpita nel marmo del sarcofago, del IV secolo, detto “di Stilicone”: situato nella navata centrale della Basilica presenta Gesù Bambino, ma col viso da adulto, tra il bue e l’asinello, fasciato in un letto sepolcrale anziché nella classica mangiatoia.

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Sempre a Sant’Ambrogio, nel Museo della Basilica, è conservato il commovente presepio realizzato nel 1944 dai militari italiani internati nel lager nazista di Wietzendorf.

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Per saperne di più

Nel quartiere di Brera, nella Chiesa di San Marco, si può ammirare il famoso presepe realizzato nel 1750 dal pittore e scenografo della Scala Francesco Londonio; è composto da una trentina di figure ricavate da tavole di legno e poi dipinte.

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https://www.youtube.com/watch?v=Q7QozoRVAJc

A pochi passi da Brera, nella Basilica di San Simpliciano, resiste da oltre cento anni la tradizione di realizzare, in una cappella laterale, un grande presepe con caratteristiche e particolari sempre diversi. Ogni anno un gruppo di volontari realizza con le proprie mani scenografie, fondali, architetture, luci, con l’obiettivo di rinnovare il messaggio del Natale. Potrà essere visitato dalla Vigilia di Natale.

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In corso di Porta Romana, la Basilica dei Santi Apostoli e San Nazaro, la più antica chiesa a croce latina dell’ occidente, offre al visitatore l’antico e prezioso “Presepe Ligneo” della scuola dello scultore tedesco Adam Kraft. Visitabile nel transetto sinistro tutto l’anno, fu realizzato nella seconda metà del 1500.

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Baggio, nella cripta della Chiesa di Sant’ Apollinare  si può visitare il Presepe Biblico.

http://www.presepedibaggio.org/

Si tratta di un allestimento che, oltre alla Natività, permette di rivivere altri episodi della Bibbia e della vita di Gesù. Attraverso corridoi a forma di grotta, ai visitatori si offre un lungo percorso di ben 43 scene (alcune in movimento). Fu realizzato negli anni Sessanta su idea di un giovane operaio della “Borletti”. Orari: tutte le domeniche di dicembre 15-18.30; dal 23 dicembre al 6 gennaio 15-18. Chiuso il 31 dicembre. Ingresso libero con offerta.

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Molto importante, al Museo Diocesano, è la Natività di Filippo Lippi, esposta fino al 30 gennaio.

https://www.youtube.com/watch?v=uIa6edNxYBM

Per tre anni la Parrocchia di Santa Maria delle Grazie al Naviglio ha realizzato “El presepi de la riva”, rappresentazione tridimensionale della Natività in scala naturale,  su una pedana galleggiante nel Naviglio Grande, con scenografia che riproduce il tipico contesto della casa di ringhiera dei Navigli. Purtroppo quest’anno è stato sospeso per i lavori alla Darsena. Per ora accontentiamoci di ammirare solo in foto questo presepe “meneghino”.

el presepi de la riva

Come ogni anno il foyer dello Spazio Oberdan, espone diorami e presepi artistici realizzati dalle associazioni Presepisti Sacra Famiglia di Cinisello Balsamo e Amici del Presepe di Lainate. L’esposizione è aperta fino al 6 gennaio 2015. Orari: lunedì-venerdì 10-19.30; sabato e domenica 14-19.30; 25 e 25 dicembre 15.19.30; 31 dicembre e 1 gennaio 10-15.30. L’ingresso è libero.

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Nella chiesa di San Raffaele Arcangelo in Milano è esposta, fino al 31 gennaio 2015, la Natività di William Congdon (1912-1998, esponente di rilievo della Scuola di New York, ma per gran parte della sua vita attivo in Italia e, negli ultimi anni di vita, in Lombardia). Questa bella Natività  costituisce un’interpretazione contemporanea dell’iconografia cristiana tradizionale. Per saperne di più segnaliamo che il 18 dicembre 2014, alle ore 18.30,  si svolgerà in loco un incontro dal titolo: E il Verbo si fa carne: la natività di William Congdon.

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Si intitola Il Gesto nell’Arte. Le figure tradizionali nel presepio lombardo la mostra di presepi del museo di Dalmine allestita all’Auditorium Testori di Palazzo Lombardia. L’esposizione è aperta fino al 6 gennaio. Questa mostra è dedicata alle figure tradizionali del presepio realizzate in gesso ed in legno,  tra la seconda metà dell’Ottocento e gli anni ’50 del Novecento”.

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Buon Presepio a tutti!