La costruzione del Duomo: quando la nostra cattedrale si vestì di rosa

Il Duomo è fatto di conchiglie. Tanto tempo fa, in un’era lontana lontana, quando un grande mare ricopriva la pianura padana, c’era una zona ricca di conchiglie. Nel corso di milioni di anni sono diventate marmo rosa, fuse nella roccia.

Il marmo rosato, con il quale è stato costruito il nostro Duomo, è nato così, in Val d’Ossola, estratto dalle cave di Candoglia.

Esse appartenevano all’allora Signore di Milano, Gian Galeazzo Visconti che le donò alla Veneranda Fabbrica per la nostra Cattedrale. Ancora oggi, viene estratto da queste cave, bello e delicato, facile da lavorare ma fragile, per continuare l’opera iniziata più di seicento anni fa.

Milano era già allora una città ricca e fiorente, ma non aveva una cattedrale prestigiosa come quelle diffuse in Europa e in Italia.

Cattedrale di Chartres

Basilica di S.Antonio a Padova

Duomo di Orvieto

Duomo di Firenze

Le due concattedrali di Santa Tecla e di Santa Maria Maggiore, che si trovavano “in piazza Duomo” erano piuttosto vecchiotte. Inoltre, nel 1353 il grande campanile situato nei pressi dell’odierna Galleria era crollato facendo moltissime vittime e demolendo parte di Santa Maria Maggiore.

Circa trent’anni dopo l’Arcivescovo di Milano, Antonio da Saluzzo, diede l’avvio ai lavori della nuova cattedrale. Subito i milanesi si gettarono con amore e entusiasmo in quest’opera che doveva perpetuare la sacralità del luogo, dove da sempre c’erano templi e boschi sacri.

L’Arcivescovo approva il progetto – porta del Duomo di L. Minguzzi

Benedizione della prima pietra – porta del Duomo di L. Minguzzi

Era il 1386 e si pensava ad una cattedrale in mattoni e cotto, secondo la tradizione lombarda. Gian Galeazzo, però, entrò, per così dire, a gamba tesa e un anno dopo volle che il futuro Duomo venisse costruito in marmo, nello stile delle più ammirate cattedrali europee.

Duomo di Colonia

Notre Dame di Parigi

Il Duca donò le cave di Candoglia, fece ingentissime e continue elargizioni; avrebbe voluto anche un archistar francese, Jean Mignott, ma i milanesi fecero catenaccio, licenziarono l’architetto e vennero preferite maestranze italiane, meglio se lombarde. Il Duomo sarebbe stato dei milanesi e non dei Visconti; Gian Galeazzo, volendo un mausoleo per la sua dinastia, si impegnò anche nella costruzione della Certosa di Pavia.

tomba di Gian Galeazzo

Certosa di Pavia

I muratori furono sostituiti dai marmoristi e dagli scalpellini e tutti i milanesi lavorarono con impegno e generosità in un’opera comune e condivisa.

Anno dopo anno, generazione dopo generazione, secolo dopo secolo (e ora è cambiato anche il millennio), la storia e la costruzione del Duomo sono continuate in un’incredibile staffetta.

Ancora oggi la Fabbrica si occupa dei lavori che riguardano la cattedrale e propone iniziative per raccogliere i fondi necessari. È di questi giorni la notizia dell’orologio a cucù, simbolo di “Adotta una Guglia”, donato a Barak Obama in visita a Milano.

Oltre seicento anni hanno influito sulla storia della nostro Duomo. Più architetti, più scuole, più stili hanno lasciato la propria impronta donandoci opere da ammirare in una sorta di museo di arte e di fede.

Nel Quattrocento venne completata l’abside, forse la parte più bella del Duomo; il colore irruppe in alcune preziose vetrate, si innalzarono le prime guglie.

La prima in assoluto venne dedicata a Marco Carelli, il benefattore che aveva donato tutte le sue ingenti ricchezze al Duomo. Ancora oggi la vediamo sopra l’abside; la statua, però, su questa guglia ritrae Gian Galeazzo, in fondo anche lui sponsor del Duomo.

Statua originale – Museo del Duomo

Nel 1418 Papa Martino V consacrò l’altare maggiore e diede inizio al culto.

Nella seconda metà del Quattrocento vennero abbattuti, per fare spazio, l’Arengo, Santa Tecla e una parte di Santa Maria Maggiore che, però, “prestò” ancora la facciata al Duomo.

Nel Cinquecento vennero terminate la cupola e una parte della terrazza.

Alla direzione dei lavori c’era Pellegrino Tibaldi che poteva contare sull’appoggio dell’Arcivescovo Carlo Borromeo. L’architetto presentò anche un progetto della facciata e, all’interno, si dedicò, tra l’altro, al pavimento, un tappeto di fiori e di conchiglie di marmo.

Con la dominazione spagnola (1535 – 1714), però, i lavori andarono un po’ a rilento.

F. Gonin

evento nel 1630

Nella seconda metà del Settecento, sotto il governo austriaco, vennero iniziati i lavori per la guglia (1765) che avrebbe ospitato nove anni dopo la Madonnina, il punto più alto di Milano fino al secondo dopoguerra.

Nell’Ottocento Napoleone, che voleva essere incoronato in Duomo Re d’Italia con la Corona Ferrea (vi ricordate il “Dio me l’ha data, guai a chi me la tocca”?), diede una accelerata ai lavori. Venne completata la facciata, si innalzarono guglie e statue.

Ma chi pagò i conti imperiali? Per sostenere le ingenti spese, l’Imperatore e Re ordinò la vendita di tutti i beni che la Veneranda aveva amministrato per secoli con grande saggezza. L’impegno di Napoleone era quello di pagare metà delle spese, ma stiamo ancora aspettando…

Passarono Re e Imperatori…

Incoronazione di Ferdinando d’Austria Re del Lombardo Veneto

Te Deum in Duomo dopo la vittoria dei Franco-Piemontesi

Nel tardo Ottocento si parlò di rifare la facciata napoleonica. L’architetto incaricato, Giuseppe Brentano, però, morì giovanissimo mentre stavano per iniziare i lavori e tutto rimase come allora.

Nel corso del Novecento, infine, ci furono importanti opere di rifacimento, dopo i danni della guerra. Nel corso del secolo vennero completate le porte di bronzo e fu effettuato il recupero statico della cattedrale.

La facciata, invece, è rimasta sempre la stessa, quella napoleonica, imperfetta e composita, unica e inconfondibile: è… la nostra.

Continua…

 

Il Duomo, da sempre il centro di Milano – (parte prima – il prequel)

“Piazza del Duomo”, aprile 387 d.C., Veglia Pasquale.

Il vescovo Ambrogio impartisce il Battesimo ad Agostino durante la veglia di Pasqua, nel Battistero di San Giovanni alle Fonti, in quella che oggi è piazza del Duomo.

Sono passati ben 1630 anni da allora e la piazza è del tutto cambiata. È persino più alta di circa tre/quattro metri, tanto che per ritrovare i resti del Battistero è necessario scendere sotto il sagrato con la scala che porta alla Zona Archeologica (ingresso a pagamento) all’interno del Duomo.

Zona Archeologica

Il Fonte battesimale è uno dei più antichi della Cristianità a forma ottagonale.

fonte battesimale

Il numero 8 è simbolo dell’infinito (∞), quando è messo orizzontale, e della rinascita; in senso cristiano rappresenta la Resurrezione, dopo i sei giorni della Creazione e il settimo del Riposo, come anche nel pensiero di Sant’Ambrogio.

Anche sul sagrato del Duomo possiamo trovare una traccia, un piccolo solco, che indica l’area occupata dal Battistero e dal Fonte battesimale.

La nostra ricerca intorno al “prima” del Duomo continua in… metropolitana. Scendiamo nel mezzanino. In una sorta di vetrina laterale, quasi in disparte, ci sono alcuni resti della Basilica di Santa Tecla.

Sono venuti alla luce (chissà quanto è andato perduto!) durante gli scavi per la metropolitana e ancora prima, per la costruzione di un rifugio antiaereo della Seconda Guerra Mondiale.

Com’era piazza del Duomo prima del Duomo? Ecco una cartina con gli edifici costruiti e demoliti nel tempo. Si può osservare come la chiesa di Santa Tecla fosse rivolta verso l’attuale piazza Mercanti. Dietro l’abside sorgeva il Battistero di San Giovanni, riservato ai maschi, mentre quello di Santo Stefano alle Fonti era quello femminile

Dietro Santa Tecla venne poi eretta Santa Maria Maggiore, molto più piccola, che può essere considerata il vero “prequel” del Duomo. Infatti “sopra” di essa venne realizzata la nostra Cattedrale, alla quale per molto tempo prestò, per così dire, la facciata.

Per non creare conflitti con Santa Tecla, in Santa Maria Maggiore si svolgevano le funzioni durante i sei mesi invernali. Santa Tecla, invece, veniva aperta appena terminata la Messa Pasquale e diventava l’ecclesia aestiva fino alla terza domenica di ottobre. Una sorta di “ora legale” delle funzioni religiose divise tra le due concattedrali e legate alle stagioni.

La zona dove oggi si trova il Duomo è sempre stata un luogo sacro. Infatti recenti scoperte sostengono come in quest’area ci fosse un tempio dedicato a Minerva, probabilmente sorto su un precedente luogo di culto celtico dedicato alla dea Belisama, forse un bosco di alberi sacri ai nostri antenati.

cattedrale di alberi al Parco Sempione (oggi)

http://www.ilgiorno.it/milano/cronaca/2014/01/29/1017757-archeologia.shtml

Era una zona ricca di acque e di verde: poco più avanti, verso San Babila, in epoca imperiale romana vi erano le Terme e sembra che i battisteri prendessero acqua da alcune sorgenti.

resti delle Terme Erculee in zona San Babila

Una leggenda, o forse no, parla anche di pozzi sotto il Duomo, dove potrebbe trovarsi il corpo della Carlina, il fantasma gentile della nostra Cattedrale, scomparsa precipitando dalle guglie.

Altri intriganti aspetti sui quali scavare un pochino, ci vengono offerti dalla figura di Santa Tecla alla quale fu dedicata l’antica basilica in piazza del Duomo  .

I milanesi sono molto legati a questa Santa. Esiste una via “in rosa” a lei dedicata, di fianco all’Arcivescovado; in Duomo c’è un importante altare nel transetto nord, a cui sono molto devoti i cristiani ortodossi; su una guglia la bella Tecla regge un libro e, soprattutto, la Parrocchia del Duomo è intitolata alla Santa.

Infine il 23 settembre, festa di Santa Tecla, viene celebrato nel Duomo il rito del Faro, con l’accensione di un particolare cero in suo onore.

Chi era questa donna? Tecla, originaria di Iconio, in Asia Minore, venne convertita da San Paolo, diventandone discepola.

Si era votata alla castità e per questo fu denunciata come cristiana dal promesso sposo e condannata ad essere sbranata dai leoni. Una leonessa, però, si frappose tra lei e le belve che la risparmiarono accucciandosi anche ai suoi piedi. Questo episodio è stato ripreso sia sull’altare sia sulla vetrata del Duomo.

Alcuni studiosi sostengono che Tecla, donna colta e studiosa di filosofia, fosse di origine celtica e, forse, una druida. Dalla Chiesa viene venerata come prima donna martire della Cristianità, anche se esistono diverse versioni sulla sua morte.

Per alcune di esse Tecla subì il martirio a Roma; per altre, invece, visse fino a tardissima età dedicandosi con altre donne alla cura dei malati che prodigiosamente riusciva a guarire.

dipinto di G.B. Tiepolo

Di certo è suggestivo il legame tra l’antica e la nuova religione che rappresenta Tecla, una druida convertita al Cristianesimo. In Duomo ci sarebbero le sue reliquie ed è bello pensare ora dorma per sempre dove c’era l’antico Nemeton di Medhelan, sotto le guglie, alla luce della Luna.

Il “prequel” della nostra Cattedrale è quasi finito. Presto parleremo dell’itinerario all’esterno e all’interno del Duomo. Per intanto il piccolo dinosauro scolpito sulla facciata augura a tutti noi una Pasqua serena e ci promette tante sorprese.

Continua…