Primo Maggio: mughetto d’autore

Una antica e gentile tradizione che risale a popolazione celtiche e romane era quella di donare dei mughetti, primi fiori a spuntare nei boschi nel mese di maggio, per augurare amore e fortuna.

Era, ed è, un fiore inclusivo della gente comune come dei nobili, tanto che fu un re, Carlo IX di Francia, a mettere il suo sigillo reale su questa tradizione popolare donando dei mughetti, il primo maggio, alle sue dame di corte per avere fortuna in amore. Trascorsi diversi secoli una giovane borghese, Kate Middleton, volle dei mughetti nel suo bouquet nuziale quando sposò il suo principe.

Anche un’icona di stile come l’attrice americana Grace Kelly scelse i mughetti per il proprio matrimonio con il principe Ranieri di Monaco.

I mughetti hanno ispirato, talvolta, anche il mondo della cultura. Quest’anno il nostro augurio per il Primo Maggio sarà composto da alcuni “mughetti d’autore”, sbocciati, per così dire, in immagini, parole ed emozioni a volte inaspettati.

Il mughetto, fiore che indica purezza, amore e fortuna, fa capolino nella pittura europea con dipinti a tema sacro e profano. Ecco una “Annunciazione” dell’Est Europa, dove, al posto dei classici gigli, compare un vaso di mughetti

e una bella “Madonna delle fragole” risalente al Quattrocento con questi fiori che fanno da tappeto.

Anche la nobiltà di un tempo amava i mughetti; l’imperatrice Sissi li aveva voluti dipinti sulle pareti di un suo boudoir, mentre questi fiori fanno la loro comparsa in diversi “ritratti di famiglie” nobili.

Un quadro di immagini e profumi è quello fatto dalle parole di Guido Piovene in “Furie”:

“…Accaddero in quel maggio del 1947 a Parigi piccoli fatti straordinari. Le foreste buttarono una quantità di mughetti come non si era mai vista. Li vendevano a ceste a ogni angolo di strada. Anche camminando distratti si coglievano riflessi bianchi con la coda dell’occhio, luci che guizzavano via. Le strade erano tagliate da correnti di profumo esatte, in cui si entrava e usciva a intervalli. Si alzavano di tono anche i pensieri più comuni.”

Infine guardiamo la foto di due giovani donne scattata a Parigi da un maestro della fotografia, Robert Capa, che ha colto lo sguardo sognante davanti ai fiori.

Ben altre immagini sono quelle evocate da un poeta francese, Andrè Breton, in questi versi densi di passione:

“…Stavo per chiudere gli occhi
Quando le due pareti del bosco che s’erano bruscamente divaricate si sono abbattute
Senza rumore
Come le due foglie centrali d’un mughetto immenso
D’un fiore capace di contenere tutta la notte
Ero dove mi vedi
Nel profumo suonato a tutto spiano
Prima che quelle foglie tornassero come ogni giorno alla vita cangiante
Ho avuto il tempo di posare le labbra
Sulle tue cosce di vetro.”

Il nostro “mughetto d’autore” termina con una poesia di Giuseppe Ungaretti, insolita per l’autore, che ha quasi il sapore di un haiku

Mughetto fiore piccino
calice di enorme candore
sullo stelo esile
innocenza di bimbi gracile
sull’altalena del cielo.

La accostiamo ad un’opera di Inna Kapitun, una pittrice ucraina contemporanea, in cui i piccoli fiori nel blu cupo danzano come attimi di vita da cogliere.

A tutti il nostro augurio di Buon Primo Maggio!

A presto…

Immagini e parole sulla Pasqua

Alcuni tra i più grandi capolavori dedicati alla Settimana Santa si trovano nella nostra città. Li riproponiamo accompagnati dai versi della poetessa dei Navigli, Alda Merini, che ha vissuto il proprio calvario non perdendo mai la fede e la speranza.

Come non iniziare dall’Ultima Cena di Leonardo, opera unica, preziosa e fragile, così carica di significati e di messaggi da rimandarci sempre “oltre” a quello che vediamo?

Così scrive Alda Merini:

Conobbi tutte le desolazioni dell’abbandono, conobbi tutte le tristezze terrene,… Ero crocefisso ogni giorno dal dubbio degli apostoli, dal dubbio delle moltitudini”. 

Al Castello è custodita la Pietà Rondanini di Michelangelo, ultima opera del Maestro, rimasta incompiuta per la sua morte, come se l’artista, ormai anziano, di fronte al mistero e all’ignoto che lo attendevano non potesse trovare risposte nell’arte, ma cercasse di essere sorretto, come Maria, da Cristo.

Potevano uccidere anche Maria, / ma Maria venne lasciata libera di vedere / la disfatta di tutto / il suo grande pensiero, / Ed ecco che Dio dalla croce / guarda la madre, / ed è la prima volta che così crocifisso / non la si può stringere al cuore, / perché Maria spesso si rifugiava in quelle /braccia possenti, / e lui la baciava sui capelli / e la chiamava “giovane” / e la considerava ragazza. / Maria, figlia di Gesù.

Ancora oggi questa Pietà è più che mai viva e suscita emozioni anche in un artista contemporaneo come Robert Wilson, autore di Mother, installazione che sarà visitabile fino al 18 maggio al Castello Sforzesco.

Il dolore di Maria per la morte del Figlio e l’amore di Gesù per la Madre sono al centro di questi versi che introducono al tema delle Resurrezione.

Esalerò l’ultimo respiro, / lei forse mi raccoglierà nel grembo / e non crederà che io sia morto.  / So che Maria impazzirà di dolore / ma questa sua follia del non credere / mi darà la forza di risorgere. / Io non sono morto, / non morirò mai.

Nella cappella del battistero della Basilica di Sant’Ambrogio si trova una bellissima “Resurrezione” del Bergognone nella quale Cristo in gloria, affiancato da due angeli, sopra il sepolcro ormai vuoto, sembra offrirsi ai fedeli, annunciando la propria vittoria sulla morte e la promessa di una vita nuova.

Infine, a Brera, è esposto un dipinto la “Cena in Emmaus” del Caravaggio, realizzato dal Maestro dopo essere fuggito da Roma, perchè condannato a morte. Questa opera ci racconta di un Cristo risorto, ma dal viso provato, ancora quasi sofferente dopo il supplizio della Croce, che viene riconosciuto dai due discepoli solo alla benedizione del pane, quando “i loro occhi si aprirono” (Lc. 24, 31).

Il buio domina la scena (“resta con noi, perchè si fa sera” dice il Vangelo), tagliata solo da un raggio di luce che la illumina parzialmente. Il “Risorto” non ha angeli intorno a sè, ma uomini; è una scena “umana” che ci riporta ad un’altra poesia, “Resurrezione”, della Merini.

“Fuggirò da questo sepolcro
come un angelo calpestato a morte dal sogno,
ma io troverò la frontiera della mia parola.
Addio crocifissione,
in me non c’è mai stato niente:
sono soltanto un uomo risorto.”

A tutti noi la speranza e l’augurio di poter “risorgere” dalle nostre paure, dalle fatiche, dai dolori e dai sacrifici quotidiani.

Buona Pasqua!

A presto…

Pasqua tra fede, arte e cultura – Le sette chiese

Un’altra tradizione milanese per la Settimana di Pasqua era quella di visitare sette chiese il Venerdì Santo per venerare il Crocifisso “deposto” su un tavolino all’altezza dei fedeli, in un silenzio senza candele.

Riprendiamo questa antica tradizione proponendo una visita ad alcune chiese del centro storico che conservano veri e propri capolavori dedicati al tema pasquale. Ci sono anche tantissime altre chiese, ricche di piccoli e grandi tesori. A ciascuno di noi la ricerca e la scoperta del proprio cammino. Non saranno necessari prenotazioni o ticket di ingresso: basterà, se si vuole, una preghiera o accendere una candela.

Il Duomo con il Sacro Chiodo

Iniziamo il cammino guardando quella lucina rossa, sempre accesa, a 40 metri di altezza sopra l’altare maggiore del Duomo.

Sotto di essa è conservata una teca con uno dei chiodi usati per crocifiggere Gesù. Questa reliquia è un po’ il fulcro del nostro percorso, simbolo della Croce e del Sacrificio che porterà alla Resurrezione.

Una volta all’anno, a metà settembre, viene portato sull’altare ed esposto alla venerazione dei fedeli con la solenne cerimonia della “Nivola“.

Sant’ Antonio Abate

Questa chiesa, gioiello del barocco lombardo, è un po’ defilata rispetto al classico circuito turistico, anche se si trova a due passi da via Larga e dal Duomo, nella via omonima.

La volta è impreziosita da affreschi dei Fratelli Carlone con le storie della Croce (“La Croce appare a Costantino“; il “Ritrovamento della Croce da parte di Elena madre di Costantino“; “Eraclio, in vesti umili, riporta la Croce a Gerusalemme“…) che ci fanno stare con lo sguardo all’insù. Tra marmi, intarsi e dorature ci ha colpito la Cappella delle Reliquie, con una lapide che ricorda quelle qui custodite, tra le quali un frammento della Santa Croce. Dove? Incuriositi, le stiamo cercando… Ci stiamo lavorando.

San Carlo al Corso

Su una piccola piazza lungo corso Vittorio Emanuele si affaccia questa chiesa, di cui parleremo più a fondo prossimamente, ispirata al Pantheon di Roma.

Nella Sala delle Confessioni si trova un Crocifisso ligneo del Trecento, uno dei più antichi della nostra città. Quest’anno ricorre il centenario della presenza dei Servi di Maria in questa chiesa e sono previste numerose iniziative. Tra queste dal 13 aprile per la Quaresima saranno esposte sei formelle della via Crucis di Arturo Martini, raffiguranti momenti della Passione di Gesù

San Fedele

Questa chiesa, nella piazzetta omonima, è un vero e proprio museo che, accanto a capolavori di antica fattura, accosta opere di artisti moderni e contemporanei.

Soffermiamoci in particolare, davanti a tre opere legate alla Pasqua: la “Deposizione” di Simone Peterzano, maestro di Caravaggio, la “Corona di Spine”, opera del 2014 di Claudio Parmiggiani, luminosa come un’aureola, che si trova sul Tabernacolo dell’altare maggiore, e, infine, i medaglioni in terracotta di Lucio Fontana, dedicati alla “Via Crucis”, visibili nella cripta.

Visitare la chiesa di San Fedele è un’esperienza intensa e straordinaria da fare e rifare più volte a poco a poco, quasi per centellinare i tesori che racchiude.

San Satiro, Santo Stefano e San Sepolcro

Queste tre chiese sono tra le più importanti e famose della nostra città. Le abbiamo accomunate in questo cammino per la presenza di gruppi di statue in grandezza quasi naturale, che rappresentano momenti della Settimana Santa.

A Santo Stefano le statue sono rivolte, come noi che guardiamo, verso il Crocifisso. La scena è molto suggestiva, peccato per la perlinatura alle pareti che toglie un po’ pathos… o è, forse, un ambiente volutamente “qualunque”, con la presenza di Cristo nella nostra quotidiana esistenza?

Nella chiesa di San Satiro, ammaliati dall’illusione bramantesca dell’abside e emozionati dal dipinto miracoloso della Madonna col Bambino, forse non ci soffermiamo abbastanza sul Sacello di San Satiro a sinistra dell’altare, dove è esposto un “Compianto sul Cristo morto” con quattordici figure in terracotta di Agostino Fonduli , artista rinascimentale di grande valore.

In questa chiesa il Cammino Pasquale offre anche momenti di meditazione accompagnati da brani di musica classica. Ecco il programma.

Anche nella millenaria chiesa di San Sepolcro assistiamo a scene della Passione rappresentate da statue secentesche policrome e di forte impatto visivo.

Nella cripta, ora visitabile solo dall’Ambrosiana, si trova il famoso Sepolcro, simile a quello di Gerusalemme, accanto al quale è collocata la statua di San Carlo Borromeo in preghiera.

San Giorgio al Palazzo

Ci spingiamo ora fino in fondo a via Torino per visitare la piccola chiesa di San Giorgio al Palazzo, nell’area dove si trovava il Palazzo Imperiale romano.

Fermiamoci, probabilmente saremo i soli, davanti alla cappella che ospita il “Ciclo della Passione” di Bernardino Luini, capolavoro rinascimentale. I disegni preparatori di quest’opera sono esposti al Louvre, qui abbiamo l’opera originale… Come disse una volta il critico Ph. Daverio “Milano non ha un Louvre, Milano è un Louvre”.

San Tomaso in Terramala

Concludiamo questo incompleto percorso di opere dedicate alla Passione, visitando la chiesa di San Tomaso in Terramala (o Terramara), all’inizio di via Broletto, non lontano da via Dante.

Nella prima cappella a destra troviamo una lastra marmorea con l’impronta del piede di Cristo, il Vestigium Pedis, forse unico a Milano, simbolo del Suo passaggio umano sulla Terra.

Molto c’è da raccontare su questa chiesa dal titolo così insolito e inquietante. Per ora, dopo aver camminato fin qui, godiamoci il bellissimo mosaico sul pavimento che, come un tappeto, ci conduce fino all’altare.

Che la colomba della pace, sempre tanto desiderata e invocata, ci accompagni sempre.

A tutti Buon Cammino…

A presto…