La Vergine delle rocce ieri e oggi: la versione 2025

Milano, 25 aprile 1483. Il notaio Antonio De Capitani, quel giorno, stipulò un contratto un po’ speciale; avrà mai pensato, in seguito, che con quell’atto aveva sancito la futura nascita della “Vergine delle Rocce“, uno dei capolavori di Leonardo?

Committente era la Confraternita francescana dell’Immacolata Concezione che affidava ai fratelli pittori Ambrogio ed Evangelista De Predis e ad un artista, giunto da poco alla corte di Ludovico il Moro, Leonardo da Vinci, l’incarico di realizzare un dipinto dedicato a Maria per la chiesa di San Francesco Grande, alle spalle della basilica di Sant’Ambrogio.

Questo contratto rappresenta uno dei documenti più preziosi del nostro Archivio di Stato di via Senato e reca la firma autografa di Leonardo, forse l’unica esistente oggi, per di più autenticata da un notaio!

Un brevissimo cenno storico sull’Archivio. L’edificio in cui si trova, molto sobrio ed elegante, venne fatto costruire nel 1608 dal Cardinale Federico Borromeo come Collegio Elvetico (seminario per la preparazione dei sacerdoti svizzeri). Oltralpe si stavano diffondendo “pericolose” eresie e Milano, sotto sotto, un po’ eretica lo è sempre stata.

Inoltre, per chi è amante delle curiosità, sulla facciata di questo edificio c’è la prima buca delle lettere milanese, risalente al periodo napoleonico. Davanti all’Archivio si trova un’originale statua di Joan Mirò, “Mere Ubu”, dall’altra parte della strada vediamo poi un edificio firmato Zanuso con inserti in ceramica di Lucio Fontana. Un WOW a Km 0!

L’Archivio è una vera e propria miniera di atti che ci parlano della nostra storia, come il documento in cui il Barbarossa concedeva, dopo essere stato sconfitto a Legnano, alcune importanti libertà a Milano.

L’Archivio, però, non guarda solo al passato: infatti, in collaborazione con una classe di maturandi del Liceo Artistico di Brera, ha realizzato un progetto ardito, la “Genesi di un capolavoro” facendoci vedere la “Vergine delle Rocce” realizzata seguendo quanto prevedeva il contratto.

Gli studenti, con i loro insegnanti, hanno “tradotto e visualizzato” quanto previsto nell’atto rogitato che, in modo molto minuzioso, indicava i personaggi (tra cui due Profeti e Dio Padre), i loro atteggiamenti, i materiali, i colori, le tecniche, ecc, ed hanno realizzato quella Vergine che esisteva solo nei desideri del Priore.

Leonardo, però, dipinse la sua “Vergine delle Rocce“, che oggi si trova al Louvre, ricca di mistero come l’argomento trattato.

L’artista disattese quindi il contratto, la Confraternita lo impugnò e non corrispose quanto era stato pattuito. Ne nacque una controversia giudiziaria che (anche allora!) durò parecchi anni. Infine, nel 1506, si giunse ad un accordo e venne dipinta una seconda versione della Vergine delle Rocce (probabilmente anche con l’intervento dei De Predis e di alcuni allievi), sempre diversa dal contratto, ma forse più ortodossa. L’opera è quella oggi esposta alla National Gallery di Londra.

In seguito vennero realizzate altre versioni a cura di allievi di Leonardo, forse anche con l’intervento del Maestro. Una di queste si trova presso la chiesa di San Michele sul Dosso, di fronte a Sant’Ambrogio.

Un’altra versione è sempre accessibile (e forse per questo molto sottovalutata) nella chiesa di Santa Giustina ad Affori.

Ora abbiamo anche una “Vergine delle Rocce 2025”, che dal 4 giugno si può visitare gratuitamente, con un semplicissimo appuntamento telefonico, all’Archivio di Stato. Un dipinto vecchio e nuovo al tempo stesso, quasi un tuffo in pieno Rinascimento da parte di giovani di oggi.

A presto…

La chiesa di San Tomaso in Terramara: storia, curiosità e… brividi

Questa chiesa ha un passato da brividi che porta ancora nel suo titolo: San Tomaso in Terramara (o anche “Terramala”). Come sempre ci siamo incuriositi e abbiamo cercato notizie su questo strano nome che evoca antiche e fosche leggende.

Ci troviamo in via Broletto, vicino a piazza Cordusio e accanto a mozziconi di stradine un po’ tortuose, resti del passato. In piazza Cordusio (la “curia Ducis sive vulgo Cordusium dicitur”, come scrive nel Trecento il mitico storico della nostra città, Galvano Fiamma) sorgeva la residenza del Duca longobardo, anche lui attratto dal nostro centro storico. In mezzo alla piazza, secoli dopo, era stata messa la statuona di San Carlo, che venne fatta spostare in piazza Borromeo perchè la carrozza del governatore austriaco ci aveva sbattuto contro. Milano ha sempre avuto problemi di traffico.

Ora al suo posto c’è la statua del Parini, che come un umarell, guarda cosa sta accadendo oggi nel cantiere di piazza Cordusio.

Andiamo verso la nostra meta, la chiesa di San Tomaso. La possiamo raggiungere direttamente da via Broletto o, come suggeriamo, da via Rovello per berci un caffè sotto il bel porticato di Palazzo Carmagnola dove visse l’indimenticabile amante di Ludovico il Moro, Cecilia Gallerani, la Dama con l’ermellino, e dove ora si trova anche una delle sale del Piccolo Teatro .

Percorriamo il breve tratto di via Rovello e, appena girati in via San Tomaso, ci appare, inaspettato, il fianco della chiesa, quasi per invitarci a scoprirla poco alla volta, inglobata com’è tra altri edifici, tra cui un albergo.

Chiediamo alle gentilissime ragazze della reception se possiamo guardare dal giardino l’abside della chiesa, dove si trova, solitario, un piccolo bassorilievo proveniente dall’Ambrosiana. Vi è scolpito, in modo molto realistico, con breviario e Crocifisso, un sacerdote del Cinquecento, “Prete Castelletto”, al secolo Castellino da Castello, che aveva fondato la prima scuola di catechismo nel 1536, come riporta lo storico Latuada: (in vicolo San Giacomo a Porta Nuova) “vi è una picciola stanza a piano terra, in cui un prete di onesti costumi soleva radunare i fanciulli subito dopo il pranzo de’ Giorni Festivi ed insegnare loro la Cristiana Dottrina.”.

Sempre guardando l’abside verso l’alto, spicca un graziosissimo balconcino in ferro che collega la chiesa con l’ex canonica, un elemento leggero e leggiadro per un luogo dal titolo, invece, così inquietante.

Da dove deriva questo nome? Sembra che in questa zona si fossero rifugiati molti milanesi per sfuggire ai massacri delle invasioni barbariche; poco lontano da qui c’era il Palazzo Imperiale distrutto dai barbari.

Più “storico” è, invece, il truculento fatto riportato dallo storico Carlo Torre. Racconta che, al tempo dei Visconti, il curato di San Tomaso avesse rifiutato la sepoltura ad un uomo la cui vedova non aveva i soldi per pagarla. Il crudelissimo Duca di Milano, Giovanni Maria Visconti, che per caso stava passando di lì, vide la scena e si offrì di provvedere alla spesa. Il curato si mostrò ossequioso e persino commosso per tale generosità, ma Giovanni lo obbligò ad entrare nella bara insieme al defunto, per essere sepolto vivo insieme a colui al quale aveva rifiutato, per mancanza di denaro, il riposo in terra consacrata. Invano lo sventurato chiese pietà prima di essere inghiottito dalla “terra mala”.

Questo titolo venne sempre conservato, nonostante la chiesa avesse cambiato aspetto più volte nei secoli. Nel 1576, infine, fu completamente fatta ricostruire da San Carlo Borromeo con l’aggiunta, nel 1827, del pronao con le colonne, come in un tempio romano.

San Tomaso si affaccia, timida e soffocata, tra gli edifici e il traffico di via Broletto ed è un vero peccato perchè è piuttosto interessante. L’interno ha una sola navata in un sobrio stile barocco, rischiarato da un bel mosaico chiaro con scene evangeliche che, come un tappeto, conduce all’altare maggiore.

Sopra di esso si trova una sorta di piccolo tempio con una Madonna medievale. Le lunette sovrastanti sono probabilmente del Luini (o della sua scuola).

Molto significative sono le cappelle laterali con un dipinto del Procaccini, che rappresenta San Carlo in gloria, un bel Crocifisso e il raro Vestigium Pedis (di cui abbiamo già parlato) nella prima cappella a destra.

Un altro tocco dark lo troviamo nella cappella a sinistra dell’altare maggiore, dove c’è una raccolta di reliquie; ognuna di queste teche è etichettata con il nome del Santo e con cosa contiene: quasi una “reliquioteca”.

A tutti buona passeggiata tra arte, curiosità e… brividi.

A presto…