Una soap del ‘500: la Matta Biraga

“Pin Pin Cavalin…” quante volte abbiamo fatto o sentito questa “conta”? Dietro questa filastrocca per bambini c’è una bella storia milanese del Cinquecento, anzi, un po’ storia (alcuni personaggi sono citati dalla Treccani!) e un po’ leggenda… Chissà se è proprio andata così?

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E, dato che a noi piace mescolare passato e presente, racconteremo questa storia anche attraverso alcune poesie di Alda Merini, milanese DOC, che darà voce ai sentimenti della protagonista, la Matta Biraga. Ancora oggi, se ad una donna manca “qualche rotella”, i milanesi dicono che “l’è ‘na Matta Biraga”

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murale in San Calimero

C’era una volta, nella Milano nel Cinquecento, una giovane e bella coppia innamorata e felice: lei, Rosalinda Visconti, e lui, Ludovico Birago, appartenevano a due importanti casate della nostra città. Tutto sembrava perfetto, tanto più che erano in attesa di un erede.

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Al tempo delle dominazioni era Governatore di Milano, per conto di Carlo V, Don Ferrante Gonzaga, uomo molto potente, cui si deve, tra l’altro, la realizzazione delle Mura Spagnole.

Ferrante Gonzaga

Mura spagnole 1

Mura spagnole a Porta Romana

Questi, benchè padre di ben undici figli legittimi, si era invaghito della giovane sposa di Ludovico e tramava per conquistarla. Fece esiliare Ludovico con una falsa accusa di tradimento e, quando Rosalinda andò a chiedere la grazia col bambino appena nato tra le braccia, li fece rinchiudere nel castello di Abbiategrasso.

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Don Ferrante tentò con ogni mezzo di far cedere la giovane donna. Lusinghe, minacce e maltrattamenti non servirono a niente. Rosalinda resisteva, finchè, dopo cinque anni di prigionia e di tormenti, la poveretta impazzì.

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“Sono una piccola ape furibonda…” così Alda Merini, che conobbe le sofferenze del disagio mentale e l’esperienza dell’ospedale psichiatrico, racconta i suoi sentimenti simili, forse, a quelli della giovane donna.

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merini amore

Rosalinda, divenuta per tutti la Matta Biraga, fu affidata da Don Ferrante alle cure di un celebre medico, Giuseppe Cavalli, soprannominato “Pin Cavallin” per la bassa statura. Il medico si stabilì al castello di Abbiategrasso e cercò di curare la Matta Biraga con bagni caldi e freddi. La giovane donna, però, non usciva dal buio della propria mente.

si comportava come se fosse mezza matta (cap.7)

merini vento

Via via il medico si affezionò al bambino prigioniero e giocava con lui. Non sappiamo se avesse mai consigliato alla donna di fingere le crisi di pazzia per sottrarsi a Don Ferrante. Qualche dubbio rimane…

merini basaglia

Nel frattempo Ludovico, divenuto alto ufficiale dell’esercito dei Savoia, attaccò il castello per liberare la moglie e il figlioletto. Immaginiamo l’incontro tra gli sposi… Per Rosalinda fu l’inizio della guarigione.

merini sorridi

amami merini

La leggenda dice che quando Don Ferrante fu allontanato, accusato di corruzione e abuso di potere, la famiglia Birago fece ritorno a Milano. Con loro rimase anche il medico che aveva fatto da nonno al bambino, giocando con lui. Uno di questi giochi consisteva nell’indovinare in quale mano Pin Cavalin avesse nascosto un confetto. Da qui la conta nelle due versioni:

Pin pin Cavalin,/sota al pe’ del taulin:/pan poss, pan fresch,/induina che l’è quest!

Pin pin Cavalin,/acqua calda,/acqua freggia,/ten tì quel,/damm a mì quest.

mani kiuse

E la Matta Biraga? La vogliamo pensare a spasso per Milano sorridente e serena, come Alda.

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merini inferno

Il Lazzaretto: un quartiere rinato – (Parte Prima)

Abbiamo pensato di salutare il Nuovo Anno con un itinerario insolito, in un quartiere nato dalla demolizione, a fine Ottocento, del Lazzaretto e dalla costruzione, al suo posto, di vie e case.

vendita dei lotti del Lazzaretto

mappa p. venezia

Il protagonista, quasi un convitato di pietra, rimane il Lazzaretto, luogo di ricovero per gli appestati, descritto anche nei Promessi Sposi, dal quale si usciva solo morti oppure guariti e pronti a ricominciare una nuova vita, come Renzo e Lucia.

disegno del Lazzaretto 1630

renzo e lucia

In questo percorso ci sono tante cose da raccontare e da vedere. I nostri passi per Milano ci condurranno prima attraverso vie i cui nomi sono quasi tutti legati alla peste e a coloro che tentarono di affrontarla. Infine vedremo alcuni gioielli Liberty, poco lontano… Andiamo!

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La prima parte della nostra passeggiata riguarda l’oggi, cosa vediamo in questo quartiere,  a due passi da quella sorta di avenue meneghina che è corso Buenos Aires.

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Vi consigliamo di prendere il tram numero 1 da piazza della Scala, in direzione del capolinea di Greco, così da iniziare l’itinerario già con una vettura storica, classe 1928, utilizzata anche a San Francisco a scopi turistici.

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tra s franc

Dopo aver lanciato un’occhiata ai resti dei Bastioni Spagnoli, che sembrano sorreggere il peso della strada sovrastante, scendiamo all’incrocio con viale Tunisia, nel cuore del quartiere da visitare.

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Questa zona è tutta da scoprire. In queste vie poche sono le case recenti e l’ambiente ha un aspetto di “Vecchia Milano”, ma dinamico, aperto al nuovo.

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I nostri passi per Milano inizieranno da “Pavè” (via Casati 27), un bel locale dove bere un buon caffè, in piedi o seduti, o cedere alle tentazioni deliziose di brioches, dolci o salate, tutte fatte “in casa” sotto i nostri occhi.

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Come sempre, però, vecchio e nuovo a Milano sono accanto: buonissimi sono anche i dolci di una pasticceria storica poco lontana, che mantiene l’aspetto vintage e la bontà di un tempo: la “Pasticceria Miglierina” (via Casati 22). Anche qui la cucina è a vista, in vetrina.

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Abbiamo iniziato da questi due locali perchè ci sembrano rappresentare il mondo vivace di questa zona di Milano. Passeggiamo per queste vie e guardiamo la vita che vi si vive. Negozi storici della Milano tradizionale sono accanto a locali di tanti “nuovi milanesi” provenienti da ogni parte del mondo, in cerca di una vita migliore.

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Questa zona è sempre stata ad alta concentrazione di immigrati. Qui ci sono ristoranti etnici di fama accanto a locali italiani “di tendenza”.

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Serrande deteriorate e abbassate fanno da spalla a locali per massaggi orientali e a negozi “colti” di ultranicchia.

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In questa zona sono nate l’industria farmaceutica Lepetit e le Patatine San Carlo, create dall’intuizione del proprietario di una rosticceria.

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Qui è stato prodotto l’Amaro Medicinale Giuliani, nell’antica farmacia di via Castaldi 29, dove, ancora oggi, campeggia, sopra scaffali ottocenteschi, il motto benaugurante “Aegrotantibus salus” (la salute agli ammalati).

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Molti, milanesi e non, in questo quartiere fecero fortuna o cercarono comunque una vita migliore.

Fermiamoci un momento davanti a quello che era il cuore del Lazzaretto, la Chiesa di San Carlo in largo Bellintani, affettuosamente chiamata San Carlino, per distinguerla da quella più celebre di San Carlo al Corso di corso Vittorio Emanuele.

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San Carlino

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San Carlo al Corso

Si trovava al centro del Lazzaretto. La sua struttura ottagonale, simbolo della Rinascita e dal profondo significato esoterico, era aperta su tutti i lati per permettere agli appestati di assistere alle funzioni da lontano senza trasmettersi il contagio.

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Terminate le epidemie di peste, questa chiesa non ebbe vita facile. Fra le diverse vicissitudini fu Altare della Patria al tempo di Napoleone, i suoi spazi aperti vennero murati e divenne via via polveriera, stalla, fienile e persino ghiacciaia.

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Progetto di restauro di P. Portaluppi, mai realizzato

Fu “ricomprata” nel 1883 dalla Chiesa, restaurata e dedicata a San Carlo, che l’aveva fatta costruire.

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Attualmente è in ristrutturazione e sarà pronta per la fine di quest’anno, centro del quartiere, dopo essere stata per tanto tempo quello del Lazzaretto.

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Continua…

Porta Romana bella, Porta Romana… – (Parte Seconda)

In questo secondo tratto del corso di Porta Romana, da via Francesco Sforza a piazza Medaglie d’Oro, ci terrà compagnia la versione più tradizionale (e un po’ hard) di Porta Romana bella, quella, cioè, che si cantava nelle osterie, frequenti un tempo in questa zona.

https://www.youtube.com/watch?v=cVh3JSWOJD8

Ci troviamo davanti alla Farmacia Foglia, all’ angolo con via Santa Sofia dal 1835.

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Sulla facciata della casa vediamo i medaglioni con i profili di illustri chimici e fisici.

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Facciamo un salto indietro nel tempo: cosa staranno per acquistare queste gentili signorine?

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Certamente l’olio di ricino venduto da questa farmacia era considerato il migliore della città, ma forse le giovani donne desiderano acquistare i ciccolattinoni, dei dischetti in stoffa di taftà negher, come dice il Porta, imbevuti di chissà quale liquido medicinale da appoggiare sulle tempie contro il mal di testa…un Moment, insomma.

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Poi attraverseranno il corso, lanciando un’occhiata alla statua di San Giovanni Nepomuceno, protettore di chi cadeva in acqua, e qui c’erano il Naviglio e…parecchi ubriachi che uscivano dalle molte osterie.

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Corso di Porta Romana è stato sempre molto vivace e popolato; i marciapiedi hanno andamento un po’ irregolare, e si allargano improvvisamente per effetto dei successivi piani regolatori, che prevedevano l’ampliamento del corso.

In uno di questi slarghi,  in una simil-piazzetta, c’è una bella pescheria dove si può anche mangiare; di fronte un residence apre un passaggio verso la piccola zona di San Calimero, dove ci fermeremo in un altro articolo, per una visita, uno spuntino e una pausa davanti a dei bei murales.

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Sul nostro corso, prima di arrivare alla Crocetta, si alternano negozi, bar e uno storico teatro, il Carcano, edificato all’inizio dell’Ottocento e che ancora continua la sua lunga carriera. Accanto ad esso un bar, famoso per i suoi panini imbottitissimi,  dove ritrovarsi prima o dopo lo spettacolo.

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Sul marciapiede di fronte c’è lo storico negozio di ottica Chierichetti, che mostra nel suo interno vecchi oggetti e un visore stereoscopico che proietta le immagine della vecchia Milano.

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Ammiriamo le vetrine in cui è raccontata la ricetta del risotto, un’idea legata all’ EXPO  di allestire una serie di vetrine tematiche in cui raccontare le specialità tipiche della cucina milanese.

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Qualche negozio chiude, qualche altro apre, come un nuovo locale che propone frullati e cibi naturali.

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Qualche parola, ora, sulla Crocetta, sulla quale veglia la statua di San Calimero, oggi in restauro.

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Durante la peste di San Carlo, attorno al 1570, venivano erette delle croci dove le vie si intersecavano, per permettere ai fedeli di assistere alla Messa in luoghi aperti, riducendo i rischi di contagio.

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Di tutte queste crocette resta “la” nostra Crocetta, che ha dato il nome anche alla fermata della metropolitana. Ora la Crocetta vede, per fortuna, ben altri gruppi di persone. In questa zona, infatti, ci sono molte scuole, dagli asili alle superiori, e le voci di bimbi e di ragazzi con gli zainetti colorati riempiono il corso, diventato più vuoto da quando l’Area C ha tolto un po’ di auto.

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Proseguendo sul corso, i nomi delle vie ci ricordano il passato: via Orti, via dei Pellegrini, dove un antico ospizio, poco lontano dalla chiesetta di San Pietro e Paolo dei Pellegrini,  accoglieva i viandanti.

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Anche in questa parte del corso si alternano negozi e ristoranti.

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Siamo così giunti a piazza Medaglie d’Oro, che si apre improvvisamente in fondo a corso di Porta Romana, e subito si è subito colpiti dalla porta spagnola.

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Alla sua destra vediamo una costruzione ampia e bassa, oggi conosciuta come Terme di Milano.

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La sua storia molto ci dice della capacità ambrosiana di far vivere più vite allo stesso edificio: infatti era inizialmente la stazione dalla quale partivano i tram funebri dipinti di nero, soprannominati “la Gioconda”, che accompagnavano feretro e familiari ai cimiteri.

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Poi la nostra “stazione” si è data alla bella vita, diventando “Il Ragno d’Oro”, una grande sala da ballo; si è trasformata in seguito nel dopolavoro dell’Azienda Tranviaria ed ora ospita le Terme. Sarà finita così? Per ora godiamoci questa oasi nel centro di Milano.

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Infine la grande porta, costruita per celebrare l’ingresso in città di Margherita d’Austria, sposa di Filippo III di Spagna, e accanto quello che resta delle imponenti mura spagnole, ora diventate anche parte di cinte condominiali.

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Se guardassimo dall’alto, la porta sarebbe la punta di una specie di cuore formato dalle mura, come un pegno d’amore perenne.

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Margherita è anche ricordata da due bassorilievi raffiguranti due ostriche aperte che mostrano ciascuna una perla (in latino margarita significa perla).

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Anche Milano, a volte, sembra chiusa come un’ostrica, dall’aspetto ruvido e poco invitante. Poi se qualcuno si prende la briga di avvicinarla e di farla aprire, con stupore si trova davanti al tesoro che nasconde.

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E se invece non trovassimo la perla? Gustiamoci un paio di ostriche con un margarita!!!

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