A spasso per il centro cercando i “nasoni”

Appena usciti da quel labirinto di misteri e di enigmi che è lUltima Cena, iniziamo un piccolo gioco alla ricerca dei “nasoni” che compaiono su alcuni edifici della nostra città lungo il percorso delle linee 1, 2 e 3 della metropolitana.

 

I “nasoni” sono stati realizzati, anni fa, per rilevare eventuali movimenti degli edifici dovuti agli scavi della metropolitana. Ora sono obsoleti; per le linee lilla e blu, infatti, sono stati usati altri sistemi e i nostri nasoni sono diventati curiosità (piuttosto brutte!) destinati prima o poi a scomparire o a diventare oggetti vintage.

 

Per iniziare la loro ricerca, siamo partiti dalla Galleria. Li abbiamo scovati accanto ai negozi glamour del nostro Salotto.

 

I nasoni amano forse lo shopping? Sembra di sì; questo, ad esempio, si trova sul palazzo della Rinascente, mentre un altro fa capolino tra piazza del Duomo e la trafficata via Orefici. Trovarlo non è facile, ama il gioco a nascondino… è un indizio.

 

Altri nasoni si sono appostati in corso Garibaldi e la loro ricerca ci porta anche a guardare il Teatro Fossati e la splendida basilica di San Simpliciano.

 

E all’Isola? Qui è tutto cool, ma il nostro nasone ama la cultura e la storia; eccolo accanto alla Casa della Memoria.

 

Cercandoli in giro per la città si fanno scoperte o riscoperte molto interessanti. Se al Castello è difficile trovarli, mimetizzati tra le antiche pietre, quelli su Palazzo Reale sono in bella vista.

 

Durante la caccia ai nasoni, abbiamo incontrato una chiesa che il 28 giugno compirà cento anni. Anche se la sua storia è iniziata ben mille anni fa e, nel corso del millennio, è stata fatta e rifatta diverse volte: San Pietro in Sala, in piazza Wagner.

 

Il primo documento che fa riferimento a questa chiesa risale al 1028 e racconta della donazione, in questa zona, di un terreno e di una cappella al monastero di Sant’Ambrogio da parte di un certo Ottone, un religioso, e di una ricca e devota vedova, Raidruda, in cambio di preghiere di suffragio. Milano, nel corso dei secoli, via via si ampliava e anche la chiesa diventava più grande. Chi volesse conoscere la sua storia, che è anche storia di un luogo e di una comunità coi suoi bisogni, può acquistare in sacrestia l’attento e ben documentato libro di un sacerdote di questa parrocchia e visitare anche la bellissima cripta sotto l’altare.

 

Ecco alcune immagini di questa chiesa e dei soffitti decorati della cripta che oggi ospita anche una scuola di danza.

 

Mentre lasciamo questa parrocchia, salutiamo anche il nasone che ci guarda da una colonna e che ci ha attirato, cercandolo, fino qui, facendoci conoscere un altro capitolo della storia di Milano.

 

A presto…

Moti dell’animo e gesti nell’Ultima Cena (parte quarta: gli ultimi due gruppi degli Apostoli)

Terzo gruppo: Giovanni (Bilancia), Giuda (Scorpione) Pietro (Sagittario). Sono i personaggi più importanti tra gli Apostoli.

 

Giovanni. E’ il discepolo prediletto, al quale Gesù affiderà la propria madre. Contrariamente alla tradizione, secondo la quale nell’Ultima Cena viene rappresentato appoggiato al petto di Cristo, qui se ne allontana, forse richiamato da Pietro a cui sembra voler dare ascolto chinando il capo verso di lui. Forse gli sta chiedendo se conosce il nome del traditore? Giovanni, in effetti, non sembra stupito dalle parole di Gesù, ma è quasi consapevole del prossimo sacrificio. Le figure di Gesù e di Giovanni formano quei famosi triangoli che faranno pensare ad alcuni a “calice” e “lama”, simboli dell’energia femminile e maschile, se Leonardo avesse voluto rappresentare nel viso dolce e glabro di Giovanni, quello, invece, di Maria Maddalena, sposa di Gesù.

 

Il segno della Bilancia ha fatto pensare, ad alcuni, al periodo in cui la terra si prepara alla semina per il futuro raccolto. E’ anche il segno dell’equinozio d’autunno, armonia ed equilibrio tra giorno e notte. Le mani di Giovanni sono calme e conserte; questo disegno preparatorio di Leonardo è particolarmente significativo.

 

Giuda. La sua figura è oscura, in ombra, non toccata dalla luce. Nel trattato sulla pittura, Leonardo aveva scritto: “la luce non può mai cacciare in tutto l’ombra dei corpi”. Questo pensiero va oltre la pittura? Contrariamente alla tradizione, Giuda è seduto accanto agli altri Apostoli e si sovrappone in parte alla figura di Pietro (che rinnegherà tre volte il Maestro). Il corpo di Giuda va all’indietro, come fisicamente colpito dalle parole di Cristo; entrambe le mani sono contratte come artigli (Scorpione?). Con la mano destra stringe la sacchetta dei denari (era, peraltro, il tesoriere degli Apostoli), l’altra va verso il piatto dove, secondo i Vangeli (Mt. 26,23), intingerà il pane con Gesù, adempiendo alle parole del Maestro.

 

“C’è del buono in lui?” ci chiediamo parafrasando Star Wars. Papa Benedetto XVI scrisse che la “sorte eterna” di Giuda, che si è pentito (Mt. 27,3-4) ma che, distrutto da un rimorso senza speranza, si è tolto la vita, resta un “mistero” e che “spetta solo a Dio, nella sua infinita Misericordia, misurare il suo gesto”.

 

Pietro. Vicinissimo a Giovanni, i due sono profondamenti diversi. Mentre Giovanni è composto, Pietro è irruento, reattivo, forse il più dinamico dei presenti. Leonardo lo raffigura di profilo; una mano punta verso Giovanni (arco e freccia del Sagittario?), con l’altra (con un movimento così contorto da far ritenere a qualcuno che il braccio appartenga a un quattordicesimo personaggio poi cancellato) brandisce un coltello. Questo movimento compare, però, in disegno preparatorio di Leonardo conservato a Londra. Sappiamo che poche ore dopo taglierà un orecchio a Malco, servo del Sommo Sacerdote, per opporsi all’arresto di Gesù. La Chiesa sarà dunque affidata all’Apostolo più combattivo?

 

Quarto gruppo: Andrea (Capricorno), Giacomo il Minore (Aquario), Bartolomeo (Pesci). Rappresentano gli ultimi tre segni dello Zodiaco.

 

Andrea. Fratello maggiore di Pietro, è un uomo piuttosto anziano. Di lui ci colpiscono soprattutto le mani, chiarissime, con le dita divaricate, rivolte verso di noi come una barriera, in un atteggiamento netto di discolpa, come a respingere ogni accusa. Appare sicuro, completamente diverso da Filippo, simbolo del Cancro, segno opposto al Capricorno. Gli è accanto Giacomo il Minore. Parente (o forse fratello – come nei Vangeli di Matteo e Marco) di Gesù, al quale, nel dipinto, assomiglia molto. Con un braccio aggira da dietro Andrea e la mano sembra cercare di trattenere Pietro. L’altra, invece, è vicinissima a quella di Andrea, come sono vicine quelle di Simone lo Zelota e di Giuda Taddeo. Il braccio teso di Giacomo, come quello di Matteo, di fatto crea continuità e lega i gruppi degli Apostoli tra loro. Infine Bartolomeo, figura in blu scuro (come il mare?) è personaggio forte, virile, con abiti romani. Si appoggia con entrambe le mani al tavolo per protendersi verso Gesù e capire meglio. Alcuni vedono nella posizione dei piedi dell’Apostolo e nelle sue braccia aderenti al corpo, la raffigurazione di un pesce.

Questo lungo viaggio all’interno dell’Ultima Cena si interrompe. La meta, comprendere questo misterioso capolavoro, inseparabile dalla nostra città, non è certo raggiunta. A tutti “Ultreia et Suseia” (“Avanti e più in alto”) come il saluto che si scambiano i pellegrini del Cammino di Santiago.

A presto…

 

Moti dell’animo e gesti nell’Ultima Cena (parte terza: i primi due gruppi degli Apostoli)

L’Ultima Cena, realizzata in oltre tre anni (1495-98/99), con una tempera “sbagliata” su una parete soggetta all’umidità, durò meno della vita di un uomo. Infatti, già nel 1566, il Vasari scriveva che “… non si scorge più, se non una macchia…”. Dopo di allora, molti hanno “provato” a rovinare per sempre questo capolavoro (restauri inadatti, bivacchi di soldati, che lo hanno persino utilizzato come bersaglio per armi da fuoco, l’apertura di una porta da parte degli stessi frati, infine le bombe della seconda guerra mondiale); altri, invece, per fortuna, sono riusciti a farlo rivivere con un appassionato restauro (Pinin Brambilla Bercilon).

 

Oggi il Cenacolo, fragile nella sua grandiosità, è ancora lì che ci ammalia, carico di significati reconditi e di misteriosi messaggi.

La cena. I dodici Apostoli sono intorno ad un tavolo (forse di dimensioni troppo piccole per tutti), ricoperto da una tovaglia bianca e azzurra, con piatti, bicchieri di vino e del cibo, tra cui alcuni pani (qualcuno ha ipotizzato che siano disposti come le note di uno spartito). Siamo al termine di una cena di festa, la Pasqua ebraica, e tutti gli “attori” di questa rappresentazione sono colti appena dopo il colpo di scena: le parole di Gesù: “Uno di voi mi tradirà”.

 

Molti studiosi hanno cercato di interpretare il significato del numero dodici. Per alcuni questo è il numero delle Tribù di Israele, in quella terra ancora oggi così martoriata.

 

Per altri studiosi gli Apostoli sarebbero dodici come i mesi dell’anno suddivisi, a gruppi di tre, nelle quattro stagioni, il ciclo del tempo. Altri ancora hanno ipotizzato che ad ogni Apostolo corrisponda un segno zodiacale che ruota attorno al sole, Gesù e che, inoltre, ciascuno, attraverso il linguaggio del corpo, mostri il temperamento tipico di quel segno. Questa tesi è stata anche suffragata da un critico come Giulio C. Argan che ha scritto: “…è assai più di un’ipotesi suggestiva. L’Ultima Cena è costruita secondo un preciso ordine astrologico e numerologico.”. Un altro critico, il sacerdote Claudio Doglio, afferma che Leonardo è riuscito “a inserire l’uomo in una dimensione cosmica, per far riferimento a tutto l’anno e, addirittura, all’astronomia o, meglio, all’astrologia”. Ne è scaturito un dibattito tra favorevoli e contrari.

 

L’ipotesi “Zodiaco” potrebbe trovare riscontro anche negli studi di Leonardo sull’astrologia e sugli antichi saperi mediati da umanisti fiorentini, come Marsilio Ficino, e poi da docenti dell’Università di Pavia come Fazio Cardano. “Non volge retro, chi a stelle è fiso”, il sogno di Leonardo fu, peraltro, sempre quello di andare oltre, verso il cielo, comunque lo si voglia interpretare.

 

Gli Apostoli. Come scossi da un colpo di vento improvviso, sembrano ondeggiare formando quattro gruppi, di tre figure ciascuno, posti in modo simmetrico (due gruppi per parte) ai lati di Gesù. La scena va letta da destra verso sinistra, in senso antiorario, come nella scrittura ebraica e come, peraltro, scriveva anche Leonardo.

Primo gruppo. Simone lo zelota (Ariete), Giuda Taddeo (Toro), Matteo (Gemelli). Sono i primi tre segni dello Zodiaco.

 

Simone lo zelota, uomo anziano, sta discutendo con Giuda Taddeo (che sembra l’autoritratto di Leonardo), e anche le loro mani sembrano partecipare ai loro ragionamenti; i due Apostoli saranno poi insieme anche nel momento del martirio. Il giovane Matteo sta ascoltando quello che dicono o, forse, sta richiamando la loro attenzione alle parole del Maestro? Matteo è un bel giovane, un pubblicano, un esattore delle tasse per conto dei Romani, perciò considerato “nemico” da parte degli zeloti. Forse Leonardo e il priore Bandello vogliono dirci che Gesù è venuto per tutti, senza distinzioni? Da notare anche che Matteo non guarda verso Gesù, il suo viso è rivolto verso Simone e Giuda Taddeo, le sue mani, invece, verso il centro. Rappresenta forse una costellazione doppia come quella dei Gemelli?

 

Secondo gruppo. Filippo (Cancro), Giacomo il Maggiore (Leone), Tomaso (Vergine). Rappresentano molto bene nei gesti e nelle emozioni le diversità dei personaggi, ognuno dei quali sembra a sè stante.

 

Filippo si è alzato, sconvolto, unico tra gli Apostoli che porta le mani al petto, verso se stesso (gli “zodiacisti” parlano di chele), forse chiedendosi se, magari senza saperlo, possa essere lui il traditore e interrogandoci sulla consapevolezza del bene e del male. Giacomo il Maggiore, fratello di Giovanni, spalanca le braccia, creando un vuoto accanto al Maestro e impedendo, di fatto, agli altri di avvicinarsi. Tomaso passa quindi dietro di lui e Filippo cerca spazio scattando in piedi. Una folta capigliatura (una criniera?) circonda il volto di Giacomo, dove traspaiono sorpresa e ira. A lui è dedicato il Cammino di Santiago di Compostela, che ha richiamato, e richiama, milioni di pellegrini. Che sia un trascinatore come il “Leone”? Tomaso è tipicamente rappresentato dal dito che poi, per credere alla Resurrezione, vorrebbe mettere nelle ferite di Gesù. La sua mano si staglia, chiara, contro la parete scura. Vuole sapere, toccare con mano prima di credere, cercare chiarezza nel buio, controllare di persona. Temperamento da Vergine?

Continua…

 

A presto…