Il mistero della Fontana all’Isola

Siamo nel cuore dell’Isola, in via Thaon di Revel, dove si trova uno dei luoghi più belli della Milano sforzesca appena scivolata nel 1500 e nelle dominazioni straniere.

Il Santuario di Santa Maria alla Fontana è un intreccio di storia, arte, fede e mistero, situato in uno dei quartieri più vivaci della città, con i grattacieli accanto alle case di ringhiera, con il futuro che si impone e fa sognare, mentre il passato resta presente e si fa radice.

Dalla strada non si vede il Santuario, ma solo la “chiesona” dallo stesso titolo, che si affaccia sulla via.

Ancora una volta, anche per capire Milano, dobbiamo andare oltre la “prima vista”. Dalla Chiesa Superiore, a livello della strada, scendiamo con una scala in un avvallamento naturale dove si trova il Santuario, e poi ancora più sotto fino alla fonte da secoli considerata miracolosa, per confrontarci col mistero.

Andiamo con ordine, un passo, anzi, un gradino alla volta. La Chiesa Superiore è stata da sempre legata alla storia del Santuario e della città. Nel corso di oltre cinque secoli ha visto arrivi e partenze, ampliamenti e restauri fino a quelli di Griffini e Mezzanotte e agli ultimi della metà del Novecento.

Guardando la facciata, sulla destra, una scala ci invita a scendere e improvvisamente ci troviamo in pieno Rinascimento.

Passeggiando tra i chiostri che non ci si aspetta, guardando gli affreschi, la volta, i soffitti, la fonte con gli zampilli d’acqua, sentiamo di trovarci in uno dei luoghi più coinvolgenti di Milano.

Per raccontare la storia di questo Santuario, partiamo dalla pietra che indica l’inizio della costruzione, il 29 settembre 1507, e il committente,  Carlo II d’Amboise, governatore francese di Milano.

Questi soffriva di una grave malattia della vista e si volle recare qui dove c’era una fonte considerata da tempo miracolosa. Si bagnò gli occhi, guarì e come ringraziamento fece costruire questo santuario mariano. Un grande dipinto cinquecentesco dei fratelli Campi, sopra l’altare, ricorda il miracolo.

Chi fu l’artista incaricato da un committente così importante? Si è parlato del Bramante, del Bramantino e di Leonardo (in quel periodo a Milano), tanto legato alla famiglia dei D’Amboise, da essere poi ospitato, fino alla morte, in uno dei loro castelli in Francia. Oggi, infine, si propende per una collaborazione dell’Amadeo, secondo quanto ritrovato in un antico documento.

I dubbi restano molti; confrontando alcuni particolari dei doppi archi, si nota una forte somiglianza tra quelli del Santuario e alcuni disegni del Codice Atlantico di Leonardo.

Alle pareti della Cappella ammiriamo affreschi della scuola di Bernardino Luini, in parte danneggiati ma molto dolci e suggestivi.

Interessanti i particolari di due affreschi che riguardano l’ambiente dell’epoca. Nel “San Rocco” si vede una cascina tra i campi, mentre nella “Visitazione” siamo in un contesto cittadino, con una ricca porta di un palazzo e una piccola balaustra. Città e campagna fanno da sfondo alla Fede.

La grande volta a dodici spicchi (unica, sembra, in Italia) riproduce gli Apostoli (tranne Giuda) e San Paolo. Al centro un rilievo in legno e stucco dorato con Dio Padre benedicente circondato da raggi di luce e di calore.

Nel ricco soffitto a botte sopra l’altare ci sono raffinati disegni simbolici risalenti al XVI secolo: l’ibis (che indica la gratitudine), il sole raggiato, alcune fiaccole e il caduceo (simbolo da sempre della Medicina) che ricorda la doppia spirale del DNA, quasi un misterioso presagio di future scoperte.

Il colore rosso dei disegni indica l’Amore e rimanda anche alla Medicina: infatti questo Santuario fu uno dei poli sanitari milanesi come la Ca’ Granda e il Lazzaretto. Al centro di questo ospedale, fino a metà Ottocento, spiccava una grande vasca, come vediamo da alcune immagini.

Nella storia di questo Santuario ci furono, però, momenti difficili. Se un nobile francese lo aveva fatto costruire, un altro, Napoleone, dopo averlo utilizzato come ospedale per le proprie truppe, lo aveva trasformato in un deposito per quei carri che servivano a innaffiare le polverose vie della città, antenati di quei tram soprannominati “foca barbisa” che facevano parte della Milano dei nostri nonni.

Un grave disastro colpì, verso la fine dell’Ottocento, la fonte del nostro Santuario, quando un incendio in una vicina fabbrica di bitume inquinò la sorgente. Questo danno ambientale non fermò mai la devozione dei fedeli e l’acqua, oggi collegata all’acquedotto, sgorga ancora da undici beccucci posti su una lastra di pietra.

Abbiamo osservato a lungo la disposizione insolita dei beccucci e la lastra considerata quella originaria dell’antica fonte. C’è chi sostiene che la pietra sia carica di energia e che i fori formino misteriosi triangoli, così come l'”ammaccatura” nella parte superiore della pietra. E se fossero segnali di qualcosa di non conosciuto, ancora da scoprire?

Ci lasciamo qui, davanti a questa antica fonte piena di misteri, ognuno con i propri pensieri, per decidere se scendere e accostarci alla fonte o no…

A presto…

Passato e futuro nel quartiere Isola

Milano non è una città sul mare, né ha un grande fiume che la attraversa. Le sue acque, però, sono tante, ricche e vive, sotterranee o all’aperto, “laboriose” e in alcuni casi persino miracolose.

Nella nostra città c’è anche un’Isola, fatta e circondata da case, un’isola senza acqua intorno, insolita e speciale. Benvenuti all’Isola!

Era una zona “isolata” dalla città per la ferrovia che le separava, con un ponte che passava sopra i binari.

Nata e cresciuta dalla metà dell’Ottocento per chi lavorava nelle vicine fabbriche (Pirelli, Tecnomasio,…) con case popolari e di ringhiera, aveva visto sviluppare al suo interno un forte senso di appartenenza e un orgoglioso legame tra i suoi abitanti.

L’Isola ora è tra i quartieri più cool di Milano, con la movida tra le case di ringhiera e i palazzi famosi del Bosco Verticale e di Porta Nuova.

Un tempo l’Isola era un insieme di prati, boschi e fontanili intorno al Santuario di Santa Maria alla Fontana, dove si trova ancora oggi una fonte considerata miracolosa.

Racconteremo questo piccolo gioiello di architettura e fede tra qualche settimana. Nel frattempo facciamo quattropassi per l’Isola, iniziando proprio da via Thaon de Revel, dove si trova il Santuario.

Al numero 21 ci aspetta un altro luogo di grande interesse storico e, forse, poco noto: la Fonderia Napoleonica Eugenia, fondata nel 1806 e così chiamata in onore del vicerè del Regno Italico, Eugenio de Beauharnais, figliastro di Napoleone.

Oggi è sede di eventi, mostre e di un museo (da visitare su appuntamento) sulla fonderia che ha realizzato, tra l’altro, anche il monumento a Vittorio Emanuele II in piazza Duomo, quello ad Alessandro Manzoni in piazza San Fedele, la Sestiga sull’Arco della Pace e il Dante di New York.

Poco lontano dal Santuario e dalla Fonderia, l’Isola stupisce con un famoso locale per gli amanti delle moto, che unisce bar e caffetteria ad articoli per le due ruote, un bike district da non perdere, anche se si utilizzano altri mezzi di trasporto!

Tutta l’Isola è piena di locali dove è piacevole sostare per bere qualcosa, ascoltare musica, magari farsi dare un tocco hipster ai capelli o girare tra le bancarelle del vivacissimo mercato di martedì e sabato in piazzale Lagosta.

Qua e là troviamo tocchi di storia isolana: in piazzale Segrino c’è un monumento ai Caduti del quartiere durante la lotta partigiana, mentre in piazzale Lagosta, al numero 1, nel cortile di una casa, la lapide di Giuseppe Parini ricorda che qui si trovava il Cimitero della Mojazza, poi abbandonato quando venne costruito il Monumentale (1895).

Il grande senso di solidarietà attiva, tutta milanese, si respira anche nella chiesa del Sacro Volto in via Sebenico, dove riposa Don Eugenio Bussa, grande figura di sacerdote, dichiarato dal governo israeliano “Giusto tra le Nazioni” per aver salvato molti bambini ebrei durante l’Olocausto; e non solo questo: ha aiutato persone di ogni colore politico e tanti giovani disoccupati o in difficoltà.

Guardiamo sopra l’altare di questa chiesa un’insolita opera d’arte: non un dipinto, ma la fotografia del Sacro Volto della Sindone.

 

Giriamo ancora un po’ per le strade dell’Isola, dove vetrine popolari si trovano accanto ad altre molto chiccose creando quella mescolanza culturale un tantino pop tipica della nostra città.

Improvvisamente, arrivati in via De Castilla, l’Isola appare diversa: le case sembrano parte di rocce sedimentarie, testimonianza di tempi e stili diversi.

Questa via mostra come Milano sappia rinnovarsi. Sulla vecchia sede ferroviaria, che separava l’Isola dal resto della città, sono sorti palazzi pluripremiati, “cubi” che fanno cultura, vecchie palazzine diventate fondazioni, vaste aree verdi.

Gli alti grattacieli di archistar famosi non rendono buie le strade, ma sono collocati in ampi spazi a verde. In questa zona sta sorgendo la Biblioteca degli Alberi, ci sono passeggiate pedonali, piccoli orti, campi di bocce e giochi per bambini.

Vecchio e nuovo insieme, verde e cemento fianco a fianco… Abbiamo trovato in via Thaon de Revel questa piccola insegna un po’ meneghina, un po’ mondo. Che ne pensate?

A presto…

Torri e grattacieli a Milano: sguardo all’insù tra ieri, oggi e domani (Terzo itinerario)

Riprendiamo i nostri passiperMilano con lo sguardo all’insù da piazza Gae Aulenti, che si è conquistata un posto di primo piano tra i luoghi da visitare nella nostra città. Se la Torre Velasca e il Pirellone rappresentano lo ieri degli edifici alti della nostra città, piazza Gae Aulenti è senz’altro l’oggi.

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Guardiamo questa foto che mostra il Galfa e il palazzo del Comune (il Pirellone non è stato inquadrato) con l’arco di Porta Garibaldi e le auto che ancora percorrono piazza XXV Aprile e corso Como. Si resta senza parole vedendo come è cambiato, in pochi decenni, lo skyline di questa zona.

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Per realizzare questo “quartiere” di nuovi edifici sono state interessate ben tre zone: Porta Garibaldi, l’Isola e le ex-Varesine.

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Porta Garibaldi offre al nuovo “quartiere di grattacieli” le boutique e i locali glamour di corso Como, nonchè il comodo accesso costituito dalla stazione Garibaldi, dalle fermate delle linee metropolitane verde e lilla e del Passante Ferroviario.

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Anche la stazione Garibaldi ha i suoi edifici alti, un po’ vintage: la Torre Arcobaleno, vecchio serbatoio dell’acqua, ricoperto di piastrelline colorate e altri due grattacieli, le Torri Garibaldi, sottoposti ad un recente restyling.

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Saliamo verso piazza Gae Aulenti, opera dell’architetto argentino César Pelli, quasi un’altra cinta di mura, sopraelevata sulla città, con guglia verso il cielo.

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All’inizio della piazza ci accoglie un’opera di Alberto Garutti con 23 strumenti per ascoltare le voci e i suoni della città, mettendo in comunicazione visiva lo spazio della piazza con quello sotterraneo, dove si trovano un supermercato e un parcheggio.

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La piazza Gae Aulenti ha forma tondeggiante contenuta tra edifici che riflettono l’ambiente. Fra questi l’altissima Torre Unicredit, con una guglia (omaggio o sfida al Duomo?) rivolta al cielo.

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Al centro c’è una grande fontana a livello del suolo, attraversata da piccoli percorsi a piedi e circondata da una lunga e sinuosa panchina in pietra di oltre 100 metri.

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La piazza è diventata un punto di incontro e di svago (c’è persino un gigantesco calciobalilla!!) e ospita spesso manifestazioni ed eventi. Molti negozi ed una libreria dove “leggere, fare colazione e sognare” si aprono ai visitatori.

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La piazza si allarga verso il Pavillon, bassa costruzione a diversi livelli, in vetro e legno, senza colonne al suo interno. È un centro polifunzionale (c’è anche un asilo) che, secondo l’autore, M. De Lucchi, rappresenta “un seme pronto a radicare e germogliare”.

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Da qui iniziano due passeggiate che ci conducono verso le altre due zone coinvolte in questo progetto urbanistico: l’Isola e le ex-Varesine, raggiungibili attraverso la Passerella Gioia.

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Andiamo, percorrendo la Passeggiata Luigi Veronelli, verso il Bosco Verticale dello Studio Boeri.

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Questi due grattacieli hanno fatto scuola: la struttura è alleggerita visivamente da giardini pensili piantumati. Vincitore di un prestigioso premio internazionale per l’edificio più bello e innovativo, il Bosco Verticale ospita migliaia di alberi, arbusti e perenni formando un vero e proprio bosco e sottobosco di quasi 20.000 metri quadrati di verde.

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Accanto a questo “bosco” dovrà nascere la “Biblioteca degli Alberi”, per ora è uno spazio che ha visto “spuntare” il grano in un’opera di land-art.

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Prima di tornare sui nostri passi, guardiamo un altro volto di Milano: case vecchie, di ringhiera, sono a poca distanza da queste torri. Forse si guardano, si invidiano, si criticano… vivono. Come ha detto il grande architetto Sottsass: “l’arte si guarda, l’architettura si abita”.

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Percorriamo ora l’altra pedonale che da piazza Gae Aulenti scende verso piazza Lina Bo Bardi, vicino a piazza della Repubblica.

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Questo spazio era occupato dalla stazione delle Varesine, diventato in seguito un grande Luna Park.

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Ora è una sorta di passerella per edifici ricchi di fashion. Milano, città della moda, fa sfilare in passerella anche le opere di prestigiosi architetti contemporanei. Tutti questi edifici utilizzano le più innovative tecnologie con altissima attenzione alle risorse sostenibili.

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Ci fermiamo un momento davanti alla Torre Diamante. La sua forma asimmetrica attira la nostra attenzione e ci invita a riflettere.

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Guardandola, abbiamo pensato al concetto della “bellezza imperfetta” della cultura giapponese, al fascino dello squilibrio in un insieme simmetrico perfetto, all’idea orientale della “impermanenza”, quasi lo scorrere asimmetrico della nostra vita.

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Scendiamo ora verso piazza della Repubblica: un vecchio tram conclude la nostra passeggiata tra le opere degli archistar e ci conduce verso???

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A presto!!

Il Bosco Verticale

Un bosco di cemento, o un bosco sul cemento?

L’architetto Stefano Boeri ha progettato il bellissimo Bosco Verticale vicino a piazza Gae Aulenti, due torri di 120 e 80 metri di altezza, con balconi riccamente piantumati da alberi e arbusti. Questo progetto ha vinto pochi giorni fa il premio “International Highrise Award”, che viene assegnato ogni due anni al grattacielo, di altezza superiore ai 100 metri, più bello e innovativo del mondo.

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Non tutti possiamo permetterci di vivere in un “bosco” di autore, ma tutti abbiamo un piccolo terrazzo, un balconcino, dei davanzali.

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Perché non allietare la nostra vista e anche la nostra vita con delle piante o dei fiori, secondo il nostro gusto personale? Ora i Garden Center, i mercati di zona, i supermercati offrono tante varietà di piante, a prezzi molto buoni, oppure c’è sempre qualche amico/a dal pollice verde che ci regala una talea da far crescere.

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Iniziamo, se non avete affinità col mondo verde, anche con una semplice patata americana, messa in un barattolo di vetro, con quattro stuzzicadenti a tenerla su, lasciamo un po’ d’acqua sul fondo per farle fare le radici: crescerà rigogliosa.

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Sapeste come è bello lavorare e vivere in mezzo alle piante! Uno di noi ha creato un piccolo Brolo sul proprio terrazzino. Le piante vi crescono disordinate, raccolte in tanti anni e cresciute liberamente, così come venivano (ci sono anche le piante spontanee…per alcuni “infestanti”, che   fanno fiori bellissimi).

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Se volete fare quattro passi andate in piazza Gae Aulenti a  guardare il Bosco Verticale!

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Mr. Boeri, a nome di tutti: grazie!!!

PS: per chi volesse conoscere meglio i grattacieli di Milano, c’è anche la mostra “Grattanuvole. Un secolo di grattacieli a Milano” (fino al 6 dicembre, via Gaetano De Castillia 28,  ingresso libero, chiuso alla domenica)

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