Swarovski fa scintillare Palazzo Citterio

Palazzo Citterio, splendido edificio storico nel cuore di Brera, non avrebbe potuto avere un’anteprima di apertura più scintillante di questa: ospitare la mostra “Masters of Light”, organizzata da Swarovski per celebrare i quasi 130 anni del brand.

 

Questo palazzo del Diciottesimo secolo venne acquistato dallo Stato nel 1972 per ospitare l’esposizione di arte moderna della vicina Pinacoteca di Brera, ma diverse lungaggini lo hanno finora ritardato. Ora, fresco di restauro, in attesa dell’inaugurazione ufficiale prevista per il giorno di Sant’Ambrogio, offre la sua location, ricca di fascino e di classe, per mettere in luce la creatività e “saper fare” della Maison austriaca dei cristalli.

 

Una sala ricostruisce la storia della famiglia Swarovski che, con Daniel, portò la lavorazione del cristallo di Boemia ai massimi splendori anche con innovazioni tecniche.

 

Nel corso di oltre un secolo, la Maison ha collaborato con l’alta moda, lo spettacolo e il cinema.

 

Swarovski ha vestito di luce le più grandi attrici di ieri e di oggi. Come non ricordare l’abito della splendida Marilyn per il compleanno di JFK? La sua immagine resta, indimenticabile, nella storia del secolo scorso.

 

In questa mostra sono esposti alcuni abiti indossati da iconiche star impreziositi da cristalli luminosi come pietre preziose.

 

Anche gli accessori, creati da famose case di alta moda, brillano e fanno spettacolo.

 

Alcuni sembrano usciti da un libro di fiabe… e lo sono! Ecco le scarpette di cristallo create per la Cenerentola Disney del 2015 e quelle rosse, irresistibili, indossate nel “Mago di Oz”.

 

In un bel salone che presto ospiterà opere d’arte moderna, troviamo una creazione dove piovono cristalli come gocce di pioggia, quasi a celebrare la preziosità dell’acqua. Spettacolare!

 

La Swarovski crea anche gioielli con cristalli colorati, trattati come pietre preziose, quasi un mondo magico tutto luccicante.

 

Infine, entrando nel bel giardino di Palazzo Citterio, tra alberi secolari e piccoli pappagalli nascosti tra le fronde, possiamo fermarci tra i tavolini e i colorati salotti del Temporary Cafè di Carlo Cracco, gustando qualche specialità dolce o salata oppure regalandoci un buon caffè… Ed è subito vacanza!

 

Questa mostra è aperta fino al 14 luglio con ingresso gratuito (cosa rara di questi tempi!) su prenotazione. Non manchiamo!

A presto…

Milano e i tarocchi

L’Epifania, la Dodicesima Notte, è ormai passata portandosi via doni, giochi, feste e anche oroscopi e previsioni astrologiche per il Nuovo Anno. Come i Magi avevano letto le stelle, così molti, per gioco o per convinzione, cercano di conoscere il proprio futuro attraverso l’astrologia, la cartomanzia o in altri modi, oggi come nei secoli passati.

 

Un po’ per caso (o, visto l’argomento, era scritto nelle stelle?) abbiamo scoperto che Milano ha un profondo legame coi Tarocchi, come si vede in questa antica carta del XV secolo dove appare il simbolo del Biscione.

 

Subito il nostro pensiero va alla zona di Brera e ai tavolini all’aperto di cartomanti e chiromanti, che predicono il futuro come in un mercato di sogni, speranze e timori.

 

Non c’è solo questo, però, a Brera: alla Pinacoteca sono conservati due preziosi mazzi di tarocchi che risalgono all’epoca dei Visconti e degli Sforza.

 

Questi mazzi prendono il nome dei loro ultimi proprietari. Il primo, il Sola Busca, è l’unico antico mazzo completo di tarocchi esistente al mondo; l’altro, il Brera-Brambilla, manca di qualche carta e viene attribuito all’opera di Bonifacio Bembo, risalente a metà Quattrocento.

 

Durante la ristrutturazione del Castello Sforzesco, poi, è stato rinvenuto un altro mazzo dei Visconti, il Cary Yale, oggi conservato negli USA.

 

Un’altra prestigiosa istituzione milanese, la Pinacoteca Ambrosiana, conserva i cosiddetti Tarocchi del Mantegna, attribuiti alla scuola del Maestro, che, si pensa, furono però usati a scopo educativo e non ludico.

 

Appartenevano alla casata dei Borromei, la potente famiglia, imparentata coi Visconti, nel cui storico palazzo si trova, in una sala privata, un affresco molto intrigante. Sono rappresentati alcuni giovani, dame e cavalieri, intenti a “giocare” a carte. C’è chi suppone, però, che stessero interrogando il futuro guidati dalla donna al centro della scena, sotto un albero di melograno, simbolo di abbondanza, fertilità e fortuna. Stavano forse chiedendo ai tarocchi cosa riservava loro l’amore?

 

Cosa sono e da dove provengono i tarocchi? Il mazzo è composto da 78 carte con 22 Arcani Maggiori (tra i quali il Mago, la Papessa, l’Appeso, il Diavolo, il Sole, eccetera).

 

Si pensa siano arrivati in tempi remoti da un lontano Oriente (India, Cina…?) e che siano giunti fino a noi attraverso gli arabi, acquisendo via via nel tempo contenuti delle diverse culture. Azzardiamo un’ipotesi suggestiva. i Visconti furono molto legati ai tarocchi tanto che qualcuno sostiene che queste carte siano, per così dire, “nate” a Milano. Forse i Visconti erano attratti dai immagini a forte contenuto simbolico ed esoterico derivate dagli arabi e conosciute durante le Crociate? Pensiamo al nostro misterioso Biscione, peraltro simbolo della nostra città…

 

Nel XVIII secolo due studiosi si occuparono, in Europa, dell’uso divinatorio di queste carte. Il francese G. De Gebelin ipotizzò che i tarocchi risalissero all’Antico Egitto e precisamente al libro di Thot, scriba di Osiride; un altro, Eliphas Levi, invece, trovò analogie con la Cabbala, osservando che gli Arcani Maggiori sono 22 come le lettere dell’alfabeto ebraico.

 

Anche il nome Tarocchi resta piuttosto oscuro. Una ipotesi abbastanza curiosa è quella che derivi dalla punzonatura a buccia d’arancia presente sul retro delle carte. Che lungo viaggio anche linguistico hanno fatto per arrivare al significato odierno di “contraffatto”.

 

Se molto rimane oscuro, è invece certa la diffusione dei tarocchi come carte da gioco nei salotti bene e tra gli uomini di cultura della nostra città nell’Ottocento. Ci giocavano il Manzoni, il Foscolo e molti altri.

 

Stendhal, poi, riporta questo gustoso episodio a cui aveva assistito durante una partita giocata in un palco di un teatro. Scrive nel 1816: “… è una delle maggiori occupazioni dei milanesi. Questa sera c’è stato un momento in cui ho creduto che i giocatori stessero per azzuffarsi… ‘Vai a farti buzzarare’ gridava uno dei giocatori; ‘Ti te se’ un gran cojonon’ rispondeva l’altro… Un tale eccesso di franchezza e bonarietà tra le persone più ricche e nobili di Milano, mi fa venire voglia di stabilirmi in questo paese”.

 

Esistevano dunque un gioco dei tarocchi (del quale peraltro non ci sono pervenute le regole) e contemporaneamente un loro uso divinatorio? Questo alone un po’ misterioso viene alimentato nel Novecento da un maestro della psicanalisi, Karl Gustav Jung, che li considerava immagini capaci di creare a loro volta immagini diverse a seconda dell’osservatore, quasi un collegamento tra razionalità e inconscio.

 

Strana veramente la storia di queste “carte”. Di probabile antica origine extraeuropea, si sono fatte conoscere e si sono imposte come gioco di carte in ambienti nobili e colti, per poi nascondersi e riapparire come strumento per conoscere il futuro e, forse, per far emergere il nostro profondo. E la nostra città? Senza clamore, quasi in silenzio, custodisce in prestigiose sedi antichi mazzi con tutti i loro misteri.

A presto…

Quattropassi all’Orto Botanico di Brera

Andiamo a fare quattropassi a Brera? Subito pensiamo alla Pinacoteca, ai locali, alle gallerie d’arte, ai bei negozi, all’atmosfera particolare, magari alla solita chiromante.

Chi, invece, penserebbe di poter fare una passeggiata fra alberi secolari, piante officinali e fiori nel cuore di Brera, in via Fiori Oscuri? Già i nomi sono un invito irresistibile e intrigante. Per i nostri antenati longobardi Braida (da cui Brera) voleva dire campo, area verde. E poi questi strani nomi delle vie: via Fiori Chiari, Fiori Oscuri… perchè si chiamano così?

Ovviamente c’è mistero e leggenda: in questa zona c’erano conventi e bordelli; i “fiori” erano forse le fanciulle che vi abitavano?

Fiori di tutti i colori si trovano invece in un piccolo giardino un po’ appartato al numero 12 di via Fiori Oscuri: è lOrto Botanico di Brera, gestito dall’Università degli Studi e aperto al pubblico.

In questo piccolo angolo del centro di Milano ci sono storia, natura, scienza e anche eventi come il Fuorisalone.

Anticamente era l’orto di un importante  convento  dei Gesuiti, che qui, tra l’altro, coltivavano le erbe medicinali per la cura dei malati.

Le fornivano anche alla Farmacia di Brera, una delle prime di Milano, fondata nel 1591, attiva ancora oggi e nella quale possiamo ammirare scaffali di legno scuro e vasi d’epoca.

http://www.farmaciadibrera.com/storia

Quando Maria Teresa d’Austria confiscò il convento, l’Orto, nel 1774, diventò un’istituzione pubblica a scopo scientifico e didattico per preparare medici e farmacisti all’utilizzo delle erbe officinali.

Orto Botanico di Brera – Università degli Studi di Milano

Oggi entrare in questo orto, diverso in ogni stagione, è come vedere i cicli della natura. Possiamo passeggiare tra aiuole e vialetti con collezioni diverse di piante, dalle officinali alle bulbose, alle aromatiche… sotto alberi d’alto fusto, come il gigantesco tiglio di 40 metri.

Ci ha colpito, qualche settimana fa, un glicine in piena fioritura che si arrampica verso l’Osservatorio Astronomico dal quale Giovanni Schiaparelli, magari dopo aver guardato i fiori del nostro orto, scrutava il cielo e cercava di conoscere Marte.

Una parte di questo orto, l’arboreto, è tuttora in restyling. Vi vivono, da quasi 250 anni, due giganteschi Gingko Biloba, venuti dall’Oriente, che sono un po’ i decani di questo giardino, tanto che la loro foglia stilizzata ne è il logo.

In questo angolo un po’ romantico e quasi selvaggio sarà presto possibile sostare su una panca curva, ad anfiteatro, la “vasca dei pensieri”.E poi, perché no? Si potrebbe continuare questo breve itinerario verde entrando nella Pinacoteca, per cercare la natura dipinta nei quadri in un insolito percorso Orto e Arte insieme.

A presto …

Immagini dal Fuorisalone 2018: una festa per la creatività e per Milano (parte seconda)

Ed eccoci nel Futuro dell’abitare, eccoci alla seconda parte del nostro piccolo album dedicato al Fuorisalone 2018.

Entrando nel “The Mall” di piazza Bo Bardi, siamo avvolti in una atmosfera rossastra che ci riporta al pianeta Marte.

Lo Studio Boeri, che poco lontano da qui ha realizzato il Bosco Verticale, ha ricreato in questo padiglione un clima da mondo che verrà, con materiali innovativi, dove la tecnologia è ormai un bene acquisito al servizio di oggetti e progetti, tanto da passare quasi in secondo piano rispetto alla bellezza e alla creatività di quanto esposto.

Questo Fuorisalone ha ripreso, secondo noi, molte immagini fantascientifiche. Pensiamo, ad esempio, al “gorillone” con la torcia di via Festa del Perdono, che rimanda all’indimenticabile ominide di “2001 Odissea nello spazio” e al senso della crescita evolutiva.

Su questa linea si muove anche il “Tempietto nel bosco” di Palazzo Litta, unione tra una passata vita nei boschi, un presente costruito dall’uomo e un futuro che ha il colore rosso di Marte.

Anche la premiata “Air Invention”, la Bolla esposta a Brera, sembra una navicella spaziale; al suo interno giochi d’aria, elemento primario e bene prezioso, che troppo spesso roviniamo con gravi conseguenze per il nostro pianeta.

Tanti sono in questo Fuorisalone i richiami alla sostenibilità ambientale, ad un uso più consapevole delle risorse, a trasformazioni che creano nuova bellezza per migliorare la nostra esistenza e la vita del pianeta Terra. Tra questi, in un location di Ventura projects in via Ferrante Aporti  la sognante installazione “Giants with Dwarf”, con figure fantastiche costruite utilizzando parti di sedie e di tavoli.

Ecco altri oggetti ottenuti con materiali di recupero grazie ad un ri-disegn creativo, una dimostrazione di come sia possibile trasformare le eccedenze in eccellenze.

Anche l’architettura diventa ecosostenibile. In piazza Beccaria è stata costruita, per il Fuorisalone, “3d Hausing 05″, una casa di circa 100 metri quadrati. È stata realizzata in una sola settimana utilizzando un robot stampante in 3 D e polveri di cemento riciclato proveniente da demolizioni. Grazie alla riduzione dei costi e dei tempi ormai si potrebbe garantire un’abitazione a 1,2 miliardi di persone!

https://www.professionearchitetto.it/news/notizie/24971/3D-housing-05-100-mq-realizzati-in-una-settimana-grazie-alla-stampante-3D

All’interno di questa casa spicca, come unico elemento di decorazione, un vecchio comignolo, simbolo della continuità del focolare. E sul tetto? Orto e spazi verdi.

Ancora casa e verde in piazzetta Reale con “Living Natura”, dove i cicli delle stagioni convivono in un grande spazio di 500 metri quadrati. Un progetto che stimola a trovare nuove prospettive per migliorare le diverse condizioni di vita.

In piazza Castello è stata invece realizzata l’installazione “agrAir”, un orto botanico in pieno centro, arricchito da fiori colorati e da profumi, da guardare e da toccare, uno spazio agricolo sotto “girandole” trasparenti fluttuanti, simili a nuvole di giorno e a lanterne di notte.

All’Orto Botanico di Brera, ecco “smarTown”una smart city del futuro per un modello sostenibile di consumo e di energia. Circa 700 mini-casette si accendono come abitazioni intelligenti per minuscoli uomini in un grande spazio verde.

E perchè non ricreare alberi in legno tra le case? Ecco due esempi, uno in piazza XXV Aprile e l’altro in un cortile di  Palazzo Litta. Sempre in legno, nel Cortile d’Onore della Statale, la casetta Ikea “con la maniglia” che richiama lo spostarsi abitativo contemporaneo.

Anche il tema della mobilità infatti, pubblica e privata, ha trovato spazio in questa edizione del Fuorisalone. Ecco una raccolta di biciclette, anche d’epoca, in corso Garibaldi, uno storico tram vestito a festa, in giro per le strade del centro, e il futuristico anello dell’Audi in corso Venezia.

Per finire ancora qualche immagine  colta qua e là.

In piazza San Babila, infine, sulla facciata dell’ex-Garage Traversi, che aspetta di diventare un hub del lusso, spicca una spiritosa immagine pop “Oh, oh, Milano ..I love you too …”

A presto…

Itinerario Ca’ Granda – via Festa del Perdono

Vi proponiamo un itinerario veramente DOC:  una visita alla Ca’ Granda, ora sede dell’Università Statale, e alla cripta che si trova nel suo interno. È un gioiello che non molti conoscono bene, ricco di storia, di arte, ma anche di squarci di vita quotidiana e di umanità.

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Ci troviamo in via Festa del Perdono e già il nome, carico di storia, ci porta ad un lontano passato. 
Siamo attorno al 1450; il Duca di Milano Francesco Sforza, insieme con la moglie, decise di far costruire un ospedale all’avanguardia per la cura delle malattie acute dei poveri riunendovi i diversi luoghi di cura esistenti allora a Milano.

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Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti

Per trovare gli ingenti fondi necessari al finanziamento dell’opera, trasformò la ricorrenza del Perdono, che risaliva a San Francesco, in  un evento charity: la Festa del Perdono, da cui il nome della via.

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San Carlo Borromeo consegna la Bolla Papale

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La Festa del Perdono attorno alla Ca’ Granda

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La Festa del Perdono nel cortile della Ca’ Granda


Con un’offerta all’ospedale ci si poteva mettere la coscienza in pace, ottenendo un’Indulgenza; si incentivarono anche i lasciti e le donazioni, che durano ancora oggi.
Per progettare questa grande opera “socio-sanitaria” Francesco Sforza chiamò un archistar del tempo, il Filarete, al quale si deve anche la torre principale del Castello Sforzesco. La realizzazione di questo edificio fu lunga e non priva di contrasti, tanto che ci vollero secoli per completare l’intero edificio nel 1805. 

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se volete saperne di più ….

Facciamo quattro passi all’interno della Ca’ Granda.

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Entriamo dal portone principale; ci accoglie il grande cortile d’onore sul quale si aprono alcuni chiostri e la chiesa dell’Annunciata (sotto la quale c’è la cripta descritta nell’itinerario “Scheletri alla Statale“).

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I chiostri erano spazi all’aperto dove i pazienti potevano stare un po’ all’aria e al sole, ma riparati sotto i portici. Assolutamente da visitare, è il cortile della ghiacciaia, oggi coperta da una struttura trasparente che lascia vedere la costruzione sotterranea rotonda, con due pareti concentriche, come un grande thermos.

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Lasciamo a voi la piacevole esplorazione degli altri chiostri (tra cui quello della farmacia) magari concedendovi una breve sosta seduti sui muretti, come si fa da secoli.

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se volete saperne di più ….

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Di fronte al portone principale troviamo la chiesa dell’ospedale, che ha nel suo interno un interessante dipinto del Guercino, “L’Annunciazione”.

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Appena oltre il portone della chiesa c’è il corridoio da cui si accede alla cripta. La chiesa ha la singolare caratteristica di essere la parrocchia dell’Ospedale Maggiore Policlinico, il cui parroco è tradizionalmente lo stesso Arcivescovo di Milano; è anche la cappella degli universitari milanesi.

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Continuiamo il nostro giro e arriviamo al cortile detto “delle balie”, oggi purtroppo chiuso da un cancello; era forse il reparto di “pediatria”.

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Da qui un tempo si accedeva alla Quadreria dell’Ospedale. Infatti era, ed è ancora, usanza della Ca’ Granda, dedicare dei ritratti (oggi se ne contano 920, anche di celebri pittori) ai maggiori benefattori. Ricordiamo, prima di tutti, una figura molto cara a chi ha frequentato, negli anni Settanta, la Statale: l'”Uomo dei Limoni”, un povero ambulante, o meglio un barbun, che vendeva per pochi spiccioli i suoi frutti lungo via Festa del Perdono o davanti al vicino Policlinico. Alla sua morte ha lasciato tutto quello che aveva raccolto nella sua vita alla Ca’ Granda, che gli ha dedicato questo quadro, con affetto e riconoscenza.uomo dei limoni

L’intraprendenza degli amministratori della Ca’ Granda è riuscita a trasformare il ritratto dei benefattori in uno status symbol. Infatti le dimensioni del quadro e il tipo del dipinto, a figura intera o solo il busto, erano proporzionali all’entità della donazione. Dato che i ritratti venivano esposti al pubblico durante la Festa del Perdono, che si tiene negli anni dispari, il 25 marzo, i benefattori facevano “a gara” per avere il quadro più grande…a tutto vantaggio delle finanze dell’ospedale.

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Quadri Ca Granda 1 benefattore Franca Agustoni Barbiano di Belgiojoso

Una ulteriore curiosità che abbiamo scoperto: lo “Sposalizio della Vergine”, la splendida opera di Raffaello, oggi a Brera, era stata lasciata alla Ca’ Granda in eredità da un collezionista di fine Settecento, noto per aver avuto una storia con la moglie dell’Arciduca austriaco. Nel periodo napoleonico, la Ca’ Granda, bisognosa di fondi, fu costretta a vendere l’opera allo Stato, che la trasferì alla Pinacoteca di Brera.sposalizio vergineDue parole, infine, sulla Ca’ Granda ieri e oggi.Fu il primo ospedale laico europeo, dotato di attrezzature e confort all’avanguardia per l’epoca.

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se volete saperne di più…

Il vicino Naviglio Interno, che percorreva l’attuale via Francesco Sforza, forniva acqua corrente e serviva da via di trasporto; quasi tutto arrivava in barca, ammalati compresi. Un portale barocco, visibile ancora oggi, su via Francesco Sforza, dava accesso ad un ponticello di ferro che collegava l’ospedale con l’altra sponda, passando sopra il Naviglio.

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All’inizio dell’Ottocento la Ca’ Granda era una delle più importanti strutture d’Europa, con ben 2500 posti letto. Oltre cento anni dopo, cominciando ad avvertire il peso dell’età (quasi 500 anni!!) si pensò di sostituirla con un nuovo ospedale in una zona allora periferica, Niguarda. I pazienti vi furono trasferiti nel 1939.niguarda niguarda

Fu una fortuna, perchè la Ca’ Granda di via Festa del Perdono fu pesantemente bombardata durante la seconda guerra mondiale, riportando gravissimi danni.

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Rinacque per così dire dalle proprie ceneri: fu ricostruita e, nel 1958, divenne sede delle facoltà umanistiche dell’Università Statale.

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Radio statale, recentissimamente inaugurata

Non solo; alla didattica e agli importanti congressi che ospita di continuo, si affiancano altri eventi per così dire molto glamour, come le manifestazioni del Fuori Salone. 

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Il nostro itinerario all’interno della Ca’ Granda è terminato.

L’ingresso all’Università è libero; per gli orari di apertura si può consultare il sito http://www.unimi.it

 La cripta è aperta gratuitamente dal lunedì al giovedì, dalle 9 alle 17

. La Quadreria è visitabile solo su appuntamento telefonando al numero 02/55036626