Nella Notte di Halloween 2024 raccontiamo i “misteri” del Verziere

C’è poco da ridere! La Notte di Halloween sta per arrivare… facciamo attenzione a chi busserà alla nostra porta. Chi, terrorizzato, si chiuderà in casa, vedrà forse la propria cena trasformarsi in piatti mostruosi?

 

Chi, invece, preferisce sfidare la sorte, può avventurarsi come un coraggioso ghostbuster in un itinerario spettrale nella nostra città.

 

Luoghi, edifici e strade pullulano di misteriosi personaggi ritornati dal tempo in questa strana notte… e ci sono anche “portali” aperti verso l’aldilà, come la Colonna del Diavolo di fianco a Sant’Ambrogio.

 

Per noi milanesi, però, anche in questo caso c’è una sorta di “rito ambrosiano”. Mentre per il resto del mondo la notte dei fantasmi è quella tra il 31 ottobre e il 1° novembre, gli spettri di casa nostra preferiscono prolungare il loro ritorno fino a quella tra Ognissanti e il 2 novembre, il Giorno dei Morti. Abbiamo anche un dolce tradizionale tipico per questo giorno: il “pane dei morti”, buonissimo!!!

 

Una zona veramente spettrale è quella dell’antico Verziere. Qui, nella Notte di Halloween, si aprono le danze macabre nella chiesa ossario di San Bernardino in una spaventosa movida guidata dallo scheletro di una ragazzina, le cui ossa si sono ricomposte.

 

La chiesa di Santo Stefano, lì accanto, è stata tragico teatro di eventi sanguinosi veri o leggendari. Nel luogo in cui sorge vennero trucidati, nel 367 d.C., al tempo dell’Imperatore Valentiniano I, quattro funzionari delle “tasse”, gli Innocenti, che avevano osato denunciare un potente. Poi, oltre mille anni dopo, qui fu assassinato da congiurati il Duca Galeazzo Maria Sforza. Torneranno, in questa notte, a rivedere il luogo della propria morte?

 

Non solo, c’è di più: la chiesa era intitolata a Santo Stefano “ad rotam sanguinis fidelium”. Infatti qui si era svolta una sanguinosa lotta tra cattolici ed ariani. Miracolosamente, al termine dello scontro, tutto il sangue dei cristiani si era fuso insieme formando una ruota che era andata a colpire l’allora cappella degli Innocenti.

Si dice che questa ruota, pietrificata, sia ancora misteriosamente sepolta nella chiesa. Sarà simile a quella del “Tredesin de Marz” conservata nella chiesa di Santa Maria al Paradiso?

 

Ecco un altro mistero scoperto nei “si dice” tramandati nel tempo. Si racconta che, quando fu ricostruito il campanile di Santo Stefano, al suo interno venne murato vivo un uomo, forse un monaco, con chissà quali segreti. I suoi lamenti ancora oggi si mischiano alle voci dei passanti.

 

Poco distante da qui c’è un altro luogo carico di arcani misteri. Si dice che in questa zona vivessero delle streghe dotate di poteri occulti, tanto che qui nessuno morì mai di peste. Qualcuno, invece, fece dipingere nella vicinissima via Laghetto la “Madonna dei Tencitt”, soprannome dei carbonai che lavoravano qui, come ex-voto per lo scampato pericolo (o come protezione dai malefici?). Un altro angolo di Milano da scoprire.

 

Anche la Colonna del Verziere ha una sua “altra” storia. Si sussurra che venne fatta erigere anche per combattere i poteri delle streghe che vivevano nella zona. In effetti questa colonna ebbe una storia piuttosto travagliata… sarà stato l’effetto di qualche incantesimo di vendetta?

 

Non credete a queste leggende? Forse fanno parte della nostra storia atavica. E poi… al Verziere non si vendevano anche le zucche?

Buon Halloween a tutti!

A presto

La mostra di Dolce & Gabbana a Palazzo Reale

Spettacolare! Abbiamo visitato di recente “Dal Cuore alle Mani”, la mostra a Palazzo Reale dedicata alla creatività di Dolce & Gabbana, i due stilisti nati artisticamente a Milano e che ora partecipano ad alcuni restauri di questo edificio storico. Ve ne diamo un piccolo assaggio come invito per andare a visitarla prima della sua chiusura, prorogata, visto il grandissimo successo, fino al 4 agosto.

 

Dal Cuore nascono le idee e la passione per il proprio lavoro; le Mani sono lo strumento con cui prendono forma e si realizzano abiti che sono vere e proprie opere d’arte.

 

Questa mostra, che tra poco girerà il mondo, è un omaggio all’Italia, alla sua cultura, alle sue tradizioni e alle sue eccellenze, anche nel campo della moda e dell’alto artigianato tessile.

 

I costumi esposti, suddivisi in diverse sezioni, ci parlano di arte, di teatro, di musica, interpretati dalla creatività dei due stilisti; in questo percorso sono presenti anche installazioni immersive e coinvolgenti e diverse opere d’arte digitali.

 

Una sezione della mostra è dedicata alla Sicilia, terra natale sempre presente nel cuore di Dolce & Gabbana. Accanto all’indimenticabile atmosfera del Gattopardo, c’è tutto il colore e il folklore dell’isola.

 

Tutte le creazioni presenti sono realizzate da maestri artigiani: modelli, drappeggi, pizzi, passamanerie ci vengono offerti anche durante la lavorazione. Il giovedì e il venerdì pomeriggio, dalle 16 alle 18, sono infatti presenti anche i sarti della maison.

 

In questa mostra c’è spazio anche per il futuro con l’immagine di un robot accanto a una dolce damigella del passato… Il presente siamo noi, qui e ora, che vediamo quanta bellezza possa nascere dal Cuore e dalle Mani.

A presto…

Swarovski fa scintillare Palazzo Citterio

Palazzo Citterio, splendido edificio storico nel cuore di Brera, non avrebbe potuto avere un’anteprima di apertura più scintillante di questa: ospitare la mostra “Masters of Light”, organizzata da Swarovski per celebrare i quasi 130 anni del brand.

 

Questo palazzo del Diciottesimo secolo venne acquistato dallo Stato nel 1972 per ospitare l’esposizione di arte moderna della vicina Pinacoteca di Brera, ma diverse lungaggini lo hanno finora ritardato. Ora, fresco di restauro, in attesa dell’inaugurazione ufficiale prevista per il giorno di Sant’Ambrogio, offre la sua location, ricca di fascino e di classe, per mettere in luce la creatività e “saper fare” della Maison austriaca dei cristalli.

 

Una sala ricostruisce la storia della famiglia Swarovski che, con Daniel, portò la lavorazione del cristallo di Boemia ai massimi splendori anche con innovazioni tecniche.

 

Nel corso di oltre un secolo, la Maison ha collaborato con l’alta moda, lo spettacolo e il cinema.

 

Swarovski ha vestito di luce le più grandi attrici di ieri e di oggi. Come non ricordare l’abito della splendida Marilyn per il compleanno di JFK? La sua immagine resta, indimenticabile, nella storia del secolo scorso.

 

In questa mostra sono esposti alcuni abiti indossati da iconiche star impreziositi da cristalli luminosi come pietre preziose.

 

Anche gli accessori, creati da famose case di alta moda, brillano e fanno spettacolo.

 

Alcuni sembrano usciti da un libro di fiabe… e lo sono! Ecco le scarpette di cristallo create per la Cenerentola Disney del 2015 e quelle rosse, irresistibili, indossate nel “Mago di Oz”.

 

In un bel salone che presto ospiterà opere d’arte moderna, troviamo una creazione dove piovono cristalli come gocce di pioggia, quasi a celebrare la preziosità dell’acqua. Spettacolare!

 

La Swarovski crea anche gioielli con cristalli colorati, trattati come pietre preziose, quasi un mondo magico tutto luccicante.

 

Infine, entrando nel bel giardino di Palazzo Citterio, tra alberi secolari e piccoli pappagalli nascosti tra le fronde, possiamo fermarci tra i tavolini e i colorati salotti del Temporary Cafè di Carlo Cracco, gustando qualche specialità dolce o salata oppure regalandoci un buon caffè… Ed è subito vacanza!

 

Questa mostra è aperta fino al 14 luglio con ingresso gratuito (cosa rara di questi tempi!) su prenotazione. Non manchiamo!

A presto…

Moti dell’animo e gesti nell’Ultima Cena (parte quarta: gli ultimi due gruppi degli Apostoli)

Terzo gruppo: Giovanni (Bilancia), Giuda (Scorpione) Pietro (Sagittario). Sono i personaggi più importanti tra gli Apostoli.

 

Giovanni. E’ il discepolo prediletto, al quale Gesù affiderà la propria madre. Contrariamente alla tradizione, secondo la quale nell’Ultima Cena viene rappresentato appoggiato al petto di Cristo, qui se ne allontana, forse richiamato da Pietro a cui sembra voler dare ascolto chinando il capo verso di lui. Forse gli sta chiedendo se conosce il nome del traditore? Giovanni, in effetti, non sembra stupito dalle parole di Gesù, ma è quasi consapevole del prossimo sacrificio. Le figure di Gesù e di Giovanni formano quei famosi triangoli che faranno pensare ad alcuni a “calice” e “lama”, simboli dell’energia femminile e maschile, se Leonardo avesse voluto rappresentare nel viso dolce e glabro di Giovanni, quello, invece, di Maria Maddalena, sposa di Gesù.

 

Il segno della Bilancia ha fatto pensare, ad alcuni, al periodo in cui la terra si prepara alla semina per il futuro raccolto. E’ anche il segno dell’equinozio d’autunno, armonia ed equilibrio tra giorno e notte. Le mani di Giovanni sono calme e conserte; questo disegno preparatorio di Leonardo è particolarmente significativo.

 

Giuda. La sua figura è oscura, in ombra, non toccata dalla luce. Nel trattato sulla pittura, Leonardo aveva scritto: “la luce non può mai cacciare in tutto l’ombra dei corpi”. Questo pensiero va oltre la pittura? Contrariamente alla tradizione, Giuda è seduto accanto agli altri Apostoli e si sovrappone in parte alla figura di Pietro (che rinnegherà tre volte il Maestro). Il corpo di Giuda va all’indietro, come fisicamente colpito dalle parole di Cristo; entrambe le mani sono contratte come artigli (Scorpione?). Con la mano destra stringe la sacchetta dei denari (era, peraltro, il tesoriere degli Apostoli), l’altra va verso il piatto dove, secondo i Vangeli (Mt. 26,23), intingerà il pane con Gesù, adempiendo alle parole del Maestro.

 

“C’è del buono in lui?” ci chiediamo parafrasando Star Wars. Papa Benedetto XVI scrisse che la “sorte eterna” di Giuda, che si è pentito (Mt. 27,3-4) ma che, distrutto da un rimorso senza speranza, si è tolto la vita, resta un “mistero” e che “spetta solo a Dio, nella sua infinita Misericordia, misurare il suo gesto”.

 

Pietro. Vicinissimo a Giovanni, i due sono profondamenti diversi. Mentre Giovanni è composto, Pietro è irruento, reattivo, forse il più dinamico dei presenti. Leonardo lo raffigura di profilo; una mano punta verso Giovanni (arco e freccia del Sagittario?), con l’altra (con un movimento così contorto da far ritenere a qualcuno che il braccio appartenga a un quattordicesimo personaggio poi cancellato) brandisce un coltello. Questo movimento compare, però, in disegno preparatorio di Leonardo conservato a Londra. Sappiamo che poche ore dopo taglierà un orecchio a Malco, servo del Sommo Sacerdote, per opporsi all’arresto di Gesù. La Chiesa sarà dunque affidata all’Apostolo più combattivo?

 

Quarto gruppo: Andrea (Capricorno), Giacomo il Minore (Aquario), Bartolomeo (Pesci). Rappresentano gli ultimi tre segni dello Zodiaco.

 

Andrea. Fratello maggiore di Pietro, è un uomo piuttosto anziano. Di lui ci colpiscono soprattutto le mani, chiarissime, con le dita divaricate, rivolte verso di noi come una barriera, in un atteggiamento netto di discolpa, come a respingere ogni accusa. Appare sicuro, completamente diverso da Filippo, simbolo del Cancro, segno opposto al Capricorno. Gli è accanto Giacomo il Minore. Parente (o forse fratello – come nei Vangeli di Matteo e Marco) di Gesù, al quale, nel dipinto, assomiglia molto. Con un braccio aggira da dietro Andrea e la mano sembra cercare di trattenere Pietro. L’altra, invece, è vicinissima a quella di Andrea, come sono vicine quelle di Simone lo Zelota e di Giuda Taddeo. Il braccio teso di Giacomo, come quello di Matteo, di fatto crea continuità e lega i gruppi degli Apostoli tra loro. Infine Bartolomeo, figura in blu scuro (come il mare?) è personaggio forte, virile, con abiti romani. Si appoggia con entrambe le mani al tavolo per protendersi verso Gesù e capire meglio. Alcuni vedono nella posizione dei piedi dell’Apostolo e nelle sue braccia aderenti al corpo, la raffigurazione di un pesce.

Questo lungo viaggio all’interno dell’Ultima Cena si interrompe. La meta, comprendere questo misterioso capolavoro, inseparabile dalla nostra città, non è certo raggiunta. A tutti “Ultreia et Suseia” (“Avanti e più in alto”) come il saluto che si scambiano i pellegrini del Cammino di Santiago.

A presto…

 

Moti dell’animo e gesti nell’Ultima Cena (parte terza: i primi due gruppi degli Apostoli)

L’Ultima Cena, realizzata in oltre tre anni (1495-98/99), con una tempera “sbagliata” su una parete soggetta all’umidità, durò meno della vita di un uomo. Infatti, già nel 1566, il Vasari scriveva che “… non si scorge più, se non una macchia…”. Dopo di allora, molti hanno “provato” a rovinare per sempre questo capolavoro (restauri inadatti, bivacchi di soldati, che lo hanno persino utilizzato come bersaglio per armi da fuoco, l’apertura di una porta da parte degli stessi frati, infine le bombe della seconda guerra mondiale); altri, invece, per fortuna, sono riusciti a farlo rivivere con un appassionato restauro (Pinin Brambilla Bercilon).

 

Oggi il Cenacolo, fragile nella sua grandiosità, è ancora lì che ci ammalia, carico di significati reconditi e di misteriosi messaggi.

La cena. I dodici Apostoli sono intorno ad un tavolo (forse di dimensioni troppo piccole per tutti), ricoperto da una tovaglia bianca e azzurra, con piatti, bicchieri di vino e del cibo, tra cui alcuni pani (qualcuno ha ipotizzato che siano disposti come le note di uno spartito). Siamo al termine di una cena di festa, la Pasqua ebraica, e tutti gli “attori” di questa rappresentazione sono colti appena dopo il colpo di scena: le parole di Gesù: “Uno di voi mi tradirà”.

 

Molti studiosi hanno cercato di interpretare il significato del numero dodici. Per alcuni questo è il numero delle Tribù di Israele, in quella terra ancora oggi così martoriata.

 

Per altri studiosi gli Apostoli sarebbero dodici come i mesi dell’anno suddivisi, a gruppi di tre, nelle quattro stagioni, il ciclo del tempo. Altri ancora hanno ipotizzato che ad ogni Apostolo corrisponda un segno zodiacale che ruota attorno al sole, Gesù e che, inoltre, ciascuno, attraverso il linguaggio del corpo, mostri il temperamento tipico di quel segno. Questa tesi è stata anche suffragata da un critico come Giulio C. Argan che ha scritto: “…è assai più di un’ipotesi suggestiva. L’Ultima Cena è costruita secondo un preciso ordine astrologico e numerologico.”. Un altro critico, il sacerdote Claudio Doglio, afferma che Leonardo è riuscito “a inserire l’uomo in una dimensione cosmica, per far riferimento a tutto l’anno e, addirittura, all’astronomia o, meglio, all’astrologia”. Ne è scaturito un dibattito tra favorevoli e contrari.

 

L’ipotesi “Zodiaco” potrebbe trovare riscontro anche negli studi di Leonardo sull’astrologia e sugli antichi saperi mediati da umanisti fiorentini, come Marsilio Ficino, e poi da docenti dell’Università di Pavia come Fazio Cardano. “Non volge retro, chi a stelle è fiso”, il sogno di Leonardo fu, peraltro, sempre quello di andare oltre, verso il cielo, comunque lo si voglia interpretare.

 

Gli Apostoli. Come scossi da un colpo di vento improvviso, sembrano ondeggiare formando quattro gruppi, di tre figure ciascuno, posti in modo simmetrico (due gruppi per parte) ai lati di Gesù. La scena va letta da destra verso sinistra, in senso antiorario, come nella scrittura ebraica e come, peraltro, scriveva anche Leonardo.

Primo gruppo. Simone lo zelota (Ariete), Giuda Taddeo (Toro), Matteo (Gemelli). Sono i primi tre segni dello Zodiaco.

 

Simone lo zelota, uomo anziano, sta discutendo con Giuda Taddeo (che sembra l’autoritratto di Leonardo), e anche le loro mani sembrano partecipare ai loro ragionamenti; i due Apostoli saranno poi insieme anche nel momento del martirio. Il giovane Matteo sta ascoltando quello che dicono o, forse, sta richiamando la loro attenzione alle parole del Maestro? Matteo è un bel giovane, un pubblicano, un esattore delle tasse per conto dei Romani, perciò considerato “nemico” da parte degli zeloti. Forse Leonardo e il priore Bandello vogliono dirci che Gesù è venuto per tutti, senza distinzioni? Da notare anche che Matteo non guarda verso Gesù, il suo viso è rivolto verso Simone e Giuda Taddeo, le sue mani, invece, verso il centro. Rappresenta forse una costellazione doppia come quella dei Gemelli?

 

Secondo gruppo. Filippo (Cancro), Giacomo il Maggiore (Leone), Tomaso (Vergine). Rappresentano molto bene nei gesti e nelle emozioni le diversità dei personaggi, ognuno dei quali sembra a sè stante.

 

Filippo si è alzato, sconvolto, unico tra gli Apostoli che porta le mani al petto, verso se stesso (gli “zodiacisti” parlano di chele), forse chiedendosi se, magari senza saperlo, possa essere lui il traditore e interrogandoci sulla consapevolezza del bene e del male. Giacomo il Maggiore, fratello di Giovanni, spalanca le braccia, creando un vuoto accanto al Maestro e impedendo, di fatto, agli altri di avvicinarsi. Tomaso passa quindi dietro di lui e Filippo cerca spazio scattando in piedi. Una folta capigliatura (una criniera?) circonda il volto di Giacomo, dove traspaiono sorpresa e ira. A lui è dedicato il Cammino di Santiago di Compostela, che ha richiamato, e richiama, milioni di pellegrini. Che sia un trascinatore come il “Leone”? Tomaso è tipicamente rappresentato dal dito che poi, per credere alla Resurrezione, vorrebbe mettere nelle ferite di Gesù. La sua mano si staglia, chiara, contro la parete scura. Vuole sapere, toccare con mano prima di credere, cercare chiarezza nel buio, controllare di persona. Temperamento da Vergine?

Continua…

 

A presto…

 

 

 

Tanti auguri, Batman!

Oggi questo oscuro eroe, senza superpoteri, ma con umanissime ossessioni, grandi doti fisiche e intellettuali, sconfinate ricchezze e uso di avveniristiche tecnologie, compie 85 anni. Era apparso, infatti, per la prima volta nel fumetto “Detective comics” numero 27 del maggio 1939, poco prima del buio della seconda guerra mondiale.

 

C’è anche un po’ di una lontana Milano in lui; infatti Leonardo, proprio nella nostra città, aveva studiato le ali del pipistrello, unico mammifero capace di volare, al quale si sono ispirati gli autori del fumetto.

 

Leonardo aveva immaginato anche macchine volanti impossibili per i suoi tempi, ma che oggi sono realtà, non solo per Batman.

 

Ti facciamo tantissimi auguri, Batman, ora che sta scendendo la sera!

 

A presto…

Un fiore per le mamme da Orticola

Passeggiare tra i fiori e le piante di Orticola non è solo un piacere, ma è anche riflettere sulla bellezza e sul grande dono che abbiamo davanti agli occhi: la Natura che ci ospita.

 

Orticola, la tradizionale mostra-mercato di piante, ci offre bellezza, colore, biodiversità fatta di fiori. Dietro questa manifestazione ci sono passione e lavoro di tante persone. Ogni pianta e ogni fiore, per crescere e sbocciare, hanno bisogno di amore, cure, attenzioni tutti i giorni, sempre… proprio come fanno le mamme. A tutte le mamme di ieri, oggi e domani, grazie con un fiore colto ad Orticola.

 

A presto…

 

Moti dell’animo e gesti nell’Ultima Cena (parte seconda: Gesù)

Riprendiamo il nostro viaggio nel microcosmo umano dell’Ultima Cena guardando i personaggi colti nel momento successivo alle parole di Gesù “uno di voi mi tradirà”. Ognuno è diverso dall’altro ed esprime le proprie emozioni e la propria personalità attraverso l’espressione del volto, la postura, il movimento delle mani. In un istante, l’Io dei personaggi si rivela e forse un po’ anche quello di ciascuno di noi che cerchiamo di capirli.

 

Gesù. Al centro della scena, si trova, solitaria, la figura di Gesù, sul cui volto convergono le linee di fuga del dipinto: è in Lui la nostra prospettiva? Sopra il suo capo sembra esserci traccia del foro di un chiodo da cui, forse, potrebbero essere partite le corde per indicare le linee prospettiche di tutto il dipinto

 

Contrariamente alla tradizione, non c’è aureola, ma è la luce stessa del giorno che sta calando a illuminare il suo capo. O da lui che si diffonde la luce di questo giorno che va verso la fine? Occhi e bocca sono socchiusi, il volto immerso nel dramma del prossimo sacrificio, ma quasi sereno nella sua accettazione. Il Vasari scrive che il viso di Gesù venne dipinto per ultimo e lasciato volutamente “imperfetto” perchè era impossibile dipingere “quella bellezza e celeste grazia… de la divinità incarnata”.

 

Osserviamo le sue mani, che hanno posizioni quasi contrastanti: la destra esprime tensione, sembra quasi contratta e ci ricorda quella di Maria nella prima versione della Vergine delle Rocce; la sinistra è aperta, col palmo rivolto all’insù ed è accostata a un pane e a del vino.

 

Seguendo la tradizione bizantina, Gesù indossa una tunica rossa e un mantello blu, simboli rispettivamente della sua natura umana (rosso) e divina (blu). I gesti delle mani sembrano seguire la simbologia di questi colori. La destra, che esce dalla tunica rossa, appare tesa, quasi a dover prendere qualcosa di pesante e grave (natura umana); la sinistra, invece, dalla parte del blu, rivela l’offerta e l’accettazione del proprio sacrificio (natura divina).

 

Guardiamo anche la mano destra di Gesù e la sinistra di Giuda, così lontane e così vicine, si stanno avvicinando allo stesso piatto: “Colui che ha messo con me la mano del piatto, quello mi tradirà” (Mt. 26,23).

 

La risposta alle parole di Gesù, che hanno sconvolto gli apostoli, era già lì, sotto gli occhi di tutti. Grande Leonardo e grande anche il priore teologo di Santa Maria delle Grazie che seguiva incessantemente il lavoro del Maestro! Prossimamente guarderemo le mani degli Apostoli…

A presto…

 

 

Mughetto, il fiore di maggio

Buona prima giornata di maggio, mese ricco di tradizioni ed eventi da festeggiare con un fiore.

 

Tra qualche giorno la nostra città si vestirà dei fiori di Orticola (dal 9 al 12 maggio) e del Museo Diocesano (17, 18 e 19 maggio); inoltre, il Museo di Storia Naturale (fino al 12 maggio) ospita le tavole con illustrazioni botaniche di “Gardenia” per festeggiare i primi 40 anni della rivista.

 

Ci piace, quindi, iniziare questo mese parlando di un fiore che porta bene e a cui è legata la festa di oggi: il mughetto, piccolo fiore antico dall’intenso profumo che spunta libero nei boschi.

 

Lo offrivano già Celti e Romani in segno di amicizia e buona sorte; se ne adornavano le giovani spose a maggio per il giorno del loro matrimonio; si pensava persino che fosse una scala per raggiungere il Paradiso o, per lo meno, la positività con cui affrontare tempi difficili.

 

A questo fiore sono legate tante leggende che abbiamo già raccontato. Ne abbiamo trovata un’altra, molto tenera e piena di speranza. Un usignolo si era innamorato di un rondinella. Lei era un po’ ritrosa, ma una fatina buona era intervenuta e i due innamorati avevano raggiunto la felicità. Il tempo, però, era passato veloce e la rondinella doveva migrare con le sue compagne.

 

Come pegno di amore aveva lasciato all’usignolo tre piccole piume bianche che la fatina aveva trasformato in mughetto con la promessa che sarebbe rifiorito la prossima primavera, quando la rondinella avrebbe fatto ritorno dal suo innamorato.

 

Questo piccolo fiore, nel tempo, ha significato buona fortuna, anche se può essere piuttosto velenoso… Forse per tenere lontano guai e guastafeste.

 

Probabilmente lo pensava anche la fascinosa Sissi, che aveva a Venezia, nel Palazzo Correr, un piccolo boudoir dipinto con mughetti e fiordalisi, dove si faceva bella.

 

Il mondo della moda è molto legato a questo fiore. Un imprenditore, a inizio Novecento, aveva regalato dei mughetti alle sue sartine proprio il Primo Maggio, festa del Lavoro.

 

Anche il grande Christian Dior credeva fortemente nel mughetto come portafortuna. In una sfilata aveva fatto cucire qualche rametto all’interno o nell’orlo degli abiti delle indossatrici e lui stesso a volte lo portava all’occhiello come scaramanzia.

 

Non solo: negli anni Cinquanta dedicò a questo fiore diverse creazioni di abiti e gioielli, veramente molto belli e iconici.

 

Infine la maison offre ora questa idea per una colazione di maggio, bella e augurale!

 

Buon mese di Maggio a tutti!

A presto…

Moti dell’animo e gesti nell’Ultima Cena (parte prima).

Quando recentemente abbiamo ammirato il “Compianto sul Cristo morto” al Museo Diocesano, siamo stati colpiti dalle mani dei personaggi che facevano trasparire le loro emozioni. Immediatamente abbiamo pensato all’Ultima Cena che ci “prenderà per mano” guidandoci in un viaggio anche dentro di noi.

Dal Compianto all’Ultima Cena

Come può un dipinto di arte sacra del Quattrocento essere fonte di ispirazione per artisti contemporanei e parlare all’uomo di oggi?

 

Una risposta la possono dare le quattro opere esposte al Museo Diocesano che interpretano le emozioni suscitate dal Compianto di Giovanni Bellini alla luce della sensibilità dei nostri giorni.

 

In questo dialogo tra l’artista rinascimentale e quelli contemporanei, al centro ci sono i temi universali della morte, del dolore e dell’amore che riesce a superarli. Nel Compianto le mani dei personaggi che sorreggono, curano, accudiscono e quasi accarezzano la figura di Gesù prima della sepoltura, sembrano essere la risposta fatta di gesti e sentimenti, condivisa dai presenti, alla sofferenza e al mistero della morte. .

 

Qual è, invece, la risposta dell’uomo di fronte alla minaccia e al pericolo che incombe su chi si ama? Guardiamo quel microcosmo umano dei personaggi dell’Ultima Cena di Leonardo. Ancora una volta sono il linguaggio del corpo e le mani che parlano in silenzio.

 

A differenza del Compianto, in cui tutto sembra già avvenuto e dove, forse, c’è anche spazio per la speranza di una vita ultraterrena, le mani dei presenti nell’opera di Leonardo stanno cercando risposte immediate alle parole di Gesù “uno di voi mi tradirà”. Sono mani che di fronte a un messaggio tanto sconvolgente manifestano emozioni forti e diverse, nelle quali ciascuno rivela la propria u-mani-tà e ha, per così dire, il cuore in mano.

 

L’Ultima Cena è al centro di un numero tale di letture e interpretazioni (talvolta persino fantastiche) da sembrare quasi un dipinto fatto per enigmi, per farci andare oltre e poi ancora oltre. Vittorio Sgarbi sostiene che Leonardo sia il più “psicoanalitico” dei pittori. Non daremo perciò le nostre risposte ai gesti espressi nell’Ultima Cena, ma li guarderemo insieme…

 

L’Ultima Cena era un soggetto tradizionale dell’arte sacra; ecco un dipinto del Ghirlandaio, del 1480. Come è diverso dal Cenacolo leonardesco!

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Leonardo, che era anche uomo di spettacolo per la corte sforzesca, blocca la scena, come in un fermo- immagine, nell’attimo successivo alle parole di Gesù, fotografando attesa e tensione, ira e incredulità, stupore e sgomento.

 

Tutti i personaggi sono seduti a tavola, dalla stessa parte, di fronte a noi che, come gli antichi frati del refettorio, siamo gli spettatori che assistono alla scena, invitati a decodificare gli innumerevoli messaggi (più o meno evidenti) di questa sorta di escape-room.

 

All’annuncio di Gesù, come in una sapiente coreografia, i discepoli si dividono in gruppi di tre (numero sacro). In questo movimento di corpi e di mani, Gesù rimane solo al centro della scena formando un triangolo tra capo e mani e un altro, a vertice capovolto, tra Lui e Giovanni (o Maria Maddalena, se amate la teoria in questo senso).

 

Teniamo conto, a proposito delle letture a cui si presta l’Ultima Cena, che Leonardo, uomo dalla cultura non sempre tradizionale, mentre dipingeva, era “sorvegliato a vista” dal Priore delle Grazie, Vincenzo Bandello (zio del famoso Matteo Bandello), severo teologo domenicano, che verificava il rispetto dell’ortodossia nel dipinto.

 

L’artista, forse infastidito, aveva “minacciato” per scherzo di utilizzare il volto del religioso come modello per quello di Giuda. Scrive infatti Leonardo: “Vi porrò quello, di questo padre priore, c’ora mi è sì molesto, che meravigliosamente gli si confarà.“.

 

Nel prossimo articolo guarderemo insieme i gesti e le emozioni che “parlano” nell’Ultima Cena.

Oggi, 15 aprile, è il compleanno di Leonardo. Tanti auguri, Maestro!!!

A presto