Cartoline da Passipermilano

Vi ricordate le cartoline che si mandavano agli amici durante le vacanze per un saluto, un ricordo, un pensiero? Anche noi manderemo agli amici di Passipermilano qualche “cartolina” della nostra città per farla conoscere un po’ di più, farla ricordare ma, soprattutto, farla amare sempre… nonostante tutto.

Estate nei chiostri dell’Umanitaria

Tra le tante iniziative che Milano propone questa estate, partiamo con una cartolina-invito per la rassegna di incontri culturali gratuiti presso gli spazi rinascimentali della Società Umanitaria in via San Barnaba 48.

Il programma è ricco, fresco di idee nuove e caldo di amore per la cultura: un cocktail estivo tutto da gustare, dove passato, presente e futuro si mescolano a meraviglia.

Alla prossima cartolina.

A presto…

La Vergine delle rocce ieri e oggi: la versione 2025

Milano, 25 aprile 1483. Il notaio Antonio De Capitani, quel giorno, stipulò un contratto un po’ speciale; avrà mai pensato, in seguito, che con quell’atto aveva sancito la futura nascita della “Vergine delle Rocce“, uno dei capolavori di Leonardo?

Committente era la Confraternita francescana dell’Immacolata Concezione che affidava ai fratelli pittori Ambrogio ed Evangelista De Predis e ad un artista, giunto da poco alla corte di Ludovico il Moro, Leonardo da Vinci, l’incarico di realizzare un dipinto dedicato a Maria per la chiesa di San Francesco Grande, alle spalle della basilica di Sant’Ambrogio.

Questo contratto rappresenta uno dei documenti più preziosi del nostro Archivio di Stato di via Senato e reca la firma autografa di Leonardo, forse l’unica esistente oggi, per di più autenticata da un notaio!

Un brevissimo cenno storico sull’Archivio. L’edificio in cui si trova, molto sobrio ed elegante, venne fatto costruire nel 1608 dal Cardinale Federico Borromeo come Collegio Elvetico (seminario per la preparazione dei sacerdoti svizzeri). Oltralpe si stavano diffondendo “pericolose” eresie e Milano, sotto sotto, un po’ eretica lo è sempre stata.

Inoltre, per chi è amante delle curiosità, sulla facciata di questo edificio c’è la prima buca delle lettere milanese, risalente al periodo napoleonico. Davanti all’Archivio si trova un’originale statua di Joan Mirò, “Mere Ubu”, dall’altra parte della strada vediamo poi un edificio firmato Zanuso con inserti in ceramica di Lucio Fontana. Un WOW a Km 0!

L’Archivio è una vera e propria miniera di atti che ci parlano della nostra storia, come il documento in cui il Barbarossa concedeva, dopo essere stato sconfitto a Legnano, alcune importanti libertà a Milano.

L’Archivio, però, non guarda solo al passato: infatti, in collaborazione con una classe di maturandi del Liceo Artistico di Brera, ha realizzato un progetto ardito, la “Genesi di un capolavoro” facendoci vedere la “Vergine delle Rocce” realizzata seguendo quanto prevedeva il contratto.

Gli studenti, con i loro insegnanti, hanno “tradotto e visualizzato” quanto previsto nell’atto rogitato che, in modo molto minuzioso, indicava i personaggi (tra cui due Profeti e Dio Padre), i loro atteggiamenti, i materiali, i colori, le tecniche, ecc, ed hanno realizzato quella Vergine che esisteva solo nei desideri del Priore.

Leonardo, però, dipinse la sua “Vergine delle Rocce“, che oggi si trova al Louvre, ricca di mistero come l’argomento trattato.

L’artista disattese quindi il contratto, la Confraternita lo impugnò e non corrispose quanto era stato pattuito. Ne nacque una controversia giudiziaria che (anche allora!) durò parecchi anni. Infine, nel 1506, si giunse ad un accordo e venne dipinta una seconda versione della Vergine delle Rocce (probabilmente anche con l’intervento dei De Predis e di alcuni allievi), sempre diversa dal contratto, ma forse più ortodossa. L’opera è quella oggi esposta alla National Gallery di Londra.

In seguito vennero realizzate altre versioni a cura di allievi di Leonardo, forse anche con l’intervento del Maestro. Una di queste si trova presso la chiesa di San Michele sul Dosso, di fronte a Sant’Ambrogio.

Un’altra versione è sempre accessibile (e forse per questo molto sottovalutata) nella chiesa di Santa Giustina ad Affori.

Ora abbiamo anche una “Vergine delle Rocce 2025”, che dal 4 giugno si può visitare gratuitamente, con un semplicissimo appuntamento telefonico, all’Archivio di Stato. Un dipinto vecchio e nuovo al tempo stesso, quasi un tuffo in pieno Rinascimento da parte di giovani di oggi.

A presto…

Francesca Scanagatta: la prima donna Ufficiale… sotto mentite spoglie (prima parte)

Francesca Scanagatta viene considerata la prima donna diventata Ufficiale di un esercito regolare. Siamo alla fine del Settecento e la tenente era milanese.

Non è stato facile trovare notizie esaurienti su questo insolito personaggio, perciò ci siamo basati principalmente sulla biografia scritta, a metà Ottocento, dal nipote che si chiamava Celestino Spini, come il nonno, marito di Francesca.

Via via che ci documentavamo, abbiamo incontrato nel libro dei “non detti” relativi a fatti ed emozioni rimasti volutamente privati che forse Francesca aveva scelto di non raccontare. Soprattutto, però, ci siamo resi conto di come questa storia di oltre duecento anni fa faccia emergere tematiche ancora molto attuali come le difficoltà relazionali tra genitori e figli durante l’adolescenza, il ruolo sociale dei comportamenti maschili e femminili, i motivi del crossdressing che ha portato un abbigliamento tipicamente maschile, come i pantaloni, a diventare normalità ai giorni nostri. Questo completo Armani sarebbe piaciuto anche a Francesca?

Sullo sfondo della storia di Francesca, c’è la grande storia che ha vissuto Milano in poco più di un secolo: il governo austriaco (nel cui esercito divenne ufficiale la Scannagatta), il regno napoleonico (per il quale combatterono sia il marito che il fratello), il ritorno degli austriaci, l’insurrezione delle Cinque Giornate (durante le quali morì combattendo la figlia Isabella).

Francesca ci racconta la sua storia

“Sono nata sotto il segno del Leone, il 1° agosto 1776, a Milano. La mia era una famiglia benestante, diventata nobile sotto il regno di Maria Teresa. Mio padre era un alto funzionario statale, fedelissimo alla sovrana. A casa vivevano i miei genitori (Giuseppe e Isabella) e noi figli, educati da una istitutrice di Strasburgo, madama Dupuis, che ci insegnava tedesco, francese e, soprattutto, ci raccontava le gesta dei poemi cavallereschi con le figure di alcune eroine che combattevano al pari degli uomini… In queste avventure mi vedevo un po’ Bradamante e un po’ Clorinda. Forse già “volevo i pantaloni”.

A dieci anni entrai, come tante altre fanciulle di buona famiglia, all’Istituto delle Dame della Visitazione di via Santa Sofia. Le insegnanti mi descrissero “dolce”, “ragionevole”,… ma “altera e vivace”, “amante del vero e del giusto”, pronta a farmi rispettare. Ho dei bei ricordi, tanto che da grande tornai in divisa da tenente a salutare la Superiora che, lungi dallo scandalizzarsi per quello che era diventata la sua educanda di un tempo, mi gettò affettuosamente le braccia al collo. Ero per lei una pecorella smarrita o una grande soddisfazione?

Terminati gli anni del collegio, verso i sedici anni tornai a casa. Papà teneva molto a me, “nulla trascurava quanto concerneva la mia piena e felice riuscita”. Mi portava spesso con sè nei suoi viaggi di lavoro vestita come un ragazzo per essere io “più al sicuro e evitare ogni imbarazzo” e lui più libero nei suoi affari. Mi piaceva e diventavo sempre più disinvolta anche negli atteggiamenti da ragazzo. Era un po’ la shakespeariana Viola e un po’ Lady Oscar, come piaceva a papà e a me.

Forse fu durante questi viaggi che mi resi conto di come “essere” maschio significasse godere di maggiore libertà e di possibilità di affermarsi. Quante donne nella storia si sono travestite da uomo per realizzare quello che desideravano fare in vari campi?

Un giorno il caso mi offrì una possibilità. Mio padre aveva organizzato per me e mio fratello maggiore un viaggio a Vienna: lui avrebbe dovuto presentarsi all’Accademia Militare di Neustadt, io a casa di una nobildonna per completare la mia educazione da “signora”. Giunti a Udine, mio fratello si ammalò e mi confidò di non voler frequentare l’Accademia, ma di preferire studi civili. Era la mia occasione: lo convinsi (e non fu molto difficile) a tornare a casa e a rivelare le sue intenzioni ai nostri genitori; intanto io avrei proseguito il mio viaggio non, come pensava lui, verso la dama, ma verso l’Accademia utilizzando la sua lettera di presentazione, che avevo preso a sua insaputa.

In fondo ognuno di noi avrebbe fatto quello che desiderava… ed io volevo vivere un’esperienza militare che, in quanto donna, mi sarebbe stata preclusa. Ero sicura di potercela fare. Adolescente ribelle e incosciente? Forse, ma tra i pizzi e merletti e la divisa militare quale era per me, allora, la vera maschera? Il travestimento era il mio lasciapassare verso il futuro che desideravo. Carica di speranze e di determinazione, mi recai presso la casa del dottor Haller, medico dell’Accademia e conoscente di mio padre, che avrebbe dato ospitalità a casa sua al cadetto. Corressi il nome sulla lettera di presentazione, diventando Francesco e fui così vivace, affabile e piena di vita verso di lui e le sue figliuole che il buon dottore non mi fece neanche la visita medica di idoneità per l’Accademia. Effettivamente stavo benissimo!…” Continua…

A presto…

Il caffè: una tazzina di storia milanese

Quanta storia si trova in una tazzina di caffè! Una leggenda racconta che furono delle caprette yemenite a “scoprire” per prime le proprietà eccitanti di questa pianta, brucandone le drupe, cioè le bacche.

Le origini del caffè sono comunque incerte (Etiopia, Arabia…) e anche la sua preparazione è stata molto diversa nei secoli e nei luoghi. Anche oggi una tazzina di caffè è differente non solo se bevuta a Napoli, a Istanbul o a New York, ma persino nei bar della stessa città i gusti e le miscele usate non sono uguali. Ecco Starbucks di piazza Cordusio.

In Italia, per quanto riguarda la preparazione del caffè, si è passati dall’infuso, alla caffettiera napoletana, alla moka (messa a punto dalla Bialetti nel 1933), all’espresso (dove c’è un po’ di Milano grazie all’ingegner Luigi Bezzera che, nel 1901, inventò la macchina per prepararlo all’istante), via via fino alle contemporanee capsule.

Anche i consumatori di caffè sono cambiati nei secoli: inizialmente, in Medio Oriente, lo si beveva nelle cerimonie sacre o lo si utilizzava come medicamento contro il morbillo, i calcoli e la tosse, secondo quanto consigliava, nell’ XI secolo, il grande medico arabo Avicenna… proviamoci!

Presto, però, il caffè, il cosiddetto “vino d’Arabia”, divenne una bevanda social. Nacquero, sembra a Costantinopoli, le prime caffetterie.

I commerci portarono via via il caffè anche in Occidente e verso il XVII secolo si aprirono locali in vari paesi come in Francia, con il mitico “Cafè Le Procope” (aperto a Parigi dal siciliano Francesco Procopio dei Coltelli), dove, mentre lo si beveva, circolavano le nuove idee che porteranno all’Illuminismo.

In Italia il caffè si diffuse a partire dal Settecento e fu subito “vera gloria”. A metà secolo il Goldoni descrisse ne “La bottega del caffè” il microcosmo umano che la frequentava. Anche il Piccolo Teatro, durante l’Expo 2015, ha reso omaggio al caffè, fonte di energia, riproponendo questa commedia, sempre attuale.

A Milano i primi “caffè” si diffusero, a partire dal Settecento, dapprima nella zona intorno al Duomo, ben diversa da come la vediamo oggi.

Una “tazza di caffè” ci permette, quindi, di dare un’occhiata al nostro passato prossimo. Le botteghe del caffè erano luoghi eleganti e “colti”. Si beveva caffè, ma si leggevano testi anche stranieri, si intrecciavano idee sulla politica, la cultura, l’attualità, si giocava d’azzardo, nascevano amori e appuntamenti segreti.

Fu proprio tra i tavolini del “Caffè del Greco”, il mitico Demetrio, al Rebecchino (l’isolato alla destra del Duomo) che nel 1764 Pietro Verri fece nascere la rivista “Il Caffè”, con altri intellettuali. Scriveva: “Il caffè risveglia la mente e rallegra l’animo

Tra questi c’era anche Cesare Beccaria, la cui moglie Teresa darà alla luce Giulia (futura madre di Alessandro Manzoni), figlia però di Alessandro Verri (fratello di Pietro) e non del legittimo marito, sul cui cognome (Beccaria … becco) ironizzarono spesso i contemporanei.

Il Settecento e l’Ottocento furono anni formidabili per la nostra città. Alla dominazione spagnola era seguita quella austriaca di Maria Teresa e del figlio Ferdinando; poi ci furono la parentesi napoleonica (alla quale dobbiamo l’attuale facciata del Duomo con la nostra “Statua della Libertà“), il ritorno austriaco, le Cinque Giornate e infine l’Unità d’Italia con Vittorio Emanuele II.

I “caffè” parteciparono a questo fermento politico, sociale e culturale, tanto che si divisero anche per le idee dei frequentatori. C’era il caffè più conservatore (il “Caffè della Cecchina”) e quello più rivoluzionario (il “Caffè della Peppina”). Al “Caffè del Duomo” nel 1847 nacque il manifesto che invitava allo sciopero del fumo contro il monopolio austriaco del tabacco; con i tavolini e gli arredi del “Caffè Martini” si fecero le barricate in piazza della Scala. Fu dunque un periodo di grandi fermenti, tensioni e scontri.

Anche tra i caffè ci furono molte novità: se ne aprirono e se ne chiusero alcuni, altri cambiarono il nome o i proprietari… Milano, per qualcuno, era già una città da bere? Stendhal scriveva: “Una delle cose più gradevoli per me a Milano, è bighellonare di caffè in caffè.

A fine Settecento era intanto nata la Scala e nei caffè accanto si facevano i casting per le opere, si stipulavano contratti, si viveva la musica, magari bevendo la “barbajada“, connubio tra caffè, panna e cioccolata, e si giocava d’azzardo.

Cosa rimane oggi di questi caffè? Certamente il bar “Cova”, già “Caffè del Giardino“, che aveva servito, nell’Ottocento, tanti caffè a Giuseppe Verdi e (alcuni decenni dopo, durante la prima guerra mondiale) molti Martini a Ernest Hemingway.

Nel 1950 il “Cova” si trasferì da piazza della Scala in via Montenapoleone. Qui una tazzina un po’ pettegola ci ha raccontato che questo locale, nella prima metà dell’Ottocento, comperava il latte che la bellissima contessa Giulia Samoyloff aveva utilizzato per il proprio bagno quotidiano. Un domestico lo raccoglieva e sembra che gli speciali “sorbetti alla panna” andassero a ruba tra i nobili maschi milanesi. Solo storie?

Nel giugno del 1874 nacque la Galleria, dopo aver realizzato la nuova piazza del Duomo, demolendo il coperto del Figini e il Rebecchino. La Galleria vide aprire, dopo scandali e mazzette, nuovi locali: “Biffi“, “Savini“, “Grand’Italia” e il mitico “Camparino“, arredato ancora oggi come un tempo.

Intanto Milano cresce, si espande, i caffè escono via via dal centro e diventano veri e propri locali, dove ci si incontra a diverse ore del giorno per colazione, pause, aperitivo, happy hour, spuntino di mezzogiorno. Una curiosità: a Milano il buffet, come ci racconta il Verri, nacque a Palazzo Reale dove, durante un ballo di corte dell’Arciduca Ferdinando, venne allestita “una stanza, ornata elegantemente in figura di bottega di caffè, e ciascuno andava a prendere quel che voleva: dolci, frutti, gelati,… vini”. Era già nata l’apericena!

Ed ora beviamoci insieme una tazzina di caffè.

A presto…

Feste e tradizioni di inizio anno

Siamo veramente sicuri che “l’Epifania tutte le Feste porta via”? Se guardiamo il calendario, troviamo tra gennaio e febbraio un certo numero di ricorrenze che fanno parte della tradizione della Milano di ieri e di oggi e che ritornano ogni anno in riti, proverbi e filastrocche.

Il 17 gennaio si sono tenute la tradizionale benedizione degli animali e l’accensione dei falò per ricordare Sant’Antonio Abate, o “del porcello”, (da non confondere con Sant’Antonio da Padova che si festeggia il 13 giugno).

 

Milano ha un secolare legame con Sant’Antonio Abate, di cui abbiamo già parlato qualche tempo fa. I suoi monaci curavano, con l’unguento preparato usando il grasso dei maiali, l’herpes zoster (noto anche come “fuoco di Sant’Antonio”) nell'”Hospitale” che si trovava nelle vicinanze dell’odierna chiesa di Sant’Antonio, accanto all’Università Statale di via Festa del Perdono.

 

Il 19 gennaio, poi, con San Bassiano, Patrono di Lodi, abbiamo avuto “un’ora in mano”. Le giornate, infatti, si sono allungate e abbiamo goduto di un’ora di luce in più, senza spostare le lancette dell’orologio.

 

Il 21 gennaio è da sempre un giorno molto importante per le nostre tradizioni. Si festeggia, infatti, Sant’Agnese, protettrice delle giovani donne e anche della famiglia Visconti, della quale porta lo stemma sulla sua statua conservata nel Museo del Duomo.

 

Agnese era una fanciulla cristiana martirizzata sotto Diocleziano per aver rifiutato di cedere al figlio del prefetto. Tradizionalmente le donne lombarde celebravano questo giorno secoli prima del più conosciuto, internazionale e laico 8 marzo. Quante “Agnesi” ci sono ancora oggi nel mondo? Il nostro pensiero va a Saman e a tante altre vittime sconosciute, che vengono ricordate anche sul Muro delle Bambole a Porta Ticinese.

 

Ci sono poi i tre “Giorni della merla” (29, 30 e 31 gennaio), i più freddi dell’anno che servivano anche come previsioni meteo.

 

Una leggenda ci racconta del perchè questi uccelli, tipici del nostro territorio, siano diventati neri. Oggi a Milano fanno loro compagnia anche uccelli forestieri come i pappagallini verdi, i gabbiani e i famosi Giò e Giulia, i due falchi pellegrini che, dal 2014, fanno il nido sopra il Grattacielo Pirelli. Cambiamenti climatici o no, Milano è veramente accogliente.

 

Il 29 gennaio di quest’anno si è celebrato il Capodanno Cinese che ha dato inizio all’anno del “Serpente di legno”, simbolo di rinascita e trasformazione.

 

Speriamo bene… Anche noi milanesi abbiamo una certa consuetudine col Biscione, col drago Tarantasio e con quel “cucciolo” che ci guarda accanto al portone centrale del Duomo. Quanto a trasformazioni e rinascite siamo abituati…

 

Le vie di Chinatown sono in festa, addobbate dalle tradizionali lanterne rosse che illuminano un quartiere vivace e accogliente.

 

Anche Milano ha partecipato a questa festa colorata. Alla Fabbrica del Vapore si sono tenuti laboratori artigianali aperti a tutti per farci avvicinare alla cultura cinese.

 

Infine Il 2 febbraio, alle ore 14, si è tenuta all’Arco della Pace la tradizionale festa-evento con danze e spettacoli, organizzata dalla comunità cinese della nostra città, alla quale hanno anche partecipato milanesi e turisti. A conclusione del periodo del Capodanno Cinese, il 12 febbraio siamo tutti invitati alla Festa delle Lanterne presso l’Arco della Pace, al Parco Sempione.

 

Il 2 febbraio, per i cattolici, è stato il giorno della Candelora, in cui si celebrano la Presentazione di Gesù al Tempio e la Purificazione di Maria, quaranta giorni dopo Natale, secondo la tradizione ebraica. Si sono accese le candele (simbolo della luce divina) e una solenne processione con una preziosa icona del Quattrocento si è svolta all’interno del Duomo.

 

Anche questa ricorrenza serviva per predire il tempo atmosferico, tanto importante in una società contadina. Stiamo un po’ a vedere cosa ci aspetta…

 

Ogni 3 febbraio ricorre poi la festa di San Biagio, con la tradizionale usanza di mangiare una fetta di panettone avanzato da Natale, antico e ottimo integratore per proteggerci da raffreddori e mal di gola.

 

E come non ricordare che tra qualche giorno si terranno le feste di San Valentino e San Faustino… e già battono i cuori!

Auguri a tutti!

A presto…

Buon 2025!

Eravamo andati a fine settembre per visitare l’antica chiesetta di Sant’Antonino a Segnàno, ma non era stato possibile perchè la sua porta era chiusa, quel giorno come tutti gli altri.

 

Domenica scorsa, nell’ambito di una iniziativa del Comune di Milano, siamo riusciti a vederne l’interno, bello ma piuttosto deteriorato. Parleremo di questo piccolo e poco conosciuto angolo di periferia tra qualche giorno, con tante immagini, alcune veramente inaspettate.

 

Che questa chiesetta, ricca di tanto passato di cui mostra i segni, sia il nostro augurio per il Nuovo Anno, porta aperta alla speranza di un futuro migliore.

A tutti un Buon 2025, ricco di pace e serenità.

A presto…

Aria di Natale 2024: Auguri sotto l’Albero

La nostra città sembra un po’ più buia questo Natale, specialmente fuori dal Centro: poche luminarie, la luce di qualche vetrina o balcone, a volte solo i fari delle automobili sulle strade un po’ vuote della sera. Le luci e i colori di ventisette alberi si accendono, però, al crepuscolo in molte piazze di Milano, addobbati dai vari sponsor, per augurarci Buon Natale.

 

Anche noi vogliamo fare gli Auguri con un Albero molto speciale, quello dei “Desideri” alla Stazione Centrale; si chiedono doni come la salute, l’amore, la serenità, la pace… Che questo Albero possa illuminare la via di tutti noi e che le nostre speranze possano essere esaudite.

Un sereno e gioioso Buon Natale!

A presto…

Aria di Natale 2024: altri dolci di una volta

Ci sono profumi e sapori che accompagnano da sempre il periodo natalizio che, tradizionalmente per noi milanesi, inizia il 7 dicembre con la festa del Santo Patrono, la Prima della Scala, l’accensione dell’albero in piazza Duomo e l’allegra vivacità di bancarelle e mercatini.

 

Un tempo, accanto alla Basilica di Sant’Ambrogio, si svolgeva la fiera degli “Oh Bej Oh Bej”.

 

C’era aria di festa e di gioiosa attesa; si sentivano il suono delle zampogne, il profumo delle caldarroste e dei “firùn” (le collane di castagne), il dolce sapore dei croccanti e dello zucchero filato.

 

Era l’inizio del periodo delle Feste, l’attesa del Natale. Oggi, abituati al tutto e subito (“basta un clic”), sappiamo ancora attendere e sentire la magica emozione del Natale che si sta avvicinando davanti al Presepe?

 

Facciamo rivivere qualche sapore e profumo della nostra cucina preparando alcuni dolci che sanno di castagne, di zucchero e di famiglia, mescolando sempre alla tradizione qualcosa di oggi.

La “busecchina”, ovvero castagne e latte

 

Se si volesse render più facile un po’ la preparazione, comperiamo delle castagne già sbucciate. Il profumo delle castagne inonderà comunque la nostra casa. I grandi potranno aggiungere un po’ di cognac e i bambini qualche goccia di cioccolato. Noi l’abbiamo portata in tavola nella salsiera di un vecchio servizio delle feste… ma con la panna spray.

 

Il Croccante, ovvero un crumble fantastico

La sua preparazione è così semplice che abbiamo persino fatto un po’ di fatica a trovarne la ricetta. Questa è di Luigi Veronelli, giornalista e cultore dell’enogastronomia italiana.

 

Se poi aggiungiamo alla ricetta qualche scorzetta di arancia, diventa veramente gourmet! Abbiamo sperimentato di persona un “nuovo” utilizzo del croccante. Lo abbiamo spezzettato e utilizzato come un crumble sopra una cucchiaiata di crema di mascarpone. Da WOW!!

 

Dulcis in fundo parliamo di due protagonisti delle feste: il panettone e la carsenza.

La storia ci dice che il Manzoni li adorava entrambi, accompagnandoli con una tazza di cioccolata. Sappiamo anche che la prima moglie, la tenera Enrichetta, amava la semplice carsenza e che la seconda, la più vivace Teresa, “panatonava” tutto l’anno.

 

La “carsenza”, torta di pane e avanzi

Era un tipico dolce contadino e lo facevano anche le nostre nonne utilizzando pane raffermo, ammollato nel latte e arricchito con frutta secca o fresca, uvette, pinoli… avanzati dalle Feste appena passate. Infatti era, per tradizione, il dolce del Primo dell’Anno: qualcosa di vecchio e di nuovo insieme.

 

La ricetta della carsenza, della quale abbiamo scritto lo scorso anno, è stata rivisitata dallo chef del “Don Lisander”, storico ristorante di via Manzoni, e ribattezzata col nome di “Torta Provvidenza”, in onore del nostro scrittore, riprodotto sulla confezione.

 

L’abbiamo assaggiata con alcuni amici accompagnata da una pallina di gelato alla crema e… ci è piaciuta subito! E’ una torta ricca di sapori sapienti e particolari che ne fanno un vero dolce natalizio.

 

Il Panettone, re delle Feste

Cosa raccontare ancora di questo dolce che, nato dall’idea di un garzone di cucina al tempo degli Sforza, ha conquistato il mondo?

 

Quest’anno la Veneranda Fabbrica del Duomo, simbolo della nostra Milano, propone un panettone in edizione speciale con la firma di Davide Oldani, che ha mantenuto invariata la ricetta.

 

Se poi ne avanzasse qualche fetta, perchè non passarla al “grill” con una spruzzata di Grand Marnier e una pallina di gelato? Diventa un dolce “rivisitato” e buonissimo!

 

A tutti un dolcissimo…

A presto…

Aria di Natale 2024: i dolci di una volta

Tempo di incontri e di feste tra amici, parenti e colleghi per condividere qualche ora piacevole e scambiarsi gli auguri. Questi “piccoli Natali” non avvengono più solo di sera, ma ci sono molti inviti al mattino o nel tardo pomeriggio per una colazione o una merenda insieme, magari a buffet.

 

Cosa si può offrire accanto all’immancabile panettone? Abbiamo pensato per i dolci a qualcosa di altrettanto milanese, ma più insolito e con una storia da raccontare. Le ricette le abbiamo copiate da vecchi libri e dai nostri ricordi.

La Barbajada, la “nonna” del mocaccino

Iniziamo con la ricetta di questa bevanda, antenata, forse, del nostro mocaccino.

 

Ecco la “nostra” barbajada

 

La sua storia ci riporta tra la fine del Settecento e i primi anni dell’Ottocento, quando Domenico Barbaja (o Barbaia), un ragazzo di Rozzano che faceva il cameriere in un bar della attuale via Manzoni, pensò di mescolare della cioccolata calda ad una tazza di caffè, aggiungendo poi del latte fatto schiumare o della panna montata. Fu un successo, tanto che la bevanda divenne famosa col nome di “barbajada” e gustata nei più noti caffè dell’epoca.

 

Il giovane, di famiglia napoletana, fece, via via, una grande fortuna: non solo divenne il proprietario del bar accanto alla Scala (con appalto per i giochi di azzardo, allora legali), ma anche impresario teatrale, amico e manager di autori come Rossini, Donizetti e Bellini.

 

Trasferitosi a Napoli, tra le altre sue imprese, fece ricostruire in solo nove mesi, il Teatro San Carlo, distrutto da un incendio. Chapeau!

La Laciada, una crepe Suzette milanese

Questo dolce ha origini antichissime ed è famosa anche per una filastrocca in dialetto dove il termine arcaico “laciada” è sostituito dal più conosciuto “fritada”.

Il genere di “Crapa pelada” è incerto. C’è chi parla di un uomo calvo (nel Ventennio la satira lo riferiva a Mussolini); c’è, invece, chi fa risalire questa filastrocca ad una ragazza, Peppa Muccia, amante del Caravaggio. Si dice che soffrisse di alopecia o che fosse stata rapata dai fratelli per punirla del suo amore peccaminoso.

 

Comunque sia, la storia parla di un rapporto un po’ difficile con alcuni parenti, come avviene in tante famiglie. La laciada potrebbe addolcire un incontro natalizio con qualche familiare particolare?

 

Ecco la ricetta tradizionale.

 

Per non fare crepes o frittatine di lunga preparazione, abbiamo utilizzato del pancake, che abbiamo scaldato nel microonde e farcito con una confettura di pesche mescolata al rum, spolverando poi l’ultimo strato con zucchero a velo. Buonissimo e… molto svelto!

 

Ci rivediamo tra qualche giorno con altre ricette da raccontare.

A presto…

Aspettando il Natale 2024

Le prime luci del Natale 2024 si sono accese quest’anno con molto anticipo rispetto alla tradizione e sono arrivate a passo di danza. Era solo l’8 novembre, infatti, quando una ballerina di luce (un’anima di ferro ricoperta di lampadine LED) ha iniziato il suo balletto sulle dolci note di un carillon in piazza della Scala.

 

L’opera, “Ballerina sequence” di Angelo Bonello, light artist di livello internazionale, è composta da venti figure alte da 3 a 6 metri, disposte a semicerchio, che, accendendosi e spegnendosi, danno l’illusione di una danza che ha come palcoscenico piazza della Scala e come spettatori i passanti. Purtroppo questo balletto termina il 23 novembre. Peccato! Speriamo conceda il bis.

 

Anche il Natale va di fretta nella nostra città. Appena scomparsi i fantasmi di Halloween, le vetrine si mostrano già addobbate con alberi e decorazioni natalizie, il panettone invade i banchi dei supermercati e delle pasticcerie, dopo aver partecipato a diverse gare per scegliere il migliore.

 

Mai, come quest’anno, stiamo correndo verso il Natale, forse in cerca di calore e buoni sentimenti per affrontare il freddo delle difficoltà o, forse, per avere più tempo nella ricerca di un regalo per chi ci è caro.

 

Anche noi siamo andati a “curiosare” in alcuni negozi in cerca di “pensieri” (ci piace questo modo di chiamare il dono) e abbiamo trovato idee molto belle e anche un po’ pop da regalare o da copiare per rendere più calda e festosa la nostra casa.

 

Uno storico palazzo di via Verri diventa, fino al 12 gennaio, uno store natalizio su ben tre piani. Si chiama “Palazzo Magia” ed è veramente un mondo incantato dove si trova tutto quanto fa Natale.

 

Un altro raffinato negozio, “Ecliss”, in Ripa di Porta Ticinese, offre splendidi ambienti natalizi e scintillanti idee per “nuovi” alberi, magari riutilizzando in modo originale vecchi addobbi.

 

Novità e tradizione… non è questo un po’ il segreto della nostra città? Vuole il nuovo, lo realizza e con esso addobba e rinnova la tradizione… come questo albero inconsueto.

 

Anche l’arte sembra andare di fretta: è già esposto, al Museo Diocesano, il “Capolavoro per Milano”, opera tradizionalmente prestata, in occasione del Natale, da altri Musei alla nostra città. Quest’anno è stata scelta l'”Adorazione dei Magi” di Sandro Botticelli, proveniente dagli Uffizi.

 

Ne parleremo senz’altro per l’Epifania, quando il tradizionale Corteo dei Magi, partendo da piazza Duomo, raggiungerà la Basilica di Sant’Eustorgio, dove sono custodite alcune reliquie dei Re Magi, sotto la stella in cima al campanile.

 

Tra qualche parleremo di dolci natalizi… vecchi e nuovi.

A presto…