Immagini e parole sulla Pasqua

Alcuni tra i più grandi capolavori dedicati alla Settimana Santa si trovano nella nostra città. Li riproponiamo accompagnati dai versi della poetessa dei Navigli, Alda Merini, che ha vissuto il proprio calvario non perdendo mai la fede e la speranza.

Come non iniziare dall’Ultima Cena di Leonardo, opera unica, preziosa e fragile, così carica di significati e di messaggi da rimandarci sempre “oltre” a quello che vediamo?

Così scrive Alda Merini:

Conobbi tutte le desolazioni dell’abbandono, conobbi tutte le tristezze terrene,… Ero crocefisso ogni giorno dal dubbio degli apostoli, dal dubbio delle moltitudini”. 

Al Castello è custodita la Pietà Rondanini di Michelangelo, ultima opera del Maestro, rimasta incompiuta per la sua morte, come se l’artista, ormai anziano, di fronte al mistero e all’ignoto che lo attendevano non potesse trovare risposte nell’arte, ma cercasse di essere sorretto, come Maria, da Cristo.

Potevano uccidere anche Maria, / ma Maria venne lasciata libera di vedere / la disfatta di tutto / il suo grande pensiero, / Ed ecco che Dio dalla croce / guarda la madre, / ed è la prima volta che così crocifisso / non la si può stringere al cuore, / perché Maria spesso si rifugiava in quelle /braccia possenti, / e lui la baciava sui capelli / e la chiamava “giovane” / e la considerava ragazza. / Maria, figlia di Gesù.

Ancora oggi questa Pietà è più che mai viva e suscita emozioni anche in un artista contemporaneo come Robert Wilson, autore di Mother, installazione che sarà visitabile fino al 18 maggio al Castello Sforzesco.

Il dolore di Maria per la morte del Figlio e l’amore di Gesù per la Madre sono al centro di questi versi che introducono al tema delle Resurrezione.

Esalerò l’ultimo respiro, / lei forse mi raccoglierà nel grembo / e non crederà che io sia morto.  / So che Maria impazzirà di dolore / ma questa sua follia del non credere / mi darà la forza di risorgere. / Io non sono morto, / non morirò mai.

Nella cappella del battistero della Basilica di Sant’Ambrogio si trova una bellissima “Resurrezione” del Bergognone nella quale Cristo in gloria, affiancato da due angeli, sopra il sepolcro ormai vuoto, sembra offrirsi ai fedeli, annunciando la propria vittoria sulla morte e la promessa di una vita nuova.

Infine, a Brera, è esposto un dipinto la “Cena in Emmaus” del Caravaggio, realizzato dal Maestro dopo essere fuggito da Roma, perchè condannato a morte. Questa opera ci racconta di un Cristo risorto, ma dal viso provato, ancora quasi sofferente dopo il supplizio della Croce, che viene riconosciuto dai due discepoli solo alla benedizione del pane, quando “i loro occhi si aprirono” (Lc. 24, 31).

Il buio domina la scena (“resta con noi, perchè si fa sera” dice il Vangelo), tagliata solo da un raggio di luce che la illumina parzialmente. Il “Risorto” non ha angeli intorno a sè, ma uomini; è una scena “umana” che ci riporta ad un’altra poesia, “Resurrezione”, della Merini.

“Fuggirò da questo sepolcro
come un angelo calpestato a morte dal sogno,
ma io troverò la frontiera della mia parola.
Addio crocifissione,
in me non c’è mai stato niente:
sono soltanto un uomo risorto.”

A tutti noi la speranza e l’augurio di poter “risorgere” dalle nostre paure, dalle fatiche, dai dolori e dai sacrifici quotidiani.

Buona Pasqua!

A presto…

Tanti auguri, Presepe!

Il 25 dicembre si festeggiano gli 800 anni del Presepe, realizzato a Greccio da San Francesco nella Notte di Natale del 1223. Viene considerato il primo presepe vivente vero e proprio, voluto perchè tutti potessero “vedere con gli occhi del corpo”, come disse il Santo, la nascita di Gesù.

 

Nel corso dei secoli le persone sono state sostituite da statue, di materiali diversi, grandi e piccole, ciascuna con un proprio significato e differente simbologia.

 

Per ricordare questo importante anniversario, alcune chiese del Centro Storico di Milano propongono un “cammino” per visitare i presepi allestiti al loro interno. Potremmo così riscoprire anche la loro bellezza, ammirare le opere d’arte contenute e, magari, risentire quella meraviglia che abbiamo provato da piccoli, aspettando Gesù Bambino, di fronte alla bellezza e alla magia del presepe.

 

In ogni chiesa, che partecipa a questo evento, è disponibile gratuitamente una piccola guida con orari, indirizzi e qualche piccola informazione. L’ingresso è libero e senza prenotazione on-line. Qualcosa di veramente insolito ai giorni nostri.

 

Anche il percorso è libero, come liberi sono i pensieri di fronte al messaggio che ci viene proposto. Le chiese che fanno parte di questa iniziativa sono le seguenti:

 

Nella basilica di Sant’Ambrogio ci sono esempi di Natività attraverso i secoli: uno, un “antenato” del presepe, è scolpito nel celebre Sarcofago di Stilicone, un altro è stato realizzato da militari italiani internati in un campo di concentramento tedesco nel 1944, un terzo, infine, tradizionale, è di oggi.

 

Visitare il bel presepe di San Vincenzo in Prato è anche l’occasione per rivedere questa chiesa dal passato molto travagliato (è stata persino una fabbrica di prodotti chimici, col campanile diventato ciminiera). Da vedere, oltre alla suggestiva cripta, il battistero, realizzato negli Anni Trenta da Paolo Mezzanotte: al suo interno si trova, secondo una leggenda, la pietra che serviva a Sant’Ambrogio per salire in groppa alla sua mula Betta.

 

La Natività è sempre presente nelle ore di buio e in quelle di luce: ce lo ricordano i presepi di San Simpliciano e San Nazaro con il cambio di luminosità dal giorno alla notte.

 

Il presepe può essere fatto con materiali diversi. Ecco due opere d’arte, il presepe di carta di Landonio (chiesa di San Marco) e la Natività scolpita su un sarcofago a Santa Maria dei Miracoli presso San Celso.

 

Molto bello è il presepe di San Vittore al Corpo. Dobbiamo guardare oltre le colonne per cogliere il messaggio davanti a noi.

 

Ed ora una piccola raccolta di presepi. Manca Gesù Bambino: nascerà tra poche ore!

A tutti un sereno e felice Buon Natale!

A presto…

La Strada delle Abbazie: quarta tappa, Viboldone

La “domus de Vicoboldono”, oggi Abbazia di Viboldone, è la prima che incontriamo nei nostri passidaMilano, fuori città, lungo la Strada delle Abbazie, dopo aver già visitato le “milanesi” San Pietro in Gessate, Monluè e Chiaravalle.

 

Si trova, infatti, nel Comune di San Giuliano Milanese, un tempo grandissima zona agricola, diventata poi industriale con abitazioni, capannoni, fabbrichette e centri commerciali. Il verde, però, non manca poichè fa parte del Parco Agricolo Sud Milano.

 

Questa bella abbazia fu iniziata nel 1171 e completata in circa due secoli, dall’Ordine degli Umiliati, che investivano i proventi della lavorazione della lana in “domus” e comunità agricole. In questi centri lavoravano molti laici con famiglie, che costituivano il Terzo Ordine. Dediti anche ai bisognosi e agli ammalati, erano forse una forma iniziale del volontariato che è tanto presente oggi?

 

Quando poi l’Ordine venne sciolto dopo l’attentato a San Carlo Borromeo, il complesso passò poi agli Olivetani e, in seguito, andò incontro ad un lungo periodo di declino.

 

L’abbazia, ben restaurata, merita senza dubbio una visita. Sul piazzale alla sinistra c’è la cosiddetta “Casa del Priore” che contiene una raccolta di dipinti raffiguranti antichi strumenti musicali; ma è difficile poterla visitare.

 

A destra dell’abbazia, invece, c’è l’attuale convento delle Monache Benedettine, che qui vivono e lavorano, progettato dall’architetto Luigi Caccia Dominioni.

 

Come le altre abbazie è in mattoni rossi (materiale tipico dell’architettura lombarda), ma ci sono anche elementi in marmo bianco (rosone, cornice del portone, statue) che riprendono i tradizionali colori della basilica di Sant’Ambrogio e della nostra città.

 

L’abbazia di Viboldone ha un’impronta nettamente lombarda: mattoni a vista, forma a capanna, bifore a cielo aperto, cornice con belle foglie in cotto, rosone che alleggerisce la facciata.

 

Il campanile, che si innalza sopra il tiburio come nelle abbazie cistercensi, ha una slanciata forma a cono.

 

Diamo un’occhiata al portone sopra il quale ci sono tre belle statue in marmo: al centro la Madonna col Bambino in grembo, ai lati Sant’Ambrogio, con lo staffile e San Giovanni da Meda, col bastone, una delle più importanti figure degli Umiliati.

 

Osserviamo anche l’antico portone in legno decorato con grossi chiodi. Perchè alla base c’è una “soglia” che bisogna scavalcare per entrare in chiesa? Sembra fosse un “dissuasore” per impedire l’ingresso agli animali da cortile!

 

L’interno, a tre navate, è molto suggestivo: l’arco acuto è presente ovunque.

 

Le volte a crociera e i pilastri cilindrici tipici dell’epoca mostrano una certa sobrietà.

 

Infine diamo un’occhiata agli importanti affreschi di scuola giottesca. Tra questi il bellissimo “Giudizio Universale” di Giusto dei Menabuoi, in cui compare anche un diavolaccio intento a sbranare i dannati.

 

Come sempre andiamo a caccia di qualche curiosità. Un analogo diavolo è presente negli affreschi di Giotto della Cappella degli Scrovegni di Padova…

Guardiamo anche in altri affreschi: c’è un giovane, elegante Arcangelo Michele di fianco alla Madonna; accanto appare, inginocchiato, il Priore sotto cui fu completata la chiesa.

 

Nella scena del Calvario compare uno strano soldato romano con spadino e calzature a punta che sembra uscito da un codice miniato cavalleresco.

 

Infine… aguzzate la vista! Dove si trova questo insolito uomo rannicchiato che esprime tutto il suo muto terrore?

 

Un’altra curiosità la troviamo nel tondi sotto la Crocefissione: sono Adamo ed Eva, ma è lui che ha in mano la mela.

 

Usciamo ora dell’abbazia e raggiungiamo il borgo, per la verità piuttosto triste, che si snoda lungo una via. Qui troviamo qualche cascina invecchiata male ed edifici abbandonati…

 

Tra questi, però, c’è la cosiddetta “Càa de’ paròl” che reca sotto la grondaia e a metà facciata, alcune scritte in latino. Con difficoltà abbiamo cercato qualche notizia in più, ma la ricerca è stata piuttosto deludente. Così abbiamo provato a decifrare la scritta e la data che appaiono: forse erano case per salariati agricoli costruite nel 1929?

 

Il FAI aveva proposto questo borgo rurale come Luogo del Cuore per tentarne il recupero e la rinascita. Per ora nulla …, ma diciamo con loro: “non dobbiamo rassegnarci”.

A presto…

La Strada delle Abbazie: gli Umiliati, un Ordine tutto lombardo

Ben quattro (San Pietro in Gessate, Monluè, Viboldone e Mirasole) delle sette chiese che fanno parte della “Strada delle Abbazie” furono fondate dagli Umiliati, un Ordine tutto lombardo dalle caratteristiche piuttosto inconsuete.

 

Gli Umiliati fecero la loro comparsa sulla scena religiosa milanese nella seconda metà del XII secolo. La leggenda narra che un gruppo di nobili lombardi era stato fatto prigioniero per ordine dell’Imperatore e portato in Germania. Qui erano stati costretti, per un certo periodo, a lavorare lana di scarsa qualità per essere ‘umiliati’.

 

Una volta tornati in patria da uomini liberi, ricchi di fede e di spirito imprenditoriale tutto lombardo, misero a frutto quanto avevano imparato. Fondarono quindi l’Ordine religioso degli Umiliati (del quale facevano parte frati e suore, laici non sposati e terziari, cioè uomini e donne coniugati) per dedicarsi alla lavorazione della lana non di lusso e all’innovativa produzione del feltro.

 

Come vediamo in una formella all’esterno della Abbazia di Mirasole, da loro fondata, uno dei loro simboli era l’Agnello, che univa al significato evangelico anche quello… del lavoro.

 

Anche se alcuni studiosi li avvicinano a movimenti ereticali come quelli dei Valdesi e dei Catari, l’Ordine venne riconosciuto dal Pontefice.

 

D’altra parte la nostra città è sempre stata un nido di eretici e, anche nell’ortodossia, vi è sempre stato, e rimane, un “rito ambrosiano” che presenta, ad esempio, anche un calendario liturgico diverso (inizio e durata dell’Avvento, Quaresima col Carnevale più lungo). Inoltre il rituale della Messa è diverso e sappiamo che l’altare d’oro della Basilica di Sant’Ambrogio è stato sempre rivolto verso i fedeli, anche quando il sacerdote, secondo il rito romano, voltava loro le spalle.

 

Come spesso è accaduto, gli eretici medievali erano cristiani che volevano tornare al messaggio evangelico delle origini. Così gli Umiliati predicavano e vivevano di fede e lavoro, donando il superfluo della loro vita austera agli altri. Non vivevano, però, di elemosina, ma dei frutti del proprio lavoro e investivano in chiese, campi e “grange”, come veri imprenditori, i ricchi proventi.

 

Ecco come appariva la chiesa di Santa Maria in Brera, accanto ad uno dei loro conventi principali.

 

Come abbiamo già detto erano divisi in tre ordini e un terziario veramente speciale fu Bonvesin de la Riva, maestro di retorica che ebbe due mogli, autore di “Le meraviglie di Milano” dove descrive con grande ammirazione la nostra città e la gente comune che lavora rendendo grazie a Dio per i tanti doni che ha elargito in abbondanza. Milano era veramente A place to be!

 

Gli Umiliati non avevano un Santo in Paradiso come fondatore e protettore; grazie al loro lavoro diventarono comunque molto ricchi e rivestirono incarichi pubblici e amministrativi, anche fuori Lombardia, per l’onestà che dimostravano.

 

 

Poi iniziarono i guai e le controversie con la gerarchia ecclesiastica, tanto che la loro fine fu col ‘botto’ anzi con un’archibugiata andata a male. Infatti organizzarono un attentato contro l’Arcivescovo di Milano, Carlo Borromeo, che voleva riportare un po’ di ordine tra i religiosi milanesi.

 

E qui la storia si tinge foscamente di giallo. Un Umiliato, tale Farina, si introdusse, portando con sè un archibugio, nella cappella dell’Arcivescovado, di fianco al Duomo.

 

Mentre San Carlo stava pregando circondato dal suo seguito, il Farina fece partire il colpo, ma “…la balla e li pertigoni, senza ofesa, si sparsero per il rocchetto e per le vesti…” del cardinale, come riportato in una cronaca dell’epoca. Si gridò al miracolo. Il Farina riuscì poi a fuggire, forse nella grande confusione. Ecco come un ‘quadrone’ del Duomo riporta la scena.

 

Da alcune confessioni ricevute dal Vescovo di Lodi si venne a sapere che i congiurati appartenevano all’Ordine degli Umiliati e in particolare due nobili, in cambio della promessa (poi non mantenuta) dell’immunità, avevano fatto il nome del Farina e di un altro religioso. Vennero arrestati tutti e “horridamente torturati”. Infine il 2 agosto 1570 furono giustiziati in piazza Santo Stefano.

 

Subito dopo il ramo maschile dell’Ordine fu sciolto e i suoi ricchi beni incamerati da altri Ordini. Alcuni studiosi vedono in questo attentato molti aspetti da chiarire. D’altra parte di attentati irrisolti e con molti misteri è piena la storia anche più vicina a noi…

A presto…

I Templari c’entrano sempre… Itinerario DOC a Milano (parte terza)

Riprendiamo il nostro itinerario sulle tracce dei Templari a Milano, che avevano fondato, come ci suggerisce la toponomastica, una precettoria, o commenda, nella via omonima, circondata da campi coltivati (orti, brolo) e boschi (braida).

 

Chi erano i Templari, come erano giunti nella nostra città e quali tracce si sono salvate dall’oblio in cui furono fatti precipitare?

 Venerdì 13 e altre curiosità

Il loro fascino oscuro, fatto di storie e leggende, continua ancora oggi persino nei modi di dire. Perchè, ad esempio, diciamo che Venerdì 13 è un giorno sfortunato? Nel lontano 1307, venerdì 13 ottobre, i Templari vennero fatti arrestare dal Re di Francia, Filippo il Bello. Iniziò così la loro fine, fuga o “metamorfosi”.

 

 

Perchè le caravelle di Colombo (quasi duecento anni dopo) avevano sulle vele la croce templare? Sappiamo che il suocero portoghese del navigatore era un cartografo. Aveva forse antiche mappe segrete indicanti rotte per nuove terre oltre oceano? I Templari ci erano forse già stati?

 

 

Un’altra curiosità: diversi articoli riportano studi che hanno esaminato la dieta di questi monaci guerrieri, molto più longevi (salvo, ovviamente, morti violente) dei loro contemporanei.

https://www.lacucinaitaliana.it/news/salute-e-nutrizione/il-segreto-della-longevita-la-dieta-dei-templari/

I Templari, è stato scoperto, seguivano una dieta “mediterranea”, ricca di Omega3 e di succo di aloe, come consigliano oggi, con ben altre conoscenze, i più moderni nutrizionisti.

 

 

La nascita dei Templari. Storia e leggende

Ancora una volta la toponomastica di Porta Romana ci indica un lontano passato.

 

 

Già dai primi secoli i pellegrinaggi a Roma e in Terra Santa erano una pratica di fede. Con un bastone, una bisaccia e un cappello, i pellegrini cercavano di raggiungere per terra (attraverso la penisola balcanica) o per mare (da Brindisi dove termina la Via Appia) la Palestina. 

 

 

Il viaggio non era certo facile e agevole. Non solo strade polverose, boschi, imboscate di briganti, malattie, ma anche la situazione politica della zona era pericolosa per le contese coi musulmani per i luoghi sacri. La basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme, che era caduta in mani arabe, era stata riconquistata nella Prima Crociata nel 1099.

 

 

Quando, però, i Crociati iniziarono a fare ritorno in patria, i pellegrini furono nuovamente attaccati da briganti e predoni saraceni. Nel 1114 il cavaliere francese Hugues de Payns, giunse a Gerusalemme con altri nove cavalieri ed ebbe l’idea di istituire una comunità di monaci-guerrieri in difesa armata dei pellegrini, dei Luoghi Santi e, forse, anche per cercare “qualcosa”…

 

 

Il Re di Gerusalemme assegnò loro una postazione sulle rovine dell’antico Tempio di Salomone, con gli immensi sotterranei come “scuderie”. Era un luogo carico di fede e di “reliquie” leggendarie…

 

 

Quando, nel 1119, un gruppo di settecento pellegrini disarmati fu brutalmente attaccato dai saraceni, il progetto di Hugues de Payns venne autorizzato. Si costituì così l’Ordine dei Templari (da “Tempio”) che univa gli ideali della cavalleria a quelli della religione. Loro ideologo fu San Bernardo da Clairvaux che scrisse la regola a cui doveva attenersi la “nova militia”. 

 

 

Intanto, per studiare testi e antichi saperi, forse là ritrovati, si era riunito, in una Abbazia francese, il meglio dei dotti cristiani, rabbini e arabi. I nove cavalieri restarono a Gerusalemme ben dieci anni a scavare tra le rovine del Tempio. Cosa cercavano? Fecero poi ritorno in Francia nel 1128 con un enorme bagaglio di conoscenze che furono applicate in diversi campi (architettura, scoperte geografiche, nozioni “arcane” per l’epoca, che offrirono poi il pretesto per accusare in seguito i Templari anche di stregonaria).

 

 

A Milano

In pochi anni i Templari crebbero di numero e di potere. Si occuparono anche, nei diversi paesi, di agricoltura e di economia. I breve divennero una potenza economica pari a quella di altri Stati, come la Francia. A loro si deve anche l’invenzione della “lettera di credito”, un sistema per cui un pellegrino poteva riscuotere altrove il denaro che aveva già versato ai Templari. Una sorta di moderno Travellers Cheque .

 

 

A Milano giunsero tra il 1132 e il 1135 al seguito di San Bernardo. Probabilmente si fermarono nella basilica di Sant’Ambrogio dove si trovano le misteriose scacchiere a loro attribuite. In genere si dice che si riferiscano al gioco degli scacchi, ma i monaci non sembra vi giocassero. Inoltre queste scacchiere hanno un numero diverso di caselle e sono stranamente orientate. Contengono forse qualche messaggio criptato?

 

 

Sulla facciata della Basilica ci sono anche un’immagine di San Bernardo e un medaglione da interpretare…: perchè?

 

 

Altro luogo “templare” è lAbbazia di Chiaravalle (traduzione di Clairvaux) fondata da Bernardo, tra boschi e risorgive, lungo la strada che esce da Porta Romana. Anni dopo, verrà tumulata qui, nel cimitero dei monaci, Guglielmina Boema, strano personaggio, considerata prima quasi una “papessa”, poi dichiarata eretica. Infatti il suo corpo verrà poi rimosso e messo al rogo assieme ai suoi seguaci. Un’altra inquietante storia…

 

 

Nel chiostro dell’Abbazia notiamo una serie di doppie colonne, la cui origine, carica di significati simbolici, risalirebbe ai Sumeri e agli antichi Egizi. Interessanti sono anche le colonne annodate, con aquile sui capitelli, simbolo di San Giovanni Evangelista, rivolte ai quattro punti cardinali.

 

 

Un’altra doppia colonna la troviamo alla Cascina Linterno (zona Baggio) con capitelli a testa di cavallo.

 

 

Poco distante, alla Cascina Barocco, c’è sull’antico ingresso una croce templare. Anche in questa zona, dunque, c’era probabilmente una “grangia”, complesso di edifici e terreni retti da una comunità templare che si occupava di agricoltura avanzata, sfruttando le marcite e facendo coltivare i campi a contadini salariati.

 

 

Una Commenda templare, come abbiamo già visto, si trovava vicino a Porta Romana, poco distante dalla chiesa di San Nazaro in Brolo, dove si dice esserci una tomba templare.

 

 

Qui, o più probabilmente nella stessa Commenda, dimorò il Barbarossa quando assediò Milano, con l’esercito accampato nei prati vicini.

L’Ordine Templare aveva dunque in Milano terre coltivate, boschi, cascine, mulini, mandrie e appoggi politici. Sono documentati diversi lasciti testamentari in loro favore, tra cui le terre di un certo Fra’ Dalmazio da Verzario che potrebbe aver dato il nome all’attuale Verziere. Un’altra indicazione dalla toponomastica milanese.

La fine (o la metamorfosi)?

Le loro ingenti ricchezze erano tali da poter prestare al Re di Francia una cifra immensa; invece di onorare il debito, Filippo il Bello li accusò di eresia e di ogni altro misfatto. Il Papa prese tempo e non intervenne. I Templari vennero arrestati, imprigionati e torturati per ottenere le loro confessioni. Infine, dopo anni, furono messi al rogo, l’Ordine sciolto, i beni confiscati e cancellate anche le loro tracce.

 

 

Filippo e il Papa non sopravvissero a lungo. Jacques de Molay, il Gran Maestro messo al rogo, avrebbe lanciato loro una maledizione. Il Papa morì poco dopo e Filippo qualche mese più tardi dopo una caduta da cavallo durante una battuta di caccia, così come i suoi tre figli che, uno dopo l’altro, gli erano succeduti. Si dice anche che, secoli dopo accompagnando alla ghigliottina Luigi XVI, ultimo Re di Francia, il boia gli avrebbe sussurrato di essere un Templare e di portare a compimento la maledizione del Gran Maestro.

 

 

Infine un altro mistero: prima che i Templari fossero arrestati, la loro flotta, una delle più potenti dell’epoca, forse per una soffiata dei loro servizi segreti, partì dal porto di La Rochelle, sull’Atlantico (perchè aveva la base lì e non nel Mediterraneo?) per chissà dove, con quali segreti e con quali tesori…

In fondo i Templari c’entrano sempre.

A presto…

 

 

 

Aspettando il Natale 2021

Le giornate che “prima delle cinque è già buio”, il freddo pungente, l’attesa di festeggiare il Natale senza la zona rossa dello scorso anno, la maggior consapevolezza della nostra fragilità: Babbo Natale 2021 sta arrivando.

Lo aspettiamo accendendo di luci la città, addobbando le nostre case, cercando i regali per noi e per i nostri cari forse desiderando la conferma che Babbo Natale esiste davvero.

Vi proponiamo qualche immagine di Milano: dalle luci più scintillanti ai divertimenti  e alle riflessioni più intime del Presepe.

Gli alberi che quest’anno ci “offre” la nostra città sono otto, collocati in centro (dove è necessaria la mascherina!) o nelle zone più “in”.

Nelle altre zone vige il “fai da te” di privati o associazioni di quartiere. E talvolta i risultati ci sembrano più caldi e veri.

Il desiderio di acquistare regali ci tenta dalle vetrine più griffate ai mercatini artigianali.

Belle e illuminate sono le piste di pattinaggio dove ci si può anche fermare, magari per gustare una cioccolata calda come in alta montagna.

Non mancano le iniziative culturali: tra queste i “quadri” offerti da Palazzo Marino e dal Museo Diocesano e i concerti benefici tra i quali segnaliamo il tradizionale Concerto di Natale del 21 dicembre al Conservatorio a sostegno del progetto AVSI per la scuola primaria a Kampala.

Se piazza del Duomo diventa quasi il “centro” di frenetiche e laiche corse agli acquisti ecco una nuova iniziativa, assolutamente da non perdere: il Presepe nell’Atrio di Ansperto in Sant’Ambrogio.

Realizzato in legno da due artisti della Val Gardena è suddiviso in gruppi di personaggi stilizzati alti circa due metri.

Al centro c’è la Sacra Famiglia con il Bambino, unica figura dorata, fra Maria e Giuseppe. Richiamata dalla Sua Luce la “gente” accorre, ci sono famiglie, coppie, gruppi di fedeli e i Magi.

Unica figura isolata è un Angelo che sembra indicare la strada non solo ai personaggi del Presepe, ma a tutti noi.

A tutti un luminoso Buon Natale ricco di speranza.

A presto…

 

Il Biscione, simbolo di Milano, tra monumenti, storia e leggende

Il Biscione è uno dei simboli della nostra città, citato anche da Dante nel Purgatorio (… la vipera che Melanesi accampa…), eppure la sua origine resta tuttora oscura.

Non sappiamo come e quando sia giunto a Milano nè il perchè della sua immagine. Forse in questa nostra città piena di misteri, il Biscione ha trovato il posto in cui vivere, nascosto sotto un groviglio di leggende che lo proteggono.

Entriamo nelle sue spire per cercare di sciogliere qualche enigma che lo riguarda. Usciremo dalle sue fauci come Giona e Pinocchio dalla balena, o saremo inghiottiti dai suoi misteri?

Ed ecco il primo di questi enigmi: il Biscione sta inghiottendo l’uomo precipitandolo nelle sue viscere o lo sostiene mentre rinasce dal buio a braccia aperte?

Arcivescovado

Dove troviamo il Biscione a Milano? Lo andremo a cercare tra le strade e i monumenti della nostra città, anche se a volte compare quasi beffardo nella vita quotidiana.

Piazza del Duomo: la nostra ricerca non può iniziare che da qui. C’è un cucciolo strano che ci guarda sorridente, acquattato tra le foglie, accanto alla porta centrale della Cattedrale. Le sue zampe sono palmate, tipiche di un animale che vive anche sull’acqua. La nostra, d’altra parte, è terra di acque, sotterranee e di superficie. Il Biscione è forse nato qui?

Facciamo pochissimi passi e troviamo sulla porta Lombardi del Duomo (la prima a destra del portone centrale, verso piazzetta Reale) un pannello di bronzo che ci riporta ad una delle leggende sul Biscione.

Eccola: si racconta che un nobile Visconti, Ottone, era partito con 7.000 Milanesi per la Prima Crociata alla riconquista di Gerusalemme. Sotto la sue mura si svolse un epico duello all’ultimo sangue tra Ottone e un valorosissimo cavaliere saraceno, Voluce, che aveva come insegna un serpente che stava divorando un uomo dalla pelle chiara (un simbolo della cristianità?).

Il Visconti vinse e, dopo averlo ucciso, si impossessò delle armi del nemico e del suo logo, sostituendo però il cristiano con un uomo dalla pelle scura. Bonvesin de la Riva parla di un “vessillo su cui è dipinta in azzurro una biscia che inghiotte un saraceno rosso”. Se andiamo al Castello lo vediamo.

Un’immagine cruenta, da fumetto horror, si trova su una bifora della chiesa di San Marco. Qui un biscione stacca la testa a un uomo. È dunque un animale feroce?

Una “bissa” più tranquilla, e piuttosto misteriosa, si trova alla base della palma che rappresenta l’Albero della Sapienza nella chiesa di San Sepolcro.

Siamo nella cripta dove, vegliato da San Carlo Borromeo, è custodito un sarcofago che contiene un po’ di terra “santa” portata dai Crociati dalla Palestina. Si racconta che ci sia anche una ciocca di capelli della Maddalena, ma questo segreto riguarda i Templari.

Un’altra leggenda fa diventare l’immagine del Biscione quasi un ex-voto. Si narra, infatti, che un altro nobile Visconti, Azzone, si fosse accampato con il suo esercito nelle terre intorno a Pisa in una guerra contro Firenze. Durante una tregua si era tolto l’elmo e si era addormentato. Al momento di rimetterselo, vide uscire dal cimiero un vipera che, invece di attaccarlo col suo morso mortale, se andò pacificamente. Non sembra una serpe quella specie di cerchietto che ha sul capo?

Un episodio analogo era accaduto anche al Re longobardo Desiderio, che lo aveva considerato un segno di benevolenza divina, quasi un’investitura. Il Re era solito portare al collo, come amuleto, un Biscione azzurro.

Le  due leggende simili sono forse un tentativo da parte dei Visconti di creare un legame coi Longobardi e di accreditare così il loro dominio? Il Biscione è dunque simbolo di potere?

Loggia degli Osii – Piazza Mercanti

La “biscia”, però, aveva già “scelto” Milano prima delle Crociate. Era arrivata infatti all’inizio dell’anno Mille da Costantinopoli, come dono dell’Imperatore di Bisanzio al Vescovo Arnolfo. Ancora oggi la possiamo vedere nella Basilica di Sant’Ambrogio.

Come un totem, a metà della navata centrale, su una colonna, un serpente di bronzo nero, inquietante nella sua semplicità, disegna un cerchio con il suo corpo.

Risale, secondo la tradizione, ai tempi di Mosè che l’aveva forgiato di persona durante l’Esodo per salvare dalla morte chi era stato avvelenato dai morsi dei serpenti. Questa “bissa”, narra la leggenda, resterà a Milano fino al giorno del Giudizio Universale, quando prenderà vita, scenderà dalla colonna e tornerà nella Valle di Giosafat, da dove era venuta. Ci aiuterà ad uscire anche da questa pandemia?

Cesare Ligari – Pinacoteca Ambrosiana

C’è chi pensa che un’insegna con questa “bissa” fosse stata donata a Ottone Visconti in partenza per la Crociata e che, dopo la conquista di Gerusalemme, fosse stata aggiunta l’immagine del nemico vinto. Da allora il Biscione divenne l’emblema del potere, visconteo prima e sforzesco poi. La chiesa doppia dell’Incoronata, fatta costruire da Francesco Sforza e dalla moglie Bianca Maria Visconti, è il simbolo dell’unione tra le due casate sotto il segno del Biscione.

I nostri passipermilano alla ricerca del Biscione non terminano qui. C’è ancora molto da scoprire!

A presto…

Quattropassi aspettando Natale 2018 – seconda parte

Iniziamo la seconda parte dei nostri quattopassi verso il Natale 2018 con un incontro un po’ controcorrente: il vecchio, caro Sant’Ambrogio, che ci appare ancora più bello nella sua luce consueta.

Rimasto solo dopo il trasloco della tradizionale fiera degli Oh Bej – Oh Bej, è come un anziano amico, saggio e senza fronzoli, che ha capito ciò che conta veramente e osserva pacato, pronto ad accogliere in un abbraccio chi vive le inquietudini del nostro tempo.

Con un fantastico volo, grazie a due mezzi parcheggiati in attesa di un’altra festa, passiamo ora sopra Milano per vederne angoli illuminati da condividere.

Il Castello ha due volti: nel primo luci chiare sottolineano con eleganza l’architettura, nel secondo vivaci luci rosse e verdi propongono fantastiche scenografie.

Ecco alcune immagini dei Navigli; poi via Dante, piazza Cordusio, via Mercanti...

Infine arriviamo all’Ottagono della Galleria, splendido splendente con l’albero Swarovski e la cupola piena di luci.

Le vetrine intorno sfoggiano idee, classe e glamour.

Piazza della Scala e l’ingresso della Galleria quest’anno sono vestiti di rosso cupo per omaggiare lo sponsor, un profumo francese.

Anche Palazzo Marino è tutto rosso. Come da tradizione ospita un’opera d’arte che è possibile vedere gratuitamente e un bel Presepe umbro nel cortile.

Quasi infuocati, e poco natalizi, sono gli alberi intorno alla statua di Leonardo; anche gli gnomi del Quadrilatero sembrano alquanto perplessi.

Forse cercheranno rifugio sotto alberi più rassicuranti.

Palazzo Carmagnola

Darsena

piazza XXIV Maggio

CityLife

Ecco l’albero più alto di questo Natale 2018 a Milano. Quasi una cometa, con una stella dalla coda blu cielo, si trova sulla Torre Galfa, un grattacielo caduto in disgrazia e abbandonato, che ora si illumina e riprende vita, quasi un augurio per tutti noi.

Molti animali hanno letto della nostra Fotoarca e si sono fatti belli per essere fotografati.

Un dinosauro, alla Stazione Centrale, si è fermato solo pochi giorni. Sembra incavolato, ma anche lui ha avuto il suo attimo di celebrità.

Alcuni animali sono pronti a giocare con i bambini sul ghiaccio.

Milano, con le sue tante piste di pattinaggio, diventa un po’ il mondo incantato di Frozen.

Bagni Misteriosi

Palazzo Lombardia

In una di queste piste abbiamo trovato l’immagine del tradizionale dolcetto creato, secondo la leggenda, da un pasticcere per ricordare Nostro Signore: solido ma dolce , a forma di bastone da pastore che, capovolto, diventa la J di Jesus, bianco come la purezza, rosso come il sacrificio, con un pizzico di menta piperita perchè faccia memoria di una pianta anticamente usata per le purificazioni.

piazza Beccaria

Questi dolcetti si trovano spesso sulle bancarelle dei mercatini dove comprare qualche regalo o un ultimo pensierino. Come resistere?

Bagni Misteriosi

Bagni Misteriosi

piazza Duomo

San Celso

Milano ha il cuore grande e non dimentica chi è in difficoltà.

Diverse iniziative raccolgono offerte per chi sta vivendo un momento difficile. Ecco “Regalami”, alla Darsena, a favore dell’Ospedale Pediatrico Buzzi.

Questi nostri passipermilano non possono dimenticare i Presepi. Eccone alcuni molto diversi fra loro: uno fatto di pane, un altro di legno e carta del grande Londonio al Pirellone, il terzo esposto in una mostra di presepi etnici presso i Padri Cappuccini di piazzale Cimitero Maggiore. e l’ultimo di  moderno disegn.

Siamo tornati in piazza Duomo. davanti a noi c’è la nostra Cattedrale con la nuova illuminazione voluta dalla Veneranda Fabbrica. Che si accendano anche le nostre speranze, come tante luci!

Nella notte avvistato Babbo Natale venuto anche lui a guardare!

Buona Luce a tutti e Buon Natale!

A presto…

 

Una splendida sorpresa: la chiesa di San Michele sul Dosso con la Vergine delle Rocce

Storia, arte, cultura e fede, tutte autenticamente milanesi, sono custodite nella chiesa di San Michele sul Dosso, che ora fa parte dell’Istituto delle Suore Orsoline di San Carlo, in via Lanzone, vicino alla Basilica di Sant’Ambrogio.

Questo Istituto è uno scrigno dove la Storia fa capolino quasi con elegante nonchalance. Uno scampolo di antiche mura protegge colorati giochi per bambini della scuola materna.

Portici secolari dal Quattrocento in poi (c’è anche la mano del Bramante!) sono la quinta di un cortile dove, durante l’anno scolastico, si sentono giovani voci dall’infanzia all’adolescenza, si tengono eventi dedicati alla mente e allo spirito, si vive quotidianamente la fede.

In una piccola sala d’attesa ci accoglie una pregevole scultura rinascimentale di Madonna con Bambino, forse dei Maestri Campionesi, ritrovata lungo il Naviglio che scorreva in via De Amicis.

Altri preziosi dipinti, che uniscono arte e fede, sono esposti alle pareti delle diverse sale.

Infine sotto il portico, ecco l’ingresso della piccola chiesa di San Michele sul Dosso, così chiamata perchè costruita vicino al terrapieno delle mura comunali.

La chiesa, all’esterno, ha un aspetto semplice, con un finestrone a mezzaluna sopra il portone del Cinquecento e un piccolo campanile che appena si vede. Un tempo la chiesa doveva essere molto importante; antichi “storici” come Galvano Fiamma e Giovanni Pietro Puricelli la dicono fondata da Sant’Ambrogio stesso e sede dell’incoronazione di alcuni re medievali.

Accanto alla chiesa, una targa ci racconta che in questo isolato visse per qualche anno Francesco Petrarca, ospite dei Visconti, che avrebbe desiderato riposare per sempre nella Basilica di Sant’Ambrogio. Un altro like d’autore per la nostra città!

L’interno della piccola chiesa medievale venne rifatto nel Cinquecento secondo lo stile armonioso del Bramante; fu poi ampliato con l’aggiunta di una grande sala per il coro alla quale si deve l’attuale pianta a T, con la vecchia chiesa diventata il transetto di quella nuova. Un grande dipinto sopra il coro raffigura la Beata Vergine. Posto di fronte all’ingresso dal portico, invita a entrare come fossimo attesi ed accolti.

Sul bellissimo coro ligneo sono raffigurate immagini sacre… ma sono presenti anche i segni delle fucilate austriache sparate durante le Cinque Giornate contro il convento, che aveva appoggiato l’insurrezione fornendo materiale per le barricate. Un monito lasciato volutamente per ricordare la lotta per la Libertà da parte di tutti i milanesi.

Il semplice altare è come protetto da un affresco e di fronte al vecchio ingresso, sempre chiuso, una grande balconata a più livelli lascia immaginare le tante preghiere recitate in questo luogo.

Su una parete uno splendido dipinto del Quattrocento rappresenta la chiesa di San Michele affidata alla protezione della Vergine col Bambino e dei Santi Michele e Benedetto. In primo piano sono raffigurati alcuni benefattori, tra cui una donna con un antico rosario.

Infine la sorpresa più grande: la “Vergine delle Rocce”!!! Questo dipinto su tela di lino è custodito dalle Suore Orsoline dopo lunghi e complessi passaggi di proprietà, attenti studi e accurati restauri.

Viene attribuito a Francesco Melzi, il discepolo che accompagnò Leonardo in Francia, diventandone poi il principale erede.

Francesco Melzi

opera del Melzi

Durante il soggiorno ad Amboise si pensa che il Melzi abbia lavorato su alcune opere iniziate dal Maestro, colpito da una parziale paralisi. Dopo la morte di Leonardo (2 maggio 1519), il Melzi tornò a Milano portando con sè importanti carte e disegni del Maestro.

Leonardo amò molto la nostra città e vorremmo pensare che questa “Vergine”, così simile a quella dipinta a Milano ed esposta ora al Louvre, sia tornata a casa.

Per ora viviamo l’incanto e la suggestione che ci trasmette quest’opera, senza raccontare altro. Ne parleremo ancora, perchè abbiamo scoperto che la Vergine delle Rocce ci aspetta in una zona periferica di Milano

Buona Pasqua a tutti, con l’augurio di tante belle “sorprese” dalla vita!

 

A presto…

 

Due eventi milanesissimi: O Bej – O Bej e Artigiano in Fiera

Nei prossimi giorni si svolgeranno a Milano due fiere molto importanti, l’una risalente al 1500, l’altra millennial. Queste manifestazioni rappresentano insieme il vecchio e il nuovo, l’antico e il moderno, la tradizione che spesso nella nostra città si evolve in innovazione. Sono gli O Bej! O Bej! e l’Artigiano in Fiera.

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La fiera degli O Bej! O Bej!

Questa fiera risale al 1500, anche se si parla di una festa in onore di Sant’Ambrogio che si svolgeva, fin dal 1200, intorno all’antica Cattedrale di Santa Maria Maggiore, dove oggi sorge il Duomo.

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La nascita ufficiale degli O Bej O Bej avvenne precisamente nel dicembre del 1516, quando un ambasciatore inviato da Papa Pio IV a Milano fece distribuire ai bambini  dolci e giocattoli. Era il 7 dicembre, festa di Sant’Ambrogio, e con tale gesto, una sorta di bonus bebè, il Papato cercava di ingraziarsi i milanesi, un po’ freddini nei confronti di Roma.

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I bambini, di fronte a tali doni, si dice avessero esclamato: “O Bej! O Bej!” (O Belli! O Belli!) e da allora la fiera ebbe questo nome di gioia e meraviglia.

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Fino a qualche anno fa, nei giorni di Sant’Ambrogio e dell’Immacolata le stradine intorno alla Basilica del Santo si riempivano di bancarelle dove acquistare dolci, giocattoli e addobbi natalizi, dopo la visita alla cripta dove riposa il nostro Patrono.

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Molti chiedevano a Sant’Ambrogio, vescovo non proprio malleabile, salute e lavoro; poi si concedevano un fuso di zucchero filato, delle caldarroste e comperavano “el firun” di castagne.

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Via via, la fiera degli O Bej O Bej ha accolto le bancarelle di frittelle, di dolci siciliani, di panini di porchetta, di artigianato etnico e il suono della piva è stato accompagnato dal tam-tam del bongo e dal canto degli Inti Illimani.

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Qualche anno fa, per avere maggiore spazio a disposizione, la Fiera è migrata in piazza Castello e dintorni con angoli di prodotti italiani, europei ed extraeuropei.

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La fiera degli O Bej O Bej si terrà quest’anno dal 7 al 10 dicembre; è un’occasione anche per fare quattro passi intorno al Castello, a questo nostro simbolo dell’epoca ducale, salvato e fatto rinascere per noi dal mitico Luca Beltrami.

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Non dimentichiamoci, però, di Sant’Ambrogio e, magari, facendo una breve passeggiata, andiamo a trovarlo nella sua Basilica, ringraziandolo e chiedendogli ancora, come un tempo, salute e lavoro.

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L’Artigiano in Fiera

Anche quest’anno migliaia di artigiani provenienti da tutti i continenti saranno presenti con i loro prodotti alla più grande Fiera mondiale dell’Artigianato, nei padiglioni di Milano-Rho.

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L’Artigianato è un mondo di mestieri ancora vivo nella nostra città. Finito il tempo dell’usa e getta per la crisi e per una maggior consapevolezza della sostenibilità, crescono piccoli laboratori di riparazioni italiani e stranieri; molti, inoltre, intraprendono il mestiere dell’artigiano come ricerca di un posto al sole in tempo di incertezze economiche, dando però vita ad un recupero di lavori e conoscenze tradizionali.

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dal Corriere della Sera

Per altri il laboratorio è uno spazio dove esprimere il proprio talento e creatività, da soli o collaborando con designer di fama.

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Quest’anno l’Artigiano in Fiera sarà la vetrina dei migliori artigiani provenienti da tutti i continenti, anche dalle zone più povere del mondo; sarà come fare un giro tra i prodotti belli e buoni dei diversi paesi per conoscerli, provarli e acquistarli.

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Tra gli articoli non food si va dalle tovaglie e dai profumi della Provenza all’artigianato trentino-tirolese, dai coralli della Sardegna alle pietre e alle stoffe indiane, dalle matrioske ai presepi di Betlemme…

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C’è veramente di tutto, tanto che molti visitatori si portano un trolley o uno zaino per gli acquisti. In fondo a Rho Fiera si parte per un giro del mondo in 12 ore!!!

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Quest’anno, poi, ampio spazio sarà dedicato ai prodotti delle zone colpite dal terremoto, che presenteranno le loro eccellenze: oreficeria, tartufi neri, salumi, formaggi…

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Continuando l’esperienza di Expo, l’Artigiano in Fiera mette in vetrina anche i sapori del Mondo: ben 40 sono i ristoranti presenti.

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Moltissimi sono gli stand da street food che offrono assaggi dei prodotti più disparati: dalle ostriche ai torroni, dai wurstel ai piatti brasiliani, dai piatti orientali a quelli francesi ….

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Sempre in tema di gusto, quest’anno ci saranno anche lezioni di cucina e dimostrazioni gratuite. Chi non desidera imparare da un maestro come fare un ragù bolognese o preparare un mojito?

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Aperto alla Fiera di Milano-Rho dal 3 all’ 11 dicembre, dalle ore 10 alle 22.30. Ingresso gratuito.

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http://www.artigianoinfiera.it/it/home-it/

Ci si arriva con la metropolitana (linea M1), le linee S (S5, S6 e S11) e l’auto (tanti parcheggi a pagamento). Per la metropolitana ci vuole il biglietto “speciale Fiera” da 5 Euro andata e ritorno.

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Buon giro del Mondo!